Intervista di Enzo “Ciccio” Luoni, traduzione di Stefania “Anthea” Ranzani
Il figlio del rey del Timbal con la verve ereditata dal padre mi ha concesso questa intervista pochi minuti prima del concerto che lo vedeva impegnato con i Big 3 Palladium al festival Latinoamericando 2005.
Come potrete notare dalle risposte, è partito lancia in resta e ha voluto rispondere sempre e solo con il suo pensiero, ma cosa si può fare davanti a così tanta carica ? Niente!!! Assolutamente niente !!!
Sia in Inglese che in Spagnolo le risposte erano contornate e arricchite di smorfie e risate degne dei più grandio comici. Non siamo riusciti nemmeno a fare una foto decente e registrare, sbobinare e tradurre la più difficile intervista del 2005, è stata una faticaccia ripagata dall’ incredibile esperienza nel backstage con i figli di tre dei più grandi artisti del passato.
Ci racconti come e quando è nato il progetto Big Palladium?
Il progetto Big Palladium è partito da
Mario Grillo-Machito Jr., il figlio di Frank Grillo. Mario ha dato una grande e nuova spinta al panorama latino riunendo la grande musica di Tito Rodriguez, Tito Puente e Machito attraverso i loro figli. È nato tutto da questo, ed è un vero onore per me essere qui a rappresentare mio padre.
Che cosa pensi del nuovo boom della salsa tradizionale degli anni ‘70 e di quella degli anni ‘50 come mambo e Latin Jazz e di questo ritornare alle radici?
È una domanda davvero impegnativa…innanzitutto devo fare un appunto: il mio spagnolo non è il massimo…però cercherò di spiegarmi! Negli anni ‘70, con Johnny Pacheco e la Fania…da loro deriva la parola “salsa”…però mio padre, una grande icona – se mi posso permettere – degli anni ‘50 e ‘60, ha sempre parlato di questa musica e l’ha suonata come rumba, mambo, chachacha, guaguanco…questo mix lo vogliamo definire salsa? Allora…Tito Puente ha inventato la “salsa”….con Machito e Rodriguez e altri grandi dell’epoca, ovviamente.
Quali erano le differenze principali delle tre orchestre del Palladium?
Le differenze….Tito Puente ha un sorriso e…una lingua inimitabile! Vedi? Così! (scoppia in una risata che ha del satanico…non si può dire che non abbia preso dal padre!). Rodriguez no, non ha questa caratteristica, ma è un cantante eccezionale….Machito un arrangiatore straordinario…. Però Tito Puente…lo spirito….il cuore….il sorriso…quello che trasmetteva era qualcosa di unico…. Molti dicono che assomiglio tremendamente a mio padre, ma fortunatamente non ho ancora i capelli bianchi…ho 34 anni e quindi li avrò molto presto e gli somiglierò ancora di più! Ma tornando alla domanda…stasera quando vedrete sul palco noi tre, con le nostre sezioni fiati… insomma, gli arrangiamenti sono diversi e questo diversificava anche le tre grandi orchestre dell’epoca. Mio padre era l’unico portoricano che a New York suonava musica cubana…guaguanco, rumba, mambo…e Tito Rodriguez…una voce sensazionale…
A tuo parere, quali sono o sono stati gli artisti più rappresentativi per la storia della Salsa?
Innanzitutto un grande della Fania: Ismael Miranda, cantante senza paragoni. E un cantante che sentirete questa sera, Herman Olivera, che ha cantato anche con Eddie Palmieri. Oppure Charlie Palmieri, se parliamo di latin jazz. Però il più grande, il più famoso, l’ambasciatore in tutto il mondo è senza dubbio Tito Puente: Italia, Giappone, Sudamerica, America Centrale, Australia…in tutto il mondo, Tito Puente è il re della musica latina. E la regina è una sola: Celia Cruz. Lei è stata la mia madrina…ed è la cantante dei cantanti, in tutto il mondo.
Secondo te è corretto dire che negli anni ‘50 il Latin Jazz era più facilmente ballabile rispetto a molte produzioni odierne rivolte più all’ascolto, piuttosto che al ballo?
Oggi il mercato latino è molto diverso. Jennifer Lopez, Marc Anthony…comunque tutti gli artisti latini di oggi sono stati influenzati da personaggi come Tito Puente e Celia Cruz. Non saprei…mi piace la musica di oggi perché è diversa…reggaeton, salsa, merengue…mi piace il mix tra reggaeton e salsa.
Che cosa pensi della nuova musica popolare ballabile cubana chiamata Timba?
La timba? Tutta la musica cubana è musica per divertirsi. Quello che io amo maggiormente è la parte ritmica. Mio padre era un santero. Suonava il timbal a Cuba nel 1939. E i ritmi della rumba, guaguanco, chachacha…così come la bomba plena portoricana….tutto è molto diverso dalla musica di oggi.
Pensi che il futuro della salsa, del mambo moderno e del Latin Jazz sia nel boom del ballo che sta spopolando in tutto il mondo?
Il futuro…non so. Si creano dei mix prendendo da diversi artisti… conosco ad esempio Huey Dunbar, ho dei dischi favolosi….ho molto rispetto per gli artisti che fanno reggaeton, per portarti un altro esempio. Tutto si mescola con la vecchia musica di Tito Puente e Celia Cruz, creando un’incredibile opportunità per tutti coloro che amano ballare la musica latina.
Si ringrazia Tommy Salsero per aver collaborato alla realizzazione di alcune domande.
foto tratta dal sito ufficiale di Willie Rosario www.willierosario.com
Il direttore d’orchestra, percussionista, compositore e DJ, Fernando Luis Rosario-Marin, Willie Rosario, detto “Mr. Afinque”, nasce il 6 maggio 1924, a Coamo, Portorico.
Comincia a suonare chitarra e saxofono dall’età di sei anni nel suo paese natale, incoraggiato dalla madre. Qui a sedici anni forma il Conjunto Coamex. Un anno più tardi W. si trasferisce con la sua famiglia nello Spanish Harlem di Nueva York, dove si distingue come conguero nelle orchestre di Noro Morales, Aldemaro Romero e Johnny Seguí, ma anche in quelle di Joe Quijano e Wilfredo Figueroa. Nel frattempo studia anche giornalismo e relazioni pubbliche.
Inizia ad interessarsi ai timbales dopo aver visto Tito Puente suonarli al famoso Palladium di NY. Gli interessa anche lo stile di Ubaldo Nieto, che suona con Machito e che l’aiuta a creare un suo stile. Le sue prime lezioni di timbales le prende col percussionista Henry Adler a 22 anni di età. Durante questi anni ascolta il Sexteto Puerto Rico, l’Orquesta de Rafael Muñoz con il suo cantante José Luis Moneró, Mingo y sus Whoopee Kids con la cantante Ruth Fernández, e César Concepción.
Dopo aver suonato nelle orchestre più importanti , nel 1958 Willie crea la sua propria orchestra, che si accinge a diventare una delle più acclamate nel mercato latinoamericano, in particolare nei più prestigiosi locali notturni della Grande Mela. Una sera visita il Little Neck, sede a Long Island del cantante e bandleader Tito Rodriguez, il quale gli insegna ad amministrare e dirigere un’organizzazione disciplinata di musicisti. Impara a sviluppare il suo proprio stile di rilassato ma ardente swing da Rodriguez. Nello spirito di “aiutare uno di loro”, i Portoricani Tito Rodriguez e Tito Puente aiutano la band di Rosario ad attingere dai pezzi dei loro repertori, in attesa di crearsene uno suo.
foto tratta dal sito ufficiale di Willie Rosario www.willierosario.com
Al Santiago, il proprietario della Alegre Recordings, scrittura Charlie Palmieri per organizzare un serie di sessioni jazz “Descargas” per registrarle. W. Rosario viene selezionato come percussionista.
Nel 1962, Rosario viene nuovamente richiamato per un nuovo lavoro con la Alegre Records. In questo periodo viene scritturato anche dal Tropicana insieme al compatriota e grande amico Bobby Valentin, ed alla sua band si aggiungono la voce di Carlos Pizzaro e Frankie Figueroa alle congas, il quale di lì a poco diventerà cantante della band di Tito Puente.
Durante la mania della “Charanga” di questi primi anni ’60 , Al Santiago si aggiudica la band di Rosario per tutte le date del suo club. Dopo la chiusura della Alegre e dopo che il suo mecenate Santiago diviene debole, Rosario apprende la realtà del mondo della musica latina di NY. Impara presto che l’ingaggio di orchestre da ballo per le date dei clubs è come un circo; lo stesso show viaggia da un club all’altro, e chi non ha agente non riesce a guadagnare abbastanza. Il popolare DJ latino Dick “Ricardo” Sugar procura a Rosario una registrazione per la Atco Atlantic Record, dal titolo “Boogaloo Y Guaguanco”;, con Adalberto Santiago alla voce. Nel testo sul retro di questo LP Sugar scrive: “il successo si misura sfortunatamente in termini monetari, se avvenisse in termini di abilità, uno dei musicisti latini di maggior successo sarebbe Rosario”. Scrive ancora “lui è una di quelle personalità rare, colte e raffinate che ti costringe a cercarlo fuori, piuttosto che imporsi alla tua attenzione.”
Per sostenere la sua famiglia, Willie fa diversi lavori, uno come insegnante di percussioni. In più fa il magazziniere per un distributore di cibo durante il giorno e di notte era un supervisore per la posta. Nel 1967 è DJ in un programma di latin jazz chiamato WADO: un programma in lingua spagnola sulla storia della musica latina, sulle origini dei ritmi e gli aneddoti. La programmazione include invitati come Tito Rodriguez, il pianista e bandleader Pete Rodriguez, Larry Harlow, Joe Quijano, eccetera. Rosario può così essere ascoltato da tutta la NY latina.
Rosario non può stare lontano dalla musica. Organizza una band e cerca ingaggi. E lo fa senza un’incisione recente, cosa quasi impossibile da ottenere. Pete Bonet, al tempo cantante di Louie Ramirez, che scrittura band per il Corso Ballroom, procura 12 date a Rosario. Nel 1970 una nuova gestione del Corso pone fine al contratto di Rosario.
L’anno seguente la sua fama cresce dopo l’incisione per l’etichetta Inca di “El Barrio Obrero A La Quince”, in collaborazione con Gilberto Santarosa, Tony Vega ed altri numeri uno a Portorico. “El Barrio Obrero è il mio più grande successo” afferma Rosario. Ritorna a Portorico ed un nuovo mondo gli si spalanca davanti. Dopo sei mesi la sua band lavora stabilmente.
foto tratta dal sito ufficiale di Willie Rosario www.willierosario.com
L’orchestra di Rosario è una scuola di musica. Non pochi esponenti attuali di salsa e latin jazz si “laurea” all’università di Rosario ed afferma che non c’è un gruppo in nessuno palco del mondo che superi l’Orchestra di Rosario. W. Rosario fonda la sua propria compagnia di produzione musicale a Portorico e la chiama “WilRo Productions”. Sin dall’inizio l’orchestra di W. è stata considerata una delle orchestre più d’avanguardia nella scena latina.
Nei 40 anni alla direzione della sua orchestra Willie è stato in tour in moltissimi paesi quali Venezuela, Panama, Colombia, Messico, Curazao, Islole Vergini e tutti gli Stati Uniti. Come direttore d’orchestra W. è considerato come innovatore per aver introdotto, al fianco di quattro trombe, il sax baritono nella formazione tipica di salsa a partire dal 1965, sostituendo il tradizionale trombone.
Ad oggi Rosario ha registrato 40 album, tanto da essere nominato ai Grammy’s nel 1987 per la sua produzione “Nueva Cosecha”, ma ha ricevuto anche altri numerosi riconoscimenti come diversi dischi d’oro e di platino e premi quali il Premio Agüeybaná de Oro, il Premio ACE e quello Diplo y Paoli. Uno dei sui ultimi albums è “Back to the future”, inciso in occasione dei suoi 40 anni di carriera ed al quale hanno preso parte artisti come Gilberto Santa Rosa, Tony Vega, Papo Lucca e Bobby Valentín. Sempre in occasione dei 40 anni di carriera, nel marzo del 2000, ha ricevuto un’onorificenza dal Senato di Portorico, mentre dal 2002 è entrato a far parte della The International Latin Music Hall of Fame.
Discografia completa
•El Bravo Soy Yo 1963 Alegre 8250
•Fabuloso y Fantastico 1966 Neliz 1564
•Latin Jazz A Go Go Go 1967 Neliz 1574
•Two Too Much 1968 WS Latino 4259
•Haida Huo 1968 WS Latino 4448
•Boogaloo and Guaguanco 1968 ATCO SD 33-236
•El Bravo de Siempre 1969 Inca SLP 1012
•De Donde Nace el Ritmo 1970 Inca SLP 1021
•Mas Ritmo 1972 Inca SLPI 1025
•Infinito 1973 Inca SLP 1032
•Otra Vez 1975 Inca SLPI 1044
•Gracias Mundo 1977 Inca JMIS 1056
•Campanero Rumbero 1978 Inca JMIS 1059
•From the Depth of my Brain 1978 Top Hits 2041
• El Rey Del Ritmo 1979 Top Hits 2070
• El de a 20 de Wille 1980 Top Hits 2103
• The Portrait of a Salsa Man 1981 Top Hits 2155
•Atizame El Fogon 1983 Top Hits 2182
•The Salsa Machine 1983 Top Hits 2223
•Nuevos Horizontes 1984 Bronco 128
•Afincando 1985 Bronco 134
•Nueva Cosecha 1986 Bronco 142
•A Man of Music 1987 Bronco 145
•Desde Cali Para El Mundo 1987 Roosevelt Records
•A Salsa legend 1988 Bronco 150
•The Roaring Fifties 1991 Bronco 2511
•Unique 1989 Bronco 154
•Viva Rosario 1990 Bronco 2507
•Tradicion Clasica, 35 Aniversario 1993 NRT 1005
•Oro Salsero 1994 Universal Latino
•Sorpresas 1995 Tiffany 0070
•Back to the Future 1999 J&N 83435
•Salsa Machine 2004 Rodven Records 273502
• Pura Salsa 2006 National Own 7233268
Clicca sul video per vedere i saluti di Willie Rosario a Lasalsavive
di Alfredo Churión.
realizzato nel mese di Ottobre del 2007
traduzione a cura della Redazione LaSalsaVive
Il Sexteto Juventud
Pionieri della salsa brava: “Ci sono molti musicisti che dicono che fummo noi ad intraprendere il cammino”. Ascoltandoli suonare dal vivo è difficile immaginare che questi signori abbiano già 45 anni di attività alle spalle, giacchè il loro stile continua ad essere invariato da quando cominciarono: lo stile di quei gruppi di ragazzi di quartiere (barrio) che cantano in qualsiasi strada.
Questo è il Sexteto Juventud, una vera istituzione nazionale che – a suo modo – definì uno stile diverso di fare salsa.
A tal proposito conversiamo con il loro direttore musicale e fondatore: Olinto Medina.
Alfredo: Olinto, quest’anno il Sexteto ha compiuto 45 anni.
Olinto: “Effettivamente è così. Lo formammo parecchio tempo fa, il 13 maggio del 1962 con il nome Conjunto Rítmico Juventud. Eravamo un gruppo di amici che vivevano nel bloque 44 del quartiere 23 de Enero a Caracas.
Avevamo la stessa passione per la musica e per lo sport, nel gruppo di amici c’erano i fratelli Carlos e Marco Tulio Crocker, mio fratello Juan, Arturo López, Isaías, Alfredo Arraiz ed io.
L’orchestra non aveva ancora una composizione definita anche perchè non c’era molta esperienza ed io cercavo musicisti che potevano adattarsi a quel che stavamo facendo.
Grazie a Dio i ragazzi riuscirono ad adattarsi, anche se per vari motivi con il tempo alcuni di loro si ritirarono, il tutto coincise con l’arrivo nell’orchestra di Tabaco e di suo fratello Cruz, insieme a Pablo. Dell’orchestra originale siamo rimasti in quattro.”
Carlos Quintana Tabaco & Sus Metales “Una Sola Bandera”
AC: Quale influenza musicale avevate a quell’epoca?
OM: “Io credo che in Venezuela non avessimo alcuna influenza musicale perchè per noi che venivamo dal barrio (quartieri poveri) era impossibile andare a vedere i concerti di orchestre come quella di Luís Alfonso, l’orchestra Billos e quella dei Los Hermanos Belisario, pertanto non potevamo trarre alcuna conoscenza dalla loro musica.
Però arrivava molta musica cubana come quella della Sonora (Matancera),della Aragón e dei sestetti che suonavano là.
Successivamente si iniziò a sentire la salsa messicana, che era diversa dalla nostra, ma faceva parte della stessa corrente caraibica.
Negli stessi anni sessanta si ascoltava il Sexteto La Playa con Tito Rodríguez e noi seguivamo questa corrente nonostante non avessimo avuto un contatto diretto, però sapevamo che qualcosa sarebbe accaduto perchè piacevano molto alla gente”.
AC: Arriva un momento in cui voi iniziate a fare una fusione fra la musica tradizionale cubana con generi emergenti come il Rock.
OM: “Il buon latino che conosce le proprie radici sa che quando un gruppo si avvicina a queste correnti le deve assimilare. Questo è stato quel che ho fatto: cercare prima la sintonia del sestetto e successivamente trovare poco alla volta lo stile, cosa che alla fine è accaduta. Uno stile che non assomigliava a nessun’altro, non so se questo dipendesse dalla creatività delle canzoni che facevamo o dalla strumentazione che è diventata un’icona della nostra musica.”
AC: Quale fu la reazione della gente quando cominciaste a suonare?
OM: “Mi ricordo che quando facevamo le prove nei corridoi del palazzo qualcuno si lamentava, però si vedeva già che esisteva un carisma fra i membri del gruppo. Eravamo gente umile, sana, nessun vizio, nessun malinteso”. Con il tempo si creò un regolamento d’accordo con quelli che mi volevano come leader. Anche se non ci crederete, in quell’epoca suonavamo per molte feste da ballo nell’est di Caracas ed io credo che questi inizi furono la nostra grande scuola.
AC: Quale fu il primo grande successo del Sexteto?
OM: “Fu una canzone che registrammo nel 1967 quando Caracas compì 400 anni: “Guasancó”, la nostra prima registrazione di un disco a 45 giri. Dopo ci furono canzoni come “Mala”, “Caramelo y Chocolate”, “La Cárcel”, “Mi Calvario” e molte altre ancora, tutte canzoni realizzate dal gruppo, perchè questa è sempre stata la mia convinzione”.
AC: Però è indubbio che l’ingresso nel gruppo di Carlos “Tabaco” Quintana fu un fattore di grande influenza nel trionfo del Sexteto Juventud. Lo snello e ricordato cantante si mise in luce per meriti propri, come uno dei principali musicisti e soneros del Venezuela.
AC: Parlami di Tabaco.
OM: “Tabaco fu un vero fenomeno. Io lo considero così. Aveva un dono speciale per tutta la parte ritmica ed anche se iniziò a cantare in modo del tutto casuale, fu una vera rivelazione in questo stesso campo.
E pensare che non sapeva nemmeno cosa fosse un tono, una croma nè niente di musica. Senza contare la sua creatività come autore di testi. Quando io iniziai a vedere le sue composizioni gli chiesi che fosse lui stesso a cantarle affinchè si sentisse più sicuro”.
Tabaco y su Sexteto
AC: “La Cárcel”, una delle composizioni emblematiche del gruppo, fu realizzata in collaborazione fra i componenti dell’orchestra a causa di una spiacevole situazione della quale Olinto preferisce non dare maggiori dettagli. Quando si andò a registrare la canzone, si vide come questa non era ben fatta e si dovette adattarla al suono del Sexteto. La stessa cosa successe con “Mi Calvario” e curiosamente entrambe le canzoni sono diventate punti chiave della carriera del gruppo. Però secondo Olinto “queste furono situazioni non di casualità, ma di fortuna. Una fortuna può presentarsi a qualsiasi gruppo”.
AC: In questi 45 anni di carriera, fra gli artisti con cui ha collaborato, chi ricorda con maggior piacere?
OM: “Dei gruppi con i quali ci siamo alternati, quello che mi ha lasciato i più bei ricordi è la Sonora Matancera. Imparai molto da loro. Non me lo insegnarono direttamente, però io li osservavo e cominciai a farmi influenzare dalla loro disciplina e mistica. Grazie a questo hanno continuato a suonare insieme per sessant’anni e questo non è affatto facile. Per lo stesso motivo il Sexteto è ancora attivo. Aver avuto l’opportunità di stare al fianco di un gruppo con questa storia, ha rappresentato un motivo di grande orgoglio per tutti noi”.
La Sonora Matancera: “Jancito Trucupey”
AC: Come avete fatto ad evitare di cadere nelle sonorità di Joe Cuba, dato che in quel periodo dettavano legge?
OM: “Strutturalmente non avremmo mai potuto cadere in quelle sonorità, anche perchè le strumentazioni erano completamente diverse. Però i sestetti si caratterizzano molto per gli incisi, per gli arrangiamenti nelle canzoni e per affidarsi maggiormente al ritmo rispetto ad una grande orchestra. Gli arrangiamenti che facevamo ovviamente avevano l’orientamento di quelli di Joe Cuba, però non erano imitazioni. I suoi arrangiamenti avevano una tecnica molto complessa e noi li facevamo, però secondo un nostro stile…e questo diede i suoi risultati”.
Olinto Medina, Direttore e Fondatore del Sexteto Juventud. Foto di Alfredo Churión D.
AC: Pensa di poter dire che il Sexteto Juventud ha creato influenze in altri gruppi venezuelani?
OM: “Sì, sì, sì! In quell’epoca c’era un boom della musica latina e le case discografiche volevano registrare tutto quel che si presentava in quello stile. E dato che noi eravamo quelli che avevano maggior successo in quel periodo, i produttori obbligavano i propri artisti a suonare con il nostro stile. Fu così che nacquero gruppi come il Sexteto Caracas, Príncipe Y Su Sexteto e molti altri ancora. Però nessuno di loro riuscì a ottenere un suono come il nostro. Senza contare che ci sono molti musicisti che affermano che fummo noi ad intraprendere il cammino”.
AC: Come si spiega che dopo tanto tempo senza registrare il Sexteto Juventud continua a lavorare tantissimo e a riempire i locali dove si esibisce?
OM: “Noi abbiamo registrato più di 300 canzoni, oltre il 90% di queste sono originali. E fra queste, una quindicina sono grandi successi. Però bisogna vedere il contenuto delle altre canzoni. Il messaggio dei testi era legato a tematiche del popolo ed in quell’epoca arrivò sia ai giovani che agli adulti. Oggi sta accadendo di nuovo. I giovani ci cercano perchè non ci avevano visto. Io non dico che siamo un fenomeno, però la verità è che qualcosa sta succedendo”.
Olinto Medina insieme a Carlín Rodríguez. Foto di Alfredo Churión D.
AC: Come vede le correnti musicali di oggi? Il reggaeton e la salsa che si fa oggi?
OM: “La verità è che questi generi non li raccomando a nessuno, specialmente ai giovani che hanno tutto il diritto di poter ascoltare e apprezzare la musica attuale, ma che non devono essere obbligati ad ascoltare solo queste sonorità perchè nessuno gli propone quel che noi abbiamo vissuto ai nostri tempi. Quelle orchestre dal vivo…quei festival con musicisti che suonavano davvero. Il reggaeton è musica di un volume così alto da far sballare qualsiasi persona che l’ascolti, ed io non penso che da questo genere si possa imparare qualcosa. Però lo rispettiamo”.
AC: E come per far capire che la sua non è un’attitudine contraria alla musica pop, ricorda l’epoca in cui sorsero i gruppi giovanili in Venezuela. Gente come Trino y Henry, oggi suoi grandi amici. Olinto aveva capito che la salsa stava cominciando a calare quando ci fu questa crescita del pop e decise di iniziare a sperimentare. E così, nonostante l’avversione del presidente della sua casa discografica, nacque un grande successo come “Caramelo y Chocolate”.
Il Sexteto Juventud ha presentato la sua arte in tutte le isole dei Caraibi, in Colombia, Italia, Puerto Rico e Messico, anche se il direttore del gruppo pensa che, nelle attuali condizioni, sia molto difficile per i musicisti venezuelani uscire dal paese: “Ci pongono una serie di condizioni diverse da quelle che noi abbiamo qui. Se tu chiedi in Messico o in Italia quello che guadagni qui, o un poco di più, ti fanno delle obiezioni. Intendo dire che un hotel o un biglietto aereo per la Spagna o per il Messico costano soldi, però loro chiedono che dei sette musicisti che siamo ne vadano solo tre e questo non è quel che vogliamo. Qui i musicisti hanno dovuto emigrare rischiando in prima persona”.
El Sexteto Juventud nel 1967.
Olinto Medina (fondatore), basso; Carlos Quintana, batteria e voce; Rómulo Robaina, tumbadora; Juan M. Sánchez, chitarra elettrica; Pablo Erasmo Alvarez, guiro; Cruz Armando Quintana bongó e Oscar Mijares, voce principale.
Foto di Gherson Maldonado.
Il Sexteto diventa a 10 musicisti.Foto di Gherson Maldonado.
Il Sexteto con il suo autentico sabor.
Olinto Medina, Direttore e fondatore; José Gómez, piano; Juan Sánchez, tres; Narciso Y. Drogo, basso; Javier Plaza, tumbadora; Ángel Utrera, bongó ed Erasmo Machado, cantante.
Foto di Gherson Maldonado.
Enrique Iriarte, piano, Olinto Medina, direttore e Nelson Navas cantante.Foto di Gherson Maldonado.
Olinto Medina, l’animatore della Fiera dell’Allegria Henry Altuve, il timbalero Alfredo Francheski “Cutuflá” ed il vocalista Nelson Navas. Foto de Gherson Maldonado.
Olinto Medina insieme allo scomparso dj della radio Phidias Danilo Escalona.Foto de Gherson Maldonado.
Pioneros de la salsa brava: “hay muchos músicos que dicen que nosotros fuimos los que abrimos el camino”.
Oyéndolos tocar en vivo es difícil imaginar que estos señores tengan 45 años en el candelero ya que su estilo sigue siendo aquel que no ha variado desde sus inicios: el que emula la presencia de un grupo de jóvenes de barrio cantando en cualquier esquina. Es el Sexteto Juventud, una verdadera institución nacional que- a su manera- definió una forma diferente de hacer salsa. Conversamos con su director y fundador Olinto Medina.
“Olinto: este año el sexteto cumplió ya 45 años de edad”
“Efectivamente. Lo formamos un día de la madre, un 13 de mayo del año 1962 bajo el nombre de Conjunto Rítmico Juventud un grupo de amigos en el bloque 44 de la urbanización 23 de Enero en Caracas.
Compartíamos la música y los deportes y allí estaban los hermanos Carlos y Marco Tulio Crocker, mi hermano Juan, Arturo López, Isaías, Alfredo Arraiz y yo, pero en ese tiempo no había un personal definido aún porque no había experiencia y yo buscaba a quienes pudieran adaptarse a lo que estábamos haciendo. Gracias a Dios los que estuvieron allí se adaptaron, pero por otras razones al tiempo algunos de ellos se retiraron y es cuando llegan Tabaco y su hermano Cruz junto a Pablo. De los originales quedamos cuatro vivos”.
“¿Qué influencias musicales tenían en aquella época?”.
“Yo creo que del país no existía ninguna influencia porque los accesos a las orquestas como Luís Alfonso, la Billos y los Hermanos Belisario no existían para nosotros porque veníamos del barrio. Por lo tanto no podíamos sacar conocimiento de ellos. Pero si nos llegaba mucha música cubana como la Sonora, la Aragón y los sextetos de allá. Después se empezó a meter la salsa mexicana, diferente a la nuestra, pero de las mismas corrientes caribeñas. En los mismos años 60 se mete el Sexteto La Playa con Tito Rodríguez y nosotros buscábamos esa referencia sin conocimiento alguno, pero sabíamos que algo había ahí porque le gustaba mucho a la gente”.
“Llega un momento en que ustedes hacen una mezcla de la música tradicional cubana con cosas que venían pasando como el rock”.
“El buen latino conocedor de sus propias raíces sabe que cuando un grupo se ajusta a esas corrientes él lo acepta. Eso fue lo que yo hice: ajustar primero el acople del sexteto y después buscar poco a poco el estilo que al fin quedó. Un estilo que no se parece a ningún otro, no se si será por la creatividad de las piezas que hicimos o por la instrumentación que quedó ahí como un icono”.
“¿Cómo era la reacción de la gente cuando comenzaron?”.
“Al principio molestábamos mucho en los pasillos del bloque cuando ensayábamos, pero ya se veía que existía un carisma en los integrantes. Éramos gente humilde, sana, cero vicios y cero malentendidos. Poco a poco se fue creando un reglamento de acuerdo a lo que me exigían a mí. Aunque no lo creas, en esa época amenizábamos muchos bailes en el este de caracas y yo creo que esos inicios fueron nuestra gran escuela”.
“¿Cuál fue el primer éxito grande del Sexteto?”.
“En el disco fue un tema que grabamos en el 67 cuando Caracas cumplió 400 años. “Guasancó”, nuestra primera grabación en disco de 45. Después vinieron “Mala”, “Caramelo y Chocolate”, “La Cárcel”, “Mi Calvario” y muchas más, todas creaciones del grupo porque esa siempre fue mi insistencia”.
Pero indudablemente la entrada al grupo de Carlos “Tabaco” Quintana fue un factor de gran influencia en su triunfo. El espigado y recordado cantante llegó a destacar por derecho propio como uno de los grandes músicos y soneros de Venezuela.
“Háblame de Tabaco”.
“Tabaco fue un verdadero fenómeno. Yo lo considero así. Tenía un don especial para toda la parte rítmica y, aunque entra al canto en forma verdaderamente accidental, fue una verdadera revelación en este campo. Y eso que no conocía ni lo que era un tono ni una corchea ni nada de música. Sin contar con su creatividad como letrista. Cuando yo comencé a ver sus composiciones le pedí que las cantara el mismo para que se sintiera más seguro”.
“La Cárcel”, una de las composiciones emblemáticas del grupo fue compuesta en colaboración entre sus miembros por una desagradable situación acaecida de la cual Olinto no brinda mayores detalles. Cuando fueron a grabar el tema, este no estaba bien hecho y hubo que adaptarla al sistema del sexteto. Lo mismo sucedió con “Mi Calvario” y curiosamente ambos números se han convertido en emblemáticos dentro de la carrera del grupo. Pero para Olinto “esas fueron situaciones no de casualidad, sino de suerte. Una suerte que se le puede presentar a cualquier grupo”.
“En estos 45 años ¿con que artista recuerdas con más cariño el haber compartido?”.
“De los grupos con que alternamos el que recuerdo con más cariño es a la Sonora Matancera. Aprendí mucho de ellos. No me lo enseñaron directamente, pero yo los observaba y comencé a regirme por su disciplina, por su mística. Una gente que ha durado 60 años juntos, lo que no es nada fácil. Y ese es el caso del sexteto. Entonces, pararnos al lado de un grupo con ese historial tiene que haber sido un orgullo para nosotros”.
“¿Cómo hicieron para evitar caer en el sonido de Joe Cuba que era él que mandaba en la época?”.
“Estructuralmente no íbamos a caer nunca en su sonido porque las instrumentaciones son completamente distintas. Pero los sextetos se caracterizan mucho por hacer intermedios y cortes en las piezas y por afincar más en el ritmo que lo que lo hace una orquesta grande. Los cortes que hacíamos obviamente tenían la orientación de los de Joe Cuba, pero no eran imitación. Sus cortes traían una tecnificación muy dura y nosotros lo hacíamos pero a nuestra manera… y nos dio resultados”.
“¿Sientes que el Sexteto Juventud ha creado influencia en otras agrupaciones venezolanas?”.
“¡Si, si, si! En aquella época había un boom de la música latina y los sellos disqueros querían grabar a todo el que se le presentara en el estilo. Y como nosotros éramos los que estábamos pegados en ese momento los productores obligaban a sus artistas a tocar como nosotros. Salieron grupos como el sexteto caracas, Príncipe y su sexteto y varios más. Pero el truco que teníamos nosotros no lo logró ninguno de ellos. Y hay muchos músicos que dicen que nosotros fuimos los que abrimos el camino”.
“¿Cómo se explica que después de tanto tiempo sin grabar el Sexteto siga trabajando muchísimo y metiendo tanta gente en sus presentaciones?”.
“Nosotros tenemos más de 300 composiciones grabadas, más del 90 por ciento originales. Y de esos temas hay 12 0 15 hits. Pero hay que ver el contenido del resto de los temas. El mensaje de las letras es muy de pueblo y en aquella época le llegó a los jóvenes y a los adultos. Hoy en día está pasando lo mismo. Los muchachos jóvenes nos buscan porque ellos no nos vieron. Yo no digo que seamos un fenómeno, pero la verdad es que algo pasa”.
“¿Cómo ves las corrientes musicales de hoy en día? El reggetón y la salsa que se hace ahora”
“La verdad es que eso si no se lo recomiendo a nadie, en especial a los jóvenes, que si es verdad que tienen derecho a oírlo y ¿Porqué no? a gustarle, pero no deben abocarse a eso solamente porque allí no hay nada de lo que vimos nosotros. Aquellas orquestas en vivo… aquellos festivales con músicos tocando de verdad. El reggetón es música de volumen como para volver loco a cualquiera y yo no pienso que de él se pueda aprender algo. Eso sí, lo respetamos”.
Y como para que quede claro que lo de él no es una actitud en contra de la música pop, recuerda la época en que surgen los grupos juveniles en Venezuela. Gente como Trino y Henry, hoy sus grandes amigos.
Olinto percibió que la salsa comenzaba a tener un bajón gracias a esa avanzada pop y decidió comenzar a experimentar. Y así, a pesar de la animadversión del presidente de su sello nació otro hit como lo fue “Caramelo y Chocolate”.
El sexteto Juventud ha presentado su arte en todas las islas del caribe, en Colombia, Italia, Puerto Rico y México, aunque el director del grupo piensa que en las actuales condiciones es difícil para el músico venezolano salir del país: “Nos ponen una serie de condiciones distintas a las que nosotros cumplimos aquí. Si tú pides en México o Italia lo que ganas aquí, o un poquito más, te le ponen objeciones. Entiendo que un hotel o un pasaje para España o México cuestan plata, pero ellos piden que de los siete músicos que somos vayan solo tres y esa no es la idea. Aquí el músico ha tenido que emigrar bajo su propio riesgo”.
Herencia Latina con questa edizione di Febbraio – Marzo del 2005 celebra i primi 40 anni del rinnovamento musicale avvenuto a metà degli anni 60, nel settore ispanico dell’Harlem detto anche “barrio”, dove la prima generazione di giovani portoricani nati nella città di New York o la terza generazione di portoricani radicata lì, vide crescere il meraviglioso ritmo musicale chiamato Latin Boogaloo ed il suo fratello minore, lo Shing- A – Ling.
L’apice del successo fu nel 1965, anno dove il corso della musica latina cambiò quando un nuovo ritmo fu creato dai ballerini Afro Americani, che celebravano i loro incontri nel Club Palm Garden, ubicato nel “Midtown” di Manhattan, nella città di New York.
I ballerini furono travolti dalla musica di Pucho Brown y sus Latin Soul Brother, ma anche da gruppi specializzati nella musica latina come quelli di Pete Rodríguez, Joe Cuba e Johnny Colón; senza dubbio è al trombettista, compositore e arrangiatore Tony Pabón che dobbiamo molto; fu infatti il primo musicista al quale si attribuisce l’utilizzo delle tinte latine alla musica Boogaloo degli Afro Americani, quando compose Pete’s Boogaloo per Pete Rodríguez. (Salazar 1977).
La disputa per l’elaborazione del menzionato ritmo è ancora attuale.
Lo reclamano per i suoi effetti diversi attori principali:
1. Tony Pabon incise la sua famosa Pete’s Boogaloo che, come sostenne lo scomparso Disc Jockey Symphony Sid Torin, fu il primo boogaloo suonato alla radio di New York. Inoltre, Pete riuscì a sfondare nei primi locali con un altro boogaloo, “I Like It Like That”.
2. Joe Cuba y su Sexteto per la sua famosa canzone Bang Bang (Push, Push), la quale restò per dieci settimane nella classifica del Billborad e fu una delle poche registrazioni latine a raggiungere un successo musicale nel mercato Anglosassone.
3. Johnny Colón per il tema “Boogaloo Blue”, e 4. Héctor Rivera con il suo già mitico pezzo “At the Party”, canzone che nel 1966 occupò il posto 26 nella classifica del Billborad per otto settimane.
D’altra parte Ricardo Ray è stato considerato come il primo innovatore del ritmo per il suo album Jala Jala y Boogaloo registrato nel 1967.
Joe Bataan è considerato il padre del Latin Soul per i suoi famosi lavori che troviamo specialmente nell’album “Riot”, mentre Pucho Brown è identificato come il musicista che costruì un ponte tra il boogaloo afroamericano ed il Latin Boogaloo.
Joe Cuba e Jimmy Sabater contribuirono molto alla crescita di questo ritmo musicale, come spiega il professor Flores nel suo libro(From Bomba to hip hop 1999), dove racconta: “Jimmy Sabater ricorda la notte nella quale il suo direttore Joe Cuba esaudì le sue preghiere per suonare una canzone che già da molto tempo lo stava inspirando”.
Arrivò così il successo.Era l’anno 1966 e successe nella sala da ballo del The Palm Gardens Ballroom nel Midtown Manhattan; il salone era pieno.
Sabater racconta:
“Era un ballo dei neri americani di Harlem – Come voi sapete- prosegue, – nel Palm Gardens si organizzava un ballo ogni settimana per le persone di colore e si organizzavano anche da altre parti. In questo modo riuscimmo a provare le canzoni del nuovo album: “Estamos Haciendo Algo Bien” (We Must Be Doing Something Right), che stava per essere presentato sul mercato, e dove si trova “El Pito” (I’ll never go back to Georgia, never go back).Avete Presente?
Il luogo era pieno di gente e quando suonavamo Mambo e Cha Cha Cha e nessuno andava a ballare o era coinvolto. Alla fine del primo tempo, andai da Joe Cuba e gli dissi preoccupato:”Guarda Sonny (che era il suo soprannome) io ho un’idea, proviamo a suonare in maniera da coinvolgere la gente”. Joe mi rispose:”No, no, no, noi dobbiamo continuare a suonare le canzoni del nuovo LP”.
Allora, quando stava per iniziare la seconda parte del concerto mi avvicinai di nuovo a Joe e lo pregai, a quel punto mi disse:”Guarda Jimmy, va bene, se sto sbagliando ci fermeremo e ti pagherò il doppio”.
La situazione continuò senza cambi. Finalmente, Joe mi si avvicinò e disse: “OK”. Passai dal piano e dissi a Nick Jiménez, “Suona questo”… Prima di ritornare al timbal la gente aveva riempito la pista e cantava“bi-bi hah!, bi-bi hah!”.
Anche Joe Cuba ricorda questo evento, “le coppie improvvisamente iniziarono a ballare da una parte all’altra, qualcosa di simile ad una ola (onda), e cominciarono a cantare:” ella es libre, ella es libre”, qualcosa di simile ad un salmo tribale africano e continuarono a ballare”.
Johnny Colón “Echa la pa ca, tirala pa alla, esa mulata tiene candela”
Di grande interesse risultano le risposte che il maestro Johnny Colón diede all’intervista che gli fece lo scomparso giornalista di New York Vermon W.Boogi, quando questo gli chiese di dire se lui (Johnny Colón) fu uno dei padri fondatori del Boogaloo, al che Colón gli rispose:
“Io non penso di essere il padre fondatore del Boogaloo.
Mi colloco come parte di questo processo. Richie Ray fece un brano chiamato “Lookie Lookie”, però non è stato considerato nella sua essenza un boogaloo e sebbene l’idea ed il concetto erano molto vicini, però fu un boogaloo molto veloce.
Il boogaloo nella sua essenza era lento.
Un altro ragazzo che fu stigmatizzato – e questo mi anticipò – se lo considerate nell’era del boogaloo e gli date credito, fu Pete Rodríguez con “I Like It Like That” e “Micaela”.
Anche se fu più un tentativo di boogaloo, però tornando alla discussione, non fu totalmente un tentativo di boogaloo, giacchè “Micaela” non fu realmente un boogaloo ma una tonada latina.Noi arrivammo al boogaloo quando questo realmente cominciò a mischiarsi, dato che in precedenza fu solo un tentativo di modificare il blues ed i suoi accordi.
Non fu propriamente Latin Music, ma più una fusione di musica latina con musica jazz. Il boogaloo sperimentale fu una combinazione di musica latina con rhythm and blues (musica nera) e penso che sia molto simile al “Jumpy”.
“Adesso se ascoltate attentamente il mio tema el “Boogaloo Blues”, potrete ascoltare influenze di jazz. E la mia ispirazione fu una canzone chiamata “Sayonara Blues” di Horace Silver e anche usai “No Mo Shake” dello stesso autore. Le sue linee sono bellissime.
In altre parole, Horace fu il catalizzatore per la mia creatività, mi servì per esplorare e scoprire…fui un fanatico di Horace Silver”
Il Maestro Joe Bataan in Spagna 2004
Il Maestro Joey Pastrana
Prosegue Johnny: “Penso che lei darebbe probabilmente credito a Ricardo Ray, forse perchè lui realizzò la canzone “Lookie Lookie”, e prima che (mi chieda), se io do credito a qualcuno al quale si ispirò Ricardo Ray, io penserei – se lei ha ascoltato la sua musica – a Mongo Santamaría.
Ha ascoltato “Watermelo Man”. Fra quelli che si nominano c’è Joe Bataan, il quale iniziò a suonare boogaloo solo successivamente (mesi dopo). Penso che la sua musica non si possa definire boogaloo, però fu una fusione molto ben fatta di musica Latina e ‘American rhythm and blues’ . . . dopo Joe Cuba con Bang Bang, arrivarono i Lebrón Brothers; io fui loro produttore anche se non mi diedero credito nei loro LP.
George (Goldner) — produttore della Cotique — mi domandò se potevo aiutare i ragazzi per registrare, mi spiegò:” Ho bisogno di una persona nello studio che possa comunicare”.
Vista la mia esperienza precedente di produttore, io decisi di aiutarli con le armonie, dato che alcune presentavano degli errori. In questo modo registrarono il loro primo LP. Ho anche aiutato un gruppo chiamato “The Latines”.
Fra i “The Latines” e i “Lebrón Brothers” c’era Joey Pastrana, anche lui fu aiutato da me nella produzione. Furono dei ragazzi molto felici durante questa era (quella del Boogaloo).
In un’intervista che facemmo con Ricardo Ray e Booby Cruz verso metà Dicembre del 2005, presso il negozio di dischi di Viera per il lancio del suo disco “Que Vuelva la Música”, Bobby Cruz ci disse: “Il primo Boogaloo lo abbiamo registrato noi e si chiama “Lookie Lookie Boogaloo”. Pete Rodríguez arrivò un anno dopo, mentre noi registrammo questa canzone nell’album “Se Soltó” se non ricordo male”. Era il 1964, (interviene Ricardo Ray).
“Si era il 1964 continua Bobby, e fu il primo boogaloo , affinchè lo possiate ricordare”. “La verità è que Pete Rodríguez fece un gran pezzo che si chiama: “I Like It Like That”, però non bisogna dimenticare che Joe Cuba a sua volta registrò un altro tema sensazionale “Bang Bang (Push, Push)”.
“In verità il boogaloo come tale lo inventò Chubby Checker e noi lo rendemmo latino con “Lookie Lookie” che è cantata in inglese, dopo questa canzone realizzammo un album totalmente di boogaloo che si chiama: “Let’s Get Down To The Real Nitty Gritty”, allora venne Pete e suonò in maniera mostruosa con “I Like It Like That”.
Però queste cose bisogna controllarle con la storia, bisogna osservare le date in cui uscirono “I Like It Like That” e “Lookie Lookie Boogaloo”.
I ragazzi del The TNT
I Lebrón Brothers
Joey Pastrana
Prima che il boogaloo entrasse sulla scena con il cambio generazionale fra il finale degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta, la musica latina che si ascoltava a New York era composta da mambo, pachanga e dalle orchestre tipiche cubane o charangas; il locale che tirava per la maggiore era il Palladium Ballroom, almeno fino al 1961, quando il Palladium iniziò ad avere problemi con le autorità della città di New York a causa di una retata che venne fatta dalla polizia a seguito di una soffiata da parte di alcuni agenti infiltrati che portarono al sequestro di una partita di liquore adulterato.
Le multe ed il ritiro della licenza per vendere bevande alcoliche furono il mezzo per punire la famosa sala da ballo. La perdita di clienti ed il poco interesse nel consumare solo bevande analcoliche portarono alla chiusura del locale il 5 Maggio del 1966. La chiusura del Palladium marcò definitivamente la fine dell’era del Mambo e delle grandi orchestre; inoltre come in un effetto domino portò anche alla fine di altri ritmi di moda a quei tempi: la Pachanga e la Charanga.
Per queste orchestre sarebbero arrivati momenti molto difficili.
Un’altra cosa singolare che vale la pena ricordare è la seguente: il giorno della chiusura del Palladium, fra le orchestre che erano state messe sotto contratto ne appaiono due che casualmente sono quelle di maggior successo e quotate nell’ambiente del Boogaloo: “La Magnífica de Pete Rodríguez” e “la Orquesta de Ricardo Ray”, quasi come se il nascente boogaloo partecipasse all’addio ed alla chiusura del Palladium. (le altre due orchestre furono: La Orquesta de Eddie Palmieri e la Orquesta Broadway)
Nel frattempo arrivarono altri successi; Pucho Brown, un Afro Americano che incominciò registrando ritmi Afro-Cubani nel 1960 e parlando della decade del boogaloo disse:”I gruppi Afro-Americani furono i primi a introdurre il boogaloo nei primi anni sessanta. . . essi unirono un “back beat” (movimento ritardato) al rhythm and blues e da lì emerse il boogaloo.” Nel 1966 il mercato afro americano stava acquistando importanza negli Stati Uniti; il momento era ormai maturo per il nuovo ritmo che avrebbe soddisfatto la domanda di registrazioni di musica afro americana e latina.
Il Maestro Pijuan y su Sexteto
il Gran Pucho Brown y sus Latin Soul Brothers
ed il Maestro Ray Barretto Fine prima parte
Ray Barretto nell’anno 1961 registrò per la casa Tico Records il suo maggior successo commerciale: “Watusi”, tema che divenne rapidamente famoso e che entrò anche nella classifica del Billboard, rimanendo per 13 settimane alla posizione numero 5. Il pezzo prendeva spunto da un brano di Hank Ballard y los Midnighters intitolato “Let’s Go, let’s Go”.
Nel 1963 Mongo Santamaria entrò nella Top 10 con il suo primo successo Watermelon Men, composizione scritta da Herbie Hancock e nel 1965 la casa discografica Tico registrò il grande successo di Eddie Palmieri“Azucar pa’ ti” che attrasse molti neri interessati a ballare i ritmi latini.
Questi tre pezzi sono da segnalare come quelli di primaria importanza, nei quali sono presenti i primi ingredienti del Latin Boogaloo e dello Shing – A – Ling.
Gli episodi accaduti al Palm Garden Club, sia con “La Magnífica de Pete Rodríguez” che con il “Sexteto di Joe Cuba”, saranno utili per far comprendere la funzione sociale del Boogaloo. Effettivamente, come vicini e compagni di lavoro, gli afroamericani ed i portoricani del quartiere di Harlem hanno condiviso per molti decenni le proprie tradizioni orali, la cultura, gli amori, le disavventure e le frustrazioni. Entrambe le comunità frequentavano i club del luogo dove si dilettavano ascoltando le proprie bande preferite indipendentemente dal fatto che fossero latine o nere. Queste bande erano in grado di dar vita da un momento all’altro a fusioni musicali per compiacere tutti i presenti.
Così era possibile vedere nella stessa circostanza suonare gruppi afroamericani come The Suprems, The Temptations, Marvin Gaye, James Brown, Wilson Pickett, Joe Tex ed i latini Joe Cuba, Joey Pastrana, Lebrón Brothers,Eddie Palmieri, Pete Rodríguez, ecc.
Questa singolare “pentola a pressione ritmica” si sarebbe presto trasformata in un’insieme musicale di suoni attraenti e rivoluzionari.
In un articolo della metà degli anni sessanta sulla discoteca “Small’s Paradise” di Harlem apparso sulla rivista di gossip “New York Spy” c’era scritto: “Qui si può vedere l’autentico boogaloo, il phil dog, il jerk ed il truck”.
Sex Simbols, i simboli sessuali: Sono i ragazzi de “La TNT” che posano con modi irreverenti, seguendo i padri della liberazione sessuale e la moda psichedelica degli anni 60. Un LP della Cotique.
Il successo del Latin Boogaloo demarca la storia della musica latina in quanto tappa di transizione e anche tappa di rottura con la continuità e le influenze in termini di stile musicale che venivano sviluppandosi dagli anni 40.
Questo è il momento nel quale si da indipendenza ai messaggi, si modificano le liriche, dato che le liriche di questo movimento non erano focalizzate verso la lontana Cuba o la chiassosa Habana, ma rispondevano maggiormente a nuove opzioni sociali. La predominanza dello spagnolo nelle canzoni cominciava già a calare a scapito dell’inglese. Anche il ballo iniziò a cambiare: dal soave cha cha cha e dal mambo si passa ad un ritmo con passi da “mezzi ubriachi” – leggasi quanto affermava Tony Pabón (nell’intervista che pubblicheremo prossimamente) – accompagnati da contorsioni del bacino, il corpo vibra e si unisce il “chasquido” delle dita.
Anche il modo di vestire cambia, i vestiti scuri e eleganti sono rimpiazzati dalle giacche, pantaloni azzurri e camicie con figure psichedeliche (una delle ultime orchestre a utilizzare abbigliamento da gala fu quella di Ricardo Ray).
Questo breve periodo fomentò l’esplosione musicale fatta di furore, frenesia delle comunità latina e afroamericana del Barrio; nel frattempo le 2 comunità vivevano il momento storico dei movimenti dei Diritti Civili, la nascita e la rivendicazione di movimenti radicali come “Las Panteras Negras”, il movimento civico portoricano del partito “Young Lords” e le lotte contro ogni forma di discriminazione razziale.
I cantanti Joey Pastrana, Héctor Rivera, Gilberto Cruz y su Sexteto, Joe Cuba, Ralphy Pagán, Joe Bataan, King Nando, Ralph Robles, Monguito Santamaría, El Sexteto New Swing, Frankie Nieves, Mario Allison, Pete Rodríguez ed i ragazzi della TNT beneficiarono al tempo stesso dell’immensa popolarità nel Barrio. Inoltre erano apprezzati in modo profondo per le loro ballate piene di soul con influenze di ritmi latini. Fernando “King Nando” Rivera diventò famoso per lo Shing – A – Ling, catturando l’attenzione del Barrio nella primavera del 1967 con la sua composizione “Fortuna”, ispirata dai ricordi di Portorico.
Nell’anno 1965, dopo aver inciso cinque LP per i marchi Battle e Riverside, Mongo Santamaria firma con la Columbia Records. Mongo vide aumentare la propria popolarità con gli LP El Bravo e Pussy Cat.
Nell’anno seguente la popolarità del boogaloo era in ascesa, cosa che contribuì a far diminuire in modo drastico il lavoro per le grandi orchestre.
Negli anni successivi il boogaloo esplose, tanto che sul mercato arrivò una grande quantità di gruppi giovanili che si dedicavano a questo nuovo ritmo.
La popolarità del Boogaloo “ferì” alcuni direttori delle grandi orchestre, che erano già famosi sul mercato latino e in modo tempestivo avvertirono la pressione della nuova corrente musicale; furono così letteralmente rifiutati dal mercato e questo fu evidente quando i contratti iniziarono a dimuire.
La situazione si fece “calda”.
Il maestro Joe Quijano con la sua Orquesta Cachana registrò un brano che avrebbe aperto la polemica contro il Boogaloo; il brano voleva togliere importanza ai lavori che stavano sviluppando i “nuovi ragazzi”.
Per dare veridicità a questo criterio abbiamo chiesto al maestro Quijano e questo è ciò che ci ha risposto: “Credo di esser stato ingiusto con i ragazzi”.Il brano prese vita mentre stavo provando nel Bronx Casino con l’Orquesta Cachana. Ad un certo punto entrò Johnny Pacheco che stava andando in riunione con Maceda per discutere di un contratto.
Ero furioso e borbottante contro il boogaloo, ci siamo diretti al laboratorio di Maceda e abbiamo parlato dell’ambiente musicale che aveva portato avanti il boogaloo e del fatto che questo stava andando alla grande”.
“Io dissi a Pacheco – dimenticati del boogaloo che passerà, io continuo con il mio montuno e non torno indietro. Mentre parlavo con Pacheco mi ricordai che quando andai a L’Habana si discuteva sul travolgente ritorno del Cha Cha Cha e Cabrerita aveva un coro molto popolare che diceva” (il maestro procede a cantarlo): “Io mi diverto ballando, lasciami col mio son, continua tu a saltare col tuo Cha Cha Cha”.
Da lì presi ispirazione per la famosa melodia.
Allora tornai dove i ragazzi della mia banda stavano provando e dissi a Paquito Pastor: “Paquito, suona questo”: “Il boogaloo passerà, io continuo con il mio montuno per divertirmi, ehh, il boogaloo passerà io continuo con il mio montuno per divertimi, affina Paco, (entra il piano di Paquito Pastor) Boogaloo, Boogaloo, fatti in là e non guardare in qua, boogaloo, boogaloo…”
E continuammo ispirati con il pezzo, facemmo i cori e un delizioso flauto di cinque chiavi suonato da Bobby Nelson; Paquito era fortissimo con i “guajeos” al piano, che era la base del boogaloo, la nostra prima tromba era Al Bryant e in quel brano brillò perché era esperto di boogaloo, lui è “sureño”. “per me il piano di Pete Rodriguez nel brano It Like It è preso dai “guajeos” di Moliendo Café.
Io incisi un LP intero di Boogaloo, Shing – A – Ling e un altro ritmo negro che non ha sperimentato nessuno, il “Wobble”. Lo si può trovare nel Vol.5 dell’Orquesta Cachana, sotto il marchio di Cesta Records.
“Pacheco non registrò mai boogaloo e shing-a-ling, era molto occupado a registrare le cose di Cuba, non era interessato alle nuove correnti musicali”.
Il Gran Combo di Puerto Rico era restio all’idea di entrare a far parte del movimento del boogaloo, però visto che s trovava in un mercato dominato da tale ritmo si decisero a registrarlo.
Nell’anno 1967 escono con l’incisione “Boogaloo con el Gran Combo” con cui ricevettero il loro secondo Disco d’Oro (i brani erano: ¿Tu Querías Boogaloo? Toma Boogaloo, Baila Mi Shingaling, Navidades A Go Go, Se Quedo El Boogaloo, Boogaloo Con Bajo, Sway To And Fro, Shing A Ling For My baby, tra gli altri).
Bisogna sottolineare che in quel periodo già avevano registrato 12 album ma è nel momento di massimo successo del boogaloo, nel 1968, che il Gran Combo subì un duro colpo e per un periodo di cinque o sei anni fecero solo uno show del mezzogiorno nella tv di Puerto Rico e un programma radio quotidiano.
Il direttore del Gran Combo, il maestro Rafael Ithier commenta: “Alla lunga ciò ci ha danneggiati. Abbiamo smesso di vendere dischi e ci hanno allontanati. La crisi fu tra il 68 e il 71 però i ragazzi furono fedeli al gruppo e fecero molti sacrifici. Andy Montañez era ancora nostro cantante e gli fecero offerte che non volle accettare. In cambio ipotecò la sua casa per avere denaro per poterci fare un disco, perché ci cacciarono persino dalla compagnia dei dischi. Fu un gesto di grandezza che non dimenticherò mai.
Con il disco Don Goyo poi ripagammo completamente Andy. Più avanti sarebbe venuto il disco dal quale uscì la hit “Un Verano en Nueva York” che, assieme a “Las Hojas Blancas”, diede al Gran Combo una ventata di aria nuova.
“Fu una crisi violenta – aggiunse Ithier – Da allora abbiamo continuato più o meno bene. Chiaro, arrivò un momento in cui La Fania si accaparrò tutto. Non ci fu tanto crisi quanto un calo nella domanda perché c’erano troppe orchestre”. Martínez. L. (2005)
Fine seconda parte
Mentre Mongo dichiara: “Il boogaloo non mi ha tolto nessun lavoro”.“Gli anni sessanta furono i miei anni migliori. Io ho suonato e registrato son montuno, pachanga, boogaloo, guajira boogaloo, jazz afro cubano, blues, soul, bossa nova e rock. Ho lavorato in molti locali e collegi, per di più in vari paesi. Avevo lavoro con sei mesi di paga anticipata”.
Nel 1969, Mongo Santamaria e la Columbia Records sciolgono il contratto. Mongo non segue i consigli di quelli che gli raccomandano di desistere dal registrare Latin Soul o Latin Boogaloo; Mongo continua a registrare per l’etichetta Atlantic Records musica Latin Soul e Rock, fino alla metà del 1972, momento in qui firma un contratto con l’etichetta Fania Records.
Jerry Masucci si gioca l’idea di non porre limiti affinché Mongo registri quel che desideri: El Pussy Cat, La Bamba, Bravo, Hey! Let’s Party, Mongo Mania (incluso nell’album “Cloud Nine” del 1969, e che fu un successo dei Los Temptations). Eddie Palmieri, nell’intervista che gli fece Laffitte (2002), ci svela alcune direttive di grande importanza: “Si, io mi ricordo bene quanto fu pregiudiziale quel momento, dal momento che non ero motivato da niente che si avvicinasse a… quel boogaloo”.“Alcuni gruppi giovanili lo stavano facendo e cantavano in inglese. Questa situazione mi spinse quindi ad effettuare alcuni cambiamenti”. “Loro – le bande giovanili di boogaloo – andavano alla grande (erano richiestissime) e noi cominciammo invece a perdere lavoro”. “Mio fratello maggiore Charlie non trovò lavoro in nessun locale per un anno a causa dell’impatto causato dal nuovo suono del boogaloo”. “Fu come una pazzia e noi non ci adattammo… io personalmente non mi impegnai a suonare boogaloo. Non mi lasciai catturare, giammai, davvero… non avevo il feeling per farlo. Comunque ricordo che registrai alcune piccole cose che si possono chiamare Boogaloo o Shing-A-Ling, però furono più “tipiche” di qualsiasi altra cosa. Non ero messo male, in giro c’era poco lavoro, ma la crisi in tutti i modi ci riguardò; vede, il lavoro non si otteneva con facilità e una volta che lo avevi, non potevi fartelo scappare”. Ironicamente, alla fine della vita del Boogaloo, Eddie Palmieri incise un favoloso album intitolato “Champagne” e lo stesso accadde a suo fratello che registrò un LP intitolato “Charlie Palmieri – Latin Boogaloo”. La perdita di lavoro colpì anche le band di Tito Puente, Machito, Tito Rodriguez, Joe Quijano, Pacheco, Vicentico Valdés, Orquesta Broadway, Orlando Marín, Pupy Lagarretta, ecc.
La maggior parte dei maestri delle “big band” e di tutti i grandi degli anni 50 parlano di questo periodo con rancore. Per loro semplicemente era tramontata la buona musica cubana e al suo posto si suonava ora un disordine che utilizzava il son come uno straccio da cucina. In effetti questi anni risultarono eccessivamente duri e tortuosi.
Continua ad essere pietoso, ad esempio, ascoltare le ultime incisioni di Arsenio Rodriguez, uno dei grandi geni, che finì per registrare un boogaloo mediocre che non gli corrispondeva in nessun modo, così riassunse nel suo libro Cesar Rondón (1979).
… E La Lupe?
Tito Puente inizialmente attaccò i gruppi di boogaloo e si rifiutò di registrare, per breve tempo, il ritmo di moda ma alla fine si riconciliò con la nuova situazione della Grande Mela. La Lupe arrivò a New York nel 1962 e cominciò a cantare nel cabaret cubano La Barraca nel Midtown di Manhattan.
Mesi più tardi il maestro Mongo Santamaria, leggendo la rivista cubana “Bohemia”, venne a sapere che la cantante nelle sue performances canore era come posseduta dal demonio.
Dopo l’esilio, realizzò che avrebbe potuto incontrarla a New York. Incuriosito dal personaggio, la raggiunse per conoscerla alla Barraca.
Il 17 di dicembre del 1962 La Lupe registra con Mongo, per l’etichetta Riverside Records, “Mongo Introduce a La Lupe”.
Nel momento in cui il gruppo di Mongo Santamaria si esibisce con La Lupe al Teatro Apollo, al Club Triton, al Palladium Ballroom e in altri locali, lei viene immediatamente riconosciuta come la nuova stella latina. Nel 1964 La Lupe debutta con l’orchestra di Tito Puente nel Loews Boulevard Theatre del Bronx’s. La Lupe fece di questo periodo il suo regno assoluto, nonostante la sua instabilità caratteriale. Quando Tito Puente uscì sul palco accompagnando con la sua Grande Orchestra la voce della Lupe, l’ambiente ne uscì rivoluzionato, giacchè l’elemento del canto, fino ad allora marginale, pungente, eterodosso, quasi impreparato, divenne l’armonia e al tempo stesso la rottura nei suoi spettacoli (“cantante gridona, disordinata e con mancanza di rispetto” così la definirono alcuni giornalisti del giro newyorkese)… In questo modo La Lupe, con la grande orchestra di Tito Puente, si avvicinò al Barrio. La Lupe arrivò per Puente al momento giusto. Con la Tico registrarono l’album di boogaloo “Puente Swings, The Exciting Lupe Sings” (1965). Dopo una registrazione con il marchio Tico, Puente ruppe con La Lupe, sfinito dal temperamento difficile della cantante.
A un certo punto entra in scena Ricardo Ray. con “Lookie Lookie Now, How I do the Boogaloo, Lookie Lookie Now!”
Se riguardiamo la scena della musica Latin Boogaloo o Latin Soul della metà degli anni 60, non possiamo non ricordare l’ammirato pianista Richie Ray. Nel 1966 esce sul mercato una sua produzione che si sarebbe autoproclamata come l’iniziatrice di un movimento di avanguardia che avrebbe invaso New York e che si sarebbe sviluppata, nella stessa New York, nel movimento chiamato SALSA.
Il disco “Se Soltó/On The Loose” portò al giovane e virtuoso pianista la fama di innovatore nella musica latina: con i brani come “Danzón Boogaloo” e “Lookie Lookie”, Ricardo Ray avrebbe imposto un accento latino al boogaloo, precedentemente associato al soul e al “rhythm and blues” afroamericano.
La proposta di Ricardo sarebbe coincisa con il suo arrivo alla “establo” della Alegre Records, e il suo colpo di genio fu molto ben fiutato dal produttore della casa discografica, Pancho Cristal. Infatti, nel momento in cui scade il contratto di Ricardo Ray con la Fonseca Records, il cofondatore della Fania Records, Jerry Masucci, si dimostra molto interessato a ottenerli per estendere il proprio catalogo di artisti che in quel momento includeva Bobby Valentín, Johnny Pacheco e Larry Harlow.
Dalle parole dello stesso Masucci “… negoziai con loro e ci mettemmo d’accordo per firmare un contratto di registrazione. Mai dimenticherò che avevo il contratto nella mia borsa, pronto per farlo firmare quando ci saremmo incontrati più tardi nel ristorante “La Barraca”. Per una qualche ragione il contratto non si firmò e ci accordammo di riunirci nel mio studio il giorno seguente. Il giorno seguente ricevetti una chiamata di Richie che mi diceva che il suo agente, Jose Curbelo, li aveva convinti a firmare con Tico Records. Questo mi insegnò un’altra lezione… il loro contratto con la Tico non durò molto e, scaduto quello, li feci firmare durante una delle loro prove. Mai dimenticherò che, scendendo le scale con il contratto firmato in mano, il proprietario di Fonseca stava salendo con un altro contratto. Avevo imparato bene la mia lezione.”
In quello stesso anno, Ricardo lanciò il boogaloo in uno degli incontri storici più importanti della musica latina nella città di New York, successivamente registrato su tre dischi. Le “Descargas Live at the Villane Gate” avrebbero avuto come parte del repertorio una canzone chiamata “Descarga Boogaloo”, musicalmente diversa dal resto del repertorio che si eseguì quella notte. Le esibizioni canore di Cheo Feliciano e di Monguito el Unico, evidenziarono la nuova onda che stava investendo l’evoluzione musicale nella città di New York. L’era gloriosa del Palladium e delle Big Bands era ormai passata e il terreno era pronto per l’incursione di nuovi e piccoli gruppi (paragonati con i Big, queste orchestre erano composte al massimo da 8-9 musicisti) che avrebbero approfittato della congiuntura storica per togliere la fama alle orchestre che già da tempo dominavano le radio e le piste da ballo. Più tardi queste “vittime” avrebbero poi recuperato il terreno perduto, non per la forza della loro proposta musicale, ma per fattori completamente estranei all’arte e anche molto radicati nell’arroganza personale.
“Boogaloo Boogaloo, Yeah Yeah, Boogaloo!”
Il vortice che causò l’esplosione del boogaloo a New York nel 1966, portò l’anno seguente il lancio di un disco per la Alegre Records sulla cui retrocopertina si definiva Ricardo Ray come un precursore, affermazione che tuttora origina discussioni simili a quella per cui la salsa sarebbe semplicemente “musica cubana suonata fuori da Cuba”. Qualunque sia la verità cronologica di questa affermazione, ciò che è certo è che con l’album “Jala Jala y Boogaloo” e con brani come “Colombia’s Boogaloo” e “Mr. Trumpet Man” (LP vol II), Ricardo Ray e la sua orchestra si consacreranno tra i massimi esponenti del Latin Boogaloo a New York, oltre ad essere innovatori, talentuosi e sperimentatori. A parte ciò, lo sconfinamento di questa orchestra verso altri ritmi sarebbe stato un riflesso ogni volta diverso e dinamico di ciò in cui si stavano convertendo i repertori delle orchestre newyorchesi.
“Jala Jala” era stata una creazione del Gran Combo con Roberto Roena, inventore del medesimo e interprete del ritmo principale della campana, forse con l’intenzione di non rimanere indietro in un momento in cui i giovani fremevano per nuove creazioni e proposte musicali. Questo fenomeno di reciproca influenza tra le orchestre segnò uno dei periodi più originali nello sviluppo della musica latina, momento che avrebbe poi lasciato spazio alla tappa successiva, nota come Salsa.
Come prova precisa a sostegno dell’argomento, fatta eccezione pe rari casi, è sufficiente ascoltare le sonorità della maggior parte delle orchestre, prima e dopo il boom del Latin Boogaloo, per notare l’effetto a lungo termine che ebbe questo movimento nell’identità dei singoli gruppi.
Ma… qual è la novità? Palmieri che suona il boogaloo?
Nel 1968 era già chiaro che si erano sviluppate due chiare tendenze come reazione all’avvento del Latin Boogaloo:
La prima tendenza fu l’avversione alla quale era soggetto il boogaloo da parte di varie orchestre che non lo accoglievano nei propri repertori; esempio classico di ciò, l’atteggiamento di Willie Colón ed Héctor Lavoe nel brano “Eso Se Baila Así” dall’album “The Hustler”. Dopo una intro in cui sembra che abbraccino il Boogaloo, il famoso duo procede a rifiutarlo energicamente: Nell’anno 1968 era già noto che si erano sviluppate due chiare tendenze come reazione all’avvento del Latin Boogaloo. Innanzitutto l’antagonismo cui era soggetto il boogaloo da parte di varie orchestre che non lo accoglievano nei propri repertori. Esempio classico di ciò era l’atteggiamento di Willie Colón ed Héctor Lavoe nel brano “Eso Se Baila Así” nell’album The Hustler. Dopo un’ intro in cui sembra che abbraccino il Boogaloo, il famoso duo procede a rifiutarlo energicamente:
Coro: “Il Boogaloo non fa per me”
Lavoe: “Non fa per me il Boogaloo, ballalo tu!”
Coro: “Il Boogaloo non fa per me”
Lavoe: “Come? Tu lo vuoi ballare? Ma vattene, va’!”
Le orchestre che avevano adottato incondizionatamente il boogaloo sarebbero entrate in una querelle musicale con coloro che lo criticavano. E’ per questo che esistono brani come “Que Se Rían” dell’album “Jala Jala Y Boogaloo Vol.2” nel quale Ricardo Ray e Bobby Cruz affrontano la critica dei “tradizionalisti”:
Coro: “E lasciate che rida la gente, di Ritchie Ray”
Bobby Cruz: “Ridevano del Boogaloo, e ora guarda un po’!”
Coro: “E lasciate che rida la gente, di Ritchie Ray”
Ritchie e Bobby: “Il Boogaloo, è una cosa che non durerà, eh!”
Coro: “E lasciate che rida la gente, di Ritchie Ray”
Bobby: “Continua tu con il tuo montuno, che io ti lascio là!”
(Queste parole erano dirette a Joe Quijano e al suo brano “Lo Del Boogaloo” che abbiamo commentato prima)
Coro: “Il boogaloo, passerà
Io continuo con il mio montuno
Eh! Per divertirci!”
La seconda tendenza, sempre in reazione al boogaloo, era quella che alla fine accettava che il medesimo fosse diventato talmente di moda che avrebbe dovuto essere utilizzato nelle proprie composizioni. E’ così che vediamo come Eddie Palmieri, uno dei principali critici del Latin Boogaloo, alla fine lo adotti proprio in quello che sarà il disco di maggior successo del 1968: “Champagne”.
Eddie Palmieri, detto l’enfant terrible della musica latina, ci avrebbe proposto in questo disco non solo Cheo Feliciano (poco dopo il termine del suo sodalizio con Joe Cuba) e il maestro Cachao al basso, ma anche tre dei boogaloo piu sabrosi che sarebbero mai stati “cucinati” nella Grande Mela.
Con “Ay Que Rico”, “Cinturita” e “Palo De Mango” il maestro Palmieri ci dimostra che anche nelle situazioni un pò “scomode” il suo genio non aveva limiti nell’adottare le “mode” nel proprio repertorio. Di fatto questo disco fu nominato per tre premi nell’allora appena istituito “Latin Music Entertainment Award”, della rivista Latin New York Magazine, evento che si svolse alla Albert Hall dell’Hotel Americana a New York. Le orchestre che animarono lo spettacolo furono quelle di Tito Puente, Eddie Palmieri, Ricardo Ray e la Orquesta Broadway, show che finì con l’essere una grande frustrazione per chi stava entrando nell’onda del boogaloo.
Con cinque dei sette brani di Champagne frequentemente trasmessi alla radio newyorchese, la premiazione di Palmieri come miglior orchestra, miglior LP e miglior musicista sembrava quasi sicura. Eddie perse in tutte e tre le categorie, due di esse (miglior LP e migliore orchestra) a favore di Jala Jala y Boogaloo di Ricardo Ray (Salazar 2002).
La frustrazione fu tale che Palmieri non suonò più in pubblico il brano Lindo Yambú, per il quale venne sostituito al piano da Ira Herscher. Il grido palmieriano di insoddisfazione e di frustrazione in qualche modo si sentì nella successiva opera Justicia…
Per quanto concerne Ricardo Ray, il successo del suo disco Jala Jala y Boogaloo Vol. 2 (dovuto in gran parte al successo di “Mr. Trumpet Man”) lo avrebbe portato ad adottare uno stile, per certi versi “rischioso”, ma che nel contempo gli permise di entrare in nuovi mercati, affermando anche il successo del boogaloo stesso.
La registrazione dell’album “Let’s Get Down To The Real Nitty Gritty” avrebbe trovato ancora più spazio nel mercato anglosassone con brani di taglio tradizionale nella direzione del soul, nella linea di Mongo Santamaria.
Questo LP della metà degli anni 60, contiene una canzone che influenzò molta gente di Los Angeles ed è “El Alma Original de México”, caratterizzato da versi tormentati e da cori accattivanti, e contiene tra le altre: “Ya Ya”, “I Want You To Be My Girl”, “Mony Mony”, “Shout” e “Soul Man”.
Il disco, in quanto tale, ebbe relativa diffusione e fama nell’ambiente musicale di NY, però riscosse soprattutto un gran successo dall’altra parte del mondo, specialmente il brano “Nitty Gritty” in paesi come Germania e Spagna.
Tra gli LP rimasti in ombra e strani abbiamo ad esempio quello registrato da Jack “Mr Bongo” Costanzo, nato a Chicago ma di discendenza siciliana.
A 14 anni imparò a ballare la musica latina. Dopo la seconda guerra mondiale il suo contingente fu scaricato ad Alameda, in California settentrionale, e da lì si innamorò di Los Angeles.
Il suo primo impiego professionale risale al Gennaio 1946 con l’orchestra di Bobby Ramos, poi lavorò con quella di Ernesto Lecuona, Xavier Cugat, Pérez Prado con Modesto Duran, e Desi Arnaz; ebbe come pianista il messicano-americano Eddie Cano, e suonò brani arrangiati anche da Tito Rodríguez.
Verso gli anni ’60 Jack si dirige verso le sonorità pop formando un gruppo con il cantante Gerry Woo.
Jack lavorò anche come attore partecipando ad una serie di film, tra i quali “Visitor To Small Planet” e “The Delicate Delinquent”, con il comico Jerry Lewis. Jack è anche considerato uno degli artefici del mambo e del cha cha cha americani.
Nell’ LP “Latin Percussion Con Soul” è solista e realizza il suo esordio nel genere Latin Soul, sulla scia di Willie Bobo. L’opera comprende due grandi composizioni di Héctor Rivera: “Recuerdo” e “Vengo Acabando”.
Bene, e che succede in America del Sud?
Il Sexteto Juventud del Venezuela produce i suoi primi due LP il 13 Giugno 1967 e il 24 Settembre dello stesso anno, entrambi ricchi di boogaloo. Cortesia del portale francese www.buscasalsa.com Fine terza parte
Le radio del Sudamerica sono invase dal boogaloo, i piu importanti programmi di musica caraibica si lasciano letteralmente conquistare da questa nuova sonorità. In Venezuela, Colombia, Panama, Curaçao e Perù si iniziano ad ascoltare per radio Pete Rodríguez, Pete Rodríguez, Joe Cuba, Joe Bataan, Johnny Colón, Ralph Robles, Willie Rodríguez, Roy Román, Lebrón Brother, Frankie Nieves, Willie Bobo, Gilberto Cruz y su Sexteto, Héctor Rivera, Los Latin Souls, King Nando, Mario Allison, Joey Pastrana, Pijuan y su Sexteto etc.
Tuttavia è il Venezuela il paese che risponde con maggior forza, dando i natali a orchestre e sestetti come Federico y su Combo Latino, i Los Dementes di Ray Pérez con la voce di Perucho Torcat (nel 1967 incisero 6 LP, il primo dei quali è intitolato “Manifestacion en Salsa”), il Sexteto Juventud che poi si divise per dar luogo a Tabaco y sus Sextetos.
Carlos Quintana Tabaco con Arrollando
Federico emozionò l’ambiente con i suoi migliori successi di boogaloo e di salsa: “Federico Boogaloo”, “El Cobrador” e “Todo el Mundo”, del Sexteto Juventud (gruppo fondato il 13 Maggio del 1962, con il nome di Conjunto Rítmico Juventud e che solo successivamente diventerà il Sexteto Juventud. Questa formazione per buona parte del tempo fu formata da Olinto Medina come direttore e bassista, da Juan Medina alla chitarra, da Arturo López alla voce, da Elio Pacheco alla tumbadora, da Carlos Croquer alla batteria, da Isaias al bongó). I loro primi due primi LP “Guasancó” (1967) e “Más Guasancó” (1967) diedero molto spazio al Boogaloo, fra le canzoni più conosciute ricordiamo: Boogaloo, Descarga en Guasancó, Comand Boogaloo, Descarga a lo juventud; dell’LP del 68 “Guajira Sentimental”, “De Nuevo a Borinquen” e “Jala Jala Navideño” del 1970.
Dalla Repubblica Dominicana il maestro Primitivo Santos e dal Peru il maestro Pepe Hérnandez
Dalla Repubblica Dominicana ricordiamo il maestro Primitivo Santos e dal Perù il maestro Pepe Hérnandez; in Perù troviamo anche un bel boogaloo del già mitico Alfredito Linares intitolato “Yo traigo boogaloo”; nel contempo spopola la straordinaria canzone ibrida “Mambo rock”.
A fine anni 60, con influenze newyorchesi, si formò a Lima il Combo de Pepe Hérnandez, bassista e leader del suo gruppo. Questo gruppo era costituito da un sassofono tenore, dal flauto, dalla tromba, da una sezione ritmica latina e da un piano “furioso”. Essi incisero “Descarga En Menor”, “Yo Traigo El Boogaloo”, “Bailando Boogaloo”, “Burla”, “Cuídate” e “Crueldad”.
Successivamente si formò il gruppo di Pepe Moreno y su All Star Band.
Questa banda ebbe un gran successo con il bellissimo brano “Boogaloo Bola” (miscela di Twist, Cha Cha, Mambo, Boogaloo e qualcos’altro che dice in coro “Go Go En La Salsa”) e con “El Boogaloo de Cantinflitas” (stupendo brano, dedicato al noto cabarettista messicano, proposto fino allo sfinimento dalle varie radio colombiane come stacchetto per presentare i loro programmi comici).
In Colombia le città di Cali e Barranquilla si dichiarano capitali del boogaloo e in entrambe nascono i primi semi di quello che sarà l’ambiente salsero colombiano. A Barranquilla si crea La Protesta, ispirata all’orchestra di Tony Pabón.
Vi cantava un tale soprannominato Miche Boogaloo. Si formarono anche dei piccoli gruppi come quello dei Platinos con il cantante Jackie Carazo (animarono anche il Carnevale della Reina Perla Pompeyo).
Cali vide nascere molti gruppi di boogaloo: proprio dal Barrio Obrero veniva una grande ballerina di Pachanga e Boogaloo, la famosa – nonché celebrata in varie canzoni – “Amparo Arrebato“.
Nel Febbraio del 1968, l’orchestra di Ricardo Ray visita con il suo rinnovato stile musicale entrambe le città. Ed è a Cali, dove i ballerini impongono la velocità dei 45 giri agli album da 33, per adattarli al modo di ballare caleño.
Nel frattempo a Panama si affaccia sulla scena l’Orchestra di Bush Y Sus Magnificos di Francisco Bush Buckley che, assieme al giovane cantante Rubén Blades, interpreta i successi di Joe Cuba e di altri gruppi come il Conjunto Latino di Papi Arosemena, i Los Salvajes del Ritmo, i Los Silverstone, i Los Soul Fantastics, i Los Mozambiques, i Los Beachers, gli El Combo Impacto, tra i tanti.
Nella Repubblica Dominicana si afferma con molto swing il Maestro Primitivo Santos y su Combo, con un LP intitolato “Yo Vuelvo Pa’ Gozar”, una stupenda incisione degli anni 60. Le sue canzoni sono crude, decisamente in armonia con il nome del suo gruppo, i Primitivos. Di questo album riscosse molto successo, nelle programmazioni radiofoniche, il brano “Cuando Te Miro”, un boogaloo che è una versione latina di “Downtown Mad Mad Mad”, così come la descarga “El Robo Del Siglo”.
Sempre Dominicani furono Johnny Ventura e Bobby Quesada: Johnny Ventura incise l’LP “Boogaloo Esta En Algo”, all’interno del quale si distingue l’eccellente brano “Triángulo” firmato Bobby Capó, oltre a “Boogaloo Pa Gozar”, “Congo Blues”, “Ella Baila Boogaloo”. Il Maestro Bobby Quesada incise l’LP “Boogaloo en el Barrio” nel quale spiccano, tra le altre, “Bataola Boogaloo”, “Mi Barrio” e “Ritmo Moderno”.
Il gruppo brasiliano Boogaloo Combo col suo LP “Com Muito Ritmo” e il Maestro Dominicano Bobby Quesada col suo LP Boogaloo En el Barrio”.
Il Maestro Dominicano Bobby Quesada si afferma con l’LP “Boogaloo en el Barrio” mentre il gruppo brasiliano Boogaloo Combo, nel 1972, propone, per l’etichetta Epic, il sorprendente l’LP “Com Muito Ritmo”, album ad oggi considerato “strano e oscuro” (underground).
Il Boogaloo Combo si formò nel 1968 negli studi della CBS (l’attuale Sony Music) di Rio De Janeiro, ad opera del compositore argentino Roberto Livi e del Maestro Uruguagio Miguel Cedras, in seguito a una loro visita alla sede della Columbia Records a New York. Rimasero sorpresi e colpiti da ciò che videro nei barrios latini, dopo aver assistito ad alcuni concerti di Willie Bobo, Joe Bataan e Mongo Santamaria
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MONGO SANTAMARIA: Leah
JOE BATAAN: I wish you love
Il primo disco uscì nel 1968 per l’etichetta Epic, con il titolo “Boogaloo Combo”, cantato dallo stesso Roberto Livi, ma non ebbe il successo sperato, cosa che invece si realizzò nel 1972 quando incisero il sopracitato “Com Muito Ritmo”, caratterizzato da versioni strumentali di noti brani brasiliani dell’epoca e ispirato allo stile di Willie Bobo.
In effetti lo stile di questo gruppo era chiaramente influenzato dai gruppi della West Coast, tra i quali El Chicano, The War e i Malo (che tra l’altro incisero vari boogaloo a metà degli anni 60). Il disco ebbe una buona risposta da parte del pubblico, ma Roberto Livi fece ritorno in Argentina e Miguel Cedras andò negli Stati Uniti a fare il manager della divisione latina della Columbia.
Questi lavori son stati rieditati per l’etichetta Rhino Handmade.
In questo album erano inclusi i brani strumentali: “Pana”, “Café”, Suavecito”, “Oye Mama”, “I’m For Real”, “”Latin Boogaloo”, “Moving Away”, “Offerings”, “Latin Woman”, “Chévere”, “Close To Me”, e “Love Will Survive”. I Boogaloo Combo proposero, inoltre, i seguenti brani strumentali: “Way Back Home”, “Suavecito”, “Un Rayo De Sol”, “Put It Where You Want It”, and “Ebony Eyes”.
Un altro cantante brasiliano che si avventurò nell’onda del boogaloo fu Eduardo Araújo con il disco “A Onda Agora É Boogaloo”, del 1968. Recentemente stampato su CD, non si può definire un lavoro strattamente “latino”; la sonorità tende più al soul nordamericano ed infatti Eduardo era un musicista piu identificato con il Rock’n’Roll brasiliano dell’epoca.
La radice del boogaloo aveva dato i suoi frutti nel continente dove si parla spagnolo, pertanto è qui che assume un colore “creolo”.
Il Latin Boogaloo mantenne la sua egemonia negli anni della controcultura, periodo in cui accaddero importanti avvenimenti sociali come la Rivoluzione Cubana, l’embargo Usa imposto a Cuba, anni che videro affermarsi il sesso, l’uso delle droghe, il rock and roll, i figli dei fiori, il festival di Woodstock, gli hippies, le droghe psichedeliche, gli attivisti Abbie Hoffmann e Jerry Rubin (entrambi divennero famosi quando marciarono contro la guerra del Vietnam in occasione della convention del Partito Democratico a Chicago del 1968), il professor LSD Timothy Leary, le Pantere Nere, gli Young Lord Party, Angela Davis.
Furono anni di proteste e di tumulti: i Neri acclamavano il “Black Power”, durante le sommosse dei grandi ghetti di Los Angeles, della Georgia, di New York, di Chicago; le associazioni studentesche dell’Università di Kent in Pennsylvania e di Berkeley in California protestavano contro la leva obbligatoria.
Altri fatti che segnarono quel periodo furono gli assassinii di Bob Kennedy e di Martin Luther King, la liberazione sessuale, la morte di Che Guevara. Personaggi di rilievo furono Joan Baez, Bob Dylan, Jimmy Hendrix; i poeti Beatnicks diedero un aiuto alla gioventù ribelle grazie al loro humor e alla loro intelligenza… e ad un tratto arrivò la crisi del boogaloo… .“boogaloo, boogaloo. . .non guardare al tempo passato.”
Il Maestro Bobby Valentín con due LP “pieni di boogaloo” e il Maestro Willie Rodríguez”
A proposito della fine del Boogaloo, riprendiamo i concetti espressi da Fernando Rivera detto “King Nando” (famoso nel Barrio per i suoi Shing A Ling e che catturò l’attenzione nella primavera del 1967 con la sua composizione “Fortuna”) durante l’intervista rilasciata al signor Max Salazar (ndr: storico della musica latina) e riportiamo qui i passaggi piu significativi che ci aiuteranno a comprendere le ragioni della fine dell’epoca del boogaloo.
“Il Boogaloo non morì, fu ucciso dall’invidia dei vecchi direttori delle grandi orchestre, da alcuni organizzatori di serate e da un popolare dj radiofonico di musica latina” (probabilmente Polito Vega o Symphony Sid). “Noi eravamo una delle bande piu forti dell’era boogaloo e attiravamo molta gente ma non avevamo un ritorno economico proporzionato.
I direttori delle orchestre boogaloo furono costretti ad accettare contratti a pacchetto comprendenti l’esibizione in vari locali all’interno della stessa serata, cosa che causò subbuglio nella comunità dei musicisti; un’ora qui, un’altra là, e il tutto per pochi soldi. Quando gli impresari capirono che stavamo per organizzarci per rifiutare uniti questo tipo di contratti, i nostri dischi furono censurati dalle radio. Fu a questo punto che il Boogaloo cessò, e con esso la carriera di molti direttori di orchestre boogaloo”. “L’era del Boogaloo arrivò alla fine quando noi, i gruppi giovani, cercammo di ribellarci contro la forma di distribuzione dei contratti” commentarono i Lebrón Brothers.
Il giornalista Carp David nel 1997, durante un’ intervista per la rivista online Descarga, chiese al maestro Johnny Pacheco“se la novità del Boogaloo e del Latin Soul lo avessero in qualche modo influenzato in termini musicali e in quel che egli faceva con la Fania”, e Pacheco rispose: “Per me fu un gran momento. Quando il boogaloo saturò il mercato, la gente poco a poco iniziò a stancarsi di ascoltare le solite band che suonavano lo stesso ritmo boogaloo. Il piano guidava più o meno la solita melodia. Per questo allora, la gente mi cercava, per il fatto che io continuavo a suonare i ritmi tipici per ballare. Eddie Palmieri si rifiutò di passare al boogaloo, e pure io. Può anche essere che abbiamo suonato qualcosa di Boogaloo. Così noi “cucinammo” e partecipammo a molti “spezzatini” più che altri, proprio perché noi rompemmo la monotonia del Boogaloo”.
L’eccitante mondo che generò il Boogaloo presto cominciò a svanire. Difatti, al consolidarsi a New York della “nuova cosa grande” della musica latina conosciuta con il nome di “Salsa”, il Boogaloo cominciò a eclissarsi, ed una grande quantità di giovani talentuosi furono bloccati dalla strategia commerciale della nuova organizzazione. Si aprirono le porte solo ad una minoranza: Cheo Feliciano, Eddie Palmieri, Bobby Quesada, Ray Barretto, Joe Bataan, Ralfi Pagán, Bobby Sanabria, Richie Ray tra gli altri…
Nel lavoro di Flores (1999) si nota che anche Willie Torres, cantante di Joe Cuba, si lamentava sull’annichilimento del boogaloo latino, annotando: “La maggiore responsabilità dell’eclissi del boogaloo, nel nome della salsa, fu della Fania Records che definì il suono degli anni sessanta”.
JOE CUBA
JOE CUBA: Mujer Divina
I primi due LP della Fania All Stars nel Red Garter portano nella propria cellula primaria il ritmo del Boogaloo.
I primi due LP della Fania All Stars nel Red Garter includono nella propria cellula primaria il ritmo del Boogaloo.
Ma il Boogaloo, lo Shing-A-Ling e l’Jala Jala non fecero parte del “pacchetto”, non si accettò la fusione dell’American Rhythm and Blues (R&B), che era davvero la musica originata per le strade e per i ghetti newyorchesi. Furono pochi i musicisti che crearono il boogaloo che vennero scelti dalla Fania All-Stars nella storica notte del Cheetah quando si girò il film “Our Latin Thing – Nuestra Cosa Latina”.
Quel che davvero bisogna ricordare e che non dobbiamo perdere di vista è che la stessa Fania All-Stars, nelle sue prime registrazioni, mise nella sua parte organica una cellula del Boogaloo, combinata a sua volta con il Son Cubano. Questo dato si evince analizzando i primi due LP della Fania: “Live at the Red Garter”, Vol.1 e “Live at the Red Garter”, Vol.2.
Nel primo si registrò il brano di Joe Bataan“Country Girl – City Man” che è appunto un boogaloo; addirittura nel secondo volume il lavoro fu maggiormente dedicato al boogaloo, i brani “Son Cuero Y Boogaloo”, “Red Garter Strut”, “Kikapoo Joy Juice” e “Richie’s Bag” sono tutti boogaloo.
Ad eccezione del maestro Johnny Pacheco (che non registrò boogaloo con le sue orchestre), tutti gli altri musicisti che parteciparono a questi due LP fanno parte del movimento del boogaloo, sia che si tratti dei capostipiti del genere sia che si tratti di quelli che parteciparono al suo ultimo periodo e citiamo tra tutti: Ray Barretto, Joe Bataan, Willie Colón, Héctor Lavoe, Larry Harlow, Monguito “el único”, Bobby Quesada, Louie Ramírez, Ralph Robles, Monguito Santamaria (il figlio di Mongo), Bobby Valentín (che incise diversi boogaloo), Tito Puente, Eddie Palmieri, Ricardo Ray e Jimmy Sabater. Willie Colón e il suo cantante Héctor Lavoe (musicisti del barrio) registrarono diversi pezzi di boogaloo nell’LP “El Malo”. Lo scrittore Max Salazar sostiene che “entrambi i musicisti (Willie Colón e Héctor Lavoe) rappresentano il ponte tra il boogaloo e l’avvento della salsa”. E in effetti, è da quel momento che la Salsa suona brillante, di strada, cruda, “sporca” e vitale.
Monguito Santamaría (figlio di Mongo) y el Conjunto Malo.
Si dice che il Latin Boogaloo sia rinato in Spagna, in Inghilterra, in Germania, in Giappone e in Russia; lo hanno classificato “Latin Acid” o “Acid Jazz” e in molti altri modi. Vengono rimasterizzati in cd la musica di Héctor Rivera, di Mongo Santamaría, il vecchio materiale di Pucho Brown e di altri musicisti afroamericani, il ritmo Pata Pata (che influenzò il boogaloo) di Miriam Makeba, i New Swing Sextet, Joey Pastrana, Bobby Valentín, Ray Barretto, Joe Quijano, ecc.
New Swing Sextet
Sorprende anche che il gruppo colombiano La Sonora Carruseles abbia prodotto un CD – DVD con musica boogaloo per entrare nei mercati di Giappone ed Europa.
Il boogaloo ha insomma rappresentato un modo per penetrare il pop internazionale, la necessità di attraversare la linea divisoria tra due lingue, realizzando il “crossover” e introducendo i brani in entrambi i mercati. “Era la necessità di far funzionare le nostre creazioni in entrambe le lingue, di conquistare le liste del Billborad”, ci spiegò il maestro Joe Quijano. Izzi Sanabria ha affermato che il Boogaloo fu “quel grande mezzo che noi giovani latini abbiamo avuto, per esplorare e attraversare le frontiere in termini musicali”.
I grandi: Gilberto Cruz y su Sexteto, El Terrible Frankie Nieves, Benito y su Sexteto, Azuquita y Kako y el Gran Willie Bobo. . . vaya que sabor mi pana. . .Boogaloo, Boogaloo pa’ goza!
Herencia Latina raccomanda i seguenti Boogalo
I 10 boogaloo di John Child (Cortesia di John Child scrittore di Descarga, speciale per Herencia Latina):
1. Yo Traigo Boogaloo. Alfredito Linares (Perú)
2. Federico Boogaloo. Federico y su Combo (Venezuela)
3. I Like It Like That. Pete Rodríguez
4. Ay que Rico. Eddie Palmieri
5. Boogaloo Blue. Johnny Colón
6. Lokie Lokie Ricardo Ray & Bobby Cruz
7. Subway Joe. Joe Bataan
8. Boogaloo Bola Pepe Moreno y su All Star Band (Perú)
9. Micaela. Pete Rodríguez
10. Tremendo Boogaloo. Mario Allison
I 20 Boogaloo di Herencia Latina:
1. At the Party. Héctor Rivera
2. In the Middle of the Nigth. el Terrible Frankie Nieves
3. Good Feeling. Joe Battan
4. Bang Bang (Push, Push). El Sexteto de Joe Cuba
5. La Banda. Latin Soul
6. Joey’s Thing. Joey Pastrana
7. Shing A Ling Boogaloo. Pijuan y su Sexteto
8. Shing A Ling Baby. Willie Bobo
9. Good Loving. Gilberto Cruz y su Sexteto
10. Playing a Cool. Héctor Rivera
11. Adelante. King Nando
12. Mr Trumpet Man. Richie Ray and Bobby Cruz
13. Boogaloo Cantinflitas.Pepe Moreno y su All Star Band(Perú)
14. Joe Quijano. Lo de Boogaloo
15. Coquero. The New Swing Sextet
16. El Cobrador Federico y su Combo
17. Pelao Ralfi Pagán.
18. Shotgun/Bling Man. Willie Bobo
19. ¿Tú querias Boogaloo? Toma Boogaloo. El Gran Combo de PR
20. Que se Ria la Gente. Richie Ray
Un pezzo importante da ascoltare:
21. Quasi – Boogaloo. Roy Eldring, Oscar Peterson y Dizzy Gillespie
Joe Bataan “Mr. Subway Joe”, El Combo Nacional, Ray Barretto (nell’onda del Latin Soul), Los Hermanos Lebrón, Ralfy Pagán (uno di coloro che hanno dato il via alla balada Latin Soul).
Ringraziamenti allo scrittore venezuelano Gerson Maldonado e all’amministratrice del portale www.buscasalsa.com, Chabelita.
Anche a Bernardo Viera, collaboratore di Herencia Latina in Brasile.
Note:
La canzone Pata Pata fu incisa da Miriam Makeba ma fu composta da Dorothy Mauska. Dorothy Mauska, cantante e compositrice sensazionale, è nata in Rodhesia (l’attuale Zimbawe), ma cominciò la sua carriera musicale in Sudafrica. Dorothy non ha mai goduto di molta fama internazionale, ma molte delle canzoni interpretate da Miriam Makeba sono composizioni sue. La canzone Pata Pata venne registrata da Makeba in Sudafrica a metà degli anni Cinquanta (nel 1956 circa) e poi tornò a registrarla negli Stati Uniti nel 1967, anno in cui si trasformò in un travolgente successo mondiale. Perfino il Gran Combo, con la voce di Andy Montañez, incise una versione di Pata Pata.
Il titolo si riferisce a un ballo molto popolare in Sudafrica. Il testo è semplice e il suo obiettivo è proprio quello di invitare la gente a ballare il Pata Pata, un ballo molto sensuale dove le coppie si toccano il corpo mentre ballano.
Miriam Makeba ha detto che si soprese per il successo mondiale di quella canzone perché, a suo avviso, aveva registrato altri brani dal contenuto molto più profondo. Fu proprio la canzone più leggera ad aprirle le porte della fama internazionale. Ne sono state registrate decine di versioni. La stessa Miriam Makeba ha inciso moltissime varianti una tra le quali con Ricky Martin. Recentemente la stessa compositrice Dorothy Masuka ha registrato una versione di Pata Pata.
Referenze:
Bobbs. Vernon. (1992). Salsiology: Afro-Cuban Music and the Evolution of Salsa in New York City (Contributions to the Study of Music and Dance) 30 de marzo de 1992. pg. 264-283. Greenwood Press. ISBN: 0313284687
Carp David. (1996). Profile: Pucho & His Latin Soul Brothers.
Rondón César (1979). Salsa Crónica de la Música del Caribe Urbano
Salazar Max (1997). Development of Latin music in New York City: lecture at UCLA – Max Salazar; University of California en Los Angeles. Recuperado de: Latin Beat Magazine, May, 1997
Il timbalero che aveva suonato in alcune fra le più famose orchestre di salsa è deceduto il 1 Marzo 2010 a 75 anni.
4 Marzo 2010
di Martin Cohen
Mike Collazo presso il Palisades Park, NJ. Verso il 1976 Foto di Martin Cohen
Non conosco un altro timbalero che abbia lavorato con tante orchestre importanti come Mike Collazo. Quando aveva 14 anni, Mike inizia a studiare con Ubaldo Nieto, il timbalero dell’orchestra di Machito. A seguire Mike studia alla “New York City High School” e successivamente alla scuola di Disegno Industriale, insieme ai musicisti Orlando Marín e Joe Quijano. È proprio in questo periodo che Mike introduce Orlando nella musica latina. Probabilmente l’alunno più famoso di questa scuola secondaria è il cantante Tony Bennett.Dopo essersi diplomato alla scuola secondaria, Mike entra nella scuola di musica del quartiere di Manhattan, il tempo necessario per imparare a leggere la musica. Questa abilità gli darà l’opportunità di registrare molti dischi e jingles.La sua prima e grande opportunità arriva quando si unisce alla banda del cantante cubano Marcelino Guerra. Già all’età di 18 anni entra a far parte dell’orchestra di un altro cantante cubano, Vicentico Valdés con la quale rimane fino a quando non viene reclutato nell’esercito all’età di 23 anni.
Orlando Marin, Nicky Marrero, Jimmy Delgado e Mike Collazo. Foto di Martin Cohen
Al ritorno dal periodo nell’esercito, Mike suona con l’orchestra La Perfecta di Eddie Palmieri (una delle mie orchestre preferite di ogni tempo). Uno dei primi luoghi dove iniziano a suonare è Che José, nella Calle 77 a New York. Ero solito andare in questo club per portare le mie nuove campane che avvolgevo in una borsa di carta marrone, affinchè i musicisti potessero provarle. Ho conosciuto Mike in questo periodo.
All’inizio della sua carriera dissero a Mike che Tito Rodríguez aveva bisogno di un timbalero per la sua orchestra, però lui rifiutò perchè non si sentiva ancora pronto in quanto inesperto per suonare in una banda così importante.
A quei tempi avere l’opportunità di suonare in una di queste grandi orchestre era un vero evento, in virtù del fatto che i loro musicisti potevano continuare a suonare in queste bande per uno spazio di tempo lungo da 10 a 15 anni. Capitava che qualcuno dovesse morire per essere sostituito. Nel caso di Tito Rodríguez, fu il suo timbalero, Papi Paganni – un gran musicista, secondo quanto affermato dallo stesso Collazo – che fu obbligato a lasciare l’orchestra per motivi personali e fu così che Mike prese il suo posto. Ed effettivamente restò con la sua orchestra per 5 anni.
Dopo aver suonato con Tito Rodríguez, Mike entrò nell’orchestra di un altro gigante, Ricardo Ray, gruppo che fu molto popolare negli anni settanta. Un assolo di timbal che Mike suonò nell’album “Aguzate” lo rese famoso come eccellente timbalero. Prima di essere chiamato per questo lavoro, Mike aveva il compito di marcare il tempo, però non aveva ancora avuto l’opportunità di mostrare le sue doti di solista. Ancora oggi Mike è famoso in paesi come la Colombia per le sue ingegnose esecuzioni e per la bellissima descarga di questo album. Quando domandai a Eddie Montalvo di parlare di Mike, il suo primo ricordo andò proprio a questo album, che secondo lui marcò un’era nella musica latina.
Negli ultimi 15 anni Mike è stato un membro della Orquesta Broadway, la mitica charanga di New York. Un’altro dei miei gruppi preferiti. Dal punto di vista personale, Mike era un gran padre e nonno, un vero cavaliere in ogni momento. Sempre attento e sensibile verso tutti.
Mike Collazo, in primo piano, seduto nell’auto. Cortesia di Reynaldo
Mike è deceduto il 1 Marzo del 2010. Fonte: Martin Cohen / Herencia Latina
Español
No conozco de otro timbalero que haya trabajado con tantas bandas importantes como Mike Collazo. A la edad de 14 años, Mike comenzó a estudiar con Ubaldo Nieto, el timbalero de la Orquesta de Machito. Luego Mike estudió en «New York City High School» y posteriormente en la Escuela de Diseño Industrial, junto a los músicos, Orlando Marín y Joe Quijano. Fue durante este período que él introdujo a Orlando a la música latina. Probablemente el alumno más famoso de esta escuela secundaria lo es el cantante Tony Bennett.
Después de graduarse de la escuela secundaria, Mike asistió a la Escuela de Música del Condado de Manhattan, el tiempo suficiente para aprender a leer música. Esta habilidad le dio la oportunidad de grabar muchos discos y jingles.
Su primera y gran oportunidad llegó cuando se integra a la banda del cantante cubano Marcelino Guerra. Ya a la edad de los 18 años se unió a la banda de otro gran cantante cubano Vicentico Valdés. Se quedó con esta banda hasta que fue reclutado en el ejército a la edad de 23 años.
A su regreso del ejército, Mike actúa con la Orquesta la Perfecta de Eddie Palmieri —una de mis bandas favoritas de todos los tiempos. De los primero lugares donde tocaron fue en un club ubicado en la calle 77 en Nueva York con el nombre de Che José. Yo solía llevar a este club, mis nuevos cencerros en unas bolsas de papel marrón para que los músicos los evaluaran. Mike me recuerda desde esta época.
A principios de su carrera, le comentaron a Mike que Tito Rodríguez necesitaba un timbalero para su banda, pero él declinó porque sentía que aún era demasiado inexperto. Para aquellos días era un evento muy especial cuando se presentaba un trabajo en alguna de estas grandes bandas, dado a que sus «Sidemen» estaban acostumbrados a mantenerse en estas bandas por un espacio de 10 a 15 años. Normalmente alguien tendría que morir antes de que su silla musical fuera reemplazada. En el caso de Tito Rodríguez, fue su timbalero, Papi Paganni —un gran músico, en palabras Collazo—, quien tuvo que abandonar su trabajo por motivos personales y fue entonces que Mike tomó su lugar. Y en efecto, se quedó con Tito Rodríguez por 5 años.
Después de la banda de Tito Rodríguez, Mike se unió a la banda de otro gigante, Ricardo Ray que fue muy popular en la década de 1970. Un solo de timbal aportado por Mike en el álbum Agúzate le dio el prestigió como un excelente timbalero. Antes de ser llamado para este trabajo, Mike se encargaba de marcar el tiempo, pero no había tenido la oportunidad de demostrar sus dotes de solista. Incluso, al día de hoy, a Mike se le reconoce sus ingeniosas ejecuciones y su bien lograda descarga de este álbum en países como Colombia. Cuando le pregunté a Eddie Montalvo que hablara de Mike, su primer pensamiento fue la de este álbum que le parecía que definió una era en la música latina.
En el aspecto personal, Mike es un gran padre y abuelo, un caballero en todo momento. Siempre está atento y sensible a los demás. Mi querido amigo, el bajista Eddie «Gua Gua» Rivera, me dijo que su hermana, le confirmó a la fecha, que Mike es un caballero.