Domenica 14 Giugno all’età di 56 anni, dopo aver lottato con un tumore, ci ha lasciato il grande pianista e arrangiatore Josè Lugo.
Ho avuto modo di conoscere questo grande musicista nel 1996 dopo il concerto di Gilberto Santa Rosa al festival delle orchestre di Portorico.
Volevo imparare il suo stile che avevo ascoltato nei dischi del grande Willie Rosario, andai nel backstage e mi presentai: “salve sono un musicista italiano che ama il suo stile ed il modo di suonare salsa al piano, me lo potrebbe insegnare?”.
Lui fu molto gentile e rimase colpito dal fatto che in Italia ci fosse qualcuno che lo conoscesse e fosse interessato ad approfondire il suo stile e mi diede appuntamento il giorno dopo a casa sua.
In Italia potrà sembrare assurdo ma in America Latina conoscere artisti è la cosa più normale che ci sia, nessuno, anche fra i più grandi, si sente un vip.
Nel 2003 mi diede il suo primo disco da solista “Piano con Mata” nel celebre negozio Viera Disco che lo distribuiva.
Potete immaginare il dispiacere che provo nel sapere che Josè sia scomparso domenica all’età di 56 anni.
Era assieme a Luisito Marin il miglior pianista di salsa di Portorico della nuova generazione. Aveva iniziato ad avere successo negli anni 90 come pianista e arrangiatore di Willie Rosario e Gilberto Santarosa di cui era anche il direttore d’orchestra.
Ha continuato la carriera anche come produttore fino a fondare un suo gruppo, il “Guasábara Combo“, con cui registrerà 3 dischi: “Guasábara” (2008), “Poetic Justice” (2011) e “Dónde están” (2016).
https://www.youtube.com/watch?v=nFF2yRav0ZM
Inizia la sua carriera lavorando come pianista con Bobby valentin negli anni 80, prendendo il posto di Mario Roman.
Il suo stile colpisce per il senso ritmico e i bellissimi controcanti con la mano destra, che mettono in luce un nuovo stile di suonare il piano nella Salsa, a metà tra il grande melodismo di Papo Lucca e il nuovo stile molto ritmico di New York di Sergio George.
Ascoltate l’introduzione con le variazioni, in particolare a partire dal minuto 2,50 in poi:
https://www.youtube.com/watch?v=ZrjYGXzsCyk
Con Willie Rosario mette in luce le sue qualità di arrangiatore anche nella salsa Romantica, ascoltate il tumbao del piano swingante con la mano destra che armonizza a decime nel ritornello:
Celebri le sue descargas e jam session in ambito di Latin jazz al Coabey di Rio Piedras:
qui con il direttore dei Los van Van Samuel Formell:
Al grande Bobby Valentin ha dedicato un omaggio straordinario “Mambo Valentin” un pezzo stupendo di latin Jazz (che consiglio a tutti i dj):
Qui con il suo gruppo assieme a Gilberto Santarosa:
Nel 2011 produce il bellissimo disco (estratto dal docufilm vincitore di due premi “Emmy” dedicato al più grande compositore di Salsa della storia Tito Curet Alonso: “Sonó, sonó… Tite Curet”.
Un grande e straordinario essere umano e musicista, che la terra ti sia lieve Josè.
José Lugo, extraordinario y admirado músico puertorriqueño. Gracia y paz a sus familiares y amigos!
1938 – Il 15 Maggio nasce Ángel Tomas Olivencia Pagan nel quartiere di Villa Palmeras de Santurce a Portorico, meglio conosciuto come Tommy; la sua infanzia e la sua gioventù le trascorre nel paese di Arecibo dove vive con la sua famiglia.
Durante quel periodo si avvicina alla musica, inizialmente come cantante e successivamente come trobettista, anche se già inizia a dimostrare le sue doti di leader.
1957 – Si diploma alla scuola superiore di Arecibo e successivamente si trasferisce con la sua famiglia nel suo quartiere natale, dove forma il suo primo gruppo.
1960 – Crea ufficialmente la sua Orquesta la Cuba, che diventò famosa come Tommy Olivencia y La Primerísima Orquesta de Puerto Rico.
1965 – Si pubblica la prima produzione musicale di Tommy Olivencia intitolata “La Nueva sensación Musical de Puerto Rico” con i cantanti Chamaco Ramírez y Paquito Guzmán. I musicisti dell’orchestra erano: Tommy Olivencia – Director, Trompeta; Jorge Carcano – Piano; Lin Torres – Bajo; Jimmy Santos – Sax alto; Wilfredo De La Torre – Sax tenor; Paquito Joubert – Trompeta; Agustín Antomattey – Trompeta; Ender Dueño – Timbal; David Cortijo – Conga; Vitín Colón – Conga; Papy Fuentes – Bongo; Coros: Roy Rosario y Nacho Sanabria.
1966 – In piena auge dell’ “Jala Jala”, registra il disco: “Jala jala y Guaguancó”, il quale include canzoni come “At the party”, “No molestes mas” e “Tremendo guaguancó”, con gli stessi cantanti del lavoro precedente.
1967 – “Fire Fire” (Fuego Fuego) è il nome del nuovo disco di Olivencia cantato da Ramírez e Guzmán, nel quale sono presenti le canzoni “Historia de un condenado”, Soy dichoso” e “A toda mi gente”; questo disco fu registrato come i due precedenti dalla Inca Records.
1968 – Registrato inizialmente per la casa discografica Inca Records, viene pubblicato l’album “Tommy Olivencia y su Orquesta: A toda máquina”; in questa occasione i cantanti sono Paquito Guzmán e Sammy Gonzálezcon canzoni come “Homenaje a los calvos, “Guajira y Montuno” e “La Banda de Tommy”.
1971 – Tre anni dopo Tommy pubblica la sua nuova produzione per la Inca Records intitolata “Cueros… Salsa y Sentimiento”; ricordiamo le canzoni “Cuero na’ma”, “Alma con alma” e “La gente donde yo vivo”.
1972 – Con gli stessi due cantanti della sua produzione precedente, Tommy Olivencia registra per la Inca Records il disco “Secuestro”, che include anche la canzone “El nacimiento de un guaguancó” e il successo “La fiesta de soneros”.
1974 – Con gli arrangiamenti di Jorge Millet, Máximo Torres, Luís Nieves y Bobby Valentín, le voci di Chamaco Ramírez, Paquito Guzmán y Sammy González, Olivencia registra un album intitolato “Juntos de Nuevo” con la casa discografica Inca Records.
Nello stesso disco appaiono fra i musicisti Ender Dueño ai timbales e Elisa López alla tromba.
Questo lavoro musicale fu prodotto da Ray Barretto.
1975 – In questo anno si registra la produzione musicale intitolata “Plante bandera” con la stessa trilogia di cantanti e nella quale ricordiamo pezzi come “Evelio y la rumba”, “Trucutú” e il successo di Tite Curet Alonso, “Plante Bandera”.
1976 – Tommy Olivencia fa entrare nella sua orchestra il giovane cantante Lalo Rodríguez, che insieme a Simon Pérez canta nel disco “Tommy Olivencia y su Orquesta Introducing Lalo Rodríguez & Simon Pérez” sotto l’etichetta Inca Records.
1977 – La nuova produzione di Tommy Olivencia si intitola “El Negro Chombo”, basato sul tema del Colombiano Julio Ernesto Estrada, meglio conosciuto come Fruko, natio di Medellín.
Nel disco cantano Paquito Guzmán e Simon Pérez, ai cori Santos Colón e Yayo el indio, la produzione di Luís Perico Ortiz, Don Víctor Rodríguez alla tromba e Edgardo Morales al timbal. In questo lavoro si può ascoltare la canzone “Aún no es tiempo” che diventa il grande successo di questo album.
1978 – Si pubblicano due nuovi dischi: “Tommy Olivencia y su Orquesta La Primerísima”, prodotto da Perico Ortiz (che suona anche la tromba), Adalberto Santiago come corista, e “Sweet Trumpet Hot Salsa”, nel quale partecipano come cantanti Simón Pérez, Paquito Guzmán e Marvin Santiago cantando la canzone “Del montón”, che segna la fine del contratto di Tommy Olivencia con la Inca Records.
1979 – Registra il disco “Tommy Olivencia & Orquesta” che vede fra i protagonisti i cantanti Gilberto Santarosa e Paquito Guzmán che cantano la canzone “Aunque te cases de blanco”; questo lavoro viene registrato sotto l’etichetta Top Hits Records.
1981 – In questo anno Tommy Olivencia presenta nella sua orchestra i cantanti Frankie Ruiz e Carlos Alexis nel disco registrato per la Top Hits intitolato “Un triángulo de triunfo”, nel quale partecipano Ray Santos e Máximo Torres agli arrangiamenti; il disco contiene i successi “Los golpes enseñan”, “Primero fui yo” e “Cosas nativas” interpretati da Frankie Ruiz.
1983 – Frankie Ruiz entra a far parte della prestigiosa orchestra di Tommy Olivencia.
Registra la canzone Viajera nel disco Primer Concierto de la Familia TH.
1983 – Esce il nuovo disco di Tommy ancora con i cantanti del disco precedente intitolato “Tommy Olivencia y su Orquesta cantano: Frankie Ruiz y Carlos Alexis”, che include canzoni come “Como lo hace” scritta da Raúl Marrero e una canzone romantica José José, intitolata “No que no”.
1984 – “Tommy Olivencia & su Orquesta: Celebrando Otro Aniversario” è il titolo del disco di quest’anno, alla voce Frankie Ruiz e Héctor Tricoche; all’interno possiamo trovare la canzone “Lo Dudo”, che ad oggi è considerato come uno dei primi dischi di salsa erotica.
Gli arrangiamenti del lavoro sono realizzati da Ángel Torres e Máximo Torres per l’etichetta TH.
1985 – Con i cantanti Héctor Tricoche e Júnior “Paquito” Acosta e gli arrangiamenti di Edgardo Narváez, Ángel Torres, Carlos “Cuto” Soto e Máximo Torres, l’etichetta TH- Rodven stampa un nuovo disco intitolato “Tommy Olivencia y su Orquesta, Ayer, Hoy, Mañana y Siempre”, il quale include canzoni come “Por ella”, “El del tabacón” e “Periquito Pin pin”
1987 – Con gli stessi cantanti dell’album precedente e per la stessa etichetta, Olivencia pubblica un disco intitolato: “30 Aniversario”, nel quale vengono registrate canzoni come “Lobo domesticado”, “No tires la primera piedra” e “Medley” cantante da Héctor Tricoche.
1990 – Come per la maggior parte degli interpreti di salsa Olivencia non si salva dal boom della “salsa romántica” e, anche se aveva già avuto esperienze con quel genere, registra un disco che è ricordato come uno dei suoi lavori meno coinvolgenti e che si intitola “El Jeque” con gli stessi cantanti del lavoro precedente.
1991 – Continuando sulla linea della produzione precedente e molto lontano dalla musica che lo aveva portato al successo rendendolo grande, Tommy Olivencia registra un altro disco simile al precedente intitolato: “Enamorado… y que!”, che vede la presenza di Ángel “Cachete” Maldonado alle congas, al quinto e al bata così come quella di Luty Maldonado al trombone e Héctor “Pichi” Pérez come corista.
1998 – Sotto la produzione di Luís “Perico” Ortiz si realizza il lavoro musicale “Vive la Leyenda”.
2000 – Si celebra il quarantesimo anniversario dell’orchestra all’Anfiteatro Tito Puente della città di San Juan di Portorico, in un meritato omaggio a Tommy Olivencia per la sua opera e per la sua carriera musicale.
2004 – Il 15 di Maggio si realizza un evento spettacolare per il sessantaseiesimo anniversario della nascita di Tommy Olivencia ed il quarantacinquesimo anniversario della nascita della sua orchestra.
Questo evento dura quasi quattro ore e si realizza al Coliseo Rubén Rodríguez de Bayamón con la presenza di Gilberto Santa rosa, Osvaldo Díaz, Simón Pérez, Marvin Santiago e Lalo Rodríguez.
Intervista di Israel Sánchez-Coll
tratta da Herencia Latina
Traduzione a cura di: Salsa Claude
Prefazione
Herencia Latina è uno dei siti più autorevoli sulla storia della musica latina, ricchissimo di articoli su esponenti di varia fama nella scena del passato (herencia significa eredità); questa intervista, oltre a descriverci nei dettagli la biografia di un noto bandleader, offre anche una ricca descrizione delle tre epoche da lui vissute ossia quelle del Mambo, del Boogaloo e della Salsa: il risultato è un racconto che ritrae i più disparati protagonisti (narrandone inattese relazioni), in diverse situazioni che li accomunano.
Infatti, che relazione aveva Joey Pastrana con Machito? Quali circostanze causarono l’ingaggio come lead vocalist di Chivirico Dávila e quali quelle che fecero terminare la collaborazione di Ismael Miranda? Come esordì Joey Pastrana alla Cotique Records e perché rifiutò sempre di entrare in Fania? Quanto lo toccò il boicottaggio del Boogaloo ad opera dei “Veterani del Mambo” e perché?
Tutto ciò è descritto in questa lunga ma interessantissima intervista, ora disponibile anche in italiano.
Claude
Israel Sánchez-Coll: Dove nacque Joey Pastrana?
Joey Pastrana: Nacqui il 22 Agosto 1942 a Santurce, Puerto Rico. A quattro anni la mia famiglia si trasferì a New York a causa del lavoro di mio padre, che era un marittimo mercantile. Crebbi nel Barrio (Harlem) sulla 110a strada dove rimanemmo dieci anni, dopodiché ci trasferimmo nel Bronx. Fu però nel Barrio dove si manifestarono le mie “inquietudini” musicali: suonavo i timbales e la conga. A casa di un cugino c’era uno scantinato con un pianoforte e lì ci ritrovavamo per suonare. Joe Quijano era un mio vicino di casa e gestiva un negozio di dischi. Mio padre si chiamava José P. Pastrana e mia madre Julia Santos.
Israel: Entrambi di Puerto Rico?
Joey: Sì, di Santurce.
Israel: Il nome completo?
Joey: José Luis Pastrana Santos.
Israel: E perché “Joey”?
Joey: A scuola mi americanizzarono il nome, mi chiamavano Joseph Louis Pastrana quindi tutti i compagni iniziarono a chiamarmi Joey.
Israel: Quindi il “Joey” nacque a scuola, e non durante la carriera musicale?
Joey: Esatto.
Israel: Chi influenzò la sua formazione musicale?
Joey: Le mie prime influenze furono quelle di Tito Puente, Daniel Santos – che era cugino di mia madre – Bobby Valentín, Charlie ed Eddie Palmieri; ce ne sarebbero molti altri, ma mi sfuggono i nomi.
Israel: Chi la spinse a scegliere i timbales?
Joey: Di fatto scelsi io la batteria che studiavo presso la scuola del maestro Gene Krupa, uno dei giganti del jazz noto come batterista di Benny Goodman oltreché collaboratore di Lionel Hampton, Teddy Wilson, Charlie Ventura ed altri ancora. Aveva una scuola in centro a Manhattan e lì iniziai a leggere gli spartiti.
Non avendo la macchina ero costretto a prendere il metrò, già scomodo di per se stesso, ed ancor più alle 3 del mattino, quando solitamente terminavamo di suonare, e anche se talvolta amici o familiari mi prestavano la macchina la scomodità della situazione mi portò a valutare alternative.
Decisi di suonare bongó e campana inserendomi in un piccolo conjunto che aveva Bobby Valentín – Bobby suonava il basso nella banda di Tito Rodríguez, il timbalero di Bobby abbandonò il gruppo e lui me ne offrì il posto – e con cui potei partecipare alla registrazione dell’album Ritmo Pa’ Goza’ – El Mensajero nel 1965. Scrissi anche due brani a Bobby usciti con l’album Young Man With A Horn: Que Pollito (Joey canticchia il ritornello “Yo tengo un pollo que quiere bailar”) e un brano mambo jazz chiamato The Gate, riferito al locale “Village Gate” dove al Lunedì suonavano le migliori bande latine ingaggiate dal Dj radiofonico Symphony Sid, che portava avanti una programmazione artistica con molto mambo jazz.
In seguito Bobby Valentín ingaggiò Papi Pagani, figlio di Federico, quando quest’ultimo perse il posto nella banda di Tito Rodríguez a causa del consumo di sostanze stupefacenti. Durante le prove Bobby mi disse semplicemente che adesso avrebbe continuato con “Il timbalero di Tito Rodríguez”, senza però aggiungere alcun dettaglio.
Quella settimana iniziai a scrivere testi e comporre musica a casa mia quando apprendo dalla radio che cercavano orchestre per registrare in studio: chiamai Simphony Sid affinché mi aiutasse e lui mi mise in contatto con un ragazzo che mi aiutò con gli arrangiamenti, cosicché in due settimane fui pronto per entrare in studio. Andai con la mia banda in un negozio – e guarda la combinazione, era quello della moglie di Federico Pagani – dove c’era una stanza per le prove. Il negozio era sulla 183a all’angolo con Williams Avenue, chiamai George Goldner, proprietario della Cotique Records, e gli chiesi di ascoltarci. Al termine della prima canzone ci fermò e disse: “Quando possiamo registrare il disco?” Un po’ sorpreso gli dissi: “Ma se te ne abbiamo fatta ascoltare solo una?” E lui rispose: “A me non importa, quando siete disponibili?” E in risposta alla sua insistenza gli dissi: “Ok, la prossima settimana.” E fu così che uscii col mio primo album: Let’s Ball
Israel: Perché in questo album le cambiarono il nome in Pastrano?
Joey: Ah, fu un errore di George Goldner perché fecero le cose di fretta! Mi ritrovai così con un nome dal suono italiano, ma nei successivi album la Cotique – responsabile dell’errore – corresse il nome.
Israel: Chi erano i componenti di questa orchestra d’esordio?
Joey: Due musicisti “prestatimi” da Joe Quijano (trombettista e bassista), mio fratello Willie Pastrana alle congas, e un ragazzo ai suoi esordi musicali con la banda di Andy Harlow, Ismael Miranda. Il primo album fu un grande successo di vendita, ciononostante la nostra orchestra non riusciva ad avere ingaggi per i concerti e Ismael andò con Larry Harlow.
Israel: Israel Miranda disse che Lei lo ingaggiò dopo averlo visto con Andy Harlow ad un concerto presso il club El Dorado.
Joey: Esatto. Cercavo il mio cantante nei club, e lo trovai in un periodo in cui la banda presso cui lavorava non aveva molte serate quindi gli diedi i miei spartiti e in una settimana registrammo l’album.
Israel: Nel quale c’è un classico: Rumbón Melón.
Joey: Sì, funzionò perché l’esperienza con la banda di Bobby Valentín mi insegnò come andava scritto un brano affinché piacesse al pubblico, e difatti nel giro di tre mesi diventò un successo. Ciononostante, siccome le serate non arrivavano, Ismael se ne andò. In seguito George Goldner mi chiamò per pianificare l’uscita del secondo album, avvisandomi che i risultati sarebbero arrivati in tempi più lunghi.
Registrammo perciò l’album “Joey” col cantante Chombo che conobbi a New York e che aveva già partecipato ai cori del primo album, dimostrandosi così anche un ottimo lead vocalist.
Israel: Il suo nome completo?
Joey: José “Chombo” Rodríguez.
Israel: Fu il successore di Ismael Miranda?
Joey: Sì. Con Chombo il secondo disco uscì bene. Nel ’67 entrambi gli album erano recensiti sulle riviste e competevano per il primo posto.
Israel: Lei fu un direttore d’orchestra innovatore, mise due voci femminili nei cori dando una nuova caratteristica alla sua musica laddove le altre bande seguitavano a tenere schemi tradizionali; come sviluppò questa idea?
Joey: Si chiamavano Sonia Rivera e Becky Rivera ma non erano sorelle.
Israel: Dove le conobbe?
Joey: Sonia Rivera era mia cognata ma in realtà la conoscevo da dieci anni prima che si sposasse con mio fratello Willie Pastrana, quando la sentii cantare in un gruppo di musica nordamericana mentre Becky Rivera è una mia cara amica d’infanzia: entrambe sono di Puerto Rico.
Israel: Sono viventi?
Joey: Sì.
Israel: A New York?
Joey: Credo che Becky stia in Florida e Sonia a New York con le sue tre figlie: credo che canti in un gruppo rock.
Israel: Perché quest’idea di integrare le voci femminili?
Joey: Presi l’idea da Tito Rodríguez che aveva una ragazza nel suo coro. Di fatto un giorno ero ad un suo concerto ed apprezzai come questa voce differente si distinguesse all’interno del coro e mi piacque. Situai inoltre le due ragazze in prima linea per fare scena, cantando e ballando insieme a mio fratello Willie. Ne uscì un suono che ricordava quello della banda di Cortijo.
Israel: Pensi che nel New Swing Sextet le tre coriste erano le sorelle e la moglie di George Rodríguez, il vibrafonista-leader.
Joey: Il New Swing Sextet si ispirò a me (ride), perché nel ’67 poche orchestre, sia grandi che piccole, avevano questo formato, mentre in seguito molti altri lo adottarono.
Israel: L’orchestra suonava bene, era coinvolgente; negli anni ’60 e ’70 le orchestre erano mediamente maschiliste, raramente trovavi donne nei cori.
Joey: Esatto.
Israel: Cosa rappresentò il Boogaloo per la sua generazione?
Joey: All’epoca tutti i giovani volevano ballare ed ascoltare soltanto Boogaloo poiché non conoscevano bene i balli del Mambo né del Cha Cha come le persone più adulte. I giovani fecero da catalizzatore per l’ascesa del movimento, non i vecchi che lo malsopportavano e speravano nel suo declino. Anche le orchestre di veterani non amavano suonare brani Boogaloo.
Israel: E’ vero che Lei spinse Johnny Colón a firmare per Cotique?
Joey: Io scrissi un brano a Johnny Colón. Quando uscì il mio primo album molti impazzirono per il Boogaloo. Johnny lo faceva in maniera diversa dalla mia, riscuotendo successo con un solo disco, Boogaloo Blues, dove compose la musica e suonò come pianista e i cui testi furono scritti da Tito Ramos. Il brano che dava il nome anche all’album nacque come Guajira in spagnolo ma George Goldner suggerì di cambiare il testo in inglese e di riarrangiare la musica di conseguenza; il risultato fu un Boogaloo diverso dal solito ma che piacque al pubblico.
Il Boogaloo più ballabile lo compose Pete Rodríguez: I Like It Like That. Ciononostante Pete Rodríguez si allontanò dalla musica perché il suo vero amore era per il Mambo e la Guajira. Il vero compositore era il suo trombettista, Tony Pabón, che ai cori mise sua moglie e i figli di entrambi.
Israel: Considera il Boogaloo una musica nera?
Joey: Nacque nel Barrio da neri e portoricani che frequentavano le stesse scuole e strade; i latini apprezzavano più la musica nordamericana e i neri quella latina, così si contaminarono a vicenda.
Israel: E’ vero che José Curbelo bloccò molti ingaggi di serate alle orchestre emergenti di Boogaloo?
Joey: Sì, è vero. Siccome il Boogaloo stava riscuotendo successo i musicisti più anziani erano gelosi poiché la loro fama consolidata iniziava a venire adombrata dal “nuovo”. Capitò pure che Tito Puente pretese di venir menzionato sulle locandine prima dei gruppi Boogaloo (come Joe Cuba, nonostante quest’ultimo avesse cinque brani di successo e lui nessuno); le nuove bande vendevano dischi, quelle affermate non più, tuttavia volevano dominare le serate e iniziarono a sermonare che “il Boogaloo non serviva a niente, non era niente”. La verità è che la gente voleva ballare Boogaloo, e in seguito avrebbe preso a ballare Salsa. Io nei miei album mettevo entrambi i generi.
Israel: E lo Shingaling?
Joey: Era uno stile di ballo, il movimento in coppia era diverso, mentre il Boogaloo si ballava in una direzione lo Shingaling lo si ballava in un’altra, e tutto sulla medesima musica; fu introdotto dai neri americani.
Israel: Lei ricevette un premio nel ’68 dalla rivista Latin New York per le vendite del brano “Riky Chi”, consegnato da George Goldner; cosa può raccontarci in proposito?
Joey: Fu un disco d’oro che mi diedero per i miei 45 giri, formato che d’abitudine veniva sempre lanciato prima dell’album. Ricordo che al Palladium diedero un disco d’oro anche a Pérez Prado delle stesse dimensioni di quello che ricevetti io. Detto premio riguardava i singoli delle mie prime produzioni ossia Riky Chi, Rumbón Melón, La Güira e altri.
Israel: Quante copie vendette del suo primo disco?
Joey: Del primo album non ricordo, del secondo (Joey) in sole due settimane si vendettero quarantamila copia tra New York e Puerto Rico. Al momento, il primo rimane il più venduto e ciononostante io non ho mai ricevuto un centesimo, pensa te come sono certe situazioni.
Israel: Il suo terzo album?
Joey: Il terzo album fu Joey In Puerto Rico.
Israel: Joey En Carnaval fu il quarto o il quinto?
Joey: Credo il quinto, e lo produssi io perché George Goldner nel frattempo morì e dovetti far tutto da me.
Israel: Questo album viene anche in CD e lo trovo meraviglioso con brani come Joey’s Thing (il mio preferito), Chacaboo, Aguacero, My Girl.
Joey: Lo chiamai “La Cosa Di Joey” perché fu così impegnativo per me comporre e produrre nel contempo che alla fine mi dimenticai il titolo!
Israel: E’ sua la composizione?
Joey: Sì, lo scrissi come lo volevo e lo sentivo, questa è la cosa più importante.
Israel: Suo fratello Willie Pastrana lo accompagna in questo album.
Joey: Sì, fu presente in sei album, poi tornò con Joe Quijano che aveva molti ingaggi all’estero, cosa che desideravo avere anch’io e che si concretizzò all’uscita de El Diferente con Chivirico Dávila poiché tramite la radio riscosse successo anche a Panamá e Venezuela, paesi in cui facemmo una tournée di tre settimane, toccando anche Los Angeles, Florida, St. Thomas Island, Puerto Rico e New York.
Israel: Com’era il Venezuela?
Joey: Interessante, ma non ancora così salsero come lo sarebbe divenuto in seguito poiché all’epoca ascoltavano più orchestre locali che newyorchesi.
Israel: Chi scrisse My Girl?
Joey: E’ mia; tutti i brani cantati in inglese nei miei album sono miei.
Israel: Come ingaggiò Carlos Santos?
Joey: Quando Chombo andò a Puerto Rico durante una delle mie numerose tournée, scoprì di amare profondamente l’isola per cui un giorno mi disse: “Io non torno più a New York, resto qui.” Quindi tornai senza cantante a New York e dopo molte ricerche trovai Carlos Santos, molto giovane e di voce acerba ma con il talento dell’improvvisatore. Il primo album che feci con lui credo fosse Joey en Puerto Rico, dopodiché migliorò la sua voce e nella seconda produzione che facemmo assieme progredì tantissimo, basti sentirlo in Chaca Ca Boom.
Israel: Il Chaca Ca Boom è un brano in risposta ai suoi avversari.
Joey: La gente diceva che io non suonavo veramente poiché durante i concerti presso le sale da ballo non mi producevo in assoli né improvvisazioni, ma d’altronde se la gente voleva ballare io non potevo che assecondare lo scopo per cui venivano alle nostre serate. Alcuni ragazzi tra il pubblico mi chiedevano di suonare loro i timbales per sopperire a questa mia “mancanza” e allora glieli prestavo ma solo per la penultima canzone della scaletta.
Riguardo questo brano scrissi “La gente voleva Chaca ca boom, boom”, che sono i colpi dei timbales, e in questo modo zittii i miei critici (ride) e nel contempo ebbi anche un brano di successo.
Israel: Fu un inno in tanti Paesi latinoamericani.
Joey: Mi lusinga e mi emoziona. Dopo la Cotique io feci altri cinque album tra i quali The Godfather (stesso titolo del film Il Padrino, che spopolava in quell’anno).
Ti racconto un aneddoto, Tito Rodríguez era vivo durante la registrazione dell’album e mi chiamò in studio dicendomi che gli avevano raccontato che stavo registrando il brano de Il Padrino, al ché gli dissi di sì e lui m’informò che stava facendo la stessa cosa, così ci facemmo una risata. Tito ha sempre avuto ottimi rapporti con me, e le nostre orchestre alle serate suonavano spesso assieme.
Altra cosa importante, io uscii con la copertina ispirata alla locandina del film e il brano de Il Padrino come traccia 1 del lato A; Tito Rodríguez invece uscì con la sua immagine e il brano lo mise come ultima traccia del lato B. Credo che lo arrangiò insieme a Louie Ramírez.
Foto di sinistra:Joey ai timbales – foto di destra: Joe Quijano, Joey Pastrana e Joe Cuba.
Foto di Joey Pastrana – cedute a Herencia Latina.
Israel: In quali locali di New York divenne popolare la banda di Joey Pastrana?
Joey: Al club Corso che era un po’ la mia casa poiché ci lavoravo tre volte alla settimana mentre per i restanti giorni lavoravo due volte a Brooklyn e due volte al Tropicana del Bronx, dove si affermò Ricky Ricardo (Desi Arnaz), il personaggio del programma “I Love Lucy”, prodotto da sua moglie Lucille Ball. Ricky Ricardo – nome con cui era noto nel programma – oltre al Tropicana suonava anche al club La Conga di Manhattan. Il Tropicana del Bronx aveva le stesse scenografie del suo programma e divenne popolare come lo fu il Palladium.
Israel: Desi Arnaz interpretò Babalú di Miguelito Valdés e El Cumbanchero di Rafael Hernández, cercando di mischiare il ritmo di Machito con la melodia di André Kostelanetz.
Joey: Imitava Miguelito Valdés, del quale io ero amico da quando lo incontrai a Puerto Rico, dove mi riconobbe prima che io riconoscessi lui; ci trovavamo in fila al Sindacato e ci presentammo l’un l’altro, dopodiché andammo a mangiare ad un ristorante cubano dove incontrammo Johnny Pacheco, Bobby Valentín e Vicentino Valdés e capitò una scena comica poiché Miguelito iniziò a scavare nel riso ed esclamò: “Ma dove sono i fagioli?”, cosa che ci fece ridere tutti per cinque minuti dato che il suo modo di parlare era sempre “cantato”. Fummo amici per i quattro anni successivi, finché morì. A volte mio fratello Willie lo chiamava scherzosamente Ricky Ricardo e lui rispondeva stizzito “Io sono Miguelito Valdés, l’originale, non la copia!” (Joey ride).
Israel: Ti piacevano i ritmi cubani?
Joey: In famiglia abbiam sempre ascoltato i ritmi cubani, mio padre adorava per esempio Sonora Matancera, Pérez Prado – prima di passare dalla musica latina a quella americana – Casino De La Playa, Riverside ed altri.
Israel: Quindi ascoltavi molta Guaracha, Mambo, Cha Cha Chá e Charanga?
Joey: La Charanga era della mia epoca, ‘66/’67 quando tutti si misero a ballarla a New York e nella quale Pacheco, grande amico mio, si inserì approfittando dell’onda. Pacheco amava la mia musica ma non gradiva il Boogaloo, insisteva affinché firmassi per la sua Fania Records ma io gli rispondevo che loro erano troppo in dissintonia con questo genere. Io, del resto, suonavo anche Salsa per non restare a terra qualora il genere fosse tramontato, cosa che altre bande, specializzate e bravissime nel Boogaloo, non fecero, così scomparvero appena arrivò la Salsa; alcune si dimostrarono proprio incapaci di “stare in clave”, così dopo magari un solo disco scomparvero per sempre.
Israel: Ne ricorda alcune?
Joey: No, ma ricordo che erano tante.
Israel: Lei è amico di Joe Bataan?
Joey: Certo, era uno di coloro che non suonavano molta musica latina, faceva musica americana e alla fine concludeva con una Cha Cha Chá; insieme facemmo molte serate, lui aveva la sua hit Gipsy Woman. Johnny Colon fece tre album, il primo di successo, i seguenti a scendere, poi si ritirò dalle scene per dedicarsi all’insegnamento della musica ai giovani.
Israel: Johnny affermò che molti impresari che gestivano le bande di Mambo, tra i quali José Curbelo e Ralph Mercado, boicottarono quelle di Boogaloo non offrendogli serate, montando una vera e propria cospirazione contro il genere musicale.
Joey: Sì, confermo, ma io non ne caddi vittima poiché suonavo anche Salsa; aggiungo che quando il Boogaloo iniziò a scemare, chi gli diede la botta finale fu la Fania Records.
Israel: Chiarissimo. Quindi perché non firmò mai per la Fania?
Joey: Perché la Fania con tutti i miei dinieghi mi divenne ostile, e ridevo su queste loro continue profferte.
Israel: Quindi non volle unirsi a loro?
Joey: No, perché c’erano troppi spocchiosi là dentro, così firmai con la discografica argentina Parnaso che aveva iniziato ad ampliare i propri interessi nella Salsa e composi per loro A Comer e El Padrino. Pure mio fratello Willie incise due album con loro.
Israel: E, dato che da Fania si era autoescluso, Parnaso Records le procurò serate a New York?
Joey: No, io seguitai a lavorare per conto mio e la cosa non mi danneggiò molto perché in radio trasmettevano i miei dischi, come per esempio Malambo che si vendette a New York e a Puerto Rico; tuttavia Jerry Masucci, il proprietario della Fania Records, si comportava scorrettamente perché dissuadeva i Dj radiofonici dal programmare certe orchestre: il Dj Polito Vega era un mio vicino di casa e gli davo io i miei dischi direttamente, al ché lui mi rispondeva “Guarda, io te li programmo ma questa gente potrebbe crearmi problemi perché mi tengono sott’occhio per danneggiarmi.” Ciononostante mi programmò The Godfather e un altro paio di pezzi.
Israel: Nessuno denunciò la Fania per queste pratiche?
Joey: Macché, la Fania si comprava tutti e tutti stavano zitti; per esempio, la Parnaso Records chiamava direttamente i Dj per protestare ma loro rispondevano che avevano già un sacco di musica e “non potevano certo metter tutto”: il risultato fu che la mia musica si diffuse di più in Venezuela, Argentina, Panama e Colombia che a New York.
Israel: Come venne in contatto con Ricardo Ray?
Joey: Stavo registrando un album economico per la Fonseca Records nello stesso periodo in cui stavano registrando Ricardo Ray, Bobby Cruz e Chivirico Dávila, quest’ultimo nel ruolo di lead vocalist perché per quei particolari brani Bobby Cruz non era ancora adatto (lo divenne poco dopo quell’esperienza); facemmo assieme le copertine dei nostri dischi e da allora restammo buoni amici.
Israel: Maestro, Herencia Latina pubblicò un’intervista al magnifico Chivirico Dávila in Cali, Colombia, dove affermò “Con Joey Pastrana io conobbi la gloria”: come ingaggiò Chivirico per il suo album The Real Thing – El Verdadero?
Joey: Lo conobbi quando lavorava per Ricardo Ray, poi cessò la collaborazione e andò a Chicago dove ebbe un serio alterco con suo figlio, della cui moglie si innamorò e con la quale scappò; il figlio lo cercava dappertutto per ammazzarlo quindi Chivirico decise di tornare a New York per sfuggirgli.
Una sera stavo lavorando al club Corso e pernottammo in una casa lì vicino che utilizzavamo per riposarci, allorché arrivò Chivirico, ci spiegò molto scosso la sua vicenda e ci disse che alloggiava lì vicino in un hotel; sotto il cappotto vestiva una camicia e sotto ancora un pigiama (Joey ride).
Gli offrii tre settimane di lavoro in studio per il mio imminente album da registrare; sulle prime rifiutò adducendo problemi di voce ma alla fine accettò perché necessitava denaro; registrammo così Pastrana Llegó (me lo cantò esattamente come volevo io, soprattutto nella splendida intro), poi The Real Thing e Campana: quest’ultimo brano era dedicato alla segretaria Juana del Dj Simphony Sid, eccellente persona di origini latine e giamaicane, brano finalizzato ad essere usato come sigla del suo programma radio. Tuttavia Tito Puente aveva già composto un Mambo per quel programma (Joey inizia a cantarlo) ma dopo la prima mezzora Sid metteva anche la mia, che era più afroide.
The Real Thing fu uno degli ultimi che feci con Cotique Records, l’ultimo fu Joey En Carnaval; quando morì il proprietario George Goldner gli eredi vollero vendere la discografica alla Fania Records e io dissi loro : “Con Fania non voglio lavorare.”
Israel: “Maestro, Lei ingaggiò Chivirico solo per l’album The Real Thing – El Verdadero per poi intraprendere ognuno le proprie strade?
Joey: Be’, Chivirico non era più in grado di cantare, quando lo portavo alle mie serate gli andava via la voce al primo set, e alla ripresa non cantava più; lui stesso mi confessò che non era in grado di cantar più di due brani, così me lo portai a Puerto Rico (dove quasi mi morì) insieme anche ad Héctor Lavoe…
Israel: Ossia che anche Lei invitò Héctor Lavoe nella sua banda?
Joey: Sì, Willie Colón lo aveva scaricato. Héctor Lavoe lo conoscevo prima che lui si unisse a Willie Colón, ed entrambi li conobbi alla spiaggia di Orchard nel Bronx dove suonavano, uno il trombone, l’altro cantando e suonando maracas. Mi divertivo con loro, all’epoca erano molto giovani.
Quando Willie Colón lo lasciò io gli chiesi: “Sarà dura per te adesso?” Ma lui tranquillo rispose: “No, ho un contratto con Fania Records per cui Willie non può incidere senza me né io senza la sua banda” per cui gli proposi di accompagnarmi a Puerto Rico spiegandogli che Chivirico non poteva sostenere una serata intera, accettando di fare il corista ed intervenendo all’occorrenza come lead vocalist (conosceva tutti i miei brani storici).
Israel: Héctor Lavoe faceva sia il corista che il lead vocalist?
Joey: Sì, entrambe le cose, ma quando lo venne a sapere la Fania, fecero le loro rimostranze e quell’esperienza fu interrotta. Come corista, partecipò ai miei due album A Comer e The Godfather.
Israel: A cosa s’ispirò Lei nel comporre Malambo?
Joey: Malambo fu scritta per i timbales (Joey intona il ritornello: “Me gusta los timbales pa’ gozar bembé”).
Israel: Il brano fu un successo a Puerto Rico e molti paesi latinoamericani, a tutt’oggi si può dire che è un classico della Salsa.
Joey: Sì, piacque molto a Puerto Rico, io lo composi per i miei antenati, le mie origini. Un altro classico della mia produzione è Riki Chi che ricordo sempre al mio pubblico cantando “Riki Chi, Oh No, No”.
Israel: All’epoca del Boogaloo quali bande le piacevano?
Joey: Mi piacevano Joe Cuba, Tony Pabón, Ricardo Ray, conobbi l’indio Cherokee, Doc Cheatam quando suonava al Metropol con Gene Krupa, poi Ralfy Pagán che era un cantante interessante ma più orientato verso la musica nordamericana.
Israel: Lei conobbe King Nando?
Joey: Caspita se lo conobbi! Viveva tra la 109a e la 110a strada dove suonava la chitarra e cantava. Fece un disco di successo a New York, “Fortuna”, che era romantico, come molti che uscirono in quell’epoca.
Israel: Perché la sua orchestra esce di scena a fine anni ottanta?
Joey: Pensa che nel ’93 organizzarono una celebrazione in cui mi diedero un premio alla carriera, in pratica mi consacrarono come leggenda della musica latina; lo stesso fecero con Jimmy Sabater, Willie Torres e altri: Marilyn Winters, un’ebrea americana, ex ballerina di Tito Rodríguez che non abbandonò mai l’ambiente latino, ideò l’evento e ci consegnò lei stessa i trofei.
Israel: Lei si allontanò dall’ambiente poco dopo questa premiazione?
Joey: No, a Pasqua ’98 suonai all’Hotel Condado Plaza a San Juan, Puerto Rico, e sporadicamente a New York.
Di fatto ne avevo un po’ abbastanza dell’ambiente, necessitavo una pausa, ero stanco di suonare; oltretutto il clima di New York non fece bene alla mia salute e mi trasferii in Florida: tuttavia ho delle canzoni pronte per una piccola banda qui in Florida e, sebbene non voglia esibirmi dal vivo, ho intenzione di incidere con loro.
Israel: Quando arrivò la Salsa Romantica Lei si tenne lontano da questa onda?
Joey: La Salsa Romantica ha le sue cose buone, ma non è il mio stile, io suono duro, mi piace che la gente avverta questo mio timbro; ha prodotto alcune cose belle, ma non mi inserii mai in quel circuito.
Israel: Quando si trasferì definitivamente in Florida?
Joey: nel 2004, a seguito dell’asma che contrassi nell’esercizio della mia attività di manutentore parchi, respirando il pulviscolo espulso dal tagliaerba; per sei mesi rimasi a letto con la polmonite; mi ritirai e seguii il consiglio di trasferirmi in uno stato con un clima più adatto per chi ha queste insufficienze respiratorie.
Israel: Le piace vivere qui in Florida?
Joey, Sì, il posto è bello e il clima di Fort Myers è simile a quello di Puerto Rico con una media di 21° centigradi; faccio esercizio fisico, compongo musica, scrivo testi, non bevo e non fumo.
Israel: Qual è l’album che le ha fruttato di più economicamente?
Joey: Joey En Carnavale che ha molti brani perfetti, anche se non so esprimere un ordine di preferenza, mi piaccion tutti.
Israel: Come si comportò la Cotique Records sia a livello di compensi che di libertà creativa?
Joey: Economicamente molto male perché a parte il compenso fisso stabilito per l’incisione non ho mai ricevuto alcuna royalty e sto cercando un legale per riappropriarmi di ciò che mi spetta, dato che le mie opere son state riprodotte e rivendute senza che io venissi minimamente coinvolto nei ricavi: stanno lucrando sulle mie opere d’ingegno, è una chiara violazione dei diritti d’autore.
Israel: In una intervista pubblicata su Herencia Latina i New Swing Sextet si lamentarono della stessa cosa, dischi riprodotti da altri ma senza nessun compenso per loro, uno scandalo in considerazione della ricchezza artistica prodotta da tutta una generazione di musicisti.
Joey: In molte parti del mondo vendono tuttora i miei dischi, per esempio in Venezuela, Colombia, New York, Spagna, Inghilterra, Puerto Rico, Panama ed altri, mentre io non ricevo nulla; anche altre bande furono ingannate come i Lebrón Brothers, Johnny Colón, New Swing Sextet e molti altri, mentre i proprietari della Cotique Records si arricchirono con le nostre produzioni: eppure anche noi musicisti invecchiamo e necessitiamo crearci una base economica per vivere quest’ultima tappa della nostra vita felicemente e dignitosamente.
Israel: Joe Quijano mi ha detto che Lei ha raccolto i suoi successi in un CD per metterli in vendita, può darci i dettagli di questa operazione?
Joey: Sì, ho stampato un CD autoprodotto quindi con i costi a mio carico, comprendente brani tutti composti da me, affinché nessun possa reclamarli come suoi, e son tutti registrati alla Società degli Autori; ora cerco un impresario che voglia occuparsi del lancio di questo CD in maniera che possa generare profitti.
Israel: Maestro, Lei è in buoni rapporti con Joe Quijano?
Joey: E’ un fratello per me, lo conosco da quando arrivai nel Bronx…
Israel: Le vostre orchestre suonarono mai assieme nelle stesse serate?
Joey: Sì, diverse volte, come al Bronx Casino (che ora è una chiesa), dove si esibirono bande come quelle di Tito Puente, Tito Rodríguez, la mia, quella di Joe Quijano, Eddie e Charlie Palmieri e Johnny El Bravo López.
Israel: Ha nuovi progetti, nuove sue composizioni da incidere?
Joey: Sì, penso di metter su una banda qui e di rimettermi a suonare.
Israel: Come arrivò al suono forte e crudo che caratterizzò la sua come molte altre bande newyorchesi della seconda metà anni ’60?
Joey: Di fatto all’epoca la gente voleva ballare, e per far sì che ciò accadesse bisognava suonare forte e duro; nel Barrio, se non avevi questa caratteristica, eran problemi per la banda, generava un passaparola negativo, per cui ognuno sentiva la necessità di suonare col diavolo addosso (ride): andar sul palco e non riuscire a far ballare la gente poteva rivelarsi fatale per la banda.
Israel: In quali relazioni è con Ismael Miranda?
Joey: Prima di lasciare New York per la Florida lo chiamai e mi disse che stava bene ed era ingrassato, cosa poco immaginabile per quel “magrolino” che possiamo ricordarci nella foto del nostro primo album; mi raccontò che adesso ha la faccia grande come un pallone!
Israel: Ha più cantato per Lei?
Joey: No, dopo il mio primo album, mai più perché andò con Larry Harlow; io non avevo molte serate e lui aveva il problema di sfuggire alla chiamata di leva per il Vietnam, cosa che gli riuscì lavorando molto per Larry Harlow: gli dissi “Non ti preoccupare, io ingaggerò Chombo in tua sostituzione”.
Israel: José “Chombo” Rodríguez vive sempre a Puerto Rico?
Joey: No, Joe Quijano mi ha detto che è scomparso, sembra per un attacco cardiaco, lo apprese dalla radio; era un bravo ragazzo, anche se talvolta faceva il matto.
Israel: Sa qualcosa dell’altro suo cantante, Carlos Santos?
Joey: Lui si trasferì ad Orlando, a quattro ore da qui.
Israel: Siete in contatto?
Joey: Sì, mi chiama sempre quando passa da queste parti; dovrei avere il suo numero da qualche parte ma non credo che conosca il mio nuovo numero dato che ho traslocato di recente. Certamente mio fratello minore ha il suo numero.
Israel: Chi, Willie Pastrana?
Joey: No, Tony, il più piccolo di noi tre.
Israel: E Willie che fa adesso?
Joey: Vive a New York e lavora per il municipio; al momento sta preparando un CD per la sua orchestra attuale, intende lanciarlo nel 2006.
Israel: Quanti figli ha Lei?
Joey: Una figlia e un figlio.
Israel: Lei è nonno?
Joey: Caspita, sì, ho una nipote di 14 anni.
Israel: I suoi figli amano la musica?
Joey: No, non mi sono usciti musicisti! Miguel suona un po’ la conga ma non a livello da musicista.
Israel: Lei vive con sua moglie?
Joey: No, divorziai circa cinque anni fa quando mi ammalai, vivo qui da solo e ho un po’ di amiche che mi vengono a trovare (ride) ma ci sto attento, perché a portarle a cena son spese (ride).
Israel: La sua ex moglie è cantante?
Joey: No, mi aiutava nella parte grafica e nelle note degli album, si chiama Dana Torres.
Israel: E’ portoricana?
Joey: No, ebrea americana
Israel: Se le dovessero chiedere di radunare la banda di Joey Pastrana, quali integranti sceglierebbe?
Joey: Adesso?
Israel: Sì.
Joey: E come potrei farlo, se nemmeno so dove vivono i miei ex colleghi?
Israel: E allora, proviamo ad immaginarla.
Joey: Ok, me la immagino con Tito Rodríguez come lead vocalist, Mongo Santamaria alle congas, Chiky Pérez (ex integrante della banda di Tito Puente e che lavorò nel mio primo album) al bongó, Puchy (altro mio ex integrante), Angel Rodríguez e Larry Spencer alle trombe, Jack Hitchcok e Barry Rogers ai tromboni infine Bobby Rodríguez (altro ex integrante di Tito Puente) al basso.
Israel: Quali sono le sue bande preferite?
Joey: Machito, Tito Rodríguez, Tito Puente (amavo le big bands, ma durante la mia epoca non c’era lavoro per questo formato orchestrale), Pérez Prado, Charlie ed Eddie Palmieri, Ricardo Ray, Joe Quijano y su Orquesta Cachana e Joe Cuba.
Israel: E tra le orchestre cubane?
Joey: Chapotín, Orquesta Casino de la Playa, Aragón, Fajardo y sus Estrellas (con cui spesso condividevo le serate), Lou Pérez… Mi piace Patato Valdés.
Ti racconto un aneddoto su Patato, stavo suonando congas nel Bronx e gli dico “Son già le 18, devo andare perché domani sera parto per la California” e lui col suo gergo (Joey lo imita) “Va bene, ci vediamo”; il giorno dopo arriviamo al locale e iniziamo a suonare quando all’improvviso entra Patato Valdés e gli chiedo sorpreso “Che ci fai qui?” e lui “Io te l’ho detto che sarei venuto qui, sei tu che non hai capito!”: due giorni dopo me lo rivedo in un locale in Florida e … terminammo la tournée incontrandoci anche a Puerto Rico!
Israel: E tra le orchestre portoricane?
Joey: Cortijo e Ismael Rivera, ho una foto insieme a loro due e Kako, Santos Colón e Azuquita: te la cedo.
Sapevi che avevo scritto due brani a Cortijo? Aguacero e Oriza. Tra le tante volte che viaggiai a Puerto Rico mi capitò di incontrare Cortijo senza Ismael per cui gli chiesi dove fosse, e lui mi rispose che si era nascosto a Panama (era ricercato dalla polizia); recandomi a Panama per la tournée ho chiesto di lui a un nostro fan che ci condusse a un vecchio hotel dove una vecchietta si staccò un attimo dai fornelli per andarmelo a chiamare: Ismael mi abbracciò fortissimo, mi disse che stava bene e parlammo fino a notte inoltrata.
Quando tornai a Puerto Rico riferii l’episodio a Cortijo e i dettagli del suo indirizzo; quando Ismael risolse i suoi problemi con la legge me lo ritrovo nel Bronx con la sua banda offrendomi di presenziare alla sua registrazione, dopodiché chiacchierammo cinque ore: lui mi chiamava “Pastranita”.
Israel: Pastrana è un nome portoricano?
Joey: No, siamo in pochi ad averlo lì.
Israel: Penso sia più sudamericano, per esempio in Colombia elessero due presidenti con quel nome…. Stranamente erano padre e figlio (ridono)!
Joey: A Cuba ci son molti Pastrana, mi dissero che ha origini spagnole ed arrivò a Puerto Rico passando da Cuba; un’altra cosa che mi raccontarono fu che fosse relazionato con la Casa Reale Spagnola, nello specifico i loro cuochi si chiamavano così: non saprei, a mio padre e a molti miei zii comunque piace cucinare, e a Puerto Rico c’è un ristorante con quel nome, credo a Santurce..
Israel: Dei paesi in cui ha vissuto quale le è piaciuto di più?
Joey: Puerto Rico, perché la gente ama ballare e perché è la mia isola, ma mi è piaciuto anche il Panama e mi sorprese pure l’isola di Saint Thomas perché nonostante la sua popolazione fosse di discendenza inglese o africana, apprezzavano la musica latina.
Israel: Joey, a St. Thomas (British Virgin Islands) si stabilirono molti portoricani dell’isola di Vieques e si ascolta molto la radio portoricana.
Joey: Sì, me lo avevan detto in occasione dei miei tre concerti nell’isola.
Israel: Ha saputo che la sua musica si sta ascoltando in Francia, Inghilterra, Italia e Spagna?
Joey: Sì, la cosa mi ha sorpreso e ribadisco che non ricevo un centesimo da queste vendite (ride), dovrebbero pagarmi un tot sulle vendite e sui passaggi in radio, ma ciò succede solo con la BMI con cui mi associai fin dalla mia prima incisione e che tuttora mi manda un resoconto trimestrale sui miei compensi riguardanti il Giappone, la Spagna, l’Argentina e altri paesi.
Israel: Lei vive solo con la pensione?
Joey: Esatto.
Israel: Le due coriste quando smisero di cantare?
Joey: Quando cessò la collaborazione con Cotique Records; non fu facile continuare con la musica latina così si diedero al Rock.
Israel: Ci racconti del Boogaloo che compose per Machito.
Joey: Con Machito era diverso, perché quando la sua discografica non gli rinnovò il contratto rimase senza lavoro, così George Goldner della Cotique Records decise di ingaggiarlo a patto che io mi inventassi un Boogaloo per lui, cosa che non aveva mai avuto nel suo repertorio.
Andai a casa, ci pensai molto fino a ricordarmi che avevo già un brano fatto, ed era adatto a Machito, così andai da Mario Bauzá e gli diedi Ahora Sí, per dargli un’idea di come fosse un Boogaloo.
Ne scrissi uno anche per Graciela, ma con arie più da Mambo; Mario Bauzá disse a Machito “Facciamolo, dai, dai!” e il giorno stesso li aveva arrangiati entrambi; m’invito a tornare l’indomani per sentirli suonati, cosa che mi meravigliò per la velocità.
Il giorno dopo, alle prove, Bauzá mi sorprese per il lavoro fatto e Machito e Graciela mi misero come arrangiatore nei crediti della canzone; i brani furono lanciati e divennero subito dei successi in tutta New York, causandomi anche qualche problema con Tito Puente che non gradiva che uno della sua generazione se ne uscisse con un Boogaloo: di fatto, poi, non erano ritmicamente dei Boogaloo bensì della Guarachas col cantato allo stile Boogaloo.
Un giorno incontrai il figlio di Machito dicendomi che mi “odiava”, e quando gli chiesi il perché rispose “Il Boogaloo che hai scritto per mio padre me lo chiedono in tutto il mondo, Ahora Sí!”
Ho incluso anche questo brano nella raccolta dei miei successi.
Israel: Maestro, chi la spinse a stampare questo CD?
Joey: Tina Roppe, una gran donna che mi ha aiutato molto qui a Fort Myers.
Israel: Grazie Maestro.
VIVA PASTRANA!
Intervista di Israel Sánchez-Coll a Joey Pastrana (Maggio 2006) per www.herencialatina.com
Israel Sánchez-Coll Fort Myers, Florida, Dicembre 2006
LaSalsaVive ritorna al Don Chisciotte di Galliera (BO) per un nuovo evento dedicato alla storia della salsa di Portorico: Isla Del Encanto!
Sabato 24 marzo 2012 vi aspettiamo per passare insieme una notte all’insegna di quegli artisti che hanno rappresentato la salsa “boricua”, da Rafael Cortijo e Tite Curet Alonso, passando per Ismael Rivera, Ismael Miranda, Marvin Santiago, fino ad arrivare alle grandi orchestre come La Sonora Ponceña, El Gran Combo, Bobby Valentin, Roberto Roena y su Apollo Sound.
E naturalmente non finirà qui. Ci saranno tanti altri artisti e orchestre minori che hanno comunque contribuito al successo della salsa nel mondo.
DJ RESIDENT: PAOLO EL CHINO
DJ GUEST: EL BARRIO DJ
PROGRAMMA:ORE 22,30: STAGE SULLA STORIA E L’EVOLUZIONE DELLA SALSA A PORTORICO DAGLI ANNI 40 IN AVANTI A CURA DI TOMMY SALSERO
ORE 23,30: PRE SERATA CON DJ.
ORE 24,30: ISLA DE L’ENCANTO TUTTI I RITMI E LE EVOLUZIONI STILISTICHE DELLA SALSA DA PORTORICO A NEW YORK.
“El Dueño del Soneo” (Il padrone del Soneo) ed el “Rey del Bajo” (il Re del Basso) si sono trovati per parlare della loro riunione per un concerto e la produzione di un disco.
Bobby Valentin e Carlos “Cano” Estremera nonostante non si siano ancora stretti la mano per formalizzare la loro collaborazione per la realizzazione del concerto che vorrebbero fare quest’anno, presso il Colosseo di Porto Rico José Miguel Agrelot, hanno concordato che la loro unione è imminente e si profila come l’evento necessario per rilanciare la salsa.
“Spero che ci siano le condizioni, dato che potrebbe essere una buona possibilità per il rilancio di questo genere. Si tratta di un invito. Intendiamo animare la parte tradizionale del genere. Il nostro successo è basato sulla qualità del prodotto. Se ci penso mi sorprendo di come sia stato possibile arrivare verso mercati esteri come Colombia e Panama, senza alcun appoggio da parte della logistica aziendale internazionale.” ha detto Estremera dalla California, dove si è recato lo scorso fine settimana a suonare nel club di San Francisco e Roccapulco Proud Bird a Los Angeles.
Il tempo non si può fermare, e prima o poi, gli interpreti de “La boda de ella” dovranno riunirsi, come aveva affermato la “Promotores Latinos” oltre un decennio fa.
“E ‘un incontro che il pubblico vuole vedere, come quelli fra Harlow e Miranda, Andy, Palmieri e Quintana con El Gran Combo. A me come produttore discografico interessa registrarlo. Abbiamo parlato di farlo non solo a Portorico, ma anche nel Centro e Sud America e in varie città degli Stati Uniti. Possibilmente quest’anno a ottobre o novembre”, ha detto Valentin.
Gli accordi tra Bobby Valentin e Cano Estremera includono il concerto, un album dal vivo, un altro registrato in studio, un DVD e una serie di concerti in Perù, Venezuela, Panama e New York.
Gli artisti si incontreranno alla fine di giugno per coordinare il piano di lavoro. Nonostante le loro differenze, parlano e lavorano insieme in armonia.
“Abbiamo deciso di fare piazza pulita delle incomprensioni perché è meglio ricordare i risultati positivi che abbiamo ottenuto in campo musicale e cancellare gli aspetti negativi. Questo è positivo per entrambi” ha detto Valentin.
Il Re del Basso conserva nel suo archivio gli arrangiamenti di canzoni come: “La boda de ella”, “Manuel García”, “El muñeco de la ciudad”, “El caimán”, “Canta mi gallo”, “Si me caso mejoro”, “El compromiso”, “La novia automática”, “La gringa” e altri successi.
Bobby Valentin, canta Cano Estremera – Canta Mi Gallo
Bobby Valentin, canta Cano Estremera – El caimán
“La mia famiglia, mia moglie ed i miei figli mi hanno detto che è un bene che si sia fatto, che è molto positivo e che dobbiamo lasciare le differenze da una parte perchè abbiamo il desiderio e l’energia per farlo”, ha detto Valentin, che custodisce gelosamente diverse canzoni inedite per Cano.
Al sonero albino, l’orgoglio della zona residenziale Fray Bartolomé de las Casas nel Barrio Obrero, l’idea di riprendere la sua carriera con Valentin (che si estese dal 1978 al 1982) lo esalta.
“Io sono disposto a fare l’evento perché non dobbiamo continuare a rinviarlo. Vorrei andare al di là dei rancori personali che ci sono stati nel farlo. Dobbiamo lavorare, non essere amici. E sarà Cano con l’orchestra di Bobby Valentin, senza altri cantanti invitati “, ha detto il sonero.
Estremera prese il posto di Luigi Texidor nella banda di Valentin, che pianificava il suo lancio come solista per la sua etichetta Bronco dopo l’uscita dell’LP “En acción”.
I termini però non convinsero Estremera che scelse di lasciare il suo maestro in modo non molto amichevole.
Fonte elnuevodia.com
Español
El Dueño del Soneo y el Rey del Bajo ya conversan sobre su reunión en un concierto y la producción de un disco.
Bobby Valentín y Carlos “Cano” Estremera aún no se han estrechado las manos para formalizar su sociedad en la producción del concierto que esperan celebrar este año en el Coliseo de Puerto Rico José Miguel Agrelot.
Ambos, sin embargo, coincidieron en que su junte es inminente y perfila como el evento que se necesita para levantar la salsa.
“Espero que se den las condiciones y sería una buena base para que el género vuelva a despertar. Es una cuestión de convocatoria. Vamos a animar la parte tradicional de lo que es el género. Nuestro éxito fue a base de la calidad del producto. Cuando lo analizo es increíble porque sin logística corporativa internacional llegamos a otros mercados, como Cali, en Colombia y Panamá”, dijo Estremera desde California, a donde viajó el pasado fin de semana para tocar en los clubes Roccapulco de San Francisco y Proud Bird en Los Ángeles.
El tiempo no se detiene y, tarde o temprano, los intérpretes de “La boda de ella” se debían reunir, como lo cristalizó Promotores Latinos hace más de una década.
“Es un encuentro que el público quiere ver, como los de Harlow y Miranda, Palmieri y Quintana y Andy con El Gran Combo. A mí, como disquero, me interesa grabarlo. Hemos hablado de hacerlo no sólo en Puerto Rico, sino en Centro, Suramérica y varias ciudades de Estados Unidos. De hacerse este año, sería para octubre o noviembre”, indicó Valentín.
La negociación entre el Dueño del Soneo y el Rey del Bajo incluiría el concierto, un disco en vivo, otro de estudio, un DVD y una serie de presentaciones por Perú, Venezuela, Panamá y Nueva York.
Los artistas se reunirán a finales de junio para coordinar su plan de trabajo. A pesar de sus diferencias y asperezas, conversarán y colaborarán en armonía.
“Será borrón y cuenta nueva porque mejor es recordar lo positivo que hubo en lo musical. Los tragos amargos no los debemos mencionar. Esto debe ser beneficioso para ambos”, sostuvo Valentín.
El Rey del Bajo conserva en su archivo los arreglos de “La boda de ella”, “Manuel García”, “El muñeco de la ciudad”, “El caimán”, “Canta mi gallo”, “Si me caso mejoro”, “El compromiso”, “La novia automática”, “La gringa” y otros éxitos.
“Mi familia, mi esposa y mis hijos me ha dicho que es bueno que se haga, que es muy positivo y debemos dejar las diferencias a un lado porque tenemos el deseo de hacerlo y las energías”, añadió Valentín, quien guarda con celo varias canciones inéditas para el Cano. Al sonero albino, orgullo del residencial Fray Bartolomé de las Casas en Barrio Obrero, le ilusiona la idea de retomar su carrera con Valentín, que se extendió de 1978 a 1982.
“Estoy dispuesto a hacer el evento porque uno no debe seguir posponiendo esto. Yo iría por encima de la rencilla personal que hubo para hacerlo. Vamos a trabajar, no a ser amigos. Y será Cano con la orquesta de Bobby Valentín, sin otros cantantes invitados”, dijo el sonero.
Estremera sustituyó a Luigi Texidor en la banda de Valentín, quien planificaba su lanzamiento como solista con su sello Bronco después de la edición del elepé “En acción”.
Los términos no convencieron a Estremera, quien optó por separarse de su maestro de manera poco amigable.