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Recensione dei concerti di Eddie Palmieri e del Trio da Paz – Ancona Teatro delle Muse

a cura di Tommy Salsero

Teatro delle Muse, Ancona, 17 Luglio 2006

Arriviamo alle 21 davanti al Teatro delle Muse, stupendo, con quel suo incredibile mix di antico e moderno!

Con un’ ottima acustica (ero a centro sala) si apre il concerto del trio del chitarrista brasiliano Romero Lubambo, uno dei chitarristi jazz fondamentali dell’intero panorama latinoamericano. Per chi non lo conosce consiglio un bellissimo disco “Infinite Love” dove suona assieme all’altra stella del jazz brasiliano: Toninho Horta.

Il “Trio da Paz” è formato da Romero Lubambo,chitarra, Nilson Matta, contrabbasso e Duduka Da Fonseca alla batteria batteria.
Oltre a brani dell’ultimo cd del trio, vengono proposti alcuni standard del grande Tom Jobim, che il trio riesce a riproporre in una nuova veste con audaci sovrapposizioni, come nel caso della immortale Wave.
Incredibile l’interplay tra i musicisti che questo trio, considerato a ragione il migliore del Brasile, mette in mostra durante la serata.
Grande tecnica che non sovrasta l’espressività che esce dai loro cuori e dai loro strumenti…. facendo sembrare semplici cose in realtà molto difficili!

Dopo il set “brasiliano” arriva il momento di quello “latino” con uno dei pochi musicisti provenienti dalla Salsa a godere di un grandissimo rispetto anche nel mondo del Jazz: Eddie Palmieri.

Dopo un piccolo ritardo,inizia il concerto tanto atteso…alcune brevi note di introduzione da parte del presentatore e il concerto inizia.
Quando Eddie che appare piccolino sul palco enorme del teatro si siede al pianoforte a coda, si abbassano le luci nel silenzio più totale.
Chiudo gli occhi e sento quella musica che ci ha regalato 40 anni di emozioni in un lungo asssolo per solo pianoforte!
Questo è stato per me il momento più intenso e bello del concerto….la voce rauca di Eddie ricorda i versi gutturali di un altro grande immenso poeta del pianoforte: Keith Jarrett.

Ma la musica è diversa, molto diversa. Eddie in questo lungo intro rincorre tutte le sue inquetudini musicali, che da sempre lo contraddistinguono: echi di Monk e Tyner alternati a passaggi che riprendono i temi dei suoi successi; di colpo ritorniamo ai primi anni 70, ai tempi di Puerto Rico, Adoracion con gli intro pianistici lunghissimi.
Aumenta il ritmo ed entra il tumbao con la mano sinistra, mentre la destra inizia ad improvvisare come solo lui sa fare scale esatonali, quarte eccedenti, block cords, quello stile celebre che fu ripreso ad esempio da Marcolino Dimond, in “The Hustler” di Willie Colon.

Un lungo applauso chiude il solo di Eddie ed apre il concerto con il gruppo al completo, formato da alcuni dei migliori musicisti del panorama “latin” e “jazz”.
Sezione ritmica formata da John Benitez(basso elettrico),Horacio “el negro” Hernandez(batteria) Giovanni Hidalgo (congas),sezione fiati composta da Brian Lynch(tromba)Conrad Herwig (trombone) e Graig Handy (sax alto).

Il concerto si sviluppa sui brani del nuovo disco di questo super gruppo, vincitore del Grammy, l’ottavo nella carriera di Palmieri.
Eddie punta tutto sul gruppo,in particolare sulla sezione fiati che con la presenza di solisti del calibro di Linch e Herwig danno sicuramente una forte connotazione jazzistica all’intera serata,lasciando da parte questa volta la parte più tradizionale legata alla salsa.
Linch in particolare svetta su tutti, con un registro che tocca i sovracuti e le note più basse, passando da uno all’altro in modo stupefacente e strappando applausi a scena aperta.

Linch tra l’altro conosce perfettamente il linguaggio del jazz e della Salsa visto che il quarantottenne dell’Illinois prima dell’incontro con Palmieri aveva suonato per due leggende della Salsa come Angel Canales nel 1982-1983 e con Hector Lavoe nel periodo 1983-1987!
Importantissimo come tutti i fans di Palmieri sanno, il ruolo del Trombone, splendidi gli assoli di Conrad Herwig, con una dinamica impressionante capace di passare da un suono flautato alla più classica voce rauca e dirompente che lo strumento permette.
Come in Tin Tin Deo, una versione che passa dal Cha Cha Cha all’Afro in 4/4 o in Mira Flores un bellissimo Afro 6/8 dove la coppia Hidalgo e Hernandez con il loro intreccio ritmico, ci ricorda la connessione con il grande percussionista Mongo Santamaria che rese celebre questo ritmo legandolo a molti standard jazz.

Notevole anche il lavoro tra battere e levare delle due mani del maestro Palmieri, che rinforza ancor di più il lavoro dei percussionisti, anzi il suo piano “vigoroso” con i celebri ostinati della mano sinistra che tutti conosciamo, rendono ancora più “grande” il suono dell’orchestra. Seguono alcuni Cha Cha Cha come Listen Here, dove si mette in mostra il sax di Graig Handy, che tra l’altro è l’unico sul palco a ballare mentre suona!

Più in ombra il lavoro sempre preciso del basso elettrico di John Benitez, forse per un problema di amplificazione, ma il suono era a volte coperto da batteria e Congas. Inoltre abituati al baby bass della salsa, o del Contrabbasso, che hanno un suono dirompente, con il normale basso elettrico si nota meno il lavoro del bassista.
Arriva poi il momento di Palmieri nel Mambo jazzato” In In Walked Bud” dove ci ricorda che il leader è lui, uno dei soli in cui il “rumbero del piano” mette in mostra le sue doti di solista.

Chi si aspettava un concerto di Eddie Palmieri in primo piano, potrebbe essere rimasto deluso, ma questa è stata la sua scelta, voluta dall’artista che ha prima diretto la sua orchestra e poi da persona che non deve dimostrare più niente a nessuno, il suo lavoro al piano.
Ed anche questo spiega il perchè della scelta di suonare il piano elettronico(appoggiato sopra il piano), scelta obbligata per poter dirigere guardando tutti i musicisti.

Questo mi fa pensare che la bellissima apertura al pianoforte sia stata fatta anche per accontentare chi sperava di sentirlo all’opera con il re degli strumenti.
Una critica che si può muovere è che sia stato dato poco spazio ai due mostri delle percussioni, che se lasciati maggiormente liberi di suonare come sanno, avrebbero letteralmente incendiato la platea, cosa che è successa alla fine nell’ultimo brano: una descarga su un indiavolato ritmo di Mozambique, che proprio la Band di Palmieri grazie al timbalero Manny Oquendo trasformò dall’originale cubano creato nel 1963 da Pello el Afrokan, e lo popolarizzò nella Salsa a New York, con il celebre disco “Mozambique”.
La sfida tra congas e batteria termina con una rullata del “negro” Hernandez a cui risponde con la medesima velocità Hidalgo….ma con le sue sole mani!!
Hidalgo si gira e fa un sorriso beffardo al suo collega!

Si conclude così uno dei concerti più “jazzy” del nostro pianista,dall’altissimo tasso tecnico, ma che forse avrà lasciato un pò di amaro in bocca a chi si aspettava qualcosa di più dal punto di vista salsero.
Ma da come ha terminato l’intervista Vai all’intervista con Eddie Palmieri
, il nostro “rumbero del piano” ha voglia di tornare prossimamente con un nuovo disco inedito di salsa…e con relativa tournee! E che Salsa sia!

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