Intervista a cura di Claude dj e Olivier Bosia (R.T.S.I), domande di Tommy Salsero, foto di Daikil
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Milano 12 Agosto 2007
Grazie Maestro da parte de Lasalsavive.org , il sito italiano che si occupa delle orchestre di musica afro-caraibica del passato; la prima domanda è: quando nacque il primo Danzon-Mambo?
Nel 1937. In seguito si suonò il Mambo da solo, senza Danzon, così rapido che la gente faceva fatica a ballare, quindi si passò al Son-Mambo. Poi, nel 1957, iniziai con la Descarga; ma il mio esordio musicale fu nel 1926 all’età di 8 anni, insieme a mio fratello Orestes.
Possiamo considerare il Mambo di Pérez Prado come un genere musicale a sé stante rispetto al Danzon-Mambo?
No. Ma di lui bisogna riconoscere che lo divulgò nel mondo; io e lui eravamo in ottimi rapporti tanto che quando si ritrovò in tournée a Madrid col contrabbasista malato chiese: “Quali musicisti cubani ci sono in città?” risposero “Cachao!” e lui: “Chiamiamolo subito!” ed io “Dámaso, ottimo!” e lavorammo per circa due settimane a Radio Madrid.
Maestro quanti tipi di Mambo conosce e quali sono le differenze?
Sarebbe molto lungo da spiegare a cominciare dal fatto che la parola stessa significa “Storia” perché gli Africani addormentavano i propri bambini con dei canti chiamati appunto “Mambo”. E inizialmente non c’era nemmeno relazione col ballo, il quale fu creato in seguito nel 1940 quando iniziarono “Las Mamboletas” che erano balli di coreografia, perchè il “Mambo” in realtà a livello sociale non si può ballare nei saloni, è una cosa speciale, e ai tempi la gente semplicemente lo ballava come il Danzon.
Cosa pensa di Arsenio Rodríguez e del suo Ritmo Diablo?
Mi piace molto perché quando di una tromba si dice che è “Diabla” vuol dire che ha delle sonorità roboanti e quindi simili al Mambo! Come vedete, il Mambo fu un’epidemia che contagiò tutto e tutti…
Da chi e quando fu introdotta la tumbadora nella musica popolare cubana?
Arsenio Rodríguez, 1940, suonata da suo fratello.
A questo punto l’intervistatore della Radio Televisione Svizzera (che alternava le sue domande alle mie) affronta un tema che avevamo intenzione di lasciare alla Chica, pertanto la riportiamo:
Olivier Bosia aka “El Flaco” (R.T.S.I.):Veniamo ai giorni nostri e magari al futuro, si dice che l’America Latina stia perdendo le proprie radici musicali a favore di uno stile più “nordamericano”.
La gioventù odierna va rispettata, così con il suo Reggaeton… che è una cosa – a ben vedere – creata nel 1926 dal Sexteto Habanero, in cui Agustín Gutierrez pregava nel brano Criolla Carabalí, questa era una preghiera Yoruba e veniva fatta in lingua lucumí, in pratica parlava sulla musica. Questo fu il primo Reggaeton che si sentì! Tutto il resto venne dopo!
Ritorniamo alle domande realizzate da Dudu…
L’ultima domanda, quali sono le orchestre del passato che preferisce, sia in Cuba che a New York?
Uh, sono tantissime, a cominciare dalle mie, e solo io suonai in 240 formazioni! Dopo Cuba lavorai in Spagna con la Sabor Cubano di Ernesto Duarte e poi a New York con Tito Puente, Tito Rodríguez, Machito, Rosario, Joe Quijano… con tantissime orchestre. Ma la prima con cui lavorai a New York fu quella di Charlie Palmieri, poi Pacheco, poi tutti gli altri: il mio periodo americano iniziò nel 1964 (ndr: quando abbandonò Cuba).
Bene, Maestro le chiediamo un saluto a Lasalsavive.
Saluto Lasalsavive e aggiungo che io amo sempre mettermi a disposizione della stampa… pensate che se non vedo giornalisti io non voglio iniziare il concerto!
Grazie Maestro per la sua disponibilità
Un ringraziamento speciale al cordiale addetto dell’Ufficio Stampa di Latinoamericando e al collega svizzero “El Flaco” per il suo prezioso aiuto.
San Juan, Portorico – A distanza da otto anni dalla sua scomparsa, la città di San Juan rende omaggio a Tito Puente con la creazione di un busto nella Piazza de Los Salseros, dove erano già stati realizzati i busti di altri grandi musicisti come Héctor Lavoe, Ismael Rivera, Rafael Cortijo, Pellín Rodríguez e Tommy Olivencia.
La scultura, realizzata da Alwin Rivera, meglio conosciuto come “Ríomonte”, è stata inaugurata ieri, 31 Maggio 2008, al cospetto del sindaco del Municipio Jorge Santini, delle autorità e di molti artisti che al termine della commemorazione hanno dato vita ad un concerto.
Fra le orchestre che si sono esibite c’erano l’orchestra Sabor di Puerto Rico di Sammy García; la Big Band di Humberto Ramírez; La Sonora Ponceña e Andy Montañez.
Ernesto Antonio Puente, vero nome dell’artista, è considerato uno dei più grandi musicisti della storia per le sue incursioni nel jazz, mambo, chachachá, pachanga, guaguancó e la salsa.
Nato da genitori portoricani il 23 aprile del 1923 ad Harlem (New York), trascorse i suoi primi due anni di vita a Portorico ma il resto della sua infanzia lo passò nel quartiere dello Spanish Harlem nel Barrio di New York, che era abitato prevalentemente da portoricani.
A 15 anni ha la sua prima opportunità per entrare nel mondo della musica grazie al gruppo Estrellas del Futuro e un anno più tardi entra a far parte come strumentista della Unión Local de Músicos di New Jersey.
Segue l’esperienza nell’orchestra di José Curbelo, quindi nel gruppo di Stork Club, e subito dopo con il pianista cubano Anselmo Sacassas, a Chicago.
A 18 anni, Tito Puente registra la sua prima produzione insieme all’orchestra Suave Swing, con canzoni come “Los hijos de Buda”, “Yumba”, “La conga” e “Cachita”.
Dopo il lancio del disco viene reclutato nella Marina degli Stati Uniti dove entra a far parte della banda militare come saxofonista e percussionista.
Nel 1946 registra insieme ad altri musicisti “Los reyes del mambo” e un anno dopo debutta come direttore musicale dell’orchestra di Pupi Campo, oltre a suonare come percussionista in una banda brasiliana che dirigeva Fernando Álvarez.
Nel 1949 forma la sua prima orchestra nella quale diventerà rapidamente una stella di grandezza mondiale e si guadagna la fama di “Rey del mambo” e “Rey del Timbal”.
Il suo primo successo lo ottiene con la canzone “Abaniquito” che registra nel 1949. Negli anni sessanta ottiene grandi successi come la mitica “Oye como va”, che registra nel 1963 e che viene resa ancor più famosa negli anni settanta dal chitarrista messicano Carlos Santana.
Oye como va vers.Tito Puente
Oye como va vers.Carlos Santana
Sempre negli anni sessanta iniziano le collaborazioni con altre due stelle della musica latina come Celia Cruz e La Lupe.
Nella sua lunga carriera Tito Puente registrerà più di 100 dischi, viaggiando per tutto il mondo, dal Giappone a Portorico e ricevendo tantissimi premi fra i quali ricordiamo la chiave d’oro della città di New York e ben cinque premi Grammy.
Un mese prima della sua morte, avvenuta il primo giugno del 2000, realizza uno dei suoi più grandi sogni, ovvero quello di suonare insieme all’orchestra Sinfónica di Portorico nel Centro di Bellas Artes di San Juan.
Ecco una breve sintesi dei due concerti visti Martedì e Giovedì al Bravo Caffè di Bologna tenuti dal grande percussionista Ray Mantilla con la sua formazione “Space Station” formata dal batterista di New York Bill Elder, dal pianista colombiano Edy Martinez e dal bassista venezuelano Cucho Martinez.
Ospite e special guest delle serate il sassofonista bolognese Piero Odorici.
video di Piero Odorici
I musicisti:
Ray Mantilla:
Nato nel 1934 nel Sud del Bronx a New York, grande percussionista da sempre al lato dei più grandi jazzisti come Max Roach, Herbie Mann, Art Blakey and the Jazz Messengers , Dizzy Gillespie, Charles Mingus, Gato Barbieri, Sonny Stitt, Bobby Watson, Cedar Walton, Freddie Hubbard e tanti altri, ha registrato come side man in più di 200 dischi.
Ha suonato con Tito Puente e Ray Barretto nel mondo della salsa,anche se la sua vocazione principale è sempre stato il Jazz.
Edy Martinez:
Edy è la mente del gruppo di Mantilla, compositore e straordinario arrangiatore sin dagli anni 60, è uno dei pilastri dell’arrangiamento della Salsa a New York.
Pianista e arrangiatore colombiano è l’uomo chiave dei dischi “Sabor” e “En San Juan” di Angel Canales; è tra l’altro l’arrangiatore di Indestructible di Ray Barretto e di molti altri album del grande percussionista.
Musicisti come Mongo Santamaria, Gato Barbieri, David Sanborn, Herb Alpert hanno beneficiato dei suoi arrangiamenti.
Innumerevoli le collaborazioni nel campo della Salsa e del Latin Jazz,oltre 150 registrazioni e diversi premi Grammy nel suo passato musicale.
Edy Martinez mentre suona il piano a casa di Max e Tommy.
Cucho Martinez:
Questo bassista ha suonato nei principali gruppi di Salsa in Venezuela negli anni 60 e 70 tra cui quello di Ray Perez, di Federico y su Combo, il Grupo Mango e vari sexteti; ha suonato anche con il grande Ismael Rivera ed altre stelle portoricane, fino all’entrata nel mondo del Latin Jazz con Mongo Santamaria, Gato Barbieri e tantissimi altri.
Bill Elder:
Fedele batterista di Ray Mantilla da oltre 10 anni è un jazzista che ha collaborato con personaggi di prestigio come George Benson, Stanley Turrintine, Tom Browne, Sonny Stitt, Arturo Sandoval, George Cables, Bobby Watson, Jack Walrath, Willie Williams, Tim Reis, Steve Nelson,ecc.
In qualità di insegnante ha scritto metodi per batteria e tiene lezioni con Ray sui ritmi latini a New York, in particolar modo per i batteristi.
Piero Odorici:
foto cortesia del sito ufficiale di Piero Odorici
Conosciuto talento bolognese del sax è uno dei musicisti di punta del Jazz italiano.
Ha suonato con alcuni dei più grandi jazzisti internazionali come Ben Riley, George Cables, Jimmy Cobb, Cedar Walton, Billy Higgins, Sal Nistico, Steve Grossman, Slide Hampton, Eddy Henderson, Red Rodney, Lee Konitz, Joe Lovano, Steve Lacy.
Era l’ospite della serata,vista l’amicizia e la collaborazione di lunga data con Ray.
L’atmosfera:
Ho sempre amato i locali piccoli,in particolar modo le cantine del jazz della mia città, Bologna.
Il Bravo Caffè non sfugge a questa regola anche se, ad onor del vero,la presenza nella serata di giovedì di un gruppo numeroso di persone che eran lì solo per moda, ha rovinato l’interplay dei musicisti, continuamente costretti a riprendere al microfono questo gruppo di maleducati che schiamazzavano ad alta voce.
La serata del Martedì, nonostante la stanchezza fisica del gruppo, arrivato da poche ore e con il jet lag ancora addosso è stata sicuramente migliore, grazie ad un pubblico più competente.
L’interplay:
E’ fondamentale in tutti i concerti dove l’improvvisazione è parte integrante della musica come nel Jazz, nel Blues o nella Salsa.
La formazione (la sezione fiati era rimasta a New York) che era ridotta a poco più della sezione ritmica, ultracollaudata da anni di dischi e concerti, ha creato da subito il giusto feeling, regalandoci perle di assoluta bellezza, come i continui intrecci ritmici tra batteria e percussioni, che si scambiavano le parti di bongo bell, mambo bell, cascara,ecc. in continuazione; l’intreccio è letteralmente esploso a metà concerto in una indiavolata Conga de Comparsa dove Bill Elder si è lanciato in un’ubriacante poliritmia formata da hit hat, cassa, campana e piatti!!!
Su questa FERREA linea Ray Mantilla improvvisava ai timbales prima e al quinto dopo.
Spesso imbracciava i bongòs e li suonava alternado i colpi con le congas strappando applausi a scena aperta tra il pubblico.
Un pubblico che non aspettava altro che essere coinvolto, cosa che a Ray riesce sempre molto bene e che avevo sempre visto nei suoi concerti.
Con Mantilla il pubblico è infatti parte integrante dello show.
I Concerti:
In entrambi i concerti il gruppo ha alternato due set, il primo di Latin Jazz ed il secondo di standards e brani strettamente jazzistici con alcuni bis finali del grande Tito Puente e Chano Pozo.
Quello dei due set è una cosa che ho visto fare anche a Ray Barretto nel suo concerto al Blue Note.
Questo tour è prevalentemente incentrato sugli ultimi due dischi ed infatti a Vicenza (ultima data prima del rientro a NY) il titolo era Tribute to Tito Puente & Cal Tjader.
In entrambi i set però non è mancata quella verve ritmica che contraddistingue tutti i musicisti latini anche in brani che di latino hanno poco.
Soprattutto la perfetta conoscenza ed intesa musicale di Cucho e Edy è letteralmente esplosa nella prima parte del concerto con feroci “Guajeos” di piano, che vedevano lo stile classico della mano destra, aperta a ottava, e l’armonizzazione con la mano sinistra, tecnica sopraffina utilizzata anche per rendere più bilanciato il sound visto che in origine i brani erano suonati anche dai fiati.
Si inizia con “Apple Turnover” dove lo stacco a metà brano permette un bell’assolo di Mantilla, proseguendo con uno degli standard assoluti della musica latina, quella “Maria Cervantes” del gigante portoricano Noro Morales!
Qui i nostri piedi hanno cominciato a battere il tempo con tanto di grida ad incitare i musicisti nei vari assoli; inutile dire che la versione non ha minimamente risentito dell’assenza del vibrafono, visto che il grande pianista ha fatto i fuochi artificiali con una tecnica ad ottave parallele utilizzata per mimare la tecnica dei vibrafonisti….
Spettacolare!
Si continua con la bella “Flying Home” tratta dall’ultimo disco e con “Mother’s day” dove si mette in luce il Sax di Odorici.
Con “Mantilla Jam Too” ci trascinano al Palladium a ritmo di Cha Cha Cha, trasformatosi poi in un’esplosione di percussioni nella seconda parte, in cui Bill Elder ha dimostrato di avere un cuore eccezionale oltre alla mera tecnica, lanciandosi in un assolo strepitoso e vi assicuro che vederlo suonare ad un metro di distanza…è stato impressionante!(potevo toccarlo allungando il braccio).
Altro assolo strepitoso in “TBA” che dal vivo a metà si trasforma in Conga de Comparsa; questo è stato sicuramente uno dei momenti più belli dei due concerti, come ho riferito sopra. L’intreccio poliritmico tra Bill e Ray è stato stupefacente, in pratica un assolo percussionista con 4 braccia!
Altro momento toccante il brano, proposto entrambe le sere, del gigante del jazz cubano Emiliano Salvador, che tutti gli amanti del jazz rimpiangono per la sua prematura scomparsa. Questa era la prima volta che sentivo dal vivo e da un gruppo di New York questo meraviglioso brano di Salvador dedicato alla sua città natale, Puerto Padre. Tutto il pubblico a cantare nel montuno …a Puerto Padre me voy! Da antologia.
Arrivano anche i bolero che rallentano un po’ il ritmo con “Soñando con Puerto Rico” e “Ya No Me Quieres” dedicata a Tito Puente. “Eight Ball” ci riporta ai Caraibi con una sofisticata melodia in stile Duke Ellington; seguono alcuni standard e si riparte con il finale incandescente grazie ad un paio di brani di Tito Puente e all’immortale “Manteca” di Chano Pozo e Dizzie Gillespie che vede tutti gli artistri lanciarsi in lunghi assoli.
Pensare che Ray ha qualcosa come 73 anni lascia increduli, sopratutto dopo l’assolo su Manteca!!
Se vi capita non vi perdete questo grande musicista che, senza essere un virtuoso, sa toccare le corde del cuore con un gruppo di musicisti che hanno segnato la storia della Salsa e del Latin Jazz.