Intervista di Tommy Salsero realizzata durante l’Energy Days di Bologna il 3 Gennaio 2009
Il Maestro Leonardo Martinez Moya racconta della prima volta che venne in Italia con il Conjunto Folklorico nacional de Cuba e della storia del ballo cubano.
Intervista a Leonardo Martinez Moya – Bologna 03/01/09
Il concerto della Fania All Stars di venerdì scorso allo stadio Nazionale di Lima in Perù ha visto 15.000 persone paganti presenti allo spettacolo, risultato decisamente molto positivo anche considerando che lo stesso giorno si teneva il concerto di Lady Gaga che ha avuto un risultato di poco superiore e che ha visto gli organizzatori ribassare i prezzi d’ingresso a causa delle vendite al di sotto delle attese.
Anche Ismael Miranda sul suo profilo facebook ha ringraziato i peruviani per aver preferito la salsa al pop!
“Mis hermanos Peruanos me llenan de orgullo al saber que prefirieron ver la Fania en vez de Lady Gaga siendo los dos conciertos el mismo dia. “LATINOS ALREDEDOR DEL MUNDO APOYEMOS LO NUESTRO, APOYEMOS LA SALSA”.
“I miei fratelli peruviani mi riempiono d’orgoglio per aver preferito vedere la Fania anzichè Lady Gaga, dato che i due concerti erano lo stesso giorno. LATINI IN GIRO PER IL MONDO SOSTENIAMO LA NOSTRA CULTURA, SOSTENIAMO LA SALSA”.
Purtroppo ci lascia un altro grande artista di Puerto Rico, Sammy Ayala, è deceduto l’altro giorno presso l’ospedale di San Juan per un tumore.
Nato a Santurce (Puerto Rico) il 17 febbraio del 1933. Aveva 79 anni.
Carlos Samuel (“Sammy”) Ayala Román è ricordato prima di tutto per essere stato il corista dell’orchestra di Rafael Cortijo sin dal 1954.
Succesivamente collaborò con il Sexteto di Gilberto Colon e a partire dal 1972 con Ismael Rivera nel gruppo Los Cachimbos.
Nel 1980 prese parte alla registrazione dell’ultima produzione di Rafael Cortijo “El sueño del maestro” e dopo alcuni anni entrò a far parte del Grupo ABC di Jesús Cepeda, con il quale registrò gli album “La historia se repite” e “Amor de mascarada”.
Una decina di anni dopo, nel 1997, l’artista riapparve con un nuovo progetto musicale conosciuto come Plenarium e nel quale produsse i dischi “Navidad con Plenarium” e “Hacia el nuevo milenio”.
Fra i suoi lavori più conosciuti ricordiamo canzoni come: “Lo dejé llorando”, “Lo mucho que te quiero”, “Dios los cría y ellos se juntan”, “Pónganse duro”, “Lo sabía” e “El que lo hereda no lo hurta”.
Ecco la telefonata “vigliacca” che abbiamo fatto al Maestro Marco Francesconi e a cui ha preso parte anche Francesco Scalvenzi degli Alafia, durante la diretta radio del ns. programma di salsa classica di sabato 3 novembre.
Il 13 novembre è prevista l’uscita di una raccolta di canzoni e video di Ruben Blades e i Seis del Solar.
La confezione comprenderà ben 2 cd e 2 dvd con i maggiori successi live registrati durante i concerti del tour di “Todos Vuelven” in America Latina e negli Stati Uniti.
Un’occasione da non perdere per tutti i fans di Ruben Blades.
La raccolta fa seguito all’uscita del disco di Ruben Blades con Cheo Feliciano, “Eba Say Aja“, che ha già ottenuto un grande successo nelle classifiche internazionali di settore e che è stato nominato al Grammy Latino.
Salve Maestro è un piacere essere qui con lei e vorrei darle il benvenuto nel nostro paese da parte del nostro sito Lasalsavive.org e ringraziarla per questa intervista.
Quando ha iniziato a suonare e quali sono state le sue influenze musicali?
Ho iniziato a suonare a cinque anni grazie ad una fisarmonica che mi regalarono i miei genitori. Sono stato influenzato dai miei familiari, che vantano due generazioni nella musica popolare e classica.
Suonavano anche i miei zii e guardandoli ho imparato molto.
Ci riunivamo tutti a casa dei miei nonni dove c’erano due pianoforti; c’era chi suonava la chitarra, chi il piano e tutti cantavano.
Fu così che mi innamorai del piano, infatti volevo suonarlo sempre.
Però a casa mia non ne avevamo uno e per questo motivo imparai a suonarlo solo più tardi.
Quali sono stati i pianisti caraibici di jazz latino o di musica latina in generale che l’hanno influenzata maggiormente?
Inizialmente c’è un mio antenato Juan Morel Campos che era un grande compositore di danzas portoricane e che era portoricano mentre io sono dominicano.
Lui andava a casa dei miei nonni, questo molto prima che io nascessi.
Perciò si ascoltava e si suonava molta musica sua nella nostra famiglia.
A seguire l’influenza cubana è stata molto importante, Lecuona, Saumel e Cervantes, e anche la contradanza.
Tutta questa musica si suonava molto a casa mia.
Può raccontarci della sua carriera musicale all’inizio e dopo il suo trasferimento a New York?
Dai cinque ai nove anni ho suonato ad orecchio, dopo ho iniziato a suonare il piano e mi sono iscritto al conservatorio nazionale di musica dove ho proseguito gli studi per 13 anni e mi sono diplomato.
A 14 anni ho scoperto il jazz grazie ad un mio zio che faceva un programma radio di due ore tutti i lunedì dedicato al jazz.
Fu lì che ascoltai per la prima volta il grande Art Tatum che suonava “Tea for Two” con un solo piano e fu così che mi innamorai di uno stile nuovo: il jazz.
Fino a quel momento avevo suonato solo musica classica, da lì in avanti avrei iniziato ad approfondire anche la musica popolare e le mie radici latine.
A 16 anni sono entrato a far parte della Orquesta Sinfónica Nacional del mio paese come membro più giovane; i miei maestri del conservatorio, che erano membri della Sinfonica, mi raccomandarono per un provino davanti al direttore che mi ascoltò suonare e mi fece entrare nell’Orchestra.
Successivamente imparai a suonare le percussioni sinfoniche ed entrai a far parte della sezione di percussioni dell’orchestra sinfonica dove rimasi fino alla mia partenza per New York.
Quello fu il mio collegamento con New York, perchè quando si inaugurò il Teatro Nacional di Santo Domingo vennero alcuni musicisti da New York a rinforzare l’orchestra Sinfonica e mi ascoltarono mentre suonavo jazz.
Mi dissero: “Com’è che suoni jazz?” ed io: “mi piace molto suonare questa musica” e loro: “però dovresti andare a New York!”.
Uno di loro mi invitò a New York per guardare e per conoscere l’ambiente jazz.
Dormivo a casa sua e la notte andavo a vedere i club di jazz di New York; fu così che mi innamorai di New York e maturai la decisione di andarci a vivere.
Suonai con alcuni musicisti alcune jam sessions e descargas ma principalmente di jazz e non latine.
Poi ritornai a Santo Domingo e il mio amico continuava a scrivermi invitandomi di nuovo a New York e dicendomi “quando vieni, quando vieni?”.
Finalmente nel 1979 feci il grande salto verso New York e fu lì che il mio modo di suonare jazz cambiò e divenne più latino; non volevo perdere le mie radici caraibiche e per questo incorporai i ritmi e le radici latine nel mio modo di suonare il jazz.
Fu così che iniziò a crearsi il mio stile.
Ci tengo a dire che quando arrivai a New York non fu per lavorare ma per studiare: continuai i miei studi alla Juilliard School e al Mannes College che erano grandi accademie classiche e dove studiai molta musica classica.
Inoltre prendevo lezioni private di jazz da altri maestri.
In queste due accademie importanti ebbi l’opportunità di studiare piano, composizione, orchestrazione e direzione d’orchestra.
Tutto questo a New York!
C’è un nostro amico cubano che ci aveva raccontato di una sua amicizia con Emiliano Salvador, può confermare se ha avuto delle collaborazioni con lui?
Beh, in realtà io non conoscevo Emiliano Salvador, però lui mi conosceva per la mia musica così come io lo conoscevo per la sua, per i dischi che avevamo registrato.
Certamente Emiliano era molto rispettato a New York da tutti i musicisti latini perchè a New York i suoi dischi erano reperibili.
E la vita che è sempre piena di sorprese ha voluto che il mio bassista di oggi, Charles Flores, fosse anche il suo bassista e fece molti tour a livello mondiale con lui.
Ma non ci sono mai state delle collaborazioni dirette?
Dirette, no.
Quello che c’è stato è che quando andai a Cuba conobbi la famiglia e i figli di Emiliano, che era già morto.
In quel periodo stavano girando un film sulla sua vita e mi chiesero una dichiarazione; io naturalmente dissi quel che sentivo per la sua musica e quanto lo ammirassi come musicista.
Come nasce la sua tecnica percussiva che ha nel suonare il piano e che esercizi bisogna fare per poterla imparare?
Come ti ho detto prima io ho una formazione come percussionista classico perchè ho appreso tutte le tecniche dei redoblantes, dei timpani e della gran cassa e di tutta la sezione delle percussioni e non solo il piano e la celesta.
Io suono anche il vibrafono e la marimba e il Tom Tom, tutta la sezione intera.
Questo mi tornò utile successivamente quando a New York iniziai a suonare con i grandi batteristi come Steve Gadd, Dave Weckl, Marvin “Smitty” Smith, Horacio “El Negro” Hernandez, Dafnis Prieto, Cliff Almond, insomma molti batteristi hanno suonato con il mio trio e siccome io conosco lo strumento, potevo parlare lo stesso linguaggio con loro.
E tutta questa tecnica mi è servita per comunicare con loro, per dare un suono speciale al mio trio e per poter applicare questa tecnica delle percussioni al piano, perchè il piano è anche uno strumento percussivo.
E il piano nella grande letteratura classica, ad es. Stravinskij, Berio ecc. ha sempre avuto una grande influenza percussiva.
Il piano moderno nella musica classica necessita di questo tocco percussivo, come in Petruška di Stravinsky o Bernstein.
Come ha conosciuto Tomatito e come è nata la passione per il flamenco? Inoltre può dirci qual è stata l’influenza del tango argentino nel suo lavoro Spain II?
Intanto Tomatito era amico di un gruppo di nuovo flamenco che si chiamava Ketama e che era molto popolare in Spagna.
Loro erano molto appassionati di musica latina e volevano fare un disco con molta influenza di salsa e songo.
Questo disco si chiama “Pa gente con alma”, dove suono anche io.
Io li ho aiutati a produrre questo disco al 50%: ci sono molti ritmi latini ed è come un distacco da quello che stavo facendo io fino a quel momento.
Quando stavamo registrando a Madrid, Tomatito era nel nostro studio di registrazione e gli piacque moltissimo il sound latino con flamenco che stavamo registrando; fu così che diventammo amici.
Cinque anni dopo, durante il festival di jazz di Barcellona, gli organizzatori, che sapevano della mia passione per il flamenco, mi chiesero se volevo fare qualcosa in collaborazione sul flamenco.
Gli chiesi: “e con chi?”.
E loro: “sarebbe bello farla con Tomatito“!
Gli risposi che lo conoscevo e che eravamo buoni amici.
Al che mi dissero: “e lui sarebbe disponibile?”.
La mia risposta fu che non lo sapevo, ma che se lui avesse detto di si io sarei stato d’accordo.
Fu così che nacque la nostra collaborazione al festival di jazz di Barcellona ed ebbe un successo a livello mondiale.
Il problema è che il nostro repertorio era molto limitato, c’erano solo tre pezzi pronti così pensammo di fare un concerto in cui suonavamo la chitarra ed il piano da soli per poi incontrarci nel finale e suonare insieme i tre pezzi.
Il pubblico impazzì e i promotori presenti cominciarono a chiederci di suonare insieme; abbiamo fatto due anni di concerti per il mondo ancora prima di registrare il primo Spain.
Fu un successo clamoroso e dopo quattro anni in tour per il mondo, tra Caraibi, Stati Uniti, Europa e Giappone, decidemmo di fermarci un po’.
Dopo tre anni ci riunimmo e nacque Spain II: l’occasione fu quella di un Festival europeo molto importante, il North Sea Jazz Festival in Olanda.
Fu lì che ci rincontrammo.
Suonammo tre volte, la prima io da solo, poi Tomatito sempre solo e alla fine tutti e due insieme dove suonammo Spain.
La cosa ci piacque tanto, la musica ci sembrava fresca, forse anche per il fatto che era da tempo che non suonavamo insieme.
Così decidemmo che era giunto il momento per realizzare la seconda parte di Spain.
In camerino iniziammo a parlarne, Tomatito mi disse che andava spesso a Buenos Aires, che gli piaceva il tango e che era un fanatico di Piazzolla.
Gli risposi che anche io lo ero!
Fu l’inizio del disco.
Pensammo di fare un tributo a Piazzolla e così nacque la radice del disco, la parte centrale; il resto lo creammo in seguito.
Con Spain II facemmo 42 concerti per il mondo con grande successo.
Suonammo due volte anche in Italia, a Roma, nell’auditorium Parco della Musica.
Girammo tutto il mondo e fu una cosa meravigliosa.
Adesso stiamo pensando alla prossima tappa e forse il prossimo anno realizzeremo un altro album di Spain, il terzo.
Quali sono i suoi pianisti contemporanei preferiti e con chi vorrebbe suonare insieme?
Ti posso dire che ho avuto la fortuna di suonare già con alcuni di loro, ad esempio con Herbie Hancock in un Festival in Giappone e alla fine facemmo una gran descarga, una jam session con la Orchestra de la Luz.
Iniziammo a suonare “So What” di Miles Davis ed io chiamai anche Herbie Hancock e Wayne Shorter che stavano suonando insieme.
Facemmo un gran finale davvero molto speciale suonando per circa mezz’ora “So What” a tempo di salsa!
Fu una follia!
Con loro sono molto amico.
Devo fare una tourneè per tutta l’Europa, gli Stati Uniti ed i Caraibi con Chucho Valdes che è un grande amico. Questa collaborazione è nata per caso quando mi invitò al Festival di Jazz che dirige all’Habana e alla fine del mio concerto mi chiamò per suonare al piano una descarga improvvisata che piacque a tutti quanti e così la portammo in giro per tutto il mondo.
Se andate su youtube potete vedere le immagini.
Abbiamo fatto un incontro fra pianisti dei caraibi con Gonzalo Rubalcaba a Santo Domingo ed è stato fantastico.
Sai che a New York esisteva una serie di concerti chiamata “Latin Piano in concert” che si svolgevano al Lehman College dove si esibivano cinque pianisti latini per volta accompagnati da una band di salsa. Una tradizione importante che non si svolge più.
Lì avevo fatto delle descargas con Eddie Palmieri, Charlie Palmieri, Hilton Ruiz, Chucho Valdes e con tanti altri artisti.
Ognuno suonava alcuni brani del proprio repertorio e alla fine tutti insieme.
Era una vera follia!
Quali sono i progetti futuri che vorrebbe realizzare?
Ho un progetto che non è latino ma di musica classica.
Devo scrivere il mio secondo concerto per pianoforte e orchestra che sarà registrato all’Auditorium di Tenerife (Isole Canarie) il prossimo 13/14 Marzo.(ndr: la data si riferisce al 2009)
Sto scrivendo i pezzi tra un tour e l’altro.
Il primo concerto l’ho scritto nel 1999 e l’ho già suonato almeno 50 volte in tutto il mondo (Danimarca, Spagna, Inghilterra, Stati Uniti, Caraibi), però mi manca ancora l’Italia e spero che presto qualcuno mi inviti a suonare con un’orchestra sinfonica italiana. Michel Camilo saluta LaSalsaVive
Ringraziamo la Sig.ra Maria Savino dell’Ufficio stampa eventiduemila entertainment gruppo ede – Torino, la Sig.ra Sara Soria di Adam e il manager di Michel Camilo, Sig. Toni Lama per averci dato la possibilità di intervistare Michel Camilo.
Sabor y Control rappresenta una delle orchestre più interessanti del panorama salsero peruviano, un gruppo che ha la capacità di suonare allo stile delle orchestre degli anni settanta, senza tanti fronzoli e con un suono netto e graffiante, esattamente come dovrebbero fare sempre le orchestre di salsa dura.
Bruno Macher leader della band ha annunciato l’uscita della loro sesta produzione, Cruda Realidad, che sarà presentata ufficialmente il 27 ottobre 2012.
Il tema principale dell’album è quello della sofferenza delle persone che vivono nei grandi quartieri popolari di Lima, capitale del Perù.
Canzoni che parlano di droga, violenza, povertà, per un disco che ha anche un aspetto di denuncia dei problemi sociali del Paese e che dimostra come anche oggi sia possibile realizzare una produzione con testi impegnati e con uno stile musicale come quello degli anni settanta.
Il nuovo disco vede la partecipazione di due musicisti molto apprezzati come Alex Torres alla chitarra e Angel Huamaní alla tromba.
Finalmente una produzione di salsa classica realizzata nel 2012 da proporre nelle serate dedicate agli appassionati di questo genere!
Direttamente da Lima (Perù) arriva una bellissima notizia.
Il prossimo 22 novembre, Ruben Blades, uno dei più grandi cantautori di salsa di tutti i tempi, suonerà di nuovo con la Fania All Stars.
Era dal 2001 che non accadeva.
Ruben suonerà allo stadio Nazionale di Lima insieme ad altri grandi musicisti come Richie Ray e Bobby Cruz, Johnny Pacheco e la Spanish Harlem Orchestra.
Era da tempo che non ascoltavo una canzone tanto coinvolgente e al tempo stesso suonata allo stile “viejo” come “El Solar de Bertha” della Charanga La Contundente.
La Charanga La Contundente ci fa tornare al suono delle “Charangas” cubane ma non solo, come ci spiegano sul loro sito web, la loro proposta musicale è basata principalmente sui ritmi afro-antigliani come: il Son, la Pachanga, il Danzon, il Guaguanco, la Guajira, il Songo, il Cha cha cha e il Bolero fra gli altri.
Con “El Solar de Bertha” ci riportano indietro negli anni ma lo fanno mantenendo un gusto musicale fresco e moderno, un misto di sabor antico e recente che è perfettamente equilibrato e che ci fa venir voglia di andare subito a ballare!
Altre canzoni tratti dall’ultima produzione della Charanga La Contundente:
Ed ecco alcune cover realizzate dalla Charanga La Contundente:
Integranti:
Mónica Hurtado (Violino): Laura Castrillón (Violino) Hernán Montoya (Piano) Oscar Andrés Gómez (Timbales) César Restrepo (Voce Leader e Guiro) Alex Londoño “Chumby” (Tumbadoras)
Esteban Pajon (Tres cubano) Alexis Gaviria (Flauto e Cori) Erwin Renaldy Ramírez (Voce e Basso)
Da sempre i ritmi e i generi latini si sono sviluppati anche alla parallela evoluzione dei formati musicali, ovvero la combinazione di musicisti e strumenti in base allo stile suonato.
Un tempo, almeno fino agli anni 50, ogni formato musicale veniva rispettato anche se ogni gruppo lo personalizzava cambiando o sostituendo un dato strumento, per cui si sentivano realmente delle differenze marcate, poi, dagli anni 60 in avanti, le cose cambiarono.
Ma iniziamo dal principio e nella seconda parte vedremo anche gli esempi dell’ evoluzione musicale.
I tipi di orchestre si dividono per numero di musicisti e strumentazione impiegati.
E’ stata un’ evoluzione continua dai primi trovadores che giravano di paese in paese fino alle sofisticate orchestre degli anni 50.
Dai formati più semplici come Duo, Trio e Cuarteto, si è passati al Quinteto, Sexteto, Septeto e Conjunto (ovvero più di 7 musicisti) fino al Combo.
Poi ci sono le orchestre: l’Orquesta Tipica, la Charanga e la Big Band.
Ma andiamo a vedere qualche esempio.
DUO:
Uno dei più importanti e celebri duo è quello dei Los Compadres, ovvero Francisco Repilado alias Compay Segundo, al tres e seconda voce e Lorenzo Hierrezuelo, alias Compay Primo, prima voce e chitarra.
Il nome dei Los Compadres fu anche ripreso da J.Pacheco e Pete El Conde Rodriguez ai tempi della Fania per il titolo di un disco.
Compay Segundo diventerà poi immensamente popolare gazie al progetto Buena Vista Social Club.
TRIO:
Un trio fondamentale per la diffusione del Son e del Bolero composto da 3 voci, chitarra,tres, maracas e clave è il Trio Matamoros.
CUARTETO:
Si aggiunge un altro strumento, alcuni usano i Bongos, altri la classica Botija, utilizzata in funzione di basso.
Altro strumento caratteristico di quel periodo di origine africana, era la Marìmbula, utilizzato sempre in funzione di basso. Antonio Machin rese celebre il son negli stati Uniti nei primi anni 30, sia con l’orchestra di Don Azpiazu che con il suo Cuarteto.
QUINTETO:
Formazione estremamente variabile per il quinto musicista. In questo video un gruppo contemporaneo di Son formato da chitarra, tres, bongos, contrabbasso, maracas e voce.
SEXTETO:
Aumentando il numero di musicisti era possibile arricchire la sezione ritmica, così si arriva al Sexteto, che è stata una delle formazioni più utilizzate all’epoca negli anni 20, composto da chitarra, tres, contrabbasso o marimbula, bongos, maracas e clave.
Al Sexteto (in italiano sestetto) si deve l’incorporazione nel Son della Tumbadora da parte di Vidal Benitez, conguero del Sexteto Afrocuba di Santos Ramirez, strumento che poi sarà popolarizzato dal Conjunto di Arsenio Rodriguez.
Anche i Timbales vennero utilizzati in una formazione sonera da Manuel Sanchez nel 1924, strumento invece tipico delle Charangas.
Tantissimi sono i Sextetos a Cuba e nei caraibi come il Sexteto Habanero, Sexteto Oriental, Sexteto Occidente, Sexteto Boloña, ecc.ecc.
A Portorico diventa popolare il celebre Sexteto Borinquen del grande Mario Hernandez.
SEPTETO:
Nel 1927 nasce il Sexteto Nacional e di lì a pochi mesi con l’arrivo del trombettista Lazaro Herrera, diventa il celebre Septeto Nacional, del grande contrabbassista e compositore Ignacio Pineiro.
La tromba aggiunse colore e la possibilità di fare assoli, del resto era ispirata al grande Luis Armstrong!
In questo video la formazione è allargata ad otto musicisti con due chitarristi:
CONJUNTO:
Il Conjunto è una formazione che comprende da 8 a 14 musicisti (il numero non è rigido e varia da conjunto a conjunto).
Questo è in assoluto il formato più popolare ancora oggi. Arsenio Rodriguez rese celebre questo formato, aggiungendo nel 1940 al formato del septeto tradizionale, una seconda tromba (3 dal 1949), una tumbadora e un pianoforte!
Questo formato rivoluzionerà completamente la scena musicale.
La risposta al Conjunto di Arsenio, arriverà dal Conjunto Casino, formazione con maggiori influenze jazzistiche e che porterà a tre il numero di trombe(4 a partire dal 1954), aumento necessario per le armonie più sofisticate e che influenzeranno anche il grande Papo Lucca.
Assieme a loro, la Sonora più celebre di Cuba (con questo termine venivano chiamati generalmente i gruppi o Conjuntos con solo trombe) e che rivoluzionerà l’arrangiamento musicale con le due trombe, è la Sonora Matancera!
Questo gruppo è accreditato come il primo ad usare i timbales nel formato Conjunto, in realtà Manuel Sanchez, timbalero della Sonora li utilizzò a partire dal 1924 già dal Sexteto.
A Portorico il 1954 fu un anno strepitoso, nacque il Conjunto più importante, la Sonora Poncena fondata da Enrique “Quique” Lucca, papà del famoso pianista Papo.
Simile al Conjunto, un altro formato importante è il Combo.
Il Combo è la versione portoricana (in pratica un piccolo Conjunto) delle Combinactions nord americane, dove la formazione vede un musicista per strumento, quindi un sax, una tromba, una chitarra, un piano, un basso, una percussione, una batteria, ecc.ecc.
Questo formato era perfetto per i piccoli night club che non potevano permettersi un’orchestra più grande.
Alla fine degli anni 50, il Combo diventa celebre anche a Cuba.