Directamente de Londres llegan las fotos de Ray Perez con la orquesta Ondatropica.
Ed ecco le foto di Ray Perez a Londra, durante il concerto dell’orchestra Ondatropica.
Cristhian Loor, piccoli timbaleri crescono
Era il mese di Aprile del 2008 quando ricevemmo una email dal Sig. Loor in cui ci parlava del talento di suo figlio Cristhian, giovane timbalero di appena 11 anni (ne avrebbe compiuti 12 il 14 maggio 2008), che aveva una grande sogno: suonare il timbales come il grande Tito Puente.
Bene, oggi a distanza di 4 anni, Cristhian è un giovane adolescente di 16 anni che a differenza di tanti coetanei continua ad avere una grande passione per le percussioni e per la salsa.
Ed il suo talento è rimasto immutato, anzi, possiamo dire che si è trasformato in una solida realtà.
Eccolo alla trasmissione televisiva “Ecuador tiene su talento”, format conosciuto in Italia come “Italia’s got talent”.
Ed eccolo qualche anno fa, quando iniziava il suo percorso musicale:
Questo invece è l’articolo tratto dal ns. forum nel quale portammo a conoscenza del pubblico italiano questo giovanissimo timbalero ecuadoriano.
https://www.lasalsavive.org/forum.salsa/index.php?topic=2995.0
Il bacio di Ruben Blades a Ismael Rivera
In questo video Ruben Blades racconta la sua storia per avere il permesso di soggiorno negli Stati Uniti.
Nel 1977 Ruben ottenne la residenza dopo essere stato illegale per due anni, la notte prima di riceverla
doveva tornare a Panama e la sua paura era quella di non poter rientrare negli Stati Uniti per continuare il suo lavoro di musicista, qualora il permesso non gli fosse stato concesso.
Ismael Rivera che viveva nello stesso quartiere si presentò a casa di Ruben con una bottiglia di vino rosso e gli disse di non preoccuparsi, di viaggiare sereno che tutto sarebbe andato bene e che il Nazareno lo avrebbe protetto.
E fu così che Ruben viaggiò e tutto andò bene, per questo alla fine del discorso abbraccia Ismael Rivera e lo bacia.
Un video molto bello che ritrae due fra i più grandi salseri di tutti i tempi.
Ray Perez suonerà a Londra con la Orquesta Ondatropica il prossimo 20 luglio 2012
Ray Perez presenzierà al concerto dei “Los Irreales de Ondatrópica” insieme ad altri artisti fra i quali Alfredito Linares e Michi Sarmiento, il prossimo 20 luglio 2012 per un concerto che si terrà il giorno dell’indipendenza della Colombia a Londra.
Fra i brani scelti ce ne sono due di Ray Perez, uno dei quali è Pal 23.
Ecco un video sul progetto musicale di Ondatrópica:
Español
Esta es la lista de artistas que conforman la orquesta “Los Irreales de Ondatrópica” que estará tocando su 1er concierto internacional el próximo 20 de julio (Día de la independencia de Colombia) en la ciudad de Londres y para su 2do concierto estarán en el escenario de las Americas en BT River of Music.
– Nidia Gongora (Voz)
– Wilson Viveros (Timbales)
– Juan Carlos Puello (Percusión,Alegre, Caja)
– Mario Galeano Toro (Bajo)
– Pedro Ojeda (Batería)
– Will Holland (Acordeón, guitarra)
– Alfredito Linares (Piano)
– Ramaya (Flauta de Millo)
– Michi Sarmiento (Saxo Alto)
– Markitos Mikolta (Voz)
– Jorge Gaviria (Trompeta)
– Marco Fajardo (Clarinete y Saxo)
Artistas invitados:
– Ray Perez (Venezuela)
– Casimiro Granillo (México)
Fotografía por: Maria Elisa Duque FOTOGRAFIA / PHOTOGRAPHY — con Juan Carlos Puello e altre 3 persone presso Bogotá.
El pianista, il nuovo spettacolo 2012 targato African Jet
Bologna, 18 luglio 2012
Ho appena ricevuto il link con il nuovo spettacolo 2012 degli African Jet in versione a una coppia, con Tarek e Debbie.
Lo spettacolo è veramente molto bello, pulito ed emozionante.
Una prova di grande maturità dei due ballerini del famoso gruppo nato a Parma nel 2006 e che da allora ha saputo rinnovarsi costantemente fino all’ultima esibizione, “El pianista”, che riesce a condensare in quattro minuti l’essenza della tecnica e dell’estro di questi giovani ballerini, ormai consacrati sui palcoscenici internazionali come uno dei principali gruppi emergenti della scena salsera italiana.
di Max Chevere
El pianista, il nuovo spettacolo del 2012 degi African Jet
Per maggiori informazioni sugli African Jet clicca qui.
64 anni e non sentirli, buon compleanno Ruben!
Ruben compie 64 anni e festeggia con un sacco di progetti che faranno la felicità di tutti i suoi fans.
Fra questi un tour mondiale, ben TRE film di cui due che usciranno a breve e l’idea di tornare a studiare, sì, avete capito bene, Ruben vorrebbe laurersi!
E dopo tutto questo, non esclude nemmeno la possibilità di tornare a impegnarsi in politica…
“Il compito non termina così come la fede va alla ricerca di un risultato migliore”.
“I codardi si inacidiscono, mentre la maggior parte di noi continua a cercare una risposta”.
Rubén Blades.
16 Luglio 2012
Un essere umano pratico e completamente semplice, estremamente organizzato e geloso del suo tempo, che dice di non cercare la sua felicità sulla base dell’infelicità altrui e suggerisce che per trasformare la società della quale ci lamentiamo, dobbiamo iniziare a modificare i nostri atteggiamenti, imparare dagli errori, essere meno materialisti e più spirituali. Gli sembra assurdo che la società con il migliore accesso alle informazioni di tutti i tempi, scelga di morire nell’ignoranza.
Festeggiando oggi il suo sessantaquattresimo compleanno Blades assicura che gli manca ancora tanto da fare, senza contare che questo instancabile imprenditore ha una fabbrica di progetti che ai più sembrerebbe impossibile realizzare. Fra la registrazione di 15 dischi, un tour mondiale con l’orchestra di Roberto Delgado di Panamá, il suo ritorno al cinema insieme a Denzel Washington in “Safe House”, Andy García in “For Greater Glory: The true Story of Cristiada,” e prossimamente in “The Counselor” diretto da Ridley Scott e con Brad Pitt, Michael Fassbender e Javier Bardem. Ancora trova il tempo per scrivere, pensare di ritornare all’Università per ottenere una laurea e non scarta l’idea di tornare a servire il suo paese con un incarico di governo.
Ruben potrebbe potrebbe essere catalogato come un imprenditore con più sfaccettature che ha sfruttato la preziosa risorsa di influenzare le persone, non solo tramite le riflessioni che provocano le sue lettere non deperibili, ma anche tramite la sua azione capace di materializzarsi con decisioni drastiche come quella di lasciare la carriera di attore e musicista per andare a lavorare come funzionario pubblico.
Sulla crisi finanziaria mondiale racconta che parte del problema è che la nostra eccessiva attitudine al consumismo crea questi mostri. “Mi risulta impossibile credere che la sua colpa non è collegata alla nostra irresponsabilità civile e dal desiderio immediato di consumo. Ricordate quando non esistevano le carte di credito e si comprava quel che si desiderava, certo che potevi farlo, però solo dopo aver trovato il denaro per poterlo fare? Io sì, lo ricordo. Il potere che tengono queste istituzioni glielo diamo noi con la nostra irresponsabilità. A cosa serve l’oro concretamente? Non lo puoi mangiare, non ti cura dalle malattie, perchè lo desideriamo allora? Cosa gli da tanto valore? La nostra vanità e stupidità. Questa è la chiave che ci spinge a mettere un pezzo di minerale giallo che non serve realmente a niente se non ad alimentare la nostra vanità”.
Sull’amministrazione pubblica sostiene che “il problema di un paese non è di un dirigente: è dell’intera nazione. Ogni persona deve essere un cittadino, non un semplice abitante. Per questo non accetto la premessa che la colpa dei mali di un paese è di un tipo e che una volta eliminato il tipo tutto si rimette a posto. Questo è il classico racconto di chi vuole rimpiazzare il tipo per mettersi al suo posto, chissà con quale fine. E’ troppo semplicistico questo argomento. La responsabilità per i dirigenti di qualsiasi paese è di ogni cittadino. Se ci sono ladri o presidenti e politici che non servono allora è solo un riflesso della cattiva cittadinanza, non un’aberrazione. Di conseguenza è dovere di ogni cittadino cercare altre risposte anzichè rieleggere chi sbaglia”.
Rubén dice di avere più passato che futuro ed è convinto che il processo di apprendimento non finisca mai. “Nessuno ha mai saputo di più”. Questo lo porta a continuare osservando e cercando costantemente argomenti e proposte che potranno essere utilizzate per migliorare non solo la forma di amministrare una nazione, quanto la qualità di vita dei cittadini che l’abitano, incluso uno dei suoi progetti, che è quello di scrivere un manuale di amministrazione e pianificazione pubblica a largo raggio che possa essere utilizzato come guida per i governi.
Per quel che riguarda la parte musicale, sta lavorando alla produzione di 15 dischi, fra i quali c’è anche il recente “Eba Say Ajá” insieme a Cheo Feliciano uscito lo scorso 29 Maggio 2012.
Chiunque potrebbe pensare che questo è “nuotare contro corrente” dove oggi giorno il solo pensiero di registrare o lanciare una sola produzione discografica è un processo di grande analisi e rischio a causa della grande mole di pirateria digitale e fisica.
“L’industria del disco non è più come prima, però continua ad operare secondo vecchi schemi. Il problema adesso, per gli indipendenti come il sottoscritto è che i fans scaricano illegalmente la musica che facciamo e questo rende difficile ottenere un’effettiva e sostenuta distribuzione internazionale. Per l’immediato, nelle radio mi ascoltano solo se il dj decide di inserirmi nella programmazione senza chiedere nulla in cambio. Non ho “hits”, non ho una casa discografica, non ho managers. Continuo a fare quel che faccio perchè ci credo. Se non lo facessi non sarei la persona che sono”, sottolinea Rubén, che è produttore esecutivo dei suoi progetti.
Senza dubbio a quanto pare questa “pirateria” digitale unita al lavoro e al suo percorso musicale ha permesso al genere della salsa di continuare a vivere e a farlo ascoltare in tutto il mondo, prova di questo è il successo del suo tour mondiale “Cantos y Cuentos Urbanos” che ha toccato città come Darmstadt, Lugano, Roskilde, Malmoe, Stoccolma, Oslo, Amsterdam, Marciac, diverse città della Spagna come Huelva, Avilés, Coruña, Barcelona, Madrid, inoltre arriva negli Stati Uniti e in vari paesi latino americani.
Al domandare a Rubén sul futuro del genere ci dice: “C’è salsa in Giappone, Lettonia, Israele e Francia, solo per ricordare quattro paesi. Possibilmente c’è un tipo proprio in questo momento in Himalaya che sta sistemando i suoi yaks mentre fischia “Pedro Navaja”. Il punto non è essere popolari: la questione è essere rilevanti e poter definire un argomento urbano con proprietà. Per questo la salsa non ha una data di scadenza. Ci sarà sempre. Avrà i suoi alti e bassi, come qualsiasi genere. Però fino a quando esisteranno le città non sparirà.”
Un altro dei suoi progetti più importanti di quest’anno è la presentazione il prossimo 22 luglio in Venezuela dell’opera di salsa “Maestra Vida” la quale era stata scritta dall’artista 32 anni fa e descrive come la sua opera musicale più completa. Gli chiediamo qualcosa su questa produzione e Rubén riassume, “Maestra Vida, combina musica classica, letteratura e musica popolare, con un argomento imbastito attaverso un diario ed elementi del teatro popolare, suddivisi in tre tempi distinti”. Questo concerto sarà diretto dal prestigioso Gustavo Dudamel e accompagnato dall’Orquesta Sinfónica Simón Bolívar. Si spera che più di 200 mila persone si riuniscano presso “La Carlota” a Caracas domenica prossima e possano essere parte di questo evento senza precedenti.
Possiamo argomentare che Rubén Blades, si è convertito in uno dei personaggi più influenti in America Latina, dove viene riconosciuto come “Il poeta o la Leggenda Vivente della Salsa”, senza dubbio questi appellativi sono molto lonanti dal pensiero di Blades, che preferisce essere ricordato come qualcuno che semplicemente “Trató” (ci provò).
Español
“La tarea no termina y la fe en un mejor desenlace tampoco”.
“Se amargan los cobardes, los demás seguimos en busca de una respuesta.”
Rubén Blades.
16 de Julio 2012
Un ser humano práctico y complejamente sencillo, extremadamente organizado y celoso de su tiempo, que dice no buscar su felicidad basado en la infelicidad de los demás y sugiere que para transformar la sociedad de la que nos quejamos debemos empezar por cambiar nuestras propias actitudes, aprender de los errores, ser menos materialistas y mas espirituales. Le parece absurdo que nos convirtamos en una sociedad que a pesar de tener el mejor acceso a la información que haya visto el mundo, escoge morir de ignorancia.
Cumpliendo hoy 64 años Blades asegura que todavía le hace falta mucho por hacer, y es que al parecer este incansable emprendedor tiene una fábrica de proyectos que para muchos parecería inconcebible poder realizar. Entre la grabación de 15 discos, una gira mundial con la orquesta de Roberto Delgado de Panamá, su retorno al cine con participaciones junto a Denzel Washington en “Safe House”, Andy García en “For Greater Glory: The true Story of Cristiada,” y próximamente en “The Counselor” dirigida por Ridley Scott y actuaciones de Brad Pitt, Michael Fassbender y Javier Bardem. Todavía busca el tiempo para escribir, pensar en regresar a la universidad para obtener un doctorado, y no descartar la idea de volver a servir a su país desde un cargo gubernamental.
Se podría catalogar a Rubén como un empresario multifacético que ha explotado el valioso recurso de poder influir, no solo por medio de la reflexión que provocan sus letras no perecederas si no por su acción materializando su argumento al tomar decisiones drásticas como dejar la comodidad que produce ser una estrella del cine y la música para irse a trabajar como un funcionario público.
Y es que ¿Qué mejor manera de complementar su argumento crítico, que haciendo y no solo diciendo. Blades en una reciente entrevista expresó: “Me convencí que desde el gobierno efectivamente se puede trabajar a favor del país y de la gente y aportar positivamente a su crecimiento espiritual y físico. Además, enfrenté la necesidad de sustentar con hechos y acciones lo que digo con palabras y música en mi faceta artística. Sin hacer eso estaría simplemente hablando y quejándome, de lejos y no desde la trinchera pública, asumiendo el riesgo de equivocarme haciendo. Trabajar exclusivamente por Panamá me hizo menos egoísta, mejor persona, mejor Panameño, mejor músico, mejor artista, mejor ser humano, mejor persona. Es una de las lo mejores cosas que he hecho”.
Sobre la crisis financiera mundial opina que parte del problema es que nuestra desmedida actitud frente al consumismo crea esos monstruos. “Me resulta imposible creer que su culpa no esta abonada por nuestra propia irresponsabilidad civil y deseo inmediatista de consumo. ¿Recuerdas los días cuando no existían las tarjetas de crédito y comprabas lo que deseabas, si es que podías, pero solo después de haber ahorrado para hacerlo? Yo si lo recuerdo. El poder que tienen esas instituciones se lo damos nosotros con nuestra irresponsabilidad. ¿De qué sirve el oro, concretamente? No te lo puedes comer, no te cura una enfermedad; ¿por qué lo deseamos entonces? ¿Qué le da tanto valor? nuestra vanidad y estupidez. Eso hace que hasta matemos por un pedazo de mineral amarillo que no sirve realmente para nada mas que para alimentar nuestra vanidad”.
Sobre la administración Pública opina que “El problema de un país no es de un dirigente: es de la nación entera. Cada persona debe ser un ciudadano, no un simple habitante. Por lo tanto no acepto la premisa de que la culpa de los males de un país la tiene un tipo y que eliminado a ese tipo todo se arregla. Ese es el eterno cuento de los que quieren reemplazar al tipo y quedarse ellos con la ventaja, quien sabe con cual fin. Es demasiado simplista ese argumento. La responsabilidad por la dirigencia de cada país la tiene cada ciudadano. Si tienen lideres o presidentes o políticos que no sirven entones estos son un reflejo de la mala ciudadanía, no una aberración. Es su deber entonces producir respuestas distintas en vez de reelegirlos”.
Rubén dice tener mas pasado que futuro y está convencido de que el proceso de aprendizaje nunca termina. “Nadie jamás ha sabido de más” Esto lo lleva a continuar observando y buscando constantemente argumentos y propuestas que podrían ser empleados para mejorar no solo la forma de administrar una nación si no la calidad de vida de los ciudadanos que la habitan, inclusive uno de sus planes es poder escribir un manual de administración y planeación pública a largo plazo que pueda ser utilizado como guía por los gobiernos.
En cuanto a su faceta musical, está trabajando en la producción de 15 discos, de los cuales acaba de lanzar “Eba Say Ajá” junto a Cheo Feliciano el pasado 29 de Mayo. Cualquiera pudiera pensar que esto es “Nadar en contra de la corriente” donde hoy en día el pensar grabar o lanzar una sola producción discográfica es un proceso de mucho análisis y riesgo debido al gran auge de la piratería digital y física.
“La industria del disco no existe como antes, pero continua operando bajo otros esquemas. El Problema ahora, para los independientes como yo es que los fans se roban la música que hacemos y esto dificulta lograr una efectiva y sostenida distribución internacional” Por lo pronto, en la radio solo me escuchan si la persona D.J. decide incluirme en la programación sin esperar nada a cambio. No tengo “hits”, no tengo disquera, ni tengo managers. Continuo haciendo lo que hago porque creo en eso. De no hacerlo así no podría ser la persona que soy”, recalca Rubén, quien es productor ejecutivo de sus proyectos.
Sin embargo al parecer esta “piratería” digital unida al trabajo y su trayectoria musical ha permitido que el genero de la salsa continúe vivo y se escuche en todo el mundo, prueba de ello es el éxito de su gira mundial “Cantos y Cuentos Urbanos” que incluye ciudades como Darmstadt, Lugano, Roskilde, Malmo, Stockolmo, Oslo, Amsterdan, Marciac, presentaciones en diferentes ciudades de España como Huelva, Avilés, Coruña, Barcelona, Madrid, además recorre Estados Unidos y varios países de Latinoamérica.
Al preguntarle a Rubén sobre la vigencia de genero dice “Hay salsa en Japón, en Latvia, Israel y Francia para mencionar cuatro países. Posiblemente hay un tipo ahora mismo en el Himalaya arreando sus yaks mientras silba “Pedro Navaja”.El asunto no es ser popular: el asunto es ser relevante y poder definir un argumento urbano con propiedad. Por eso, la salsa no tiene fecha de expiración. Siempre existirá. Tendrá sus alzas y bajas, como cualquier genero. Pero no desaparecerá mientras exista la ciudad, la urbe.”
Otro de sus proyectos mas transcendentales de este año es la presentación el próximo 22 de Julio en Venezuela de la opera de salsa “Maestra Vida” la cual el artista escribió hace 32 años y describe como su obra musical mas completa. Al preguntarle sobre esta producción Rubén resume, “Maestra Vida, combina música clásica, literatura y música popular, con un argumento hilvanado a través de un diario y elementos del teatro popular, abarcando tres etapas de vivencias en tres tiempos distintos”. Este concierto será dirigido por el prodigioso Gustavo Dudamel y acompañado de la Orquesta Sinfónica Simón Bolívar. Se espera que mas de 200 mil personas se congreguen en “La Carlota” en Caracas este próximo domingo y puedan ser parte de este evento sin precedentes.
Podemos argumentar que Rubén Blades, se ha convertido en uno de los personajes mas influyentes de Latinoamérica, donde se le reconoce como “El poeta o la Leyenda Viviente de la Salsa ”, sin embargo muy lejos están estos calificativos a los pensamientos de Blades que prefiere ser recordado como alguien que simplemente “Trató”.
Ricordando Celia Cruz a nove anni dalla sua scomparsa
Ricorre oggi il nono anniversario della scomparsa della grande Celia Cruz, morta il 16 luglio 2003 a Fort Lee nel New Jersey.
A noi piace ricordarla così…
Ereditá transculturale nella musica dei caraibi
di María Teresa Linares
Traduzione di Max Chevere e Silly
Dopo cinque secoli di presenza ispanica in America, il risultato di un largo e costante processo di transculturazione ci offre oggi un panorama musicale caraibico molto ampio che ci unisce coinvolgendoci, un processo che a volte ci permette di riconoscere addirittura la nostra immagine identitaria. In questa immagine sono presenti gli elementi culturali delle radici aborigene, quelli delle culture di dominazione e gli apporti della radice africana arrivati sull’isola (ndr Cuba) tramite la tratta degli schiavi.
Affinchè si potesse scatenare questo processo, era necessario uno scontro tra culture che avrebbe permesso agli elementi più significativi di essere assimilati, facendoli sommare ad altri elementi che avrebbero mantenuto il loro vigore, la propria funzione specifica dentro il gruppo, i propri connotati originari. Questo comporta l’eliminazione naturale dell’obsoleto, delle cose superate, e pertanto sostituibili. Il nuovo prodotto culturale, arricchito con le nuove funzioni, sarà accettato dai gruppi più progressisti, mentre altri gruppi (che possiamo definire conservatori) rimarranno legati alle proprie tradizioni.
Nella storia dell’umanità abbiamo visto la sostituzione del coltello di pietra con quello di ferro che offriva maggiore precisione nella sua funzione primaria, quella di tagliare, cosa senza dubbio molto utile durante i riti tribali.
Nella musica assisitiamo costantemente a come si evolvono o cambiano gli strumenti, gli stili, i modi di fare ma anche a come rimangono sempre alcune basi, precedenti, come elementi di tradizione, anche se passati di moda, in ambienti dove la tradizione si è radicata.
Questo processo è anche ricco di valori, è stabile e duraturo. Quando non viene conservato alcun elemento antecedente si perdono le proprie radici, il filo conduttore; l’elemento identificativo stabile è quello che da vita e ragion d’essere.
Gli elementi mutevoli, innovatori, possono arrivare a stabilizzarsi, o meglio, a scomparire perchè privi dei valori che gli avrebbero assicurato la propria permanenza. Un altro fattore importante sarà la rivalorizzazione degli elementi tradizionali che, una volta tornati in auge, si arricchiranno di alcuni contenuti assimilati durante il loro percorso.
Ci sono molti fattori che determineranno la transculturazione. Un punto chiave è costituito dalle relazioni di produzione e dalla distribuzione della ricchezza e del lavoro, che propizieranno la migrazione, fino alle differenziazioni di strati e ambienti sociali all’interno dei quali gli uomini si differenziano per cultura e beni economici.
Argeliers León menziona tre fattori fondamentali:
Il primo è il “fattore antecedente” nel quale si posizionano gli elementi costitutivi derivati dalle radici ispaniche e africane per Cuba.
Nei caraibi abbiamo un influenza Aborigena, a volte molto presente.
A seguire, “il fattore urbano“, elaborato in quello che diventa anche un ambiente infraurbano.
E successivamente associa l’insieme di questi fattori (che vanno quindi a costituire un nuovo elemento) ad una “marmitta o a un alambicco distillatore” all’interno del quale si miscelano i vari ingredienti dai quali si distillerà un nuovo prodotto.
“In poco tempo, ci dice, siamo passati attraverso culture ormai scomparse, assimilate, sovrapposte, attraverso la perdita di alcuni elementi e la riapparizione di altri, attraverso l’inglobamento di elementi estranei e al rinnovamento di alcuni contenuti in diversi momenti e in diverse proporzioni“, cosa che si ripercuote in tutti gli ambienti della popolazione.(León, Argeliers, El paso de elementos por nuestro folklore, Cuadernos de Folklore, La Habana, 1952).
Questo processo di transculturazione di elementi in tutti gli ambienti della popolazione è permanente e, in maniera generale, ebbe inizio molto prima della presenza ispanica nelle culture precolombiane.
Oggi possiamo comparare i distinti generi musicali caraibici a quegli stessi fattori storici che gli diedero origine ma anche a quegli strati della popolazione che hanno determinato i fattori antecedenti e il fattore urbano elaborato.
L’importanza delle interelazioni o degli scontri fra gli elementi degli stili precedenti o elaborati, si riflette in una semplice analisi auditiva corrispondente all’ambiente infraurbano di varie popolazioni di questo grande “brodo primordiale“, nel quale sono presenti gli elementi antecedenti come gli strumenti a corda, l’idioma e la sua struttura poetica e le percussioni o le strutture metroritmiche dell’antecedente africano.
Gli elementi che determinano i lineamenti identitari sono indubbiamente presenti, quali l’ espressione nei modi di suonare, di impostare la voce, di alternare o variare le strutture.
Storicamente molti di questi elementi arrivarono grazie alle migrazioni tra le isole caraibiche e le coste continentali di questa grande area.
Gli uomini originariamente si spostavano attraverso piccole imbarcazioni, seguendo possibilmente la rotta degli Arawacos, mentre successivamente iniziarono a utilizzare golette di maggior cabotaggio che permettevano l’andata e il ritorno, una possibilità di ritorno per lo più inutilizzata: infatti trasferirono la loro cultura che si sarebbe mischiata a quella dei popoli vicini che avevano origini simili.
Questo scambio culturale fatto di apporti o di sottrazioni di elementi stilistici si verificò anche tra popolazioni di lingue diverse, (inglesi, francesi, olandesi) ma in percentuale minore e in periodi temporali più dilatati, fondando colonie e popolazioni endogame nell’ambito di quei popoli che ricevettero la loro influenza.
Le condizioni di dipendenza economica nelle quali si trovavano questi immigrati determinavano il ceto sociale degli stessi. Io dico che si muovevano richiamati da Cuba, che, essendo la maggior isola delle Antille e con il maggior sviluppo agricolo, attraeva un gran numero di immigrati in cerca di migliori condizioni economiche.
Nel corso del XIX secolo confluirono molti aborigeni e molti indios dello Yucatan, come lavoratori salariati in condizioni di lavoro simili alla schiavitù.
Arrivarono illegalmente anche molti abitanti delle Isole Cayiman e della Giamaica che si stabilirono a sud dell’isola di Pinos, laddove fondarono le loro popolazioni, iniziando un commercio con le imbarcazioni di altre nazioni, anche clandestino.
Precedentemente, tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, erano confluiti altri emigranti da Haiti, per motivi politici e economici, dal momento che la loro patria stava perdendo quote di mercato nella raccolta del caffè e della canna da zucchero a causa della rivoluzione.
Inoltre la cessione della Louisiana causò una consistente immigrazione di francesi verso la provincia di Pinar del Río e di Villaclara, dove fondarono la città di Cienfuegos. Gli elementi primari portati dagli schiavi provenienti da Haiti e quelli europei portati dai loro padroni e dai francesi della Louisiana, apportarono nuove sonorità nella musica del XIX secolo che si sono tramandate fino ai giorni nostri, dopo più di un secolo di transculturazioni.
La musica cortigiana europea (maggiori info: www.musicarinascimentale.it) era giunta a Cuba anche grazie ai colonizzatori spagnoli, con un maggior incremento tra il XVIII e il XIX secolo.
Dopo il grande sviluppo della raccolta della canna da zucchero, prodotta nei primi anni del 1900 nelle zone orientali dell’isola, la grande espansione agraria attrasse molti immigrati da Haiti, Santo Domingo, Portorico, Barbados, Jamaica, Isole Caiman, i quali furono a loro volta costretti a miseri contratti salariali con i quali non riuscivano nemmeno a pagare il rientro in patria, senza contare che molti di loro arrivavano senza documenti.
Per questo motivo si stabilirono nelle province dove c’erano i principali centri di raccolta della canna da zucchero.
Per molti anni, le loro pratiche religiose, le loro feste, furono prettamente endogame; non si mischiavano con il resto della popolazione cubana e i loro discendenti parlavano il proprio dialetto, insomma anche se si relazionavano con il resto della gente e imparavano lo spagnolo, mantenevano una tradizione molto ancorata alle proprie radici. Anche oggi, fra le persone più anziane, possiamo trovarne alcune che non ritornarono più in patria e che non parlano spagnolo.
Nell’isola di Pinos vivono alcuni figli e nipoti dei primi immigrati giamaicani e delle isole Cayman che ricordano le danze antiche, ormai quasi scomparse anche nei luoghi d’origine come il “Mentó” ed il “round dance“.
La prima è un’ antica danza cortigiana che si ballava in Giamaica mentre il secondo è un ballo di coppia collegato secondo molti all’origine del “Sucu-sucu“.
La lingua non fu un ostacolo per il riconoscimento di questi generi da parte del popolo.
C’è una canzone dal ritornello infantile che riproduce i temi di un antico foxtrot: “When she comes around the mountain“.
Altri gruppi di lingua inglese provenienti dalle Barbados si stabilirono nella zona centrale del Baraguá, a Camagüey; i loro figli creoli fino a pochi anni fa cantavano antiche canzoni in inglese a più voci e ballavano danze coreografiche e calipsos e, successivamente iniziarono a trasmettere queste esperienze culturali ai gruppi del Movimiento de Aficionados.
Dobbiamo considerare che questa integrazione culturale si verificò dopo che gli immigrati clandestini che collaboravano ai lavori nei campi di canna da zucchero, ricevettero la cittadinanza cubana e i diritti sociali all’inizio della Rivoluzione (ndr Castrista).
Circa quarant’anni fa a Guantánamo viveva un gruppo con radici portoricane, che suonavano Plenas (Ndr: genere autoctono portoricano), che parteciparono ai lavori del centro di lavorazione della canna da zucchero nella zona est di Cuba.
Questi apporti ci fanno decisamente ipotizzare una presenza di elementi caraibici che contribuirono al son cubano o viceversa, dato che si può stabilire un parallelo tra la plena, il changüí, il sucu-sucu, il round dance e i sones primitivi che si cantavano nella Sierra Maestra e nella cuenca del Cauto.
Per quanto riguarda il fattore urbano elaborato e il fattore infraurbano, le relazioni di comunicazione che favoriscono l’azione transculturale sono più vicine. La musica di questi gruppi, di origine europea, utilizza strumenti popolari e strumenti d’orchestra che saranno assimilati da altri gruppi. La gente di origine africana recepì rapidamente il Tiple (ndr: strumento a corda), sostituì le marimbas e gli archi monocordi, utilizzò i tambores (tamburi) dei bianchi; il creolo mulatto inventò la clave ed il bongò.
TAMBOR ARARÁ |
TAMBOR ARARÁ POLICROMATO |
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TAMBOR DE CANASTILLERO PARA OLOKUN |
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I padroni insegnarono ai propri schiavi a utilizzare gli strumenti per quei pochi momenti di svago. Tutto questo, su per giù, si verificò anche negli altri paesi dell’area caraibica. I gruppi spagnoli, formati anche da indios e da meticci messicani accompagnavano feste e processioni. Simili ad essi erano in America centrale, in Colombia, in Venezuela e nelle Antille i gruppi e le piccole orchestre di teatro che qui animavano i balli popolari, le zarzuelas e le processioni. La marimba africana, il balafon, scomparve nelle Antille e continuò ad essere suonata nel sud del Messico, in Guatemala, in El Salvador, in Costa Rica, in Nicaragua, con caratteristiche che hanno fatto pensare che fosse aborigena.
Sicuramente fu lo strumento più radicato e originalmente diffuso di questi paesi, la cui sonorità e la cui pratica sono state abbracciate da vari esecutori, con musica popolare e da concerto.
Caso simile è quello delle Steel Bands, proprie delle popolazione anglofone dei caraibi, un caso molto particolare che non riuscirà a estendersi al di fuori del proprio ambito territoriale e ad arrivare verso zone più estese, transculturandosi con altri strumenti.
La musica con potenza di canto come: Canciones, Boleros, Bambucos, Habaneras e le Guabinas, oltre ad altri generi di canzoni, hanno trapassato le frontiere culturali e hanno costituito un patrimonio comune di varie nazioni. La loro provenienza è scomparsa in alcune occasioni o è stata assunta da altre persone. Da principio avvennero le migrazioni economiche o politiche. Molti artisti che venivano a Cuba frequentemente e a volte vi ci si stabilivano, o gli stessi cubani che emigravano in cerca di lavoro o come rifugiati politici, le cantarono in altri paesi dove furono accolti.
I messicani che arrivarono a Cuba nel XIX secolo o quelli che arrivarono successivamente alla rivoluzione messicana, portarono canzoni che si cantano oggi, conosciute come cubane. Anche le famiglie cubane che emigrarono a Mérida e Veracruz, o in Venezuela, portarono canzoni e danze che si eseguivano a Cuba. Così come in libri di canzoni e ricompilazioni messicane ci sono canzoni cubane.
I casi più rilevanti sono la canzone “Guarda esta flor” di Malesio Morales (messicano) e la canzone colombiana “El Soldado” di Suárez Garabito, conosciuta a Cuba e in America latina come “Lucero de mis noches”, che si canta a tempo di habanera sia a Cuba che in Spagna, dove entrambe le canzoni sono state riregistrate da vari autori. Alcune famiglie cubane, che emigrarono in Venezuela durante la guerra di Indipendenza, al loro rientro in patria cantavano ai loro bambini una canzone di origine venezuelana che diede origine all’inno nazionale della nazione stessa.
La nascita del disco e quindi della registrazione costituisce un fatto culturale di grande importanza per la transculturazione degli elementi musicali.
La diffusione dei cilindri per fonografo e dell’ortofonica, dapprima un lusso per pochi e in seguito un intrattenimento di uso popolare, permise una consistente divulgazione della musica di tutti i popoli verso tutti i paesi del mondo. Una cosa molto importante per tutti i cubani è che la prima agenzia distributrice di dischi per l’america latina sia nata a La Habana.
Le prime registrazioni di dischi di ortofonica si realizzarono con artisti cubani e furono canciones, danzones, puntos cubani.
“Cuba, come paese produttore di musica, di musicisti e di interpreti” racconta Díaz Ayala, “ebbe accesso vasto e immediato all’industria riproduttrice dell’audio, in maniera del tutto simile ad altri paesi latinoamericani”.
“A quell’epoca”, aggiunge, “le registrazioni si facevano negli Stati Uniti e per questo motivo gli artisti di tutta l’America latina si muovevano principalmente verso la città di New York.
Il flusso di musica cubana che arrivava per essere registrata e che dopo veniva diffusa in tutta l’america latina, specialmente nella zona caraibica, era davvero notevole”. Per questa ragione di mercato, la musica elaborata, quella dei nuclei urbani e rurali, fu conosciuta in tutti i caraibi e nei paesi latino americani. Lo scambio di artisti, alcuni dei quali “arruolati” per propri meriti, altri emigrati in cerca di lavoro, ci portò artisti latino americani, mentre artisti cubani andarono verso altri paesi.
Xavier Cugat, studente di violino, nato a Barcellona e vissuto a Cuba, partì con altri artisti cubani e si stabilì a New York, fondando un’orchestra per eseguire “rumbas e congas” da sala.
Nilo Menéndez, pianista, aveva in quella città un’orchestra di danzones; successivamente si dedicò a produrre dischi con canzoni cubane e messicane. Antonio Machín, Mario Bauzá, Frank Grillo e più tardi Pérez Prado, Los Matamoros, Miguelito Valdés, registrarono ed apportarono, da quel punto di espansione della musica latinoamericana e caraibica, tutta una serie di cambi e innovazioni che ci furono nella musica urbana elaborata durante vari decenni, fino agli anni quaranta, quando cominciano le registrazioni a Cuba.
All’isola arrivarano artisti di altri paesi caraibici che influenzarono i modi di espressione. Pedro Vargas e María Luisa Landín cantarono boleros che alterarono la metrica regolare e stabile utilizzata fino a quel momento. Il “tempo rubato” diventò grazie a loro una moda e rimase tale fino a Benny (ndr.Moré), che, per la sua esuberanza musicale (ndr.Benny si distinse proprio per le accelerazioni, dilatazioni e contrazioni del tempo musicale), venne soprannominato “Barbaro del ritmo“.
Sulla stessa lunghezza d’onda di Benny Moré fu il portoricano Daniel Santos, il cui modo di esprimersi influenzò molti cubani, e con loro un consistente movimento di strumentisti, fondamentalmente pianisti, che siglarono una serie di cambiamenti nella musica ballabile oltre che nel “movimento del feeling”, che rappresenterà un cambio totale per il genere canoro.
Ma prima devo fare altre considerazioni. Nello stesso modo in cui alla base del popolo sono più definiti gli elementi dello stile precedente, espressi in un modo singolare che definisce la propria identità, così nella musica urbana questi elementi sono più cosmopoliti in quanto più esposti a tutte le innovazioni e a tutte le influenze straniere. Il disco, la radio e gli altri media di comunicazione sono infatti più acessibili ai nuclei urbani per il loro maggior potere di acquisto. Storicamente nelle città si riscontravano gli aspetti più superficiali della musica per l’influenza da parte dei viaggiatori, degli artisti in tour, dei lavoratori in porti e nelle marinerie, che erano poi quelli che li trasportavano.
Oggi, la possibilità di maggiore comunicazione tra i musicisti produttori e il pubblico ricevente, ha permesso una omogeneizzazione della musica più vicina a questi mezzi di comunicazione.
E la salsa è un prodotto di questa patria caraibica e latino americana ampliata.
La salsa è il prodotto della somma di elementi caraibici che da epoche molto antiche iniziarono a transculturarsi e che provenivano da antecedenti fonti, comuni alla cultura ispanica e a quella africana.
E’ la somma delle innovazioni apportate dai popoli caraibici che si sono stabiliti nel cosmopolita quartiere latino di New York.
Non potremmo considerare questo quartiere come facente parte dell’area caraibica?
Di fatto si realizzò un fattore musicale ibrido di tutti questi paesi che fu accettato di buon grado e che identificò tutti i caraibi in questa nuova espressione.
Nella musica urbana, creata da autori come Nilo Menéndez (cubano), Palmerín e Lara, autori provenienti dallo Yucatan (guarda il link sulla Trova Yucateca), Bobby Capó e Rafael Hernández (portoricani), troviamo similitudini tali da poter essere considerate provenienti da uno stesso paese e dallo stesso autore.
Riscontriamo costantemente, da parte degli autori, l’intenzione intellettiva e cosciente di avvicinarsi a stili che possono diventare una moda, oltre che a modi di fare che si osservano in luoghi comuni.
Allo stesso modo le canzoni, i gruppi strumentali e vocali, le strumentazioni, l’uso degli strumenti elettroacustici, i tumbaos e l’espressione collettiva di un gruppo, possono essere associati, vuoi per l’interesse di relazionarsi, allo stare “al passo con i tempi”, al distaccarsi dal particolare per entrare in un panorama generale più ampio.
E possiamo vedere in un tracciato di oltre cinquant’anni come si sono evoluti i generi strumentali, grazie ai continui apporti, per arrivare fino ai giorni nostri.
Ringraziamo María Teresa Linares per averci concesso l’autorizzazione a pubblicare questo articolo.
Español
HERENCIA TRANSCULTURAL EN LA MUSICA DEL CARIBE
por: María Teresa Linares
Luego de cinco siglos de la presencia hispánica en América, el resultado de un largo y constante proceso de transculturación nos ofrece hoy un panorama musical muy amplio en este Caribe que nos une, proceso que a la vez permite que reconozcamos nuestra imagen identitaria. En esta imagen están presentes los elementos culturales de las raíces aborígenes, los de las culturas de dominación y los aportes de la raíz africana, trasladados a la Isla mediante la trata esclavista.
Para que aquel proceso se hubiera producido, era necesario un choque de culturas en el que los elementos más significativos fueran asumidos, sumados a otros que mantenían su vigencia, su función específica dentro del grupo, sus elementos raigales. Es la eliminación natural de lo obsoleto, de lo pasado, y por lo tanto sustituible. El nuevo producto cultural, enriquecido, con nuevas funciones es aceptado por los grupos más progresistas, mientras que otro grupo — aceptemos el término conservador–, guardará sus tradiciones.
En la historia de la humanidad vimos cómo se sustituía el cuchillo de piedra por el de hierro que ofrecía mayor perfección en sus funciones, los cortes, sin embargo aquél quedaba para los servicios rituales. En la música vemos constantemente como evolucionan o cambian instrumentos, estilos, modos de hacer, pero permanecen algunos básicos, anteriores, como elementos tradicionales, aún pasados de moda, en ambientes donde la tradición se asienta.
Este proceso también es valorativo, perdurable, medular. Cuando no conserva ningún elemento antecedente se desarraiga hasta desconocerse. El hilo conductor, el elemento identificativo estable es el que da vida y razón de ser. Los elementos mutables, innovadores, pueden llegar a ser estables, o bien, desaparecer por carecer de los valores que le hubieran asegurado su permanencia. Otro factor importante será la re-valoración de los elementos tradicionales que al retornar su uso se enriquecen con algunos aportes asimilados en el trayecto que han recorrido.
Hay muchos factores que determinan que se produzca la transculturación. Fundamentalmente las relaciones de producción, desde la distribución de la riqueza y el trabajo, que propician las migraciones, hasta la diferenciación de estratos y ambientes sociales en que se sitúan al hombre pueblo y al hombre culto .
Argeliers León menciona tres factores fundamentales: el factor antecedente en el que sitúa los elementos constitutivos derivados del antecedente hispánico y el antecedente africano para Cuba. En el Caribe tenemos el factor aborígen, en ocasiones muy presente. Luego el factor urbano elaborado en el que se determina también un ambiente infraurbano
Luego compara la mezcla de aquellos elementos como integrados en una “marmita o cucúrbita de alambique” donde se mezclan los ingredientes varios de los cuales se destila un nuevo producto. “En corto tiempo, nos dice, se ha pasado por culturas desaparecidas, culturas asimiladas, superpuestas, pérdida de elementos, reaparición de otros, incorporación de elementos ajenos, renovación de aportes en diferentes momentos y proporciones” lo cual ocurre entre todos los ambientes de la población.(León, Argeliers, El paso de elementos por nuestro folklore, Cuadernos de Folklore, La Habana, l952. Este proceso de transculturación de elementos en todos los ambientes de la población es permanente, y de manera general ocurrió desde mucho antes de la presencia hispánica entre las culturas precolombinas.
Hoy, podemos comparar los distintos géneros musicales del Caribe entre sí y entre los factores históricos que les dieron origen, y en cada uno de los estratos de población que determinan los factores antecedentes y el factor urbano elaborado.
La importancia de la interrelación o choque entre los elementos de estilo antecedentes o elaborados se refleja en el simple análisis de una audición que corresponda al ambiente infraurbano de varios pueblos de este gran charco, en los que estén presentes los elementos antecedentes como la cuerda pulsada, el idioma y su estructura poética, y la percusión o las estructuras metrorrítmicas del antecedente africano. Los elementos que determinan los rasgos de identidad están, indudablemente presentes, por su expresión en sus modos de tañer, de impostar la voz, de alternar o variar sus estructuras.
Históricamente se trasladaron muchos de estos elementos a través de migraciones entre las islas del Caribe y las costas continentales de esta gran área. Los hombres que se trasladaban en pequeñas embarcaciones siguiendo, posiblemente la ruta de los arawacos, pero ahora en goletas de cabotaje que permitían una ida y vuelta, que en ocasiones nunca ocurriría, trasladaron su cultura, que se sumó a la de los pueblos cercanos de similar orígen. Este intercambio, suma o resta de elementos de estilo también ocurrió entre poblaciones de lenguas distintas,(inglés, francés, holandés) pero en menor grado y en períodos de tiempo más amplios al fundarse colonias o poblaciones endógamas en aquellos pueblos que recibieron sus aportes.
Las condiciones de dependencia económica en que llegaban estos inmigrantes determinaban el estrato poblacional al que se sumaban. Y digo llegaban por el fenómeno cubano, que como isla de mayor tamaño en las Antillas, y con mayor desarrollo agrario, atrajo un gran número de inmigrantes en busca de mejores condiciones económicas. Desde el siglo XIX fueron traídos como trabajadores asalariados en condiciones casi esclavistas muchos aborígenes y mestizos yucatecos. También vinieron clandestinamente muchos pobladores de las Islas Caimán y jamaicanos que se establecieron al sur de Isla de Pinos, en la que fundaron sus poblaciones, y desde ellas establecieron un comercio con embarcaciones de otras naciones, también clandestino. Otra índole de inmigrantes había venido de Haití a fines del siglo XVIII y principios del XIX por motivos políticos y económicos, pues aquella nación perdía, con su revolución, el comercio de café y azúcar. Además, el traspaso de la Louisiana fue causante de migraciones de franceses hacia la provincia de Pinar del Río y la de Villaclara, en la que se fundó por ellos la ciudad de Cienfuegos. Los elementos primarios traídos por los esclavos provenientes de Haití y los de la música europea traídos por sus amos y los franceses de la Louisiana aportaron nuevas sonoridades en la música del siglo XIX que ha llegado hasta hoy luego de más de un siglo de transculturaciones. La música cortesana europea también nos había llegado por la vía de los colonizadores españoles, con mayor incremento entre los siglos XVIII y XIX.
Luego del gran desarrollo azucarero producido en los primeros años del presente siglo en las zonas orientales de la Isla, la gran expansión agraria atrajo muchos inmigrantes de Haití, Santo Domingo, Puerto Rico, Barbados, Jamaica, Islas Caimán, los que también vinieron contratados con salarios misérrimos con los que no podían pagarse el regreso o llegaron indocumentados, estableciéndose poblaciones en las provincias donde se fundaron grandes centrales azucareros.
Durante muchos años, la práctica de sus ritos religiosos, de sus fiestas, tuvo un carácter endógamo, no se mezclaban con la población cubana y sus descendientes hablaban su propio idioma y aunque se relacionaban con el resto de la población y aprendían el español se mantenía una tradición muy apegada a sus antecedentes. Aún hoy, entre personas muy ancianas podemos encontrar algunas que nunca regresaron y no hablan español.
En la Isla de Pinos se mantienen algunos hijos y nietos de jamaicanos y caimaneros que recuerdan danzas antiguas, casi desaparecidas en sus lugares de origen como el mentó y el round dance, la primera, una antigua danza cortesana que se bailaba en Jamaica, y la segunda, otra danza de pareja enlazada a la que ellos le atribuyen el origen del sucusucu.
El idioma no ha sido óbice para la identificación de estos géneros con la población. Hay una canción cíclica infantil que reproduce los temas de un antiguo fox trot: When she comes around the mountain.
En otros grupos de habla inglesa, de Barbados, establecidos en el batey del Central Baraguá, en Camagüey, los hijos criollos hace pocos años cantaban antiguas canciones inglesas a varias voces, bailaban danzas coreográficas y calipsos, y luego transmitieron estas experiencias culturales a grupos del Movimiento de Aficionados. Esta integración, consideramos que se produjo luego de una nacionalización y reconocimiento ciudadano a aquellos inmigrantes clandestinos que colaboraron en el desarrollo azucarero al promulgarse la Ley de Seguridad Social al principio de la Revolución, y fue, además a nivel nacional. Ya la población de estos grupos se integra a la cubana y se amplían sus acciones culturales con las nuestras.
Hace también cerca de cuarenta años que existía en Guantánamo un grupo que ejecutaba plenas identificado como de inmigrantes puertorriqueños que participaron en las labores del Central azucarero más al este de nuestro territorio. Estos aportes nos han hecho suponer, y plantear como hipótesis, una presencia de elementos caribeños contribuyentes al son cubano o viceversa, ya que podemos establecer un paralelo entre una plena, un changüí, un sucu-sucu, un round dance con los sones primitivos que se cantaron en la Sierra Maestra y en la cuenca del Cauto
Para el factor urbano elaborado, y aún el factor infraurbano, las relaciones de comunicación que propicien una acción transcultural son más cercanas. La música de estos grupos, de origen europeo, utiliza instrumentos populares y de la orquesta que fueron asimilados por otros grupos. El negro asumió tempranamente el tiple, sustituyó las marimbas y arcos monocordes, utilizó los tambores de los blancos y el criollo mulato inventó las claves y el bongó. Los amos enseñaron a sus esclavos a ejecutar los instrumentos para sus ratos de solaz. Todo esto planteado grosso modo sucedió en otros países del área del Caribe Las bandas españolas integradas por indios y mestizos mexicanos acompañan las fiestas procesionales. En Centro América, Colombia, Venezuela, y en las Antillas son similares las bandas y las pequeñas orquestas de teatro que aquí amenizaron bailes populares, zarzuelas y procesiones. La marimba africana, el balafón, desapareció en las Antillas y permaneció al sur de México, Guatemala, El Salvador, Costa Rica , Nicaragua, con características que han hecho pensar que es aborígen. Es el instrumento más arraigado y original de esos países cuya sonoridad y práctica se ha desarrollado hasta poder ser interpretada por varios ejecutantes, con música popular y de concierto. Caso similar es el de las Steel bands de los pueblos anglófonos del Caribe, pero son aspectos particulares que no alcanzan a extenderse fuera de su ámbito y llegar a zonas más amplias transculturándose con otros instrumentos.
La música con potencia de canto: Canciones, boleros, bambucos, habaneras y guabinas más otros géneros de canción han traspasado fronteras culturales y han constituído un patrimonio común de varias naciones. Su autoría ha desaparecido en ocasiones o la han asumido otras personas. Se trasladaron primero por las migraciones económicas o políticas. Muchos artistas que venían de recorrido y a veces se quedaban, o gentes del pueblo que emigraban en busca de trabajo o como refugiados políticos las cantaron en otros países que los acogieron. Los mexicanos que llegaron a Cuba en el siglo XIX o los que posteriormente a la Revolución Mexicana llegaron a nuestras playas trajeron canciones que se cantan hoy como cubanas. También las familias cubanas que emigraron a Mérida y Veracruz, o a Venezuela, trajeron canciones y danzas que se ejecutaron en Cuba. Asimismo en cancioneros y recopilaciones mexicanas aparecen canciones cubanas.
Los casos más notables son la canción Guarda esta flor, de Melesio Morales, de México, y la canción colombiana El Soldado, de Suárez Garabito, que se ha conocido en Cuba e Hispanoamérica como Lucero de mis noches y se canta en tiempo de habanera, tanto en nuestro país como en España, en donde ambas han sido registradas por varios autores. Familias cubanas que emigraron a Venezuela durante la Guerra de Independencia, vinieron cantando a sus niños una canción de cuna venezolana que dio origen al Himno nacional de aquella nación.
Pero un hecho cultural de gran importancia para la transculturación de elementos musicales es la presencia del disco, de la grabación. La divulgación primero como objeto suntuario, luego como objeto de entretenimiento de uso popular, del fonógrafo de cilindros y de la ortofónica, permitió la mayor expansión de la música de todos los pueblos hacia todos los países. Y resulta importante para nosotros que se haya instalado en La Habana la primera agencia distribuidora de discos para toda Latinoamérica . Las primeras grabaciones de discos de ortofónica se realizaron con artistas cubanos, y fueron canciones, danzones, puntos cubanos. “Cuba, como país productor de música, músicos e intérpretes” dice Díaz Ayala–, tuvo acceso inmediato y bastante amplio a la industria reproductora del sonido, en comparación con otros países latinoamericanos”…”Por aquella época, agrega, las grabaciones se hacían en Estados Unidos, para lo cual los artistas de toda América viajaban principalmente a la ciudad de Nueva York. Era muy grande el flujo de música cubana que llegaba para ser grabada y que después circulaba por toda Latinoamérica, especialmente la cuenca caribeña…” Por esta razón mercantil, la música elaborada, la de los núcleos urbanos y rurales, fue conocida en todo el Caribe y más extensamente en toda Iberoamérica.
El intercambio de artistas, unos contratados por sus méritos, otros que emigraban en busca de trabajo, nos trajo artistas latinoamericanos y salieron hacia otros países artistas cubanos.
Xavier Cugat, estudiante de violín nacido en Barcelona y criado en Cuba, partió con otros artistas cubanos y se estableció en Nueva York, fundando una orquesta para ejecutar rumbas y congas “de salón”. Nilo Menéndez, pianista, tenía en aquella ciudad una orquesta de danzones y se dedicó luego a producir discos con cancioneros cubanos y mexicanos. Antonio Machín, Mario Bauzá, Frank Grillo; más tarde Pérez Prado, Los Matamoros, Miguelito Valdés, grabaron desde aquel punto de expansión de música latinoamericana y caribeña, toda una serie de cambios e innovaciones que ocurrieron en la música urbana elaborada durante varias décadas, hasta la del cuarenta que comienzan las grabaciones desde Cuba.
A la Isla llegaron artistas de otros países del Caribe que influyeron en los modos de expresión. Pedro Vargas y María Luisa Landín cantaron boleros que alteraban la métrica regular y estable en que se había cantado. El rubatto se puso de moda a partir de ellos y llegó hasta el Beny, quién en su exageración alcanzó el apelativo de “Bárbaro del ritmo”. Coincidente con el Beny fue el puertorriqueño Daniel Santos, de cuya expresión aprendieron muchos cubanos, y con ellos un fuerte movimiento de instrumentistas, pianistas fundamentalmente, marcaron una serie de cambios en la música bailable y otro, el movimiento del feeling, que daría un vuelco a los estilos cantables.
Pero antes debo hacer otras consideraciones. Del mismo modo que en la base del pueblo están más definidos los elementos de estilo antecedentes, expresados de un modo singular que define su identidad, en la música urbana estos elementos son más cosmopolitas al estar expuestos a todas las innovaciones e influencias foráneas. El disco, la radio y los demás medios de comunicación son más accesibles a los núcleos urbanos por su mayor poder adquisitivo. Históricamente en las ciudades era donde se encontraban los aspectos más superficiales de la música por la afluencia de viajeros, artistas en jiras, trabajadores de los puertos y la marinería, que eran los que la transportaban.
Hoy, la posibilidad de mayor comunicación entre los músicos productores y su público receptor, ha permitido una homogeneización entre la música de las capas más cercanas a estos medios. Y la salsa es un producto de esa patria caribeña y latinoamericana ampliada.
La salsa es el producto de la suma de elementos caribeños que desde muy antiguo se estuvieron transculturando y que provenían de antecedentes comunes de las culturas hispánica y africana. La suma de innovaciones aportadas por caribeños establecidos en el cosmopolita barrio latino de Nueva York ¿No podremos considerar que este barrio es también es una parte del área del Caribe? Realizó un hecho musical híbrido de todos estos países que se aceptó y alto grado, identificando todo el Caribe en esta nueva expresión.
En la música urbana creada por autores como Nilo Menéndez, cubano, Palmerín, y Lara, autores yucatecos; Bobby Capó y Rafael Hernández, puertorriqueños, encontramos tal similitud que podemos considerarlas de un mismo país y autor. Constantemente vemos la intención intelectiva y consciente de los autores de acercarse a estilos que se imponen en la moda, de acercarse a modos de hacer que se escuchan en lugares comunes. De igual manera las canciones, los grupos instrumentales y vocales, las instrumentaciones, el uso de instrumentos electroacústicos, los tumbaos y la expresión colectiva de un grupo, puede ser muy similar entre sí por el interés de relacionarse, de estar “al día”, de salir de lo particular a lo general en un panorama más amplio.
Y podemos ver en un trazado de más de cincuenta años cómo han evolucionado géneros instrumentales recibiendo aportes para llegar al trazando del camino hasta hoy.
La Pachanga fa impazzire New York
tratto da El Diario La Prensa di New York 1961 e dal portale Herencia Latina
a cura di ©JOSE TORRES CINTRON.
Traduzione a cura di Daikil
“¡Señores qué pachanga!..¡Me voy pa’ la Pachanga!…¡Señores qué Pachanga!…¡Me voy pa’ la Pachanga!”
Eduardo Davidson.
Questo interessante articolo sull’origine della pachanga fu pubblicato dalla rivista Nuestra Historia de “El Diario La Prensa” di New York. Si tratta di alcune dichiarazioni fatte da Arsenio Rodríguez e pubblicate il 30 aprile 1961. (Herencia Latina)
C’è un nuovo ritmo a New York che sta facendo impazzire gli amanti del ballo. La pachanga, il movimentato ritmo i cui fedeli interpreti sono oggi due giovani direttori di orchestra – Charlie Palmieri e Johnny Pacheco – , rispettivamente portoricano e dominicano.
La pachanga ha trasformato questa città ed ha fatto impazzire migliaia di persone che si sono sentite attratte da un ritmo così coinvolgente. Quello che è cominciato come un ballo “da pazzi” in meno di due anni si è propagato in tutti i locali notturni della città fino a contagiare gli amanti della musica brava.
Già non si sentono più frasi come “Andiamo a rumbear” oppure “si va a mambear”. Ora tutti vanno a pachanguear, i giovani, gli adulti e i bambini. Si balla la pachanga nelle feste famigliari del Barrio e di Long Island, del Bronx e di Manhattan, come anche in tutti i club notturni della città, dal più umile al più elegante.
Origine
C’è una discordanza di idee sull’origine di questo movimento. Senza dubbio i più autorevoli direttori d’orchestra della città, tra cui il popolare Machito Juanucho López, Belisario López e Fran Ugarte, concordano che la pachanga è una combinazione di ritmi provenienti dal merengue, dal son montuno, dal mambo e dagli altri ritmi tropicali più movimentati.
Di una cosa sono tutti sicuri, che lo stile col quale i giovani newyorkini ballano la pachanga è originale del Bronx. Il brinquito (passo, ndr) tipico della pachanga non è stato importato da nessun paese. Ha avuto origine qui.
Secondo le ricerche che abbiamo fatto, tutto pare indicare che il ritmo che sta causando furore in città, nacque qui dalle orchestre di Fajardo e di Aragon, le quali giunsero in questa città nel 1959. Queste orchestre introdussero il ritmo ma non prese subito piede.
I Re della Pachanga.
Nel teatro Puerto Rico del Bronx, venerdì 12 maggio del 1961 si celebrerà “La Prensa’s Pachanga Nite” per presentare le coppie che si contenderanno lo scettro de “I Re della Pachanga”. I partecipanti a questa serata avranno la possibilità di vedere le coppie in azione e di sentire questo ritmo interpretato dai massimi esponenti.
“¡Señores qué pachanga!..¡Me voy pa’ la Pachanga!…¡Señores qué Pachanga!…¡Me voy pa’ la Pachanga!”
Così ripete il coro di una delle pachangas più popolari del momento, e così ripete il coro nella Gran Pachanga (festa tipica, ndr) che ha causato la serie di articoli che “La Stampa” ha cominciato a pubblicare da domenica (2 aprile del 1961), firmati da José Torres Citrón.
Gli articoli si sviluppano attorno ad una serie di ricerche realizzate da Torres Citrón e ciò che ne viene fuori riguardo a questo ritmo ed a questo ballo così popolare in questi giorni sono stati dettagli trascurati da chi, pur animato dalle migliori intenzioni, ha creduto di conoscere la realtà sulla pachanga. Ma si dà il caso che qui venga intervistato il grande musicista cubano formidabile autore di musica popolare, quella dei ritmi calienti, sonero veterano, uno degli uomini cui è stato attribuito il titolo di “Re del Ritmo”, l’unico Arsenio Rodriguez il quale spiega dettagliatamente come la pachanga sia nativa ed abbia la sua culla nei campi dell’indomito Oriente (Santiago di Cuba).
“La storia torna a ripetersi. Mi hanno tolto il mambo e adesso vogliono levarmi il montuno”, afferma Arsenio. “ Però, prima di entrare nelle spiegazioni della verità sulla pachanga, lasciatemi chiarire che non ho nulla contro Charlie Palmieri, né contro Pacheco (che sono segnalati come i più importanti con le loro rispettive orchestre per i ritmi pachangueros). Entrambi hanno la mia stima. Con questo resta inteso che il mio unico obbiettivo è quello di segnalare dettagli importanti sul ritmo chiamato pachanga.”
“La pachanga – dichiara Arsenio – nasce a Cuba. Ha la sua culla a Santiago di Cuba. Un saggio una volta disse: ‘A questo mondo nulla scompare, tutto ritorna al suo posto’. Questo ritmo che oggi si riconosce come pachanga è nato in Oriente, in una località chiamata El Pilón. All’inizio si chiamava chivo (“capra”).
Si suonava con un tres, le cui corde erano di interiora di juntia, che si mettevano ad essiccare e poi venivano utilizzate per il tres. Una latta di carburante fungeva da bongó o tumbadora; un tino con un cavo ad uno dei lati faceva le veci del contrabbasso (si colpiva) e due pezzi di legno che furono chiamati claves erano gli strumenti originali per eseguire quella che oggi chiamiamo pachanga”.
“I primi chivos che furono suonati – continua Arsenio – , dicevano: ‘Yo no como corazón de chivo camará, porque el chivo me indigesta el buche’… oppure: ‘La pisé, la pisé, la pisé, mamamá’, ‘Compay contunto que te coge el día’. Questi versetti erano cantati dalla prima voce, quasi sempre quello che suonava il tres, mentre i ballerini facevano il coro”.
Arsenio Rodriguez però dice che il merengue non smette mai di avere una piccola influenza nella pachanga originale, e spiega: “Nelle colonie per la raccolta della canna di Cuba – in particolare là nella provincia orientale – si riunivano molti Haitiani, Giamaicani, Portoricani, uomini di lavoro che venivano a Cuba per il taglio della canna durante il raccolto. Per nessuno è un segreto che il merengue nasce da un ritmo haitiano giunto a Santo Domingo”.
“Il chivo originale prese a volte il nome di “Capetillo”, altre di son montuno ed oggi si chiama pachanga. La pachanga – assicura Arsenio – è una composizione musicale ballabile, composta di son montuno e zapateo cubano (danza folklorica basata sul battito dei piedi, ndr). Dal momento che la maggior parte dei giovani a New York è portoricana, così posso dire che il chivo se fosse suonato là a Puerto Rico, sarebbe il seis chorreao (ballo di coppia tipico dei campesinos portoricani, molto veloce, ndr)”.
“La miglior dimostrazione che la pachanga sarebbe il seis chorreao di Puerto Rico l’abbiamo nelle interpretazioni di ballo. E’ un ritmo che va nel sangue ed i Portoricani lo interpretano per intuizione, eseguendo una combinazione di zapateo cubano e son montuno”.
“Non è meno certo – prosegue Rodriguez – che la prima pachanga composta è legata al merengue, come ho già detto in precedenza. Il testo di questa pachanga dice: ‘Señores qué Pachanga, me voy pa’ la Pachanga’ secondo un modello molto simile al merengue. ‘A la Rigola yo no vuelvo más’ ha un ritmo simile. Questa somiglianza fra la pachanga ed il merengue è stata la causa dell’accoramento di Pacheco, divenuto un magnifico interprete di questo ritmo cubano proveniente dal chivo e dal son montuno che oggi è diventato così famoso a New York”.
“Subito ci si è allontanati da questa prima pachanga e si è arrivati alla sua origine, il chivo ed il son montuno”. Questi pezzi lo confermano: ‘Dile a Malcolina que te toque el guiro’ è una copia di ‘Dile a Catalina que te compre un guayo’, solo con un paio di note cambiate. Óyeme Mulata è lo stesso son montuno di Cangrejo Fue A Estudiar.
ASCOLTA
Tra i sones montunos di Arsenio abbiamo: ‘El reloj de la pastora’, ‘Se acabó los guapos en Yateras’, ‘Dame un chachito para guele’, ‘Tocoloro pájaro que nunca vuela’ e ‘Yo no engaño a las nenas’. “In questi sones montunos, oltre agli strumenti già citati dei conjuntos, vengono affiancati il flauto ed un violino e nasce la pachanga.”
Fu Arsenio Rodriguez a portare il son montuno a New York. Arsenio arriva nel 1927 dalla Playa de Marianao, a La Habana, per imporre questo ritmo. “Ciò che un tempo si chiamava capetillo, venne rinominato mambo, più tardi cha-cha ed ora, stanchi di tanti accordi dissonanti con la possibilità di sentire altri ritmi, hanno trasformato quello che si chiamava chivo con meno armonizzazioni rispetto al son montuno: la qual cosa è stata la mia grande caratteristica come interprete”.
“Quando lo chiamai mambo lo ha adottato Pérez Prado e quando sono tornato a chiamarlo son montuno, hanno aggiunto flauto e violino. E’ stato ripreso da Fayardo e Argon ed ultimamente da Palmieri e Pacheco, e tutto questo nel Bronx. ¡Qué cosas tiene la Pachanga!”
“E per concludere dirò – dopo aver chiesto perdono per l’immodestia – che io, Arsenio Rodriguez, sono stato il padre della creatura ora chiamata pachanga.”
Quando il reporter si congeda da Arsenio, dopo aver sentito la sua relazione sul chivo, il capetillo ed il son montuno convertito in mambo e più tardi in cha-cha, ai nostri orecchi rimangono come un’eco la musica e le parole di: “¡Señores qué Pachanga!…Me voy pa’ la Pachanga!…¡Señores que Pachanga!…¡Me voy pa’ la Pachanga!”.
Cortesia di www.herencialatina.com
9 compleanno LaSalsaVive 8 settembre 2012 – Don Chisciotte (Galliera – BO)
Edit 09 settembre 2012
G R A Z I E a tutti voi ragazzi, sto ancora finendo di leggere i vs. commenti su facebook e sono veramente senza parole, anche perchè quelle le avete spese tutte voi. Ieri è stata l’ennesima dimostrazione di quanto la passione possa superare gli ostacoli ed il buon Tommy ne sa qualcosa… :D. Per sostituirlo ho dovuto correre per due dalle 17 di sabato 8 settembre alle 6:40 del giorno successivo ma ne è valsa la pena e nonostante sia ancora distrutto, sono strafelice perchè alla fine la nostra amata musica e la voglia di stare insieme hanno vinto ancora una volta.
Ieri il nostro Tommy Salsero (soprannominato il regista per via della carrozzina sulla quale ha passato la serata) ha dovuto guardare le tante ballerine che gli chiedevano cosa fosse successo e solo grazie allo loro coccole (e se lo avesse fatto apposta??? :D) è riuscito a superare la tristezza di non poterci ballare insieme.
I ns. eventi vivono anche di queste situazioni: la musica è una parte importante ma non basta, ci vuole tanta passione, spirito di sacrificio (penso anche e soprattutto a chi si fa centinaia di chilometri per vivere questo evento di un giorno nonostante la crisi di questi tempi), voglia di condividere un momento che rimarrà impresso per sempre nei propri ricordi.
Quindi non posso non ringraziarvi ancora una volta cari amici malati di sooooooooooooolo salsa classica, TUTTI indistintamente, perchè non c’è differenza fra ballerini, dj, maestri di ballo, gestori e organizzatori, alla fine quel che conta è portare avanti un’idea che è nata dalla passione di qualche amico in un forum di salsa e che a distanza di quasi DIECI anni continua a…vivere più forte che mai.
Appuntamento al prossimo anno per la festa dei 10 anni LaSalsaVive, intanto, nell’attesa, vi diamo appuntamento al 21 settembre con la Charanga Moderna a Bergamo nel nuovo locale dell’amico Vannydj Capoferri.
Ed ecco le prime foto!
Vai alle foto 9 compleanno LaSalsaVive by redazione LSV
edit 22/9/12
E finalmente ecco anche i video!!!:
Finalmente ci risiamo! Anche quest’anno LaSalsaVive festeggia il compleanno al Don Chisciotte di Galliera (BO), questa volta il nono!
L’evento degli eventi, come dice qualcuno, semplicemente “l’evento” o “la madre di tutti gli eventi” di salsa classica… 🙂 troppo buoni, ci fa un immenso piacere leggere questi commenti e ogni anno cerchiamo sempre di fare qualcosa in più per rendere la serata al di sopra delle aspettative (che sono sempre molto alte) 🙂
Anche quest’anno riproporremo l’ormai collaudata formula (il Galà della Salsa Classica alla sua settima edizione) dei dj da ogni parte d’Italia e qualche ospite anche dall’estero, che suoneranno in coppia su tre piste.
Inoltre ci sarà la quarta edizione della mostra dei vinili di salsa classica con collezionisti e appassionati da ogni parte d’Italia.
Quindi, se ami la salsa classica e vuoi passare una notte completamente diversa dalle altre, l’8 settembre 2012 non puoi mancare, ti aspettiamo per il nostro 9 compleanno!
E come ogni anno c’è la possibilità di cenare dentro il locale! Ecco il menù che potrete degustare al Don Chisciotte previa prenotazione (Max Chevere (tel. 392.1047764) o Tommy Salsero (tel. 392.1047764) e vi daremo tutti i dettagli).
PROGRAMMA
Ore 17: Apertura mostra/scambio del vinile. (la mostra è aperta al pubblico gratuitamente)
Ore 20: CENA:
pennette tricolore
grigliata mista di carne con patate al forno
creme caramel
caffè
acqua e vino
Per le persone con problemi alimentari tipo celiaci c’è la possibilità di avere un menù specifico, vi preghiamo solo di farcelo sapere per tempo in modo da non creare problemi alla cucina. GRAZIE!
Ore 23: Inizio pre-serata con i dj
Questi i dj invitati che hanno partecipato: (in ordine alfabetico)
Andrew Rusig (Gorizia) – Sesar Dj (Napoli)
Antonio Fei (Avellino) – Francesco “Frankaly Lavoe” (Napoli)
El Temba (Los Calvos) (Genova) – Norberto Rios (Ascoli)
Fabio El Barrio (Bologna) – Ivan El Conde (Taranto)
Giancarlo Coppo – Paolo Falzetti (Salsa 7o y Guaguanco) (Torino)
Max “El Bacán” (Ancona) – Pio4te (Roma)
Mascalzone Latino (Lucca) – Claude dj (Milano)
Pupo (Milano) – Fabrizio Zoro (Milano) – Franco Monte (Milano)
Vannydj Capoferri (Bergamo) – Paolo “El Chino” (Bolzano)
Altri dj in attesa di conferma…
Ore 24: Presentazione e partenza con i dj a coppie che si alterneranno nelle due postazioni.
Ore 02: Torta di compleanno Lasalsavive!
La festa andrà avanti fino all’alba e saranno dispensati brioche e cappuccino ai sopravvissuti alla maratona!
Per avere un’idea dell’evento:
Ed ecco alcuni video della scorsa edizione a cura di Pietro Naldi:
Per scaricare il banner ufficiale del 9 compleanno LaSalsaVive clicca qui:
HOTEL CONVENZIONATI:
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HOTEL PAMELA
Hotel Pamela – Via Galliera Sud, 74 – 40018 San Pietro in Casale (BO) Italy
Tel. +39 051 810754 (6 Linee) – Fax +39 051 817202 info@hotelpamela.it
Quando prenotate ricordate di dire convenzione LASALSAVIVE, persona da contattare: Gianni.
Tariffe convenzionate:
Singola: 45 EURO con prima colazione (caffè,succo e brioche)
Doppia o matrimoniale: 52 EURO (caffè,succo e brioche)
Tripla: 67 EURO (caffè,succo e brioche)
Quadrupla: 79 EURO (caffè,succo e brioche)
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HOTEL LUNA BLU di CASUMARO (FE)
44041 Casumaro (FE) – Via Del Lavoro, 1/B
Tel.051 6849994
http://www.hotellunablu.it/info.php
Mappa:
http://www.hotellunablu.it/cartina.php
L’hotel sarà chiuso dal 1 al 31 Agosto, per prenotare potete inviare un sms al N. 338.8523858 (Silvia) inviare una mail a info@hotellunablu.it oppure telefonare dopo il 1 Settembre.
Quando prenotate ricordate di dire convenzione LASALSAVIVE.
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HOTEL GALLIERA
40010 Galliera (BO) – Via Dante Alighieri, 2/C
051 812148
http://www.hotelgalliera.it/
Mappa:
http://www.hotelgalliera.it/carta.html
Camera singola 34 Euro
Camera doppia 50 Euro
Camera tripla 65 Euro
Quando prenotate ricordate di dire convenzione LASALSAVIVE.
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Come arrivare al Don Chisciotte:
1. Prendere A13 (direzione Padova ).
2. Uscire ad Altedo (uscita dopo Bologna Interporto e prima di Ferrara sud).
3. Seguire per San Pietro in Casale (girando a destra usciti dal casello continuare 4 km).
4. All’incrocio prima di entrare a San Pietro girare a destra verso Ferrara.
5. Dopo circa 50 mt a sinistra e seguite le indicazioni “POGGETTO” “MASSUMATICO”.
6. Percorrere questa stradina senza mai lasciarla, oltrepassando “MASSUMATICO”.
7. Dopo circa 8 km troverete le indicazioni “Sant’Agostino” (girate a sinistra poi a destra).
8. Dopo circa 1km sulla destra troverete il Don Chisciotte.
Don Chisciotte
S. Agostino – Galliera (BO)
Via Confine, 1 –
Info: 051/814340
Vai alla mappa: