All’interno di questa sezione troverete le biografie dei principali artisti di salsa e gli articoli realizzati in collaborazione con alcuni importanti giornalisti e studiosi del settore.
Con l’occasione abbiamo il piacere di presentarvi Gherson Maldonado, famoso produttore e conduttore radiofonico di vari programmi fra i quali Concierto Caribe e Ritmo, Sabor y Estilo nonchè coordinatore del forum creato dal Ministero della Cultura venezuelano sulla storia della salsa in quel paese. E’ inoltre collaboratore di alcune riviste venezuelane ed internazionali.
Diamo il nostro benvenuto a Gherson!
Fra i nostri collaboratori abbiamo inoltre due “vecchie conoscenze”:
* Tato Conrad, “Cocolo”, titolare della più antica Accademia di salsa a Puerto Rico nonchè grande studioso della musica e delle tradizioni caraibiche.
* Tommy Salsero
Nato a Ponce il 3 giugno del 1937, Ismael Quintana è deceduto sabato 16 aprile 2016 in Colorado a causa di un infarto. Aveva 78 anni.
Il piccolo Ismael viaggia insieme alla sua famiglia quando è ancora in fasce alla volta degli Stati Uniti, dove cresce e inizia ad ascoltare alcuni musicisti latino-americani come Tito Rodriguez, Frank “Machito” Grillo, Ismael Rivera e Tito Puente che lo influenzeranno nella sua futura carriera.
E’ un periodo molto bello per il giovane Quintana che si ritrova insieme agli amici del quartiere per cantare alcune fra le canzoni più popolari di quegli anni.
Successivamente viene chiamato da Orlando Marin per un’audizione che non ha successo (Quintana dirà che il vero motivo era quello di far paura al cantante dell’orchestra e non di sostituirlo) ma che gli permette di essere ascoltato da Eddie Palmieri che all’epoca suonava con Tito Puente e che rimane molto colpito dal giovane Quintana.
Nel 1960 Eddie Palmieri chiama Ismael Quintana per un provino a casa sua e iniziano a provare alcuni brani già conosciuti da entrambi e di lì a poco nascerà una collaborazione destinata a fare la fortuna dell’orchestra La Perfecta grazie anche ad alcuni musicisti di grande talento come Many Oquendo, Tommy López, Mike Collazo, Barry Rogers, Chocolate Almenteros e Vitín Paz.
Nel 1961 vede la luce il primo disco di Eddie Palmieri e La Perfecta che viene chiamato con lo stesso nome dell’orchestra.
Nel 1962 esce il secondo disco, El Molestoso, con canzoni che passeranno alla storia come la stessa “El Molestoso”, “No critiques”, “Asi es la humanidad” fra le altre.
Saranno anni di grandi successi per la Perfecta e Ismael Quintana, fino ai primi anni settanta quando decide di iniziare la carriera da solista collaborando con diverse orchestre fra le più conosciute del panorama salsero.
In realtà già nel 1967 aveva collaborato con Vladimir Vassilieff e successivamente nel 1969 con il trombonista Johnny Colón nella canzone “New York Mambo”.
Il 1973 rappresenta l’anno della svolta: esce il nuovo disco di Eddie Palmieri “Sentido” con alcune canzoni che diventeranno successi mondiali come “Adoracion”, inoltre Johnny Pacheco e Jerry Masucci invitano Ismael Quintana a far parte della Fania
ll Stars e a realizzare i suoi primi dischi da solista sotto l’etichetta che avrebbe rivoluzionato il mondo della salsa.
Nel 1974 viene presentato il suo primo disco “Ismael Quintana” con la canzone “Mi debilidad” che diventa presto una hit targata Fania con la collaborazione di alcuni nomi fra i più importanti del periodo fra i quali non possiamo non ricordare Papo Lucca, Bobby Valentín, Johnny Pacheco, Barry Rogers, Mark “Markolino” Dimond, Hector Lavoe, Jimmy Sabater, Nicky Marrero.
Da lì in avanti i successi si susseguiranno, così come le collaborazioni con i migliori artisti del momento.
Nella sua lunga carriera, Ismael Quintana, non ha mai voluto creare una sua orchestra, preferendo collaborare di volta in volta con artisti diversi per realizzare i propri lavori discografici, una scelta nata dalla volontà di non trovarsi mai a dover gestire troppi musicisti direttamente e soprattutto per realizzare ogni volta nuove collaborazioni.
Discografia:
Da solista:
“Punto y Aparte” (1971);
“Dos Imágenes” (1972);
“Ismael Quintana” (1974);
“Lo Que Estoy Viviendo” (“What I’m Living Through”) (1976);
“Amor, Vida y Sentimiento” (“Love, Life and Feelings”) (1977);
“Jessica” (1979) (with Ricardo Marrero and The Group);
“Mucho Talento” (1980) (with Papo Lucca).
Con Eddie Palmieri:
“Eddie Palmieri y La Perfecta” (1961);
“El Molestoso” (1962);
“Lo Que Traigo Es Sabroso” (1963);
“Echando Pa’ Lante” (“Straight Ahead”) (1964);
“Azúcar Pa’ Ti” (“Sugar for You”) 1965);
“Mozambique” (1966);
“Molasses” (1967);
“Champagne” (1968);
“Justicia” (1969);
“Superimposition” (1970);
“Vamonos Pa’l Monte” (1971);
“Recorded Live at Sing Sing, Vol. 1” (1972);
“Recorded Live at Sing Sing, Vol. 2” (1974);
“Sentido” (1973);
“Timeless”. Live recording;
“Eddie Palmieri Live At The University of Puerto Rico” 1974).
Con Cal Tjader e Eddie Palmieri:
“El Sonido Nuevo” (“The New Soul Sound”): Cal Tjader & Eddie Palmieri;
“Bamboléate”: Eddie Palmieri & Cal Tjader”.
Con la Fania All-Stars:
“Live at Yankee Stadium, Vol. 2”;
“Fania All Stars in Japan”;
“Live in Africa”;
“Salsa: Original Motion Picture Sound Track Recording”;
“Tribute To Tito Rodríguez”;
“Habana Jam”;
“Commitment”;
“Lo Que Pide La Gente”;
“Live In Puerto Rico 1994”;
“Bravo 97”;
“Viva Colombia”.
Con Tito Puente:
“Homenaje a Beny Moré”, Vol. 1;
“Homenaje a Beny Moré”, Vol. 2.
Con Vladimir Vassilief:
“Vladimir and His Orchestra: New Sound in Latin Jazz”.
Il compositore e fondatore dell’orchestra La Selecta, Raphy Leavitt, è scomparso questa mattina 5 agosto 2015 a Miami, aveva 66 anni.
Le cause sono dovute ad un’infezione alla protesi dell’anca che gli avevano impiantato molti anni prima a seguito di un incidente d’auto.
Nato a San Juan di Portorico il 17 settembre del 1948, Leavitt fonda la sua prima orchestra nel 1966 e la chiama “Los Señoriales“.
Successivamente l’orchestra cambierà nome e diventerà “La Banda Latina“.
Ma è solo nel 1970 che decide di cambiare lo stile dell’orchestra con un nuovo concetto musicale (con i tromboni e quel suono aggressivo reso popolare da Willie Colon ma anche con le trombe per rendere la melodia più dolce) ed un messaggio sociale per il popolo latino.
Grazie a queste innovazioni nel 1971 vede la luce l’orchestra “La Selecta” il cui primo cantante sarà Sammy Marrero.
Ed è sempre nel 1971 che La Selecta occuperà per ben 12 settimane di seguito la prima posizione in classifica nella hit parade di Portorico con il bolero montuno “Payaso”, composizione originale di Leavitt che diede il titolo alla sua prima registrazione discografica.
Oltre a Payaso fra i maggiori successi di Leavitt e della Selecta ricordiamo: La Cuna Blanca, Jíbaro Soy, Soldado, Mi Barrio, El Solitario e Parranda Selecta.
Uno dei principali riconoscimenti ricevuti dall’artista nella sua carriera fu quello di aver utilizzato musica tipica di Portorico come la décima, la bomba e los aguinaldos, integrandoli nella salsa.
Attualmente La Selecta stava registrando il nuovo disco.
Siamo a Ponce, Portorico, quando nel 1944 un musicista oriundo di Yauco, però residente in questa città, Enrique “Quique” Lucca Caraballo, decide di formare un gruppo musicale. La prima formazione viene chiamata “Orquesta Internacional” ed è formata da due trombe, percussioni e voci e viene costituita nella sua totalità da musicisti di Ponce.
Dieci anni più tardi il sogno di Lucca, ovvero quello di ottenere qualcosa di trascendentale, inizia a sfumare. Ormai stanco delle feste nei saloni da ballo e dei contratti domenicali decide di sciogliere il conjunto. Il suo desiderio era qualcosa di più di un quintetto, come quelli che andavano di moda in quel periodo, inoltre cercava l’occasione per aumentare gli introiti per migliorare la qualità della vita della sua sposa Angélica e dei suoi tre figli: Zulma, Enrique e Wanda.
Però aveva la musica nel sangue e poco tempo dopo, nel Febbraio del 1954, ricostituì di nuovo l’orchestra. Don Enrique crea un nuovo conjunto, più grande del precedente e con un suono più potente. Per farlo decide di puntare verso un repertorio di temi popolari composti da Arsenio Rodríguez (verso il quale provava una profonda ammirazione), dalla Sonora Matancera e dal Conjunto Casino dei due Roberto: Faz e Espí. Il nome ufficiale della fiammante orchestra sarà: “La Sonora Ponceña“!
I primi dischi della “Ponceña” nonostante il successo commerciale e l’eccellente strumentazione, avevano qualcosa di strano, considerando che si facevano chiamare “Sonora”, avevano il formato dell’Orchestra e suonavano come un Conjunto. E la ragione era evidente; si trovavano ancora sotto l’influenza del “Cieco Meraviglioso”, Arsenio Rodríguez, il terzo cubano il cui stile musicale era parte indissolubile dei conjuntos del tempo. All’inizio La Sonora Ponceña e La Perfecta di Eddie Palmieri (orchestra di New York) erano molto simili, con l’eccezione che la sezione dei fiati di quest’ultima era incentrata sui tromboni.
Sono tre i fatti che determinano il consolidarsi dello stile della Sonora Ponceña. Il primo è la nascita nel 1946 di Enrique Arsenio, oggi internazionalmente conosciuto come “Papo”, un bambino prodigio che farà il suo debutto professionale nel programma televisivo della popolare cantante portoricana, Ruth Fernández, suonando il piano e accompagnato dall’orchestra fondata da suo padre. Il secondo è l’acquisto da parte di Jerry Masucci (proprietario della Fania Records) dell’etichetta “Inca”, il quale aveva già ascoltato la Sonora in vari concerti durante la sua visita a New York. In questo modo darà l’opportunità all’orchestra di farsi conoscere presso tutto il bacino caraibico. Il terzo è l’individuazione da parte di Papo dell’opera musicale del pianista Oscar Peterson, considerato uno dei migliori esponenti di Jazz, il cui stile si ascoltava nei suoi assoli di piano.
La storia della crescita e dell’eventuale successo del piccolo Enrique è piena di piacevoli e strani aneddoti. Come quando nella sua prima presentazione professionale nel programma di Fernández, si rende conto di non essere in grado di raggiungere i pedali dell’immenso piano nero che gli avevano dato. Aveva 11 anni e siccome fisicamente era ancora molto minuto, da seduto non riusciva a raggiungere i pedali mentre se provava a suonare in piedi quasi non riusciva a vedere la tastiera. Arriva il papà Don Quique, che nel consolare il figlio gli dice di non preoccuparsi perchè non avrebbe mai permesso di fargli perdere l’opportunità di suonare professionalmente per la prima volta in quel pomeriggio e gli prepara un’estensione per le sue scarpe che gli permette di raggiungere i pedali del pianoforte.
Un altro aneddoto si registra quando aveva cinque anni. Il bambino stava suonando la clave con grande abilità e uno dei divertimenti preferiti di suo padre era quello di vederlo suonare con il gruppo. Un pomeriggio, mentre il Conjunto Internacional provava, Papo si siede dietro ad una tumbadora molto più grande di lui e comincia a suonare “Ran Kan Kan”, il mambo descarga che rese famoso Tito Puente, con una tale precisione che i membri dell’orchestra anzichè interromperlo decidono di accompagnarlo. Qualche giorno dopo, Don Quique parla con un buon amico, Francisco Alvarado, e con il suo aiuto iscrive il piccolo Papo presso la Escuela Libre de Música Juan Morel Campos di Ponce dove i professori gli insegnavano le regole di giorno e Don Quique le rinforzava di notte.
Nel Novembre del 1957 il bambino diventa l’attrazione principale della Sonora Ponceña durante un ballo nella città di Bayamón. I familiari, gli amici, i musicisti ed il pubblico in generale rimangono incantati con la presentazione e anche se in questa notte non si parlerà molto del piccolo pianista, per Don Quique, il suo congiunto aveva ormai iniziato il cammino che aveva sempre desiderato. L’anno successivo tre dischi a 78 giri materializzano il suo sogno. Specialmente l’ultimo di questi, dove la Sonora Ponceña con Papo Lucca al piano, accompagna ai boleristi Felipe Rodríguez e Pedro Ortíz Dávila, “Davilita”. Si ripete di nuovo lo stratagemma delle estensioni alle scarpe per fargli raggiungere i pedali del pianoforte.
Durante gli anni sessanta, Papo diventa il simbolo della Sonora Ponceña e gli impresari cominciano a richiedere nei loro contratti la partecipazione del ragazzino. Ormai ad ogni presentazione tutti gli sguardi si fissano verso Papo e non solo per la sua giovane età quanto per il suo innegabile talento. Verso la metà di questa decade il giovane diventa non più l’orgoglio di suo padre ma di tutta la sua città.
Il rappresentante dell’etichetta Inca, Pedro Páez, interessato alla Sonora Ponceña, offre a Don Quique un contratto che firma subito senza alcun dubbio, con canzoni composte dagli integranti del gruppo e altre tratte dal repertorio di Arsenio Rodríguez. La Sonora Ponceña registra così il primo disco di larga durata intitolato “Hacheros Pa’ Un Palo” ed i cui arrangiamenti vengono curati dal giovane Papo.
Il disco ed in particolare il tema che ne dava il nome, diventa un incredibile successo nelle radio di New York. La stessa cosa succede con la seconda registrazione “Fuego en el 23” del 1969 dove fra i musicisti si ricordano oltre a Don Quique e Papo Lucca, i cantanti Luigi Texidor e Tito Gómez, il bassista Tato Santaella, il timbalero Edgardo Morales, il conguero Félix Torres, il bongosero Francisco Alvarado ed i trombettisti Carmelo Rivera, José Rodríguez, Delfín Pérez e Ramón Rodríguez.
Papo Lucca riuscì a conciliare questa influenza con quella di Lili Martínez Griñan, il pianista e arrangiatore del Conjunto de Arsenio Rodríguez, raggiungendo uno stile molto proprio e che piano piano diventerà la base di tutto il gruppo; anche quando questo cambiamento non è ancora presente nelle prime registrazioni con la Fania. Il primo disco per questa etichetta fu “Navidad Criolla”, album che si ricollega con una gran parte delle tradizioni dell’aguinaldos e parrandas portoricane. I successivi tre dischi “Prende el Fogón”, “Sonora Ponceña” e “Sabor Sureño”, ritornano nuovamente allo stile di Arsenio e Palmieri. E’ solo nel 1975 con il disco “Tiene Pimienta” che Papo Lucca incorpora diverse sonorità con una tastiera elettronica, fatto che si consolida l’anno dopo con l’album “Conquista Musical”. La ragione: il cambio del produttore. Per questo disco la casa discografica rimpiazza Larry Harlow con Louie Ramírez che inoltre si associa con Papo.
Su consiglio di Louie la Ponceña inizia un tour per i caraibi e internazionalizza la propria musica interpretando e registrando temi come “La Pollera Colorá”, del colombiano Wilson Choperena e bombas, merengues, boleros-feeling, guaguancós e sones. Alla fine degli anni settanta la Sonora Ponceña registra un disco con Celia Cruz, “La Ceiba”. Questo disco rappresenta il cambio definitivo. In quel periodo erano già stati incorporati nella formazione i cantanti portoricani Miguel Ortíz e Yolanda Rivera che vengono scelti proprio a causa delle caratteristiche così diverse che avevano, cosa che al contrario di quel che molti pensavano, anzichè creare scompensi ottiene l’effetto contrario.
https://youtu.be/b_Z1vCD85Q8
Nel 1980 Papo registra uno dei dischi più conosciuti della Sonora, “New Heights”, registrazione che propone un nuovo concetto, l’illustrazione della copertina. Questa illustrazione e quelle successive li avvicinano ancor più al pubblico e li avvicinano ad un nuovo gruppo di fans, a quelli affezionati alla loro musica si aggiungono i collezionisti di copertine. Inoltre, con questo disco, iniziano a intitolare le registrazioni in inglese, cosa che rinforza il carattere internazionale dell’orchestra e che mostra ancor più una produzione a livello visuale.
Nella metà degli anni 80 la Sonora Ponceña era già conosciuta come l’orchestra più importante di salsa a Portorico ed i Lucca erano padroni e signori della sonorità, al punto che quando contrattano un nuovo e sconosciuto sonero, lo scomparso Toñito Ledée, in meno di due diventa un idolo popolare.
Parallelamente la Ponceña presenta due nuove novità. La prima, la tenace registrazione di canzoni di musica moderna cubana, specialmente quelle di Adalberto Alvarez e di Pablo Milanés. Il primo infatti essendo direttore di “Son 14”, consegna a Papo due inattesi successi: “Soledad” e “Cuestiones”; ed il secondo, ogni volta sempre più lontano dalla “nueva trova” che gli avrebbe portato fama e fortuna, gli concede “Canción”, tema basato su una poema di Nicolás Guillen, e “Sigo Pensando en Tí”. La seconda novità fu la loro incursione nel Latin Jazz, cosa che li obbligò a modificare la sezione dei fiati ed il loro suono basato anche negli arrangiamenti che ogni volta avevano maggiori elementi di Jazz, rendendoli sempre più brillanti.
Con una discografia di più di 30 dischi, uno di quelli che rispecchia maggiormente la storia ed il monumentale contributo che Papo e La Sonora Ponceña hanno dato alla musica popolare caraibica, è quello registrato dal vivo il 19 Febbraio del 2000 presso l’Anfiteatro Tito Puente di Portorico, per celebrare in forma ufficiale il loro 45° anniversario. Un impeccabile registrazione dove sono presenti molte delle figure che presero parte all’orchestra ed un repertorio che include, fra gli altri, i classici “Boranda”, “Timbalero”, “Fuego en el 23”, e “Ahora Sí”. Alcune in versione allungata giustificate solo perchè mostrano il virtuosismo del proprio direttore.
Negli anni successivi, anche se non tornarono a registrare fino al 2004, La Sonora Ponceña continuò a suonare tanto a Portorico come all’estero. Realizzarono innumeverevoli presentazioni nell’Isla del Encanto (Portorico), così come a New York, in Florida, a Washington, Connecticut, Philadelphia, Chicago, New Jersey, Venezuela, Panamá, Perú, Colombia, Ecuador, Francia, Inghilterra, Svizzera e Italia.
L’anno 2004 risultò essere molto importante per Don Quique, Papo Lucca e La Sonora Ponceña. Da un lato celebrarono a tutto campo i 50 anni nella musica, mentre lanciavano sul mercato una nuova proposta musicale: “Back to the Road” sotto l’etichetta Pianissimo, di proprietà del Maestro Papo Lucca.
“Back to the Road” è un classico disco della Sonora Ponceña, dove si mostra quello che ha fatto diventare questa Orchestra una vera istituzione, dimostrando che non hanno mai dormito sugli allori e sui passati successi e inviando un chiaro messaggio del fatto che Papo Lucca continua ad essere un musicista visionario come pochi. Questo lavoro discografico dimostra la qualità della Ponceña, sempre nella linea attuale ma mantenendo la tradizione ed il suono incomparabile. Include, fra gli altri brani, “Caprichosa”, “El Alacrán”, “Con Tres Tambores Batá”.
Durante il “Jubileo de Oro” che si celebrò il 21 Febbraio del 2004 presso il Colosseo Rubén Rodríguez di fronte a 12 mila persone, La Sonora Ponceña riaffermò la propria posizione come uno dei gruppi più famosi di Portorico. Fu una festa come tante altre che si formano quando la Ponceña è sul palco. L’orchestra che dirigevano Don Quique e Papo Lucca propose solo le proprie specialità, la migliore salsa sul mercato ed un album musicale riempito di nostalgia che incluse alcune pagine gloriose del repertorio ballabile afroantillano.
La Camera dei Rappresentanti e la Legislatura di Portorico, così come le istituzioni ed i gruppi relazionati con la cultura e l’arte portoricana, hanno riconosciuto il grande merito a Don Quique e a Papo Lucca, per l’apporto che questi due artisti hanno dato alla musica popolare a Portorico e nel mondo intero durante i passati 50 anni.
Il 16 Marzo del 2004 gli hanno dedicato il 23° “Día Nacional de la Salsa”, che è il più importante ricoscimento salsero a Portorico, celebrato nella città di Carolina.
Nella città di Ponce, la loro città d’origine, hanno ricevuto il riconoscimento dal Sindaco, On. Rafael “Churumba” Cordero (QEPD), che ha nominato una delle vie della città “Enrique Lucca Carballo”, in onore di Don Quique Lucca.
Durante una votazione unanime, la giunta dei Direttori del “Día Nacional de la Parada Puertorriqueña” a New York, ha designato la Sonora Ponceña, nel suo 50° anniversario, come l’orchestra invitata d’onore alla nuova sfilata annuale celebrata il 13 Giugno del 2004.
Prima che terminasse il 2004, il 4 Settembre ebbero il grande onore di inaugurare, insieme all’“Apolo Sound” di Roberto Roena e a Richie Ray y Bobby Cruz, uno degli scenari più importanti di Portorico e dei Caraibi, il Colosseo José Miguel Agrelot.
La Sonora Ponceña è attualmente formata da: Don Quique Lucca, Fondatore e Direttore; Papo Lucca, Pianista, Arrangiatore e Direttore Musicale; Edwin Rosas, Daniel Dávila, Héctor L. Pérez e Fernando L. Colón, Cantanti; Delfín Pérez, Efrén Camacho, Mario Marcucci e Alfredo del Valle, Trombettisti; Alexander Rosas al Basso; Wilfredo López alle Congas; Domingo Gutierrez al Bongó e Jessie Colón e Manolito Rodríguez al Timbal.
Il 9 ottobre del 2000 è andato a ballare con gli angeli, una delle stelle più splendenti della costellazione salsera: Miguel Matos Chevere, meglio conosciuto come “Papito Jala Jala”.
Un uomo dal carisma inconfondibile, un ballerino inimitabile, capace di lasciare una traccia indelebile nella storia di questa espressione musicale da noi così tanto amata.
Per me, come per molti altri, ha rappresentato molto di più di un semplice maestro e credo che il suo esempio, il suo personaggio rimarrà per sempre nel cuore dei salseri di tutto il mondo.
Come persona aveva come tutti mille difetti ma aveva un cuore incredibilmente grande, pronto com’era a correre in soccorso anche del suo peggior nemico.
Come ballerino possedeva la straordinaria capacità di trasformarsi, ogni volta che entrava in pista, in un incantatore, un mago o se preferite un domatore.
Sì, quando lo vedevo ballare con le sue Jala Jala dancers, mi dava proprio l’idea del domatore del circo, alle prese con le sue tigri e le sue leonesse. Gli ho sempre invidiato quella sua capacità innata di ipnotizzare le persone, di penetrare la musica e di raggiungere, nei momenti di massima ispirazione un vero e proprio stato di trance.
Il destino di molti artisti è quello di cadere nell’oblio una volta che abbandonano le scene. Nessuno, nemmeno tra gli amici più cari o tra gli allievi più fedeli, si preoccupa di mantenere vivo il loro ricordo.
Il sito www.papitojalajala.com ed il Papito Jala Jala fan club che ho creato su Facebook sono la mia maniera di esternagli tutta la mia gratitudine, la mia ammirazione ma soprattutto il mio affetto a una persona che ha saputo avere una importanza così radicale nella mia vita, come in quella di tanti salseri che grazie a lui hanno avuto l’ispirazione per dedicarsi anima e corpo al ballo…
“Grazie maestro per averci insegnato che un uomo non va’ amato solo per le sue virtù ma anche per i suoi vizi…
Che la bontà e la malvagità possono convivere incredibilmente nello stesso cuore ed essere alle volte solo il frutto di un estremo bisogno d’amore..
Grazie per averci insegnato a perdonare e averci mostrato la sottile linea di confine tra l’amore e l’odio…
Grazie Papito, un artista muore ma la sua arte non muore con lui, vivrà per sempre nel ricordo delle persone che gli hanno voluto bene…”
Miguel Matos Chevere nasce a Puerto Rico il 29 giugno del 1952. Nasce, sotto il segno del cancro, a Carolina, un comune, nelle vicinanze della capitale, noto per aver dato i suoi natali a molti grandi ballerini ma anche a diversi sportivi di fama internazionale. Vive la sua infanzia in un quartiere che già dal suo nome aveva dei segni premonitori: “l’esquina caliente” (l’angolo caldo).
Comincia a ballare all’età di tredici anni. Erano i mitici anni ’60, l’epoca in cui la salsa cominciava a dare i suoi primi vagiti. Erano gli anni in cui furoreggiava un nuovo ritmo l’Jala Jala, ritmo creato da Roberto Roena ma portato al successo dal Gran Combo di Puerto Rico e dal duo formato da Richie Ray e Bobby Cruz.
Miguel Matos partecipò ad una gara di Jala Jala organizzata dal Canal 11 per il programma “Teenager Matinèe”.
In quella occasione sbaragliò tutti gli avversari e da allora per tutti fu semplicemente Papito Jala Jala.
Successivamente vinse altri concorsi di ballo organizzati rispettivamente dalle trasmissioni “Alta tensione”, e “Cambia Cambia” (Canale 11) e “La factoria de la salsa” (Canal 7).
Sull’onda di quei travolgenti successi fu invitato così a partecipare come ballerino ufficiale alla trasmissione “Salsa, sabado en la noche” sul Canal 2.
Papito non aveva una preparazione accademica alle spalle, era al contrario il classico “bailador de la calle”, tutto genio e sgretolatezza. Era un istintivo, una persona estremamente creativa con una straordinaria sensibilità artistica.
Fra i suoi ispiratori troviamo sicuramente ballerini come Mike Ramos, Anibal Vasquez, i fratelli Roberto e Cuqui Roena, Samson Batalla e Tito Bey.
Oltre che per le sue eccezionali doti di ballerino, Papito si era messo, fin da giovanissimo, in luce per le sue qualità di coreografo. Aveva così cominciato a collaborare con molte orchestre sia di salsa che di merengue, dentro e fuori Puerto Rico. Tra le sue collaborazioni più importanti ricordiamo quelle con: Los Hijos del Rey, Anthony Cruz, Wilfrido Vargas, Rafù Warner, Sergio Vargas, Gary Pinto, Giro.
Dopo essersi ritirato per alcuni anni dalle scene, Papito verso la fine degli anni ’80 ritorna con un grande progetto: la creazione di un gruppo di ballo che potesse rappresentare non solo il suo stile inconfondibile ma che potesse diventare anche il fiore all’occhiello “dell’Isla del encanto” e del talento “borincano”.
Nel 1989 fonda così Los Jala Jala dancers. L’attività che segnò l’esordio di questo gruppo fu l’omaggio per i 25 anni nella musica di Andy Montañez, celebratosi nel Teatro della Università di Portorico.
Da allora Papito Jala Jala ha sempre di più incrementato la sua popolarità partecipando a numerosi trasmissioni televisive come “Musicomedia”, “Semana de la salsa”, “El Show del Mediodia”, “Noche de Gala”, “Que vacilon”.
Fra le apparizioni più celebri del suo gruppo ricordiamo quelle al Teatro Bellas Artes di San Juan insieme a cantanti del calibro di Cheo Feliciano, Tony Vega, Ismael Miranda e Roberto Roena; quelle al Coliseo Roberto Clemente con la MP All Stars e Gilberto Santarosa; quelle all’anfiteatro Tito Puente con l’orchestra di Tommy Olivencia e della Sonora Ponceña, senza dimenticare quella più importante: al Madison Square Garden di New York ancora una volta con la Sonora Ponceña.
Gli Jala Jala dancers sono stati il primo gruppo portoricano ad esibirsi in Italia e allo stesso tempo il primo ad esibirsi ufficialmente a Cuba nell’ambito di una manifestazione denominata “De aqui pa allà”. Questa storica tournée ha di fatto influenzato moltissimo lo stile di Papito che da allora ha incominciato ad incorporare nel suo stile molti movimenti presenti sia nella timba che nella rumba cubana.
Profondamente innamorato dell’Italia e del popolo italiano Papito fino al momento della sua scomparsa ha continuato a frequentare assiduamente quella che sarà per lui la sua seconda casa.
Molti dei maestri che attualmente insegnano in Italia sono stati allievi del grande Papito ed oggi i suoi insegnamenti, pur in un momento di grande contaminazione stilistica, continuano ad essere un punto di riferimento costante per tutti gli amanti della salsa.
Da anni sofferente di diabete Papito non ha resistito ad un attacco di cuore che ha stroncato la sua vita il 9 ottobre del 2000, nella sua abitazione, sita nel quartiere Bahia Vistamar.
Aveva appena 48 anni…
Parlare di colui che può essere definito, a mio avviso, uno dei più importanti musicisti latini di ogni tempo, non è certo facile. La mia non vuole essere una biografia completa, per questo ci vorrebbe un libro intero, ma una breve introduzione ai suoi meriti artistici in campo musicale. Cachao nacque a l’Habana nel 1918 e fu un musicista completo (suonava infatti anche il piano, sebbene il suo strumento principale fosse il Contrabbasso).
Cachao ebbe una doppia vita artistica:
– la prima, che durò circa 30 anni, nella musica colta come elemento integrante della Sinfonica dell’Habana dove ebbe modo di suonare per direttori come Eric Kleibe, Sir Thomas Beecham, Von Karajan, Stravinsky (Cachao suonò ‘Firebird’ e ‘Petrouchka’ con il maestro) , Héctor Villalobos e Antal Doraty o nella musica operistica con tenori come Mario Del Monaco.
– la seconda nella musica popolare latinoamericana.
La musica del maestro attraversa tutto il Novecento, costellata da geniali intuizioni che hanno sempre anticipato gli stili a venire.
Nel 1937 con suo fratello Orestes “Macho” Lopez (Orquesta Arcaño y sus Maravillas) anticipò la moda del Mambo.
Orestes scrisse il brano “Mambo” (diffuso alla radio a partire dal 1938) aggiungendo alla terza parte del Danzon (i due fratelli ne composero circa 3000!) un montuno; in questa sezione svilupparono insieme alcune idee musicali, basate sul tumbao del piano e con le improvvisazioni generalmente affidate al flauto e sostenute da un ricco movimento sincopato affidato ai Guajeos dei violini, ai Timbales e successivamente ad una Conga suonata da un giovane musicista, El Colorao.
Il Danzon de Ritmo Nuevo era il papà del mambo.
Il brano “Mambo” segnerà una nuova era nella musica latina sia per le innovative armonie che per le varianti ritmiche.
Sebbene i fratelli Lopez non siano i padri esclusivi del Mambo, genere che sarà sviluppato in modo differente da artisti come Arsenio Rodriguez, Damaso Perez Prado, Renè Hernandez, Bebo Valdes ed El Niño Rivera, a loro va sicuramente la palma dei precursori.
Negli anni 50 Cachao rese celebri le “Descargas” tra musicisti, generalmente costruite sul sistema modale , (in contrapposizione al tonale su cui si basa anche la canzone popolare) che diventeranno una parte imprescindibile della Salsa degli anni 70.
Il disco del 1957 registrato per la Panart “Cuban Jam Sessions En Miniature” ha lasciato un marchio indelebile per tutte le Descargas a seguire.
Cachao lavorava con una formazione aperta che includeva suo fratello Orestes al piano, Alejandro Vivar e Armando “Chocolate” Armenteros alle trombe, Generoso Jimenez al trombone, Enemelio Jimenez al sax alto, Emilio Penalver al sax tenore, Virgilio Lisama al sax baritono, Andres “Niño” Rivera al tres, Guillermo Barreto ai timbales, Tata Güines alle congas, Rogelio Iglesias ai Bongos e Gustavo Tamayo al guiro.
Cachao si cimenta qui con ritmi come Son e Rumba, imprimendo anche a questi generi il suo proprio stile immediatamente riconoscibile.
Un sistema basato sulla figura ritmica della “cascara” suonata sui timbales, in contrapposizione ad un basso sincopato, ostinato ed ossessivo che marchierà a fuoco più di un trentennio di musica latina a New York, conosciuto anche come “ritmo Cachao“!
Da Tito Rodriguez (con cui Cachao suonò negli anni 60) a Ray Barretto questo modo di suonare il basso è ancora oggi alla base di moltissimi brani di Latin Jazz, Latin Soul/Funk e Salsa.
Basta ascoltare brani come “Trombon Criollo”, ”Oye mi tres montuno”, ”Cogele el golpe” o “Descarga cubana” per rendersene conto.
Tecnicamente Cachao era considerato dal più grande bassista elettrico di tutti i tempi, Jaco Pastorius, il miglior bassista esistente al mondo.
Già perché l’eredità più grande Cachao la lascia forse ai bassisti, come ricorda spesso il geniale Andy Gonzalez.
La sua tecnica, precisa fino al suo ultimo giorno di vita, era incredibile ed era sempre affiancata ad un sabor e uno swing inimitabili, riuscendo a trasmettere ogni singola emozione da quelle corde. In questo caso la frase “pugno di ferro in guanti di velluto” calza alla perfezione.
Cachao aveva anche una tecnica ottima con l’archetto, avendo suonato musica classica per tanti anni; una delle innovazioni più grandi fu quella di usare l’archetto in modo percussivo alternando un colpo secco ad altri due legati.
Era sempre a suo agio sia accompagnando la Sinfonica de La Habana che improvvisando una Descarga o una Rumba con un piccolo gruppo di percussionisti.
I Generi che gli devono molto sono tanti: Danzon, Mambo, Descarga, Salsa, Latin Jazz, Latin Soul, Latin Funk, ecc.
Nei primi anni 60 suona nei migliori gruppi di New York con Machito e con il celebre gruppo di Tito Rodriguez
con cui incide diversi dischi; questa collaborazione mette in luce la grandezza del maestro nell’ambito delle Big Band. Imperdibile il disco del 1964 “Carnaval De las Americas” o “Tito Tito Tito” dove possiamo ascoltare una versione grandiosa di “Descarga Cachao” e la splendida “Descarga Malanga”.
Nel 1966 registra per la Tico di Pancho Cristal le celebri, Descargas Live at the Village Gate vol.1, 2, 3.
Altro celebre ed importantissimo disco è “Patato y Totico” del 1968 che vede insieme Cachao, Patato Valdes, Totico ed il grande Arsenio Rodriguez.
Nel 1969 arriva un disco storico con Eddie Palmieri dal titolo “Champagne” che contiene uno dei Boogaloo più belli della storia “Ay Que Rico” il cui giro di basso diventerà un modello anche per i gruppi di Latin Soul Funk degli anni 70.
Dopo un periodo passato a suonare negli hotel di Las Vegas negli anni 70, si trasferisce a Miami negli anni 80 dove incide una nuova serie di Descargas assieme a Tany Gil, Walfredo De Los Reyes e Francisco Paquito Hechavarria famoso come pianista di Gloria Estefan, nei celebri dischi dei Miami Sound Machine.
Sono comunque gli anni più tranquilli da un punto di vista musicale; Cachao sembra dimenticato quando tutto cambia a partire dall’incontro con Andy Garcia che porta nel 1993 allo storico video “Como su ritmo no hay dos” che rende finalmente merito e importanza a questo gigante della musica latina.
Nello stesso anno arrivano due splendidi dischi, uno con Paquito D’Rivera“40 Years of Cuban jam sessions” e l’altro con Gloria Estefan“Mi Tierra” che vince il premio Grammy!
Seguono tour in tutto il mondo e finalmente altri premi Grammy: Master Sessions Vol.1 nel 1994, El Arte Del Sabor nel 2003 assieme a Bebo e Patato Valdes e nel 2004/2005 con ¡Ahora Si!
Master Sessions Vol.1
Nel 2007 ha suonato per l’ultima volta nel nostro paese ed è in questa occasione che abbiamo avuto l’oppportunità per l’ultima intervista rilasciata al nostro portale:
Resoconto del concerto di Israel Cachao Lopez di Domenica 25 Luglio 2004
É un appuntamento con la storia, questo concerto, la storia con la S maiuscola.
Dietro le quinte ad ascoltarlo c’erano Tata Güines e Changuito, i più grandi percussionisti di Cuba, assieme ad Haila ed alcuni componenti della Charanga Habanera.
La serata ha visto anche la fondamentale partecipazione (più avanti capirete perchè), di un grandissimo trombonista di origine portoricana: Jimmy Bosh!
Jimmy Bosh
Il gruppo vedeva la classica formazione di Timbales, Congas, Voce e Guiro, Piano, Tromba, Sax e Clarino, Violino oltre al trombone di Bosh e al contrabbasso classico di Cachao.
Vederlo entrare sul palco accompagnato da una persona, per via dell’età (80 anni circa), fa tenerezza, ma quando si aggroviglia al suo strumento diventando praticamente un corpo solo con esso e si sentono le prime note profonde e rotonde, magicamente il tempo scompare, gli anni spariscono.
Sono i tocchi granitici di Cachao sul basso, che danno inizio al concerto con la immortale “Descarga Cachao”.
Un poderoso tumbao che porta gli stessi anni di chi lo suona, esce da quel contrabbasso, un solo corpo e una sola anima, gli occhi chiusi e le mani che accarezzano, graffiano o percuotono il suo strumento con poderosi colpi di archetto in modo percussivo.
Il Timbales come sempre fa la parte del leone assieme al contrabbasso e alla congas per quanto riguarda il tumbao ritmico, che tutti abbiamo sentito almeno una volta nella vita, la parte melodica è invece affidata al violino e al clarino che si alternano in canto e controcanto facendo riaffiorare tutto il fascino della “orquesta tipica” di inizio secolo scorso.
In sezione tromba, trombone e Sax (suonato dal clarinettista) si fondono bene rendendo più contemporaneo il sound nei brani più swinganti.
Il repertorio quasi esclusivamente strumentale ha un suo filo logico e passa in rassegna tutti i tipici generi cubani a partire da un bellissimo Danzon che finisce in Cha Cha Cha, (ritmo che infatti deriva come il mambo proprio dal Danzon).
Si susseguono un Mambo e poi una bellissima “Cancion”, genere che venne influenzato sia dalla canzone napoletana che da quella francese che arriva a Cuba dalla vicina isola di Haiti.
Si tratta di “Si me pudieras querer” un brano di Ignacio Jacinto Villa, (pianista con cui Cachao suonò giovanissimo negli anni 30) conosciuto come “Bola de Nieve”, forse il più importante esponente del genere.
Questo cantante e pianista che cominciò la carriera come pianista di Rita Montaner ha infatti nelle sue trame armoniche un grosso punto di riferimento nei compositori impressionisti francesi come Debussy e per capire questa influenza è sufficiente ascoltare uno dei suoi più famosi successi come “Drume Negrita” o “Vete De Mi”.
Sono davvero felice che Cachao abbia fatto conoscere ai presenti la musica di questo straordinario autore e interprete che si esibì anche in Italia negli anni 50.
Segue una delle forme più importanti della musica campesina, la Guajira Son, resa celebre nel mondo dal brano “Guantanamera”, per arrivare infine alla sua più celebre creazione, Lindo Yambù, la bellissima Rumba Yambù in clave di Son che tutto il pubblico canta all’unisono durante il celebre ritornello, “Ave Maria morena”!
Alcuni ragazzi sotto al palco mimano il ballo e tutti gli altri battono la clave sotto gli occhi stupiti di Alfredo Valdes Junior, pianista e figlio di Alfredo Valdes, celebre pianista del Septeto Nacional di Ignacio Piñeiro.
Arriva il bis richiesto a gran voce dai presenti ed ecco che il gruppo riparte con una Descarga da paura dove si incontrano Cuba e Puerto Rico, il mambo di Cachao con il sound salsero del trombone di Jimmy Bosh.
Passato e presente si incontrano di nuovo, con un Jimmy scatenato che mima passi di rumba, fianco a fianco con Cachao, che diventa direttore, lanciando gli assoli della tromba e del sax.
Quando Jimmy interviene lo fa con una potenza devastante, che copre tutti gli altri; in alcuni momenti sembra di ascoltare una intera sezione di tromboni….invece di uno!!
Frasi velocissime si inseguono tra tromba e trombone, timbales e conga, in una sfida all’ultima nota, con Cachao che da buon padre lascia ai suoi musicisti l’onore della chiusura del concerto.
Oltre al già citato Jimmy Bosh in forma strepitosa, note positive vengono dal violinista e dal sassofonista/clarinettista di cui purtroppo non ricordo i nomi, e dal piano “magico” e nostalgico di Alfredo valdes Jr. che con i suoi tumbaos tradizionali con le note suonate ad ottave parallele ci riporta a quello stile classico, immortalato da pianisti come Lili Martinez, Lino Frias, Pedro Justiz “Peruchin” e Ruben Gonzalez.
Un po’ sottotono la tromba e di normale routine il lavoro svolto da Congas e Timbales.
Ma si sa che il re della serata era lui, questo “giovane” bassista che si porta dietro una carriera mostruosa, con una semplicità e un’ umiltà propria solo ai grandi.
Non si può dimenticare quello sguardo di meraviglia, tipico dei bambini, che si materializzava davanti a noi ogni volta che apriva gli occhi (Cachao suona spesso ad occhi chiusi), quasi meravigliato del fatto che ci fosse qualcuno che lo seguiva sotto il palco, con un tifo da stadio.
Perchè ora purtroppo, arriva l’unica nota stonata della intera serata…..eravamo meno di un centinaio!
Cento amanti della buona musica (quasi tutti italiani) che hanno urlato il loro amore e la loro passione per coprire quella imbarazzante e francamente vergognosa situazione.
Per non fargli mancare il calore e l’affetto che un pubblico fantasma non avrebbe potuto donargli…
Eravamo pochi ma sembravamo tanti.
Non so se tornerà, ma la prossima volta vorrei vederlo in un teatro pieno di gente, degna cornice alla sua arte senza tempo.
Grazie Cachao.
P.s: Un consiglio a tutti gli amanti della musica senza categorie o nazionalità.
Si tratta del disco, che include anche un bellissimo dvd:
Israel “Cachao” Lopez : Ahora Sí! Andy Garcia Presents Cachao – CD & DVD Set (Univision 100750)
Lupe Victoria Yoli Raimondo, al secolo La Lupe, “La Yiyiyi”, “The Queen of the Latin-Soul”
Nasce il 23 dicembre 1936 nel quartiere San Pedrito di Santiago di Cuba, da una famiglia di umili origini. Il padre, Tirso Yoli, impiegato nella locale distilleria Bacardi, decide per lei una carriera da insegnante e come tale si diploma all’Havana, proprio come la sua “antagonista” Celia Cruz prima di lei.
Il richiamo della musica è però per lei irrinunciabile: si era formata ascoltando intrepreti quali Rita Montaner, Olga Guillot e la stessa Celia Cruz.
Nel 1958 si sposa una prima volta con Eulogio “Yoyo” Reyes, leader del gruppo Los Tropicubas, al quale si unisce, e dal quale ebbe un figlio: René Camaño. In queste prime esperienze musicali già affiora il carattere forte della Lupe che da uno scossone alla scena musicale cubana dell’epoca.
Dopo due anni si separa dal marito (a causa della sua infedeltà) e dal suo gruppo, ed intraprende la carriera solista, registrando per la Discuba il suo primo disco Con El Diablo En El Cuerpo che comprende, tra l’altro, famose ballate americane tradotte in spagnolo come Loco Amor, Quiéreme Siempre, e il suo primo vero successo No Me Quieras Asi che i suoi fans hanno ribattezzato La Pared perchè nei concerti era solita cantarla ponendosi di fronte ad una parete.
Sempre a Cuba pubblica altri due dischi: Lo Que Trajo La Hola e Volviò La Lupe, per i quali riceve il Disco d’Oro dalla casa discografica RCA Victor.
Ma quello che maggiormente la caratterizza sono già le sue esibizioni dal vivo (memorabili quelle al La Red dell’Havana), sensuali e disperate, ma dai toni troppo accesi per la neonata rivoluzione cubana (ma già sotto Batista le sue esibizioni erano considerate di cattivo gusto dai benpensanti, non dal popolo), tanto da costringerla a lasciare Cuba, prima per il Messico dove non ha il successo sperato, e poi per NYC, dove si esibisce in un piccolo locale, La Barraca, tra la 51a e l’8a nel West Side.
Qui subito viene notata dal compatriota Mongo Santamaria che la vuole nel suo gruppo ed insieme incidono Mongo Introduces La Lupe (1963), vero trampolino per il lancio internazionale della Lupe. In seguito entra a far parte dell’orchestra di Tito Puente, apportando nuova linfa vitale dopo la crisi delle big band latine dovuta alla chiusura del Palladium. Questa collaborazione sfocia in una lunga e fortunata serie di dischi, a partire da La Excitante Lupe Canta Con El Maestro Tito Puente (1965) che vendette più di 500.000 copie, per continuare con Homenaje A Raphael Hernadez (1966) e The King And I (1967), tutti per la Tico Records.
La collaborazione con Tito Puente aveva fruttato per la Lupe una maggior disciplina vocale ed artistica, sempre all’interno di una capacità interpretativa fuori dal comune, che spaziava fra tutti i generi musicali caraibici, portandola ad essere, alla fine degli anni ’60 la più grande star della musica latina insieme a Celia Cruz. In questo periodo esegue anche diverse covers , tra cui America da West Side Story e Fever.
Una brusca frenata alla carriera della Lupe si verifica quando alla fine del 1968 Tito Puente la licenzia (evento da cui la Lupe trae la canzone Ay, Ay, Ay, Tito Puente Me Botò), e quando la ormai onnipossente Fania acquista la Tico Records: si dice che Jerry Masucci avesse deciso di spingere la sua protetta e più affidabile Celia Cruz, lasciando l’ingestibile Lupe al suo destino. Nel ’71 poi, il suo secondo marito Willie García, dal quale aveva avuto sua figlia Rainbow, si ammala di schizofrenia e muore quattro anni dopo (secondo alcune fonti invece Willie García sarebbe ancora vivo – 05/2007).
Nonostante ciò si riebbe ben presto grazie alla sua innata forza d’animo e nel ’71 prende parte alla piéce teatrale Two Gentleman From Verona e per tutti gli anni ’70 continua la sua ascesa verso il mito, grazie anche all’incontro col portoricano Tite Curet Alonso, e nel ’74 pubblica Un Encuentro Con La Lupe che segna l’apice della sua fama.
Continuano a renderla unica i numerosi concerti dal vivo nei più grandi centri di NYC, dove i fans adoranti la vedono totalmente immersa nel suo inno artistico alla disperazione.
Sono anche gli anni del suo grande benessere economico che la porta ad acquistare una magione nel New Jersey del valore di 185.000 $ appartenuta a Rodolfo Valentino. Automobili e gioielli sono la sua passione che riesce a soddisfare per tutti gli anni ’70.
La Lupe allo “show del gallo”
Nel ’78 Jerry Masucci fa marcia indietro e le offre un contratto per ricongiungersi con Tito Puente con cui registra La Pareja.
L’arrivo degli anni ’80 segna il declino irreversibile della Lupe, la quale cade in disgrazia anche a causa del suo fanatismo religioso. La Lupe aveva infatti sempre seguito la sua religione originaria della Santeria; in seguito ad un incidente domestico che le lede la colonna vertebrale, rimane paralizzata alle gambe; un guaritore Evangelico la convinse di aver contribuito alla sua guarigione, in realtà dovuta all’intervento donatole dalla Città di New York, insieme ad un appartamento.
Da quel momento la Lupe si vota completamente a questa confessione, incidendo diversi dischi a tema, fino a vivere di elemosine negli ultimi anni di vita.
Muore per cause naturali il 28 febbraio del 1992, a soli 56 anni. I suoi figli decidono di seppellirla nel cimitero di St. Raymond nel Bronx, ma senza dotare la sua tomba di una lapide, per evitare che i fans ne facciano scempio; proprio un fan ha fatto invece una campagna di raccolta fondi per acquistarne una, la qual cosa si è avverata grazie anche alla munifica donazione dell’attrice portoricana Miriam Colon.
L’incrocio tra East 140th Street and St. Ann’s Avenue nel Bronx (dove la L. visse i suoi ultimi giorni) è stato rinominato in suo onore La Lupe Way.
Ritratto
Non c’è un genere musicale che la identifichi del tutto perché spaziò un po’ in tutti i generi: certamente diede un forte risalto ad un genere un po’ in ombra ai suoi tempi, il bolero.
Chi l’ha potuta vedere dal vivo, dice che la Lupe incantava con la sua voce graffiante, si strappava i vestiti, lanciava via le scarpe, era un fiume inarrestabile che rendeva il pubblico partecipe della sua lucida follia. Lo scrittore cubano Guillermo Cabrera Infante la descrive come “un tremore demente, un’incursione trepidante, un vero attacco… sembra posseduta dal demonio del ritmo… Oggi ho il diavolo nel corpo –dice- … poi inizia a colpirsi, a graffiarsi ed a mordersi le mani e le braccia”. Non soddisfatta di questo esorcismo musicale si avventa contro la parete al fondo assestando colpi con i pugni ed uno o due colpi con la testa, trovando finalmente quiete. Dopo il martellamento della scenografia attacca il pianoforte ed aggredisce il pianista con furia rinnovata. Tutto questo senza smettere di cantare e senza perdere il ritmo…”
Queste sue caratteristiche l’hanno spesso fatta assimilare a Judy Garland, anche a causa del suo seguito fra gli omosessuali in Spagna ed in Latino-America.
Un ulteriore omaggio all’arte di questa grande artista fu l’inclusione del suo brano Puro Teatro all’interno del film Donne Sull’Orlo Di Una Crisi Di Nervi di Pedro Almodòvar (1988).
Il 2 marzo 2007 è uscito a Miami un documentario sulla Lupe intitolato La Lupe: The Queen Of The Latin Soul in cui la regista Ela Troyano ripercorre tutta la parabola della Lupe, da Cuba al Bronx, tracciando di fatto un disegno complessivo di quel periodo musicale latino compreso tra gli anni ’50 e gli anni ’80.
Discografia completa
• “Con el Diablo en el Cuerpo”, 1960.
• “La Lupe is Back”, 1961.
• “Mongo Introduces La Lupe”, 1963.
• “The King Swings, the Incredible Lupe Sings”, 1965.
• “Tú y Yo”, 1965.
• “Homenaje a Rafael Hernández”, 1966.
• “La Lupe y su Alma Venezolana”, 1966.
• “A mí me llaman La Lupe”, 1966.
• “The King and I”, 1967.
• “The Queen Does Her Own Thing”, 1967.
• “Two Sides of La Lupe”, 1968.
• “Queen of Latin Soul”, 1968.
• “La Lupe’s Era”, 1968.
• “La Lupe is The Queen”, 1969.
• “Definitely La Yiyiyi”, 1969.
• “That Genius Called The Queen”, 1970.
• “La Lupe en Madrid”, 1971.
• “Stop, I’m Free Again”, 1972.
• ¿Pero Cómo va ser?, 1973.
• “Un Encuentro con La Lupe”, 1974.
• “One of a Kind”, 1977.
• “La Pareja”, 1978.
• “En Algo Nuevo”, 1980.
Se ci fu un cantante ritmico, carismatico ed istrionico che lasciò uno stile molto definito nei locali dove si esibiva, nella decade degli anni sessanta e settanta in quei vecchi club situati nella vecchia zona del Paraíso, nelle feste private a Caracas o nell’interno del paese, questo fu senz’altro Carlos Rafael Perdomo Yánez, meglio conosciuto nell’ambiente artistico come “El Negro Calaven”, che salì alla ribalta grazie a Fedérico Betancourt y su combo latino.
Il suo modo di cantare, secondo quanto affermato dagli specialisti del canto afrocaraibico, era caratterizzato dall’uso dello “scat-singing”, ovvero di quella tecnica fonetica dove si utilizza la poliritmia avanzata come quella usata nella musica africana occidentale, al posto dei convenzionali soneos afrocubani.
esempi di scat-singing
Lo stile fonetico progressivo e ritmico del Negro Calaven era caratteristico perchè possedeva una grande varietà ritmica e poteva essere riconosciuto istantaneamente, cosa che divise la critica fra chi lo definì come un geniale innovatore e chi lo etichettò come un inusuale e radicale cantante di cattivo gusto.
Calaven realizzò le sue prime registrazioni discografiche con “Anguera y sus Muchachos”, musicista di orgine spagnola che viveva nel quartiere Los Castores a San Antonio de los Altos. Fece parte anche dei gruppi “Los Kenyas”, “Los Calvos” e “Los Dementes” diretti dal pianista Ray Pérez. A seguire registrò altri dischi nel 1967, nel 1981 con il pianista Jesús “Chuíto” Narváez il disco “Calaven y Yo”. Inoltre collaborò con: “Pipo y sus Estrellas”, l’orchestra “Los Caciques” diretta da Leonardo Pedroza e “Las Estrellas Latinas” insieme a Canelita Medina, Joe Ruiz e Carlín Rodríguez.
Calaven nacque a Caracas il 29-2-1940 e passò la sua infanzia nel quartiere Tiro al Blanco, parrocchia Candelaria adiacente a Sarría in cui negli anni cinquanta venne costruita la moderna urbanizzazione Simón Rodríguez, vicina alla collina El Avila (Guaraira Repano) durante la dittatura di Marcos Pérez Jiménez, del quale resta solo un settore conosciuto come il barrio Luís Hurtado, vicino alla strada Andrés Bello a Caracas.
La sua ispirazione verso Vicentico Valdez:
Da uomo di origine popolare qual’era, cantava con molto sentimento e veniva spesso paragonato da alcuni suoi amici dell’epoca al cantante cubano Vicentico Valdés, che era anche il suo cantante preferito. Il suo modo di cantare sul palco in modo contorto e gestuale, nacque a seguito di un incidente che ebbe sul finire degli anni cinquanta, quando un signore salì sul palco dove cantava tangos in un omaggio a Gardel a Caño Amarillo e lo spinse facendolo cadere per terra facendogli battere violentemente la testa. El Negro Calaven era un ragazzo che vendeva mango per le strade e al quale piaceva cantare. Era il secondo di nove fratelli e dimostrò di avere un grande talento musicale già in giovane età.
Iniziò la sua carriera artistica insieme ai suoi amici d’infanzia nel “Tiro al Blanco” come cantante di Boleros, che furono la sua principale fonte d’ispirazione e che gli permisero d’interpretare classici come: “Vendrán-Parece Mentira” e successivamente di utilizzare la sua voce melodiosa in canzoni come “Nadie se Salva de La Rumba” e “El Carbonero” (de Iván Linares) che ebbero un grande impatto fra gli appassionati di ballo; però fu con Federico Betancourt che raggiunse la grande popolarità nella metà degli anni sessanta, quando partecipò a numerose trasmissioni televisive in Venezuela, Curacao e Colombia. El Negro Calaven aveva uno stile molto personale, influenzato dal lirismo che lo caratterizzava rispetto agli altri cantanti della sua generazione: era realmente fantastico osservarlo e apprezzarlo dal vivo.
Andando avanti con la sua carriera nel 1981 Calaven registrò con il pianista Jesús “Chuito” Narváez la produzione “Calaven y Yo”. Il Negro Calaven morì a Caracas il 3 maggio del 2003, due anni dopo aver sofferto di un’aneurisma cerebrale, forse causato dall’abuso di alcol e lo stato d’indigenza nel quale era caduto.
Anche se non ricevette mai il riconoscimento che avrebbe meritato, è indubbio il suo grande apporto al genere della musica popolare afrocaraibica, così come lo dimostrano le registrazioni che ci ha lasciato, anche se le prove del suo grande talento sono limitate a pochi dischi.
I critici considerano la registrazione con la Orquesta La Amistad come il lavoro in cui el Negro Calaven mise in evidenza il suo stile particolare ed il suo modo unico di cantare. Il tema con il quale apre l’Lp ci invita già alla festa e alla baldoria sfrenata: con la canzone “Carbonero” del cubano Iván Fernández e arrangiato da uno dei fondatori della Dimensión Latina di Chuito Narvaez cosa abbastanza abituale in queste produzioni degli anni sessanta e settanta.
Un assolo di tromba prima dell’ingresso del montuno; l’assolo del piano a cui mancava solo il tipico grido del Negro Calaven “Chuiiiito”; l’assolo del bongó ed i cori dove si sente la voce di Rodrigo Mendoza; il bolero NO VENDRAS (D.D); il bellissimo NADIE SE SALVA DE LA RUMBA di Ciro Rodríguez con gli arrangiamenti del dominicano Carlos D’ León. Un altro bolero PARECE MENTIRA di Pepe Robles con gli arrangiamenti di Gerardo Alonzo; il merengue UN DIA NOCHE (D.D) e arrangiato da Carlos D León; la canzone HONEY (D.D), arrangiata da Isaías Urbina e resa famosa dall’argentino Sandro, e una splendida plena dal titolo PLENAVEN scritta dallo stesso Carlos Yánez e arrangiata da Carlos D Leó. Sono tre canzoni antologiche interpretate dalla voce del Calaven: Carbonero, Nadie se Salva de la Rumba e Plenaven, esempi assoluti del modo in cui il “moreno del barrio Tiro al Blanco” dimostrò una vera maestria e doti non comuni grazie al suo particolare e originale modo di interpretare le canzoni.
Nell’Lp “CALAVEN Y YO”, (LPV 1969), prodotto dalla casa discografica Velvet e con la copertina stampata a nome dell’Orquesta La Amistad di Chuito Narvaez, la tessitura della banda, il suono, gli arrangiamenti e la presenza di Jesús “Chuito” Narváez, Carlos D León e Gerardo Alonzo como arrangiatori, oltre a Rodrigo Mendoza e Alex Martínez che compaiono nei cori, rendono facilmente percebile il talento e la qualità della sua musica.
Los Calvos, Los Kenya y Calaven:
“Lo conobbi nell’urganizzazione 23 de enero, a Caracas. Ci vedevamo durante i fine settimana perchè io lavoravo per la ditta distributrice delle macchine Remington. A lui piaceva cantare fin da quando era un bambino e a me piaceva suonare il piano. Ci incontravamo e passavamo molto tempo insieme; andavamo nei club notturni a suonare e cantare. Lo facevamo per l’amore che avevamo nei confronti della musica e non per soldi. Fu così che iniziò la nostra amicizia” racconta Ray Pérez, fondatore di tre gruppi venezuelani: Los Kenya, Los Calvos e Los Dementes. “Lui era veramente un uomo con molto calore umano e spettacolare”.
Non aveva una grande educazione formale quando iniziò il suo grande successo; tutti lo chiamavano affinchè cantasse nei club venezuelani e all’estero. Dopo i Los Calvos, cantò con Federico y su Combo. Purtroppo beveva molto, nonostante il medico gli avesse proibito di farlo, e alla fine questo vizio lo avrebbe ucciso. Cercai di convincerlo a smettere ma non mi diede retta, morì il 28 maggio del 2003.
Ray Pérez inizia a ricordare i musicisti dell’orchestra che formò per registrare con el Negro Calaven: El Pavo Frank alle percussioni, Pedro García alla congal – percussionista di origine cubana già scomparso, conosciuto come Pedro Guapacha; Miguel Silva al basso, Araujo al trombone ed il negro Lewis alla tromba. Ovviamente al piano c’era Ray Pérez, compositore e arrangiatore del disco.
Con l’orchestra Los Calvos – continua il suo racconto Ray Pérez – eravamo indubbiamente molto avanti rispetto ai nostri tempi. Ci divertivamo molto nello studio di registrazione con i Los Calvos, e anche con i Los Dementes. El Negro Calaven era stato anche cantante dell’orchestra Pedroza y sus Caciques, però senza registrare nessun disco. Entrambi i dischi dei Los Calvos furono registrati con la casa discografica RCA Víctor. (Estos Son los Calvos y …¡Y Qué Calvos! 1967 e Aquí Estoy de Nuevo 1971 (Palacios).
Calaven con Fedérico y su Combo Latino:
L’LP, Psicodélico con salsa (1968) segna l’ingresso del Negro Calaven nel Combo Latino di Fedérico Betancourt. E’ qui che inizia veramente il successo grazie alle trasmissioni radiofoniche di questo cantante senza uguali e che gli permetterà di presentarsi nel massimo splendore dell’onda pre-salsera nel periodo compreso fra il 1965 ed il 1971. Era l’epoca della psicadelia, del pop e del rock, la stessa epoca, all’inizio degli anni sessanta, in cui il boogaloo proveniente da New York influenzò lo spettacolare Combo Latino di Federico Betancourt, iniziando a segnare una netta differenza rispetto alle altre orchestre che suonavano lo stesso genere. La decisione da parte di Fedérico Betancourt dì’incorporare nella sua orchestra la voce molto particolare e lo stile unico del Negro Calaven, si rivelò vincente.
Lo stesso Betancourt confessò che la voce caratteristica di questo “crooner” creolo che puntava al successo, gli permise insieme al suo produttore discografico di scoprire varie canzoni conosciute nel folclore latinoamericano come: “El Alacrán”, “Que dichoso es”; il classico di Juan Vicente Torrealba, “Campesina” e una stupenda versione del bolero di Armando Manzanero “No” , con la voce del Calaven e la guaracha con boogaloo, “Aunque no tengo dinero”. Ancora più boogaloo possiamo ascoltare in “Oh baby”. Grazie alla combinazione ritmica e vocalistica trasformarono alcuni grandi classici del pop-rock degli anni sessanta come “Sunny” e “El amor es azul” di Paul Muriat in canzoni afro caraibiche. L’altro cantante del Combo Latino, Dimas Pedroza, si mise in luce in questa produzione con le canzoni “Campesina” e “Ha llegado la pachanga”.
Fu un’epoca dai forti contrasti musicali, con le vecchie ville trasformate in club, come nella zona Paraíso, il club della Contraloría o l’INOS a San Bernardino e nei quali i liceali di Caracas organizzavano le loro feste per raccogliere fondi per i loro studi con il Combo Latino di Federico ed i suoi cantanti Dimás Pedroza, Carlín Rodríguez e l’eclettico Calaven.
Ringraziamo il sito Salsabrava.com.ve per averci concesso l’autorizzazione a pubblicare e tradurre questo articolo.
Español
Si hubo un cantante rítmico, carismático e histriónico y que dejó un estilo muy definido en los bailes donde se presentaba, por allá en la década de los años sesenta y setenta en esos viejos clubes de las añejas casonas del Paraíso, en bailes privados en Caracas o hacia el interior del país, ese precisamente fue Carlos Rafael Perdomo Yánez cariñosamente llamado en el ambiente artístico el “ Negro Calaven”, quien salta a la fama de manos de Fedérico Betancourt y su combo Latino. El estilo al cantar de Calaven se caracterizaba, en opinión de especialistas en canto afrocaribe, por el uso del “scat-singing”, técnica fonétia vocal donde se utilizan poliritmias avanzadas semejantes a las usadas en la música Africana Occidental, en lugar de los convencionales soneos afrocubanos.
El estilo fonético progresivo y rítmico de Calaven era característico porque poseía una gran diversidad rítmica y podía ser reconocido instantáneamente en cualquier escenario, lo que lo llevo a ser calificado por críticos musicales de innovador y genial por unos y de radical e inusual o de mal gusto por otros.
Calaven realizó sus primeras grabaciones con “Anguera y sus Muchachos”, músico de origen español residenciado en Los Castores, San Antonio de los Altos. Participo también en las agrupaciones “Los Kenyas” y “Los Calvos” y “Los Dementes” dirigidos por el pianista Ray Pérez. Posteriormente en 1967 grabó En 1981 grabó con el pianista Jesús “Chuíto” Narváez la producción “Calaven y Yo”. Además participó en: “Pipo y sus Estrellas”, la orquesta “Los Caciques” dirigida por Leonardo Pedroza y “Las Estrellas Latinas” junto a Canelita Medina, Joe Ruiz y Carlín Rodríguez, fallecidos estos dos últimos.
Calaven nació en Caracas el 29-2-1940 y se crió en el barrio Tiro al Blanco, parroquia Candelaria adyacente a Sarría y que dio paso en la década de los años cincuenta del pasado siglo XX a la moderna urbanización Simón Rodríguez, cercana al cerro El Avila( Guaraira Repano) en la gestión del dictador Marcos Pérez Jiménez, del cual solo queda un sector hoy conocido como el barrio Luís Hurtado, adyacente a la avenida Andrés Bello, en Caracas.
Su inspiración hacia Vicentico Valdez:
Como hombre de extracción popular cantaba con mucho sentimiento, y lo comparaban algunos de sus amigos de la época con el cantante cubano, Vicentico Valdés, quien era su cantante preferido; siempre se lo manifestó a sus amigos. No obstante él era un vocalista natural. Su manera de cantar contorsionado muy gestual en tarima, surgió a raíz de un golpe, a finales de los años cincuenta que sufrió en la cabeza, cuando un sujeto subió a la tarima en donde cantaba tangos, en un homenaje a Gardel en Caño Amarillo y lo empujó para caer al piso y se golpeó en el cráneo Era un muchacho que vendía mangos en la calle, le gustaba cantar, y era del barrio. Era el segundo de nueve hermanos, Calaven demostró un gran talento musical a muy temprana edad.
Se inicia en la música junto a sus amigos de infancia en el “Tiro al Blanco” cantando Boleros su fuente de inspiración verdadera que le permitió interpretar clásicos como: Vendrán-Parece Mentira, para después cantar sus guarachas y descargar. Su melodiosa voz en temas como “ Nadie se Salva de La Rumba Y El Carbonero ( de Iván Linares)”, fueron de gran impacto en la audiencia bailadora; pero fue con Federico Betancourt fue cuando alcanzo gran popularidad a mediados de la década de los años 60, cuando hizo numerosas presentaciones en vivo y en televisión en Venezuela, Curazao y Colombia. Poseía un estilo muy personal, influenciado por el lirismo que lo caracterizaba frente a otros cantantes de su generación, era realmente fantástico observarlo y disfrutarlo en vivo, Siguiendo su ruta artística nos encontramos que en el año de 1981
Calaven grabo con el pianista Jesús “Chuito” Narváez la producción “Calaven y Yo”. Calaven falleció en Caracas el 03/05/2003, dos anos después de haber sufrido un aneurisma cerebral, quizás generado por la ingesta de alcohol y el estado de indigencia en la que cayó. Aunque nunca recibió el reconocimiento que se merecía, es indudable su gran aporte al género de la música popular afrocaribeña así. como lo demuestran las grabaciones que nos dejó, aunque no numerosas son prueba palpable de su gran talento.
Los críticos consideran que cuando grabó el Lp con el respaldo de La Amistad. “Calaven” se destacó su estilo bien particular, su cantar original que por ende en este trabajo discográfico y aquí no iba a ser la excepción. El tema con el que abre el Lp ya nos invita al bochinche y a la farra desenfrenada: con el tema CARBONERO del cubano Iván Fernández y arreglo de uno de los fundadores de la Dimensión Latina de “Chuito Narvaez” con lo que era una fija en esas producciones de la década de los años 60 y 70.
Un solo de trompeta antes de ingresar al montuno; el solo de piano en donde lo único que faltó fue que “Calaven” diera el grito característico para identificarlo “Chuiiiito”; el solo de bongó y los coros donde se identifica la voz del marabino Rodrigo Mendoza a leguas; el bolero NO VENDRAS (D.D); el sabroso NADIE SE SALVA DE LA RUMBA de Ciro Rodríguez y arreglos del dominicano Carlos D’ León. Otro bolero de nombre PARECE MENTIRA de Pepe Robles y arreglo de Gerardo Alonzo; el merengue UN DIA NOCHE (D.D) y arreglo de Carlos D León; el tema HONEY (D.D), arreglo de Isaías Urbina, popularizado en la voz del argentino Sandro y una sabrosa y exquisita plena identificada como PLENAVEN escrita por el propio Carlos Yánez y arreglo de Carlos D Leó. Son tres temas antológicos en la voz de Calaven: Carbonero, Nadie se Salva de la Rumba y Plenaven. Allí el moreno del barrio Tiro al Blanco derrocho verdadera maestría y sabrosura con esa particular originalidad la forma de interpretar las canciones.
En el Lp de nombre “CALAVEN Y YO”, LPV 1969, bajo el sello Velvet con el respaldo de la Orquesta La Amistad de Chuito Narvaez la tesitura de la banda, el sonido, los arreglos y la presencia Jesús “Chuito” Narváez, Carlos D León y Gerardo Alonzo como arreglistas, aparte de Rodrigo Mendoza y Alex Martínez que aparecen en los coros, se derrochó talento y calidad.Así como también del maestro Isaías Urbina, quien tiempo después pasó a ser director musical de la empresa Venevisión y participante en muchos festivales de música a nivel internacional.
Los Calvos, Los Kenya y Calaven:
Lo conocí en la urbanización 23 de enero, en Caracas. Nos veíamos durante los fines de semana, porque yo trabajaba en la distribuidora de máquinas Remington. A él le gustaba cantar desde muy temprana edad, y a mí tocar el piano. Nos encontrábamos y pasábamos ratos juntos; íbamos a los clubes nocturnos y tocábamos, y él cantaba. Lo hacíamos por amor a la música y no por dinero. Así comenzó nuestra amistad-apuntó Ray Pérez, fundador de tres Agrupaciones venezolanas, Los Kenya, Los Calvos y Los Dementes.- El era de verdad un hombre con mucho calor humano y espectacular.
No tenía mucha educación formal. Cuando triunfó en grande, todo el mundo lo llamaba, para que cantara aquí y allá. Cantó en los barrios, en la calle, con cualquier banda disponible. Después de Los Calvos, cantó con Federico y su Combo.El bebía licor, y el alcoholismo al final lo mató. Aunque el médico le prohibió la bebida, Pero hacía caso omiso. Le traté de decir: “Mira no sigas en eso…” Murió en mayo 28 de 2003.
Pérez comenzó a rememorar los integrantes de la orquesta que formó para grabar con Calaven y los uintegrantes fueron :El Pavo Frank en la percusión, Pedro García en la conga – percusionista de origen cubano ya fallecido, conocido como Pedro Guapacha; Miguel Silva en el bajo, Araujo, en el trombón y el negro Lewis en la trompeta. (Ray Pérez, compositor y arreglista, en el piano).
Con la orquesta Los Calvos-apuntó Ray Pérez- estábamos adelantados a nuestra época, sin lugar a dudas-apuntó. Nos divertiamos mucho en el estudio de grabación con Los Calvos, y también con Los Dementes. Y, aunque Calaven había sido cantante de la orquesta de Pedroza y sus Caciques, él nunca había grabado. Ambos LPs de Los Calvos los hice para RCA Víctor, sello que queaba por el Valle. (Estos Son los Calvos y …¡Y Qué Calvos! 1967) Eso fue en 1971. Regresamos para grabar. Aquí Estoy de Nuevo (Palacios) fue alrededor de ese periodo.
Calaven con Fedérico y su Combo Latino:
El LP, Psicodélico con salsa (1968) viene a marcar el ingreso del moreno Calaven al combo Latino de Fedérico Betancourt.Aquí es cuando verdaderamente comienza a sonar duro en la radio y el salto a la fama respectivo. De este sin igual cantante que le permtió presentarse con todo el esplendor de la onda pre-salsera en la etapa comprendida entre los años de 1965 y 1971. Era la época que la ola psicodélica con el pop y el rock abrumaba al público, sin embargo a otros los cautivaba. Precisamente en esa década de comienzos de los años sesenta, cuando el bogaloo proveniente de New York hace retumbar e influencia al espectacular Combo Latino de Federico Betancourt, de allí que marcan una diferencia con otras orquestas de su estilo. Esa acertada decisión, de Fedérico Betancour, de incorporar a su banda esa voz muy particular y de estilo único como la de Calavén, reimpulsa una vez más su orquesta.
Señaló Fedérico que la voz característica de este “ crooner” criollo que apuntaba hacia el éxito le permitió a él y su productor discográfico escoger varias versiones de temas conocidos en el folklore latinoamericano como El Alacrán, Que dichoso es; el clásico de Juan Vicente Torrealba, Campesina y una estupenda versión del bolero de Armando Manzanero “ No “ , en la voz de Calaven y la guaracha con boogaloo, Aunque no tengo dinero. Más boogaloo tenemos en Oh baby. Toda una combinación rítmica y vocalistica para versionar, al estilo afrocaribe instrumentales de los clásicos del pop-rock norteamericano de la década de los años sesenta como, Sunny y El Amor es azul, de Paul Muriat .El otro cantante del Combo Latino Dimas Pedroza se destacó en esa producción con solvencia y calidad en Campesina y Ha llegado la pachanga.
Fue una época de mucho colorido músical, idílica en las viejas quintas convertidas en clubes de la urbanización Paraíso o el club de la Contraloría o el INOS en San Bernardino y en la que los liceístas de Caracas, organizaban sus verbenas para recoger finanzas de los comités de Pro-graduación con el combo Latino de Federico y sus cantantes, Dimás Pedroza, Carlín Rodríguez y el ecléctico Calaven.
Il 24 di Ottobre al Colosseo Guillermo Angulo si celebrerà un avvenimento unico nell’ambito musicale e culturale di Portorico: il ritorno del celebre gruppo BATACUMBELE.
Nel 1970 tra New York e Portorico nasce un gruppo unico con una sonorità ed uno stile Afrocaraibico differente da ogni altro.
I Batacumbele prendono il nome da “Bata” che il lingua Yoruba significa “tamburo” e da “cumbele” che deriva da “Kum”, che significa “ginocchio” e “bele”, che è l’azione di piegare il ginocchio.
In pratica sarebbe come dire: “inginocchiato davanti al tamburo.”
Batà è ovviamente anche un riferimento chiaro alla tradizione della Santeria.
Questo gruppo ha cambiato tutta la struttura musicale, rivoluzionando i canoni ritmici utilizzati da altri gruppi dell’isola.
I Batacumbele si possono paragonare per importanza e innovazione agli Irakere, tra l’altro questi gruppi hanno anche collaborato insieme.
Questi straordinari musicisti hanno saputo creare un mix tra la tradizione di Portorico come Bomba, Plena e musica Jibara assieme al Songo utilizzato dai Los Van Van e ai tambores Batà della tradizione santera, arrangiati in chiave jazzistica.
Un mix micidiale che ha segnato un epoca non solo a Portorico ma anche a Cuba, dove i Batacumbele erano letteralmente adorati.
Ecco il video delal partecipazione al festival di Varadero del 1984:
Batacumbele a Cuba nel 1984 suonano la canzone “El Mas Chevere”
Il gruppo nasce a New York alla fine degli anni 70 da Cachete, Eric Figueroa e Eddie “Guagua” Rivera, dalla volontà di creare qualcosa di nuovo e diverso con i migliori musicisti disponibili a lavorare in questa direzione.
Qualcosa che andasse al di là della Salsa, un fusione tra la tradizione africana, i ritmi di Portorico e Cuba.
Il tutto arrangiato con sofisticati arrangiamenti di Jazz moderno, sulla scia di quello che facevano Chick Corea, Herbie Hancock, ecc.
Questo progetto non era indirizzato alla musica ballabile, ma era un vero e proprio progetto artistico alternativo.
Nel 1980 viene formato il gruppo definitivo nell’isola di Portorico.
Questa era la formazione originale: Angel “Cachete” Maldonado (fondatore, congas, batá, timbal), Giovanni Hidalgo (congas), Anthony Carrillo (bongó, cencerro), Jimmy Rivera (batteria), Eric Figueroa (acoustic piano), Eddie “Guagua” Rivera (basso), Héctor Veneros (sax e flauto), Jerry Medina (voce e tromba), Juancito Torres (tromba), Angel “Papo” Vázquez (trombone) e José Luis “Chegüi” Ramos (voce e cori).
Musicisti eccezionali come il pianista Eric Figueroa, il trombettista Juancito Torres, il grande percussionista Giovanni Hidalgo, il bassista Eddie Rivera…vengono tutti da questo incredibile ensamble. Album come “Con un Poco De Songo” del 1981 o “En Aquellos Tiempos” del 1983 sono nella storia della musica latina di sempre.
Un altro video del 1985:
Dopo 3 decadi, ognuno di questi musicisti ha avuto una grande carriera solista, suonando nei migliori locali del mondo e adesso si ritrovano tutti insieme per celebrare il loro trentennale: BATACUMBELE: “El Regreso” – Los Originales
La formazione:
Angel “Cachete” Maldonado (percussioni) Jerry Medina (voce e tromba) Eric Figueroa (pianista, Direttore Musicale) Richie Flores (percussioni) Eddie “Gua-Gua” Rivera (basso) Anthony Carillo (percussioni) Pablo “El Indio” Rosario (percussioni) Jimmy Rivera(Batteria) Endel Dueño (percussioni) José Luis “Chegui “Ramos (voce) Héctor Veneros (Sax Tenor, flauto) Ángel “Papo” Vázquez (Trombone) Piro Rodriguez (Tromba) José “Joe” Cordero (cori) Ricardo Pons (flauto, baritono e clarinetto)
Con loro suonerà anche un altro gruppo tra quelli più innovativi, ovvero Truco Y Zaperoko.
La discografia dei Batacumbele:
1981 Con un Poco De Songo
1983 En Aquellos Tiempos
1994 Afro-Caribbean Jazz
1994 Live at the University of Puerto Rico
1999 Hijos del Tambó
¡El sábado 24 de octubre de 2009 se celebrará un acontecimiento único en el ámbito musical y cultural de Puerto Rico: BATACUMBELE… “El Regreso” – Los Originales – en otro junte para la historia!
En 1979 surgió en Puerto Rico un grupo único con su propio sello y estilo afro caribeño, conformado por un grupo de jóvenes talentosos que se dieron a la tarea de innovar basándose en las más firmes tradiciones afro-latinas y creando una verdadera explosión -BATACUMBELE- quienes cambiaron toda la estructura rítmica de lo que se estaba tocando en la Isla. Fusionaron jazz con los tambores africanos, ritos santeros, el songo cubano y los ritmos tradicionales de Puerto Rico, como la bomba, la plena y la música jíbara.
Al presente… y a través de tres décadas, cada uno de sus integrantes ha mantenido exitosas carreras artísticas recorriendo las mejores plazas del Mundo, y ahora, una vez más se re-encuentran para celebrar su trigésimo aniversario y añadir otra huella en su historia: BATACUMBELE: “El Regreso” – Los Originales.
Batacumbele – “El Regreso” – reunión con los Originales y Grandes Invitados:
Eric Figueroa (pianista, Director Musical) Jerry Medina (voz y trompeta) Angel “Cachete” Maldonado (percusión) Eddie “Gua-Gua” Rivera (bajo) Richie Flores (percusión) Pablo “El Indio” Rosario (percusión) Anthony Carrillo (percusión) Endel Dueño (percusión) Jimmy Rivera,(Batería) José Luis “Chegui “Ramos (voz) José “Joe” Cordero (coro) Héctor Veneros (Sax Tenor, flauta) Ángel “Papo” Vázquez (Trombón) Piro Rodríguez (Trompeta) Ricardo Pons (flauta, barítono y clarinete)
Le invitamos a este evento histórico en una de las mejores plazas de todo Puerto Rico para un evento de este calibre: El Coliseo de Carolina, de los pocos en la Isla que poseen una instalación acústica para eventos musicales. Batacumbele gozará de un montaje técnico insuperable, garantizando a los Artistas y al Público un evento inolvidable.
Fecha: 24 de octubre de 2009
Venue: Coliseo Guillermo Angulo
Ciudad: Municipio Autónomo de Carolina
Hora: 8:00pm – 12:00am
Abriendo: Truco y Zaperoko y las Batu-Chicas
Capacidad: 3,000 personas
Boletos: General $25 – Arena $35
Pre-venta: General $15.00 – Arena $25.00
Disponibles: Ticket Center (787) 792-5000 / www.tcpr.com
Produce : Brigada por la Libre
Información: (787) 562-6760 y (787) 448-1835 / porlalibrepr@gmail.com
Purtroppo ci lascia un altro grande artista di Puerto Rico, Sammy Ayala, è deceduto l’altro giorno presso l’ospedale di San Juan per un tumore.
Nato a Santurce (Puerto Rico) il 17 febbraio del 1933. Aveva 79 anni.
Carlos Samuel (“Sammy”) Ayala Román è ricordato prima di tutto per essere stato il corista dell’orchestra di Rafael Cortijo sin dal 1954.
Succesivamente collaborò con il Sexteto di Gilberto Colon e a partire dal 1972 con Ismael Rivera nel gruppo Los Cachimbos.
Nel 1980 prese parte alla registrazione dell’ultima produzione di Rafael Cortijo “El sueño del maestro” e dopo alcuni anni entrò a far parte del Grupo ABC di Jesús Cepeda, con il quale registrò gli album “La historia se repite” e “Amor de mascarada”.
Una decina di anni dopo, nel 1997, l’artista riapparve con un nuovo progetto musicale conosciuto come Plenarium e nel quale produsse i dischi “Navidad con Plenarium” e “Hacia el nuevo milenio”.
Fra i suoi lavori più conosciuti ricordiamo canzoni come: “Lo dejé llorando”, “Lo mucho que te quiero”, “Dios los cría y ellos se juntan”, “Pónganse duro”, “Lo sabía” e “El que lo hereda no lo hurta”.