Parte 5 di 6
Traduzione a cura di Paola “Calle Luna” Sampaolo
Alla fine degli anni ’70, la vita di Hector Lavoe aveva preso una direzione pericolosa. La sua sfavillante carriera da solista lo portava di nuovo agli eccessi. Un ritmo di lavoro vertiginoso, con più di due dischi registrati all’anno, sommato all’abuso delle droghe l’obbligano a recludersi in cerca di salute mentale. Durante la prima decade degli ’80, con più di 30 dischi registrati al suo attivo, Hector Lavoe continuò ad essere un cantante rinomato grazie a produzioni come “Que sentimiento” e “Reventò”, o le sue presentazioni con la Fania All Stars. Hector si era convertito nel “cantante de los cantantes”, però non potè scappare dal suo fatale destino, la vita lo aveva condannato, per ogni grande successo una tragedia lo aspettava per assalirlo.
Priscila: “Lui venne al mondo per possedere cose e soffrire, per fare felici altre persone però lui stesso non lo era. Lui fece felice molta gente però lui non poteva raggiungere la felicità.”
Nel febbraio del 1987 il suo appartamento nel Queens si incendiò obbligandolo a saltare giù, insieme a sua moglie, per potersi salvare la vita. Solo pochi giorni dopo sua suocera, della quale si burla nella canzone “Soñando despierto” fu accoltellata nella sua terra natale, Portorico.
Richie Viera: “Per Hector questo fu molto triste perchè a parte tutto Hector si era burlato di sua suocera, però era una burla sana, in una canzone diceva “se non avessi più mia suocera” o qualcosa del genere, e dopo gli accoltellano brutalmente la suocera… per lui fu una cosa molto impressionante e da lì mai più ha suonato quella canzone.”
Però il colpo più crudele di tutta la sua esistenza accadde solo un mese dopo. Il 7 maggio 1987, Tito Junior, il minore dei suoi figli, morì con un colpo di pistola mentre giocava con le armi insieme ad un suo amico.
Tito Nieves commenta: “Quello che lo distrusse, che gli uccise il cuore, fu la morte di suo figlio. Lì morì Hector Lavoe. Hector Lavoe fu presente in carne ed ossa, credo più o meno per altri 8 o 9 anni, però la sua anima morì.”
Il colpo fu letale per Hector. Nonostante ciò i suoi promotori seppero trovare un “elisir” per quel fatidico momento, registrare un nuovo album. Nel 1988 “Hector Strikes Back” ricevette una nomination ai Grammy come album Latino, la notizia era uno scherzo del destino.
Hector aveva un nuovo problema da affrontare, l’AIDS.
Priscila: “Io sapevo che Hector era in ospedale e sapevo quello che aveva e anche lui lo sapeva ma non lo accettava. Non mi ha mai detto io ho questo, non lo accettò mai, almeno davanti a me non lo accettò. Io non gli ho fatto mai capire che lo sapevo. Quello che faceva era passare il tempo a ridere e raccontare barzellette e sembrava stesse bene.”
Fu questa voglia di vivere quella che continuò a dare impulso alla sua carriera, però il suo stato d’animo era troppo volubile, qualsiasi imprevisto potrebbe essergli letale. Il 28 giugno 1988 Hector Lavoe ritorna a Portorico per offrire un concerto come parte della festa patronale di San Juan.
Richie Viera: “Hector fece qualche concerto in Bayamon la cui promozione fu mal gestita, coincise anche con altri eventi, ci furono problemi di solvenza dei produttori ai tecnici del suono e delle luci, con tutti.”
Mentre si intonava “Mi gente” uno degli organizzatori staccò luci e audio, l’umiliazione fu troppo grande per lo stato emozionale nel quale si trovava. Una lite con Puchie al ritorno in Hotel fu il colmo. Il giorno dopo tutti i giornali annunciavano la notizia che Hector Lavoe si era lanciato dal nono piano dell’hotel Regency, tentativo fallito di finire la sua vita.
Priscila: “Lui mi disse che era in piedi sul balcone e vide il figlio che gli diceva, vieni papà, vieni. Non so se era una cosa mentale sua o quello che fosse.”
Richie Viera: “Hector, per una condizione che aveva maturato anteriormente quando ebbe un’intossicazione a causa delle droghe, era rimasto in un flash-back, a volte ti salutava e lo dimenticava e ti salutava tre volte.”
Bobby Cruz: Mi misi in contatto con lui, gli dissi, Hector non puoi continuare così, ti ammazzi, non muori perchè Dio ha dei piani per te, io ti voglio portare nel mio programma, lì ti aiutiamo, uscirai e continuerai a cantare di nuovo. Però c’erano persone a lui vicine che avevano timore che portare Hector nel programma equivalesse a convertire Hector in un “fanatico religioso” come Richie, come Bobby e quindi gli affari sarebbero sfumati.
Fine quinta parte.
La video biografia di Hector Lavoe
Parte 6 di 6
Traduzione a cura di Paola “Calle Luna” Sampaolo
Hector sembrava essere un uomo di ferro, a prescindere da tante tragedie poteva ancora mantenersi in piedi. Dopo quello che successe nell’hotel Recency si azzardò a dare un recital nella 156esima strada nel Bronx, durante l’estate del 1989. Un pubblico fedele fu testimone della degradazione fisica e morale che soffriva il cantante. Però quello che seguì quella emotiva presentazione fu una profonda fase di solitudine nell’ospedale di ricerca Sophie & W. Cohen di New York.
Tutti quelli che una volta dicevano essere suoi amici lo avevano abbandonato, Hector ormai non poteva più fabbricare soldi.
Priscila: “Hector non se ne lamentò mai, ciononostante i pochi visitatori percepivano il suo disagio, e ne erano dispiaciuti.”
Tito Nieves: “Si dimenticarono di lui. Io vivevo a mezzo miglio da casa sua e condividevamo molte cose, andavo con lui, lo portavo in auto visto che non poteva più guidare, dopo in ultimo quando stavamo in ospedale. Si sentiva perfino solo.”
Nel marzo del 1993 capitò un fatto che diede fastidio ai suoi parenti più stretti, la sua compagnia discografica lo sottopone ad un concerto di ritorno, con mezzo viso paralizzato, zoppo ad una gamba, potendo appena cantante, Hector realizza quella che sarà la sua ultima presentazione.
Roberto Roena, collega ed amico, ricorda: “Lui cantò con noi e fu troppo… fu eccessivo portarlo lì. Non potei suonare, personalmente non ce la feci a suonare, perchè non mi piacque, non mi piacque.”
Tito Nieves: “Lo fecero salire su un palcoscenico in New Jersey, lo fecero più che altro per lo spirito, la morale della gente però lo videro così male. Io non l’avrei mai mostrato così di fronte al pubblico, avrei lasciato la sua immagine di come tutti lo conoscevano.”
Cheo Feliciano: “Io volevo che si desse un periodo di tempo ad Hector affinchè potesse dire quello che ci aspettavamo da lui e a noi fece male il cuore vedere che lui non poteva esprimere quello che sentiva dentro.”
Hector visse l’agonia della sua malattia nel più terribile abbandono. Mentre il mondo che una volta gli apparteneva seguiva il suo corso, il cantante giaceva solo in un appartamento a New York. Il corpo di Hector, sfortunatamente, non era così forte quanto la sua anima, la sua condizione si aggravò obbligando i familiari a ricoverarlo all’ospedale Saint Clare di New York. Solo un giorno dopo, il 29 giugno 1993, “el cantante de los cantantes” morì per un attacco cardiaco.
FINALE
Già non c’erano più dischi da aspettare. Quella moltitudine allegra e festiva, che fu il suo pubblico, lo accompagnò al “son” della sua musica. Ismael Miranda, amico e collega, intonò le ultime parole in suo onore.
Willie Colon, il collega dei suoi primi passi nella musica, era in tournée in Spagna, e racconta: “Stavo suonando a Siviglia, ero nel camerino quando me lo dissero e non ebbi tempo, dovetti uscire a cantare e nel mezzo della canzone ebbi un nodo e la gola si rifiutava di continuare, mi addolorò molto.”
Era morto l’uomo, “el chico malo de la salsa”, “el rey de la puntualitad”, “el cantante de los cantantes”.
Papo Lucca dice: “Era il cantante della gente umile, di tutti i paesi Latino-Americani.”
Richie Ray, cantante ed amico, dice: “Un talento straordinario, un essere umano ricco, una persona con molto cuore, molta anima e molto cuore.”
Ismael Miranda racconta: “Ci lasciò molto, anche se adesso non è più tra noi però la sua musica continua, la sua musica vive.”
Anche se Hector Lavoe lascio un vuoto insostituibile nel mondo della musica latina, il suo “pregon” ci accompagna ancora.
Il suo legato fu raccolto da David Maldonado in un’opera teatrale, che convertì la sua vita in arte, intitolata “Quien matò a Hector Lavoe”1.
Domingo Quiñones commenta : “Nell’opera si tratta di piangere e ridere perchè così era la vita di Hector, non ebbe mai un equilibrio perfetto, non era mai neutrale, era o ridere per non piangere o piangere.”
Hector Lavoe, “la voz”, un “sonero”.
Ruben Blades racconta: “Aveva un potere, un potere però molto forte, molto di “Barrio” e anche un forte senso dell’umorismo.”
Un uomo che a prescindere dalla sua solitudine rallegrò la vita di molti con il suo canto.
Cheo Feliciano dice: “Hector continua ad essere “el duende, el duendecillo”2 che Dio dotò di un talento incredibile e di uno spirito meraviglioso.”
Un ragazzo innocente che perse la direzione nel labirinto della fama.
Bobby Cruz commenta: “Non facciamo tanti giri, se avessimo potuto portarlo nel programma, Hector sarebbe ancora qui a cantare“.
Un uomo del quale non è possibile dimenticarsi.
Richie Veira: “Per me Hector è ancora vivo, per il suo legato musicale che sta lì e… “Chi ha ucciso Hector Lavoe?” … le circostanze della vita.”
Il suo “soneo” è una leggenda nel mondo della salsa, perchè lui sarà sempre “EL CANTANTE DE LOS CANTANTES”.
Note:
1 Letterale “Chi ha ucciso Hector Lavoe”. (N.d.T.)
2 Duende significa folletto. (N.d.T.) Fine sesta e ultima parte.