Tutti gli articoli di Max Chevere

Salsa retro, il nuovo disco dei Son de Tikizia

di Ana María Parra A.

26 Maggio 2010

Candela! Candela! Questa Salsa retro dei Son de Tikizia sembra essere nata per tutti coloro che amano muovere il tallone, la tibia, il perone, le ginocchia ed il resto del proprio corpo in una pista di ballo.

I Son de Tikizia sono nati circa cinque anni fa con l’idea di riproporre salsa classica. Hanno iniziato “giocando” con cover e attualmente contano già un album con proprie canzoni Salsa dura pa’ los pies e un altro, Salsa retro, con nuove e personali rivisitazioni di brani famosi. Il gruppo si muove con successo tanto nel Costa Rica quanto all’estero.

Con quel primo disco, l’obiettivo è stato di stabilire l’identità dell’orchestra, i cui leaders sono il trombonista Alfredo Poveda ed il pianista, flautista e ora anche percussionista (bongo), Walter Flores. Si, proprio quella persona che per il suo lavoro come produttore musicale di Ruben Blades nei dischi Mundo, Tiempos e Cantares del Subdesarrollo, ha ottenuto due Grammy anglo e un Grammy Latino.

Adesso era necessario fare un altro passo: Salsa retro, l’album lanciato recentemente alla fine di marzo.

La sfida del retro? Per qualsiasi orchestra di salsa che si vanti di suonare bene, è una sfida affrontare classici del genere di New York, Portorico o del Costa Rica degli anni 60, 70 e 80.

Al tempo. Il tempo per la Salsa retro era arrivato. Sia per i buoni risultati ottenuti in patria che durante il tour del 2008 con Ruben Blades in più di 12 paesi europei: Italia, Olanda e Spagna fra gli altri.

“Quello che abbiamo fatto nell’album Salsa retro è stato tornare alle radici del motivo per cui i Son de Tikizia sono nati. Volevamo rifare la salsa come si faceva una volta, perchè questo si era perso con la commercializzazione. Adesso molti salseri suonano in maniera simile, però un tempo la gente quando accendeva la radio e ascoltava una canzone, sapeva riconoscere subito di chi era.”, afferma Walter Flores.

Per questo motivo questa Salsa è retro. Il titolo dell’album e anche la sua copertina, sono un chiaro riferimento alla salsa del passato, a quella che si ascoltava nell’epoca in cui la musica circolava su LP e musicassette.

Questo nuovo disco ha dato risultati subito: il primo singolo, Perico Mamaguela, è rimasto per più di 4 mesi numero uno in alcune radio del Costa Rica.

Scendendo nei dettagli. Il disco inizia subito forte con “A lo que vinimos”. Il brano strumentale “Fantasia cubana” evoca i saloni della musica latina di New York. Mettono voglia di mettersi un cappello da cowboy “El Hombre” e un vestito molto provocante “Las Mujeres”.

È un omaggio alle orchestre di salsa della fine degli anni cinquanta e inizio dei sessanta, perchè Fantasia cubana è un tributo all’orchestra cubana di Machito e a Charlie Palmieri, il “Gigante de los teclados”.

Fantasia Cubana, Machito

Fantasia Cubana, Charlie Palmieri

A seguire c’è Perico Mamaguela, canzone composta sulla base di classici come “Chumalacatela” di Ismael Rivera, che era un gran sonero; “Quitate de la via, Perico” e Mamaguela di Tito Rodriguez.

E il primo tributo alla salsa di qualità realizzata in Costa Rica compare nel terzo tema: Juan Soledad della scomparsa orchestra Karibú.

Juan Soledad, Son de Tikizia

“Karibú fu una di quelle orchestre che suonavano salsa vera, come la facevano le orchestre di Portorico”, racconta Walter Flores.

E dopo “Juan Soledad” inizia “Pasión”, un nuovo rifacimento della versione ballabile del tema folclorico del Tren Latino.

Pasión, Son de Tikizia

“Mi ricordo di aver visto dal vivo El Tren Latino quando io avevo all’incirca 15 anni, in un concerto della “Semana Universitaria” (dell’Università del Costa Rica). Rimasi meravigliato”, ricorda Flores che oggi ha 39 anni.

E non c’era niente di meglio di Pangui Mora, ex-Tren Latino, ex-Karibú oltre che ex-Los Brillanticos, come riferimento a questa famosa canzone.

“Ho cantato Pasión con El Tren Latino. Quella di oggi è una versione moderna, che però non ha perso la sua essenza”, ha spiegato Pangui Mora, che dopo aver passato 16 anni con i Los Brillanticos e 4 con El Tren Latino, adesso canta e suona il timbal e il bongó con i Son de Tikizia.

Appare in Salsa retro, Navarreteando, un tributo allo scomparso musicista costaricano Paco Navarrete. La canzone è la quinta del disco.

I Son de Tikizia avevano già preparato questa canzone ancor prima che Navarrete scomparisse nel luglio del 2006.

Navarreteando era stata suonata dai Son de Tikizia durante un concerto al Parque Nacional di San José, in un tributo alla salsa.

“Da piccolo ho sempre sentito parlare di Don Paco, si ascoltava la sua musica e non sono mai riuscito a suonare con lui”, racconta Flores.

Il gran classico. Tema chiave del disco è Pa’ Curubandé yo voy”, definito dal cantante e trombonista Alfredo Poveda come: “il classico più grande della salsa fatta in Costa Rica”.
Suonato da molti esponenti internazionali della salsa in mezzo mondo, è del costaricano Vinicio Meza, ed era stato registrato originariamente dalla famosa orchestra Los Brillanticos.

E ci troviamo con un altro esempio di salsa tica con la canzone EnDC – “D” in musica è la nota Re e “C” è la nota Do, pertanto il tema si legge “Enredo”
Di Alfredo Poveda, la canzone è stata la prima che il gruppo ha registrato, quando ancora non si chiamavano Son de Tikizia. Il loro nome all’epoca era Trombones en Salsa.

Il disco si chiude con “Mosaico Indestructible” (El Negro Bembón, El Nazareno, Anacaona e Indestructible) per fare un tributo a Ray Barretto, e con “Sonero Mayor” di Willie Colon, però con un riarrangiamento per quattro tromboni di Wálter Espinoza Chavarría, pianista dei Los Brillanticos.

Nei suoi nove temi, Salsa retro riesce a dimostrare la fusione tra accademia e strada.
“Il 50% del gruppo è formato da musicisti che provengono dal conservatorio e l’altra parte sono musicisti che hanno imparato sul campo, come nel caso di Pangui (Mora). Questo insieme è decisamente interessante”, spiega Alfredo Poveda.

Salsa retro ci ricorda al presente che nel suo passato in Costa Rica c’era della salsa, di qualità e sabrosa. Candela! Candela!

Fonte: nacion.com

Español

¡Candela!, ¡Candela! Esta Salsa retro de Son de Tikizia está pegadita al grito de guerra de los que gozan de mover el talón, la tibia, el peroné, los hombros y el resto del esqueleto en una pista de baile.

Son de Tikizia se formó hace unos cinco años con la idea de abordar salsa clásica. Empezó “jugando” con covers y a la fecha tiene un álbum de material propio (Salsa dura pa’ los pies) y otro, Salsa retro, con nuevos y muy personales abordajes. El grupo se mueve con éxito tanto en Costa Rica como en el extranjero. Pablo Cambronero para LN. + MULTIMEDIA

Ya había hecho lo propio Son de Tikizia, hace tres años, cuando debutó con Salsa dura pa’ los pies. Aquel fue un disco con temas de su propia cosecha, un álbum alabado por la Revista LatinBeat, de Los Ángeles, y por medios puertorriqueños como El Nuevo Día.

Con aquel primer disco, el objetivo fue establecer la identidad de la orquesta liderada por el trombonista Alfredo Poveda y el pianista, flautista y hasta hombre que ahora toca los bongoes, Walter Flores. Sí, el tico que por su trabajo como productor musical del panameño Rubén Blades en los discos Mundo, Tiempos y Cantares del subdesarrollo obtuvo dos Grammy anglo y un Grammy Latino.

Tocaba ahora dar un segundo paso: Salsa retro, el álbum lanzado recién a finales de marzo.

¿Reto este retro? Para cualquier orquesta de salsa que se precie de ser buena, es un reto abordar clásicos del género en el Nueva York, el Puerto Rico o la Costa Rica de los años 60, 70 y 80.

A tiempo. El tiempo para Salsa retro era ahora. Una vez que Son de Tikizia ha sacado buen colmillo, por su agenda en suelo tico y porque se fue de gira en el 2008 con Rubén Blades para tocar por más de 12 países de Europa: Italia, Holanda y España… entre otros.

“Lo que hicimos en Salsa retro fue volver a las raíces de por qué hicimos Son de Tikizia. Queríamos retomar la salsa como se hacía antes porque eso se había perdido con la comercialización”, dijo en entrevista con Viva Walter Flores.

“Ahora muchos salseros suenan iguales, pero antes la gente ponía la radio y sabía, al oír una canción, de quién era. Había identidad”, dijo Walter Flores.

Por eso esta Salsa es retro. El título del álbum y su carátula también hacen clara referencia a la salsa del pasado, a la que se escuchaba en las épocas donde la música circulaba en LP y casetes.

Temprano este nuevo álbum dio resultados: el primer sencillo, Perico Mamaguela, estuvo más de cuatro numero uno en algunas listas de radio en Costa Rica.

Desmenuzando.El disco empieza con actitud de “a lo que vinimos”. El instrumental Fantasía cubana evoca a los salones de música latina en Nueva York. Dan ganas de ponerse un sombrero de ala ancha –el hombre– y un vestido casi impúdico –las mujeres–.

Es un homenaje a las orquestas de salsa de finales de los años 50 y principios de los 60, porque Fantasía cubana era obligatorio de la cubana Orquesta de Machito y del latino-estadounidense Charlie Palmieri, el Gigante de los teclados.

De seguido, el Salsa retro cae en Perico Mamaguela compuesto por los clásicos Chumalacatela; de Ismael Rivera, un gran sonero; Quítate de la vía, Perico y Mamaguela, de Tito Rodríguez.

Y el primer tributo a la salsa buena hecha en Costa Rica aparece en el tercer tema: Juan Soledad de la desaparecida agrupación Karibú.

“Karibú fue de esas orquestas que tocaban salsa de verdad, como la hacían las orquestas de Puerto Rico”, contó Walter Flores.

Y es después de Juan Soledad sigue Pasión, un nuevo abordaje de la versión bailable del tema folclórico que hizo El Tren Latino.

“Me acuerdo haber visto en vivo a El Tren Latino cuando yo tenía como 15 años en un concierto de la Semana Universitaria (de la Universidad de Costa Rica). Quedé maravillado”, recordó Flores quien hoy tiene 39 años de edad.

Y nadie mejor que Pangui Mora, un ex-Tren Latino, un ex-Karibú y un ex-Los Brillanticos, para referirse a esta famosa canción.

“Canté Pasión con El Tren Latino. La de ahora es una versión moderna, pero que no ha perdido su esencia”, explicó Pangui Mora que, tras haber estado 16 años con Los Brillanticos y cuatro con El Tren Latino, ahora canta y toca el timbal y el bongó en Son de Tikizia.

Aparece en Salsa retro, Navarreteando, un tributo al desaparecido músico costarricense Paco Navarrete. Es el tema cinco.

Son de Tikizia había montado este mosaico antes de que Navarrete falleciera en julio del 2006.

Navarreteando había sido tocada por Son de Tikizia durante un concierto en el Parque Nacional, de San José, un tributo a la salsa.

“De pequeño siempre oí hablar de don Paco, se escuchaba la música de él y además llegué a tocar con él también”, contó Flores.

El gran clásico.Tema clave es Pa’ Curubandé yo voy, calificado por el cantante y trombonista Alfredo Poveda como: “el clásico más grande de la salsa hecha en Costa Rica”.

Tocado por muchos exponentes internacionales de la salsa y que ha dado vueltas por medio planeta, es del costarricense Vinicio Meza y fue grabado, originalmente, por la famosa orquesta Los Brillanticos.

Y más salsa tica aparece con EnDC –“D” en música es la nota Re y “C” es la nota Do, por tanto el tema se lee Enredo.

De Alfredo Poveda, el tema fue el primero que el grupo montó, en materia de originales, cuando ni siquiera se llamaba Son de Tikizia. Era Trombones en Salsa.

El disco va cerrando con Mosaico indestructible (El Negro Bembón, El Nazareno, Anacaona e Indestructible) para hacer un tributo a Ray Barreto y con Sonero Mayor, de Willie Colón, pero con una adaptación para cuatro trombones de Wálter Espinoza Chavarría, pianista de Los Brillanticos.

En sus nueve temas, Salsa retro logra mostrar la fusión de la academia y la calle.

“Un 50% del grupo es de músicos que venimos de conservatorios y la otra parte son músicos cuya escuela fue la calle, como el caso de Pangui (Mora). Eso hace una mezcla realmente interesante”, explicó Alfredo Poveda.

Salsa retro le recuerda al presente que en su pasado en Costa Rica había salsa, buena y sabrosa. ¡Candela, candela!

Addio Graciela!

Muore a New York Graciela, aveva 94 anni

di Jose Acosta

Machito e Graciela “CHANGO TA’ BENI”

NEW YORK.- Il mondo della musica è in lutto. Graciela Pérez Grillo, la Regina del Jazz Afro-cubano, è morta nella mattinata di mercoledì scorso presso l’ospedale Cornell di Manhattan.
Aveva 94 anni.

Mappy Torres, sua amica e segretaria personale e che è rimasta al suo fianco fino all’ultimo secondo, ha rivelato che Graciela se n’è andata tranquilla, senza dolori, insieme allo strumento musicale che suonò per tutta la vita: la clave.

Fino alla fine ha voluto proteggere la sua gola, non ha lasciato che le collocassero tubi per aiutarla a respirare. Non ha permesso nemmeno che le facessero la dialisi, secondo quanto affermato dalla Torres.

Graciela ha chiesto di non versare lacrime, di essere cremata e di fare una grande festa in suo onore, festa che si svolgerà a fine mese nella chiesa del Jazz, che si trova fra la strada 53 e la Lexington. a Manhattan.

Machito y Graciela – “Dale Jamón”

Secondo la Torres, Graciela è stata la più versatile e completa cantante cubana interpretando tutti i generi, dal bolero alla guaracha, il jazz e il son.
Graciela non si è mai sposata, non ha avuto figli, però ha avuto tanti figliocci e ha aiutato tante persone.

Secondo Ivan Acosta, di Latin Jazz USA e produttore del documentario “Cándido Manos de Fuego“, dove l’artista appare insieme al percussionista Cándido Camero, con la scomparsa di Graciela il mondo della musica perde una delle pioniere del genere latino.
“Graciela è stata la prima donna latina ad essere riconosciuta negli Stati Uniti come cantante di un’orchestra di Jazz, distinguendosi per le sue brillanti attuazioni con le orchestre di suo cognato, Mario Bauza, il pioniere del jazz latino, e con quella di suo fratello, Machito. Nel 2006, presso il Club Birdland di Manhattan, la nostra organizzazione la premiò con il Latin Jazz USA Chico O’Farrill Lifetime Achievement Award, un riconoscimento che per 20 anni abbiamo dato solo a luminari del jazz latino, fra questi Tito Puente.”, segnala Acosta.

Acosta ricorda Graciela come una donna ricca d’umore, e racconta che l’ultima volta che la vide, alla tertulia de Lupe, la vedova di Chico O’Farrill le domandò che cosa stesse prendendo per i dolori e lei le rispose: “Whisky, molto whisky”.

Nonostante la sua salute fosse precaria, Graciela aveva continuato a cantare. Acosta dice che l’aveva vista cantare per l’ultima volta nell’ottobre del 2009, al Birdland, per l’anniversario di Chico O’Farrill. In quell’occasione aveva cantato alcuni boleros seduta sulla sua sedia a rotelle.

“La ricorderò come una donna con un buon senso dell’umorismo, un’attitudine molto positiva verso la vita, e un sorriso radioso”, continua Acosta.

Anche Candido Camero, il percussionista di 88 anni che aveva suonato con Graciela nell’orchestra di Mario Bauza e Machito negli anni 40, era molto addolorato.
Camero ricorda: “Lei fu molto benvoluta e ammirata in tutto il mondo.Questa è una grande perdita. Ci mancherà moltissimo. Io la conobbi al Cabaret La Conga, nel 1946, mentre cantava nell’orchestra di Machito e Mario Bauza. Da allora siamo diventati ottimi amici. Abbiamo partecipato insieme a concerti e registrazioni di dischi.”
È stato proprio con Candido Camero che Graciela ha fatto la sua ultima registrazione, il disco chiamato “Cándido & Graciela, Inolvidable” è stato nominato per il Grammy come miglior album nella categoria “Musica Tropicale” nel 2005.

Candido descrive Graciela come una donna allegra, sentimentale, gentile, che amava aiutare la gente: “tutti i venerdÌ ci riunivamo a casa sua a ascoltare musica e a parlare dei vecchi tempi. Il mondo ha perso la regina del jazz latino”.

Graciela Grillo, Anacaona 1930s, Machito 1940s

Bobby Sanabria, che fu batterista dell’orchestra di Mario Bauza e che registrò tre dischi con Graciela, rivela che con la morte dell’artista si perde una delle migliori interpreti della musica afro-cubana.
“Lei è stata la pioniera, prima di Celia Cruz e della Lupe.Grazie a lei si sono aperte le porte per molte cantanti che arrivarono dopo. La sua morte è una grande perdita.”
Graciela Pérez era la sorella minore di Machito (Frank Grillo), e arrivò a New York nel 1942 dopo essere stata per cinque anni con l’Orquesta Anacaona di Cuba. Graciela restò con l’orchestra di Machito per più di venti anni come una delle vocaliste principali, convertendosi nell’artista femminile più importante dell’era del mambo, cosa che la fece entrare nella Internatinal Latin Music Hall of Fame (ILMHF).

Successi come “Sí, sí, no, no” e “¡Ay José!”, fra gli altri, furono successi mondiali. La cosa che definiva l’arte di Graciela era la sua chiara dizione, il fraseggio eccellente, la confidenza con se stessa, il suo senso dell’umorismo, il sentimento naturale e la capacità di interpretare le parole come se stesse raccontando una storia. “Io non canto solo per cantare”, disse ai giornali per i festeggiamenti dei suoi 90 anni. “Bisogna lasciare un tempo alla canzone per comprendere e esprimere il significato dei suoi testi. Oggi questo non succede. Inoltre, non c’è nemmeno bisogno di avere una gran voce. Guardate Nat King Cole. Diventò un gran cantante perchè riuscì a esprimere le proprie canzoni senza gridare ma come se stesse tenendo una conversazione”.

Español

NUEVA YORK.— El mundo de la música está de luto. Graciela Pérez Grillo, la Reina del Jazz Afro-cubano, falleció la madrugada del miércoles en el hospital Cornell de Manhattan. Tenía 94 años de edad. Mappy Torres, su amiga y secretaria personal, quien estuvo con ella a la hora de su muerte, reveló que Graciela murió muy tranquila, sin dolores, con el instrumento musical que tocó toda su vida: las claves.

“Y protegió hasta el último minuto su garganta, no permitiendo que le colocaran tubos para ayudarla a respirar. Tampoco permitió que le hicieran diálisis”, informó Torres. Graciela también pidió que no la lloraran, que su cuerpo fuera cremado y que se hiciera en su honor una gran celebración, la cual se realizará a fin de mes en la Iglesia del Jazz, localizada en la calle 53 y la avenida Lexington, en Manhattan.

“Graciela fue la más versátil y la más completa de las cantantes cubanas. Recorrió todos los géneros, el bolero, la guaracha, el jazz, el son…”, dijo Torres. “Ella nunca se casó, no tuvo hijos pero tuvo muchos ahijados y ayudó a mucha gente”, agregó. Iván Acosta, de Latin Jazz USA, productor del documental “Cándido Manos de Fuego”, donde la artista aparece junto al percusionista Cándido Camero, dijo que con la muerte de Graciela Pérez el mundo de la música perdió a una de las pioneras del género.

“Graciela fue la primera mujer latina en ser reconocida en los Estados Unidos como cantante de una orquesta de jazz”, dijo Acosta. “Se distinguió por sus brillantes actuaciones con las orquestas de su cuñado, Mario Bauza, el pionero del jazz latino, y la de su hermano, Machito. En 2006, en el club de jazz Birdland de Manhattan, nuestra organización le concedió el Latin Jazz USA Chico O’Farrill Lifetime Achievement Award, un reconocimiento que por 20 años hemos estado concediendo a luminarias del jazz latino, entre ellos Tito Puente”, señaló.

Acosta recuerda a Graciela como una mujer con mucho humor, y contó que la última vez que la vio, en la tertulia de Lupe, la viuda de Chico O’Farrill, le preguntó qué estaba tomando para los dolores de artritis, y la cantante le contestó: “Whisky, mucho whisky”.
Pese a su mal estado de salud, Graciela nunca dejó de cantar. Acosta dijo que la última vez que la vio con el micrófono fue en el Birdland, en octubre de 2009, en el aniversario de Chico O’Farrill, y Graciela cantó algunos boleros en su silla de ruedas.
“La recordaré como una mujer con buen sentido del humor, una actitud muy positiva ante la vida, y una sonrisa de labio a labio”, dijo el productor de jazz latino.
Otro que estaba muy apenado ayer por la muerte de Graciela era el percusionista Cándido Camero, de 88 años, quien tocó con Graciela en la orquesta de Mario Bauza y Machito en los 40.

“Ella fue muy querida y admirada por todos en el mundo entero. Es una gran pérdida. La vamos a extrañar mucho”, dijo Camero, vía telefónica.
Fue precisamente junto a Cándido Camero que Graciela hizo su última grabación, “Cándido & Graciela, Inolvidable”, la cual fue nominada a un Premio Grammy, por mejor álbum de música tropical, en 2005. “Yo la conocí en el Cabaret La Conga, en 1946, cantando en la orquesta de Machito y Mario Bauza. Desde entonces fuimos muy buenos amigos. Participamos juntos en grabaciones y conciertos”, dijo Camero. El percusionista describió a Graciela como una mujer alegre, sentimental, bondadosa, que le gustaba ayudar a la gente.
“Todos los viernes nos reuníamos en su casa a escuchar música y a hablar de los viejos tiempos. El mundo perdió a la reina del jazz latino”, lamentó Camero.

Bobby Sanabria, quien fue baterista de la orquesta de Mario Bauza y grabó tres discos con Graciela, dijo que con la muerte de la artista se perdió a una de las mejores intérpretes de la música afro-cubana.
“Ella fue la pionera, antes de Celia Cruz, que La Lupe. Ella fue la que abrió las puertas a las cantantes que llegarían después. Lamentamos su muerte”, dijo Sanabria.
Graciela Pérez era la hermana menor de Machito (Frank Grillo), y llegó a Nueva York en 1942 después de haber estado durante cinco años en la Orquesta Anacaona de Cuba. Graciela participó en la banda por más de 20 años como una de las vocalistas principales, convirtiéndose en la artista femenina más importante de la era del mambo, por lo cual fue ingresada al New York’s International Latin Music Hall of Fame (ILMHF).

Éxitos como “Sí, sí, no, no” y “¡Ay José!”, entre otros, se escucharon con su voz en todo el mundo. Lo que definía el arte de Graciela era su clara dicción, fraseo excelente, confianza en sí misma, sentido del humor, sentimiento natural y la capacidad de entregar una letra como si estuviera contando una historia. “Yo no canto sólo para cantar”, dijo a los medios cuando cumplió 90 años. “Hay que dar un tiempo de la canción para entender y expresar su letra también. Hoy en día eso no sucede. Además, usted no necesita una gran voz tampoco. Mira a Nat King Cole. Se convirtió en un gran cantante porque expresó sus canciones, no con gritos, sino por cantar como si estuviera teniendo una conversación”, agregó.

Fonte El Diario NY

Orquesta Zodiac: partecipa al Dia Nacional de la Salsa e lancia il nuovo disco

Orquesta Zodiac: partecipa al Dia Nacional de la Salsa e lancia il nuovo disco

18 Marzo 2010

L’orchestra Zodiac si esibirà questa domenica durante l’evento “Dia Nacional de la Salsa” che si celebrerà presso lo stadio Hiram Bithorn di Portorico.

“Recordar es vivir” (Ricordare è vivere). Con queste parole Paquito Pérez, direttore dell’orchestra Zodiac ha riassunto quello che sarà il concerto di domenica prossima durante il Dia Nacional de la Salsa.

Durante l’evento la Zodiac suonerà alcuni fra i suoi principali successi come “Panteón de amor”, canzone che fu lanciata ben 37 anni fa.

Panteón de amor

Pérez ha inoltre aggiunto: “l’orchestra Zodiac continua a suonare nelle feste patronali per tutta l’isola e una delle canzoni più richieste è proprio “Panteón de amor. La cosa che ci sorprende maggiormente è che la cantano generazioni diverse ed in particolare i più giovani”.

La Zodiac, diventata popolare negli anni settanta, oggi è diventata un’orchestra di culto. In occasione del Dia Nacional de la Salsa includerà alcuni membri originali. “Sarà una grande sorpresa per tutti” ha ribadito Pérez.

Le canzoni che non potranno mancare saranno “Tremendo problema”, “El adiós”, “Mi guitarra” e “Pa’lante”.

A quanto pare non divideranno il palco con altri artisti, però nel Dia Nacional non si può mai dire mai e per questo motivo si può sperare in qualche sorpresa.

I salseri saranno anche felici di sapere che l’orchestra Zodiac sta lavorando al nuovo disco.

Continua Pérez intervistato da El Vocero: “Abbiamo già registrato tre canzoni. Essendomi ritirato da maestro, le sto facendo io. Sono boleros come quelli che si facevano una volta, tipo Tito Rodriguez e Vicentico Valdés. Ovvero boleros con big band. L’altra canzone è un bolero-son accompagnato (come sempre) dall’orchestra”.

I titoli al momento sono “Remember”, “Reconozco” e “Cuando tú no estás”.

Il disco includerà anche del jazz che sarà mischiato alla salsa. “Ha un arrangiamento inusuale, sarà qualcosa di nuovo ma manterrà lo stile della Zodiac. Gli stili non cambiano. La cosa diversa è che adesso c’è più armonia”, ha ribadito Pérez, (che è anche un compositore) che spera che il progetto possa essere pronto per il prossimo anno.

Fonte: El Vocero

Addio ad un grande timbalero: Mike Collazo

Ci lascia Mike Collazo.

Il timbalero che aveva suonato in alcune fra le più famose orchestre di salsa è deceduto il 1 Marzo 2010 a 75 anni.

4 Marzo 2010

di Martin Cohen

Mike Collazo presso il Palisades Park, NJ. Verso il 1976 Foto di Martin Cohen

Non conosco un altro timbalero che abbia lavorato con tante orchestre importanti come Mike Collazo. Quando aveva 14 anni, Mike inizia a studiare con Ubaldo Nieto, il timbalero dell’orchestra di Machito. A seguire Mike studia alla “New York City High School” e successivamente alla scuola di Disegno Industriale, insieme ai musicisti Orlando Marín e Joe Quijano. È proprio in questo periodo che Mike introduce Orlando nella musica latina. Probabilmente l’alunno più famoso di questa scuola secondaria è il cantante Tony Bennett.Dopo essersi diplomato alla scuola secondaria, Mike entra nella scuola di musica del quartiere di Manhattan, il tempo necessario per imparare a leggere la musica. Questa abilità gli darà l’opportunità di registrare molti dischi e jingles.La sua prima e grande opportunità arriva quando si unisce alla banda del cantante cubano Marcelino Guerra. Già all’età di 18 anni entra a far parte dell’orchestra di un altro cantante cubano, Vicentico Valdés con la quale rimane fino a quando non viene reclutato nell’esercito all’età di 23 anni.

Orlando Marin, Nicky Marrero, Jimmy Delgado e Mike Collazo. Foto di Martin Cohen

Al ritorno dal periodo nell’esercito, Mike suona con l’orchestra La Perfecta di Eddie Palmieri (una delle mie orchestre preferite di ogni tempo). Uno dei primi luoghi dove iniziano a suonare è Che José, nella Calle 77 a New York. Ero solito andare in questo club per portare le mie nuove campane che avvolgevo in una borsa di carta marrone, affinchè i musicisti potessero provarle. Ho conosciuto Mike in questo periodo.

All’inizio della sua carriera dissero a Mike che Tito Rodríguez aveva bisogno di un timbalero per la sua orchestra, però lui rifiutò perchè non si sentiva ancora pronto in quanto inesperto per suonare in una banda così importante.

A quei tempi avere l’opportunità di suonare in una di queste grandi orchestre era un vero evento, in virtù del fatto che i loro musicisti potevano continuare a suonare in queste bande per uno spazio di tempo lungo da 10 a 15 anni. Capitava che qualcuno dovesse morire per essere sostituito. Nel caso di Tito Rodríguez, fu il suo timbalero, Papi Paganni – un gran musicista, secondo quanto affermato dallo stesso Collazo – che fu obbligato a lasciare l’orchestra per motivi personali e fu così che Mike prese il suo posto. Ed effettivamente restò con la sua orchestra per 5 anni.

Dopo aver suonato con Tito Rodríguez, Mike entrò nell’orchestra di un altro gigante, Ricardo Ray, gruppo che fu molto popolare negli anni settanta. Un assolo di timbal che Mike suonò nell’album “Aguzate” lo rese famoso come eccellente timbalero. Prima di essere chiamato per questo lavoro, Mike aveva il compito di marcare il tempo, però non aveva ancora avuto l’opportunità di mostrare le sue doti di solista. Ancora oggi Mike è famoso in paesi come la Colombia per le sue ingegnose esecuzioni e per la bellissima descarga di questo album. Quando domandai a Eddie Montalvo di parlare di Mike, il suo primo ricordo andò proprio a questo album, che secondo lui marcò un’era nella musica latina.

Negli ultimi 15 anni Mike è stato un membro della Orquesta Broadway, la mitica charanga di New York. Un’altro dei miei gruppi preferiti. Dal punto di vista personale, Mike era un gran padre e nonno, un vero cavaliere in ogni momento. Sempre attento e sensibile verso tutti.

Mike Collazo, in primo piano, seduto nell’auto. Cortesia di Reynaldo

Mike è deceduto il 1 Marzo del 2010. Fonte: Martin Cohen / Herencia Latina

Español

No conozco de otro timbalero que haya trabajado con tantas bandas importantes como Mike Collazo. A la edad de 14 años, Mike comenzó a estudiar con Ubaldo Nieto, el timbalero de la Orquesta de Machito. Luego Mike estudió en «New York City High School» y posteriormente en la Escuela de Diseño Industrial, junto a los músicos, Orlando Marín y Joe Quijano. Fue durante este período que él introdujo a Orlando a la música latina. Probablemente el alumno más famoso de esta escuela secundaria lo es el cantante Tony Bennett.

Después de graduarse de la escuela secundaria, Mike asistió a la Escuela de Música del Condado de Manhattan, el tiempo suficiente para aprender a leer música. Esta habilidad le dio la oportunidad de grabar muchos discos y jingles.

Su primera y gran oportunidad llegó cuando se integra a la banda del cantante cubano Marcelino Guerra. Ya a la edad de los 18 años se unió a la banda de otro gran cantante cubano Vicentico Valdés. Se quedó con esta banda hasta que fue reclutado en el ejército a la edad de 23 años.

A su regreso del ejército, Mike actúa con la Orquesta la Perfecta de Eddie Palmieri —una de mis bandas favoritas de todos los tiempos. De los primero lugares donde tocaron fue en un club ubicado en la calle 77 en Nueva York con el nombre de Che José. Yo solía llevar a este club, mis nuevos cencerros en unas bolsas de papel marrón para que los músicos los evaluaran. Mike me recuerda desde esta época.

A principios de su carrera, le comentaron a Mike que Tito Rodríguez necesitaba un timbalero para su banda, pero él declinó porque sentía que aún era demasiado inexperto. Para aquellos días era un evento muy especial cuando se presentaba un trabajo en alguna de estas grandes bandas, dado a que sus «Sidemen» estaban acostumbrados a mantenerse en estas bandas por un espacio de 10 a 15 años. Normalmente alguien tendría que morir antes de que su silla musical fuera reemplazada. En el caso de Tito Rodríguez, fue su timbalero, Papi Paganni —un gran músico, en palabras Collazo—, quien tuvo que abandonar su trabajo por motivos personales y fue entonces que Mike tomó su lugar. Y en efecto, se quedó con Tito Rodríguez por 5 años.

Después de la banda de Tito Rodríguez, Mike se unió a la banda de otro gigante, Ricardo Ray que fue muy popular en la década de 1970. Un solo de timbal aportado por Mike en el álbum Agúzate le dio el prestigió como un excelente timbalero. Antes de ser llamado para este trabajo, Mike se encargaba de marcar el tiempo, pero no había tenido la oportunidad de demostrar sus dotes de solista. Incluso, al día de hoy, a Mike se le reconoce sus ingeniosas ejecuciones y su bien lograda descarga de este álbum en países como Colombia. Cuando le pregunté a Eddie Montalvo que hablara de Mike, su primer pensamiento fue la de este álbum que le parecía que definió una era en la música latina.

En el aspecto personal, Mike es un gran padre y abuelo, un caballero en todo momento. Siempre está atento y sensible a los demás. Mi querido amigo, el bajista Eddie «Gua Gua» Rivera, me dijo que su hermana, le confirmó a la fecha, que Mike es un caballero.

Mike murió el 1 de marzo de 2010

Ci lascia Giovanni Lugo

Muore a Portorico Giovanni Lugo, aveva 47 anni.

Il percussionista e cantante di salsa e plena muore per un infarto.

3 Febbraio 2010

Il musicista e cantante Giovanni Lugo, uno dei percussionisti più esperti del paese, è scomparso questa mattina, a causa di un infarto, presso l’Ospedale Hima San Pablo di Bayamón (Portorico), secondo quanto è stato riferito all’agenzia Inter News Service dalla sua compagna Edith Bloncourt.

Due mesi fa, all’artista di 47 anni d’età, era stato diagnosticato un cancro al pancreas con metastasi al fegato.
Da quel momento, la sua saluta era rapidamente peggiorata, aveva perso l’appetito e iniziato a dimagrire al punto che non aveva ormai più le forze per suonare e cantare.

Martedì era giunto all’ospedale insieme alla sua compagna per ricevere il trattamento di chemioterapia, quando all’improvviso aveva iniziato a sentirsi male. Le sue condizioni sono quindi peggiorate fino al triste epilogo.

Fonte: Hiram Guadalupe Pérez / Inter News Service

Español

El músico y cantante Giovanni Lugo, uno de los percusionistas más versados del país, falleció a la 1:35 de esta madrugada, víctima de un infarto, en el hospital Hima San Pablo de Bayamón, según informó a Inter News Service su compañera Edith Bloncourt.

Hace dos meses, el artista de 47 años de edad, fue diagnosticado con cáncer en el páncreas con metástasis en el hígado.

Desde entonces, su salud comenzó a desmejorar rápidamente, perdió el apetito, bajo más de 50 libras de peso y minaron sus fuerzas para continuar tocando y cantando.

Ayer, martes, el destacado cantante de salsa y plena acudió en horas de la mañana junto a su compañera al hospital para recibir su primera quimioterapia con el doctor Chiesa, más antes de iniciar el tratamiento comenzó a vomitar.

“Tan pronto llegamos (al hospital) se puso mal, empezó a vomitar mucho, el médico lo envió rápido a emergencia y de allí lo recluyeron en intensivo. Tuvo muchos episodios corridos; le bajó la presión, le subió el azúcar y estuvo así todo el día hasta la madrugada. Yo le estuve hablando y acariciándolo todo el tiempo y en un momento, mientras le hablaba, vi que sus ojos se voltearon y murió en mis brazos”, narró con tristeza y en sollozos Bloncourt, compañera de Lugo por más de nueve años.

Los restos de Giovanni Lugo serán velados en la funeraria Guaynabo Memorial una vez concluya el protocolo del Instituto de Ciencias Forenses.

Bloncourt indicó que su cuerpo será cremado y sus cenizas se esparcirán en Orocovis, en una ceremonia musical en la que dominará la música típica y la plena, como fue su voluntad.

Fuente: Hiram Guadalupe Pérez / Inter News Service

La India torna a produrre con Sergio George

La India torna a produrre con Sergio George

28 Gennaio 2010

di Diego Pajares

Foto tratta da elcomercio.pe

Dopo quattro anni, l’autrice di “Dicen que soy” prepara il suo nuovo album discografico. Inoltre si prepara per un concerto il 13 Febbraio alla Videna di San LuisSono passati quattro lunghi anni dall’ultimo disco della India e finalmente dopo una lunga pausa ha deciso di tornare nuovamente in uno studio di registrazione. In questi anni comunque La India non è stata ferma, realizzando concerti e apparizioni in tutto il mondo. “Per questo motivo ho smesso di registrare nuovi brani, sentivo che dovevo cambiare”, afferma la cantante dall’Italia, dove si trova per realizzare collaborazioni con artisti locali.

Ci racconta che adesso le cose sono cambiate. È tornata a lavorare con Sergio George, lo stesso produttore di “Dicen que soy”, ancora oggi il suo più grande successo; e afferma che ha trovato l’ispirazione che stava cercando da tanto tempo. “Questi ultimi anni sono stati importanti perchè sentivo la vibrazione e la reazione del pubblico verso la mia musica. Senza dubbio loro volevano già un mio nuovo disco. C’era già un forte desiderio di ascoltare qualcosa di nuovo della India”.

Franca, sincera e diretta, la cantante portoricana cresciuta nel Bronx di New York rivela che per tornare a lavorare con George sono dovute accadere una serie di situazioni che stavano per finire in tragedia. “Poco dopo il lancio di “Dicen que soy”, mentre stavamo preparando il disco successivo, Sergio ed io abbiamo avuto da ridire. Lui voleva che io cantassi in un modo, mentre io preferivo farlo in un altro. Per questo si arrabbiò con me, mi disse che lui era il produttore e che io dovevo ascoltarlo e se ne andò dallo studio di registrazione per non tarnarci più”.

IL NUOVO INCONTRO CON IL PRODUTTORE MUSICALE

Anche se le sue successive produzioni l’hanno vista vincitrice di numerosi dischi d’oro e di un triplo disco di platino, nessuna di queste è rimasta impressa nella memoria della gente come quelle prodotte con Sergio George, fra le quali ricordiamo “Ese hombre” e “Vivir lo nuestro”, canzone cantata insieme a Marc Anthony. “Durante questi ultimi quattro anni, Sergio ha vissuto una serie di cose molto forti nella sua vita. Ha subito un’incidente automobilistico che stava per ucciderlo. Dopo essere guarito, la sua vita è cambiata. Mi ha chiamata di nuovo e mi sono subito resa conto che era diverso da prima. Adesso sono onorata di poter lavorare nuovamente con lui, perchè il rispetto che nutrivo nei suoi confronti non è mai cambiato”.

Con il nuovo disco in preparazione, la cantante conferma che riprenderà con decisione il cammino della salsa, senza però lasciare da parte il suo stile sonero che la caratterizza: “Voglio improvvisare molto, questo mi piace. La maggior parte delle canzoni le ho scritte io. La sorpresa è che canterò una canzone molto conosciuta di Juan Gabriel, che piacerà molto. Il resto è molto “sabroso”. Non vogliamo dimenticarci della salsa. Gli arrangiamenti e l’energia messe dentro questa registrazione sono incredibili”.

Español

Luego de cuatro años, la autora de “Dicen que soy” prepara su novena placa discográfica. Ella ofrecerá un concierto el 13 de febrero en la Videna de San Luis Jueves 28 de enero de 2010 – 10:08 amPor: Diego Pajares. Pasaron cuatro largos años para que La India hiciera una pausa y volviera a entrar al estudio de grabaciones. Cuatro años que llenó de conciertos y presentaciones alrededor del mundo. “Soy una artista a la que le gusta sentir inspiración. Por eso dejé de grabar un tiempo, porque sentí que terminé haciendo la misma música”, afirma la cantante desde Italia, donde se encuentra realizando colaboraciones con artistas de ese país.

Nos comenta que ahora las cosas son diferentes. Ha vuelto a trabajar con Sergio George, el mismo que produjo “Dicen que soy”, su más exitosa placa hasta el día de hoy; y afirma haber encontrado la inspiración que estuvo buscando todo este tiempo. “Estos últimos años han sido importantes porque sentí la vibración y la reacción del público a mi música. Sin embargo, ellos ya pedían un nuevo disco. Hay hambre y muchos deseos de escuchar algo nuevo de La India”, dice.

Franca, sincera y directa, la boricua crecida en el Bronx de Nueva York revela que para volver a trabajar con George tuvieron que suceder una serie de situaciones que llegaron a rozar la tragedia. “Un tiempo después de lanzar “Dicen que soy”, cuando preparábamos el siguiente disco, Sergio y yo discutimos. Él quería que cantara una canción de una manera, mientras que a mí me parecía que era mejor de otra forma. Se molestó, me dijo que él era el productor y que debía escucharlo, pero terminó saliendo del estudio para no regresar más”.

SE REENCONTRÓ CON SU PRODUCTOR MUSICAL

Aunque sus siguientes producciones la hicieron merecedora de discos de oro e incluso de un triple disco de platino, ninguna de ellas quedó tan marcada en la memoria de la gente como aquella que produjo con George, de la cual se desprenden éxitos como “Ese hombre” y “Vivir lo nuestro”, tema que cantó a dúo con Marc Anthony. “Durante estos últimos cuatro años, Sergio pasó por cosas muy fuertes en su vida. Sufrió un accidente automovilístico que casi lo mata. Cuando se mejoró, su vida cambió. Me volvió a llamar y al instante noté que era diferente. Ahora es un honor volver a trabajar con él, porque el respeto que le tengo nunca lo perdí”, confiesa, feliz, La India.

Con su nuevo disco en camino, la cantante señala que retomará con fuerza la salsa, pero sin dejar de lado ese estilo sonero que la caracteriza. “Voy a improvisar mucho, eso me gusta. La mayoría de canciones son de mi autoría. La sorpresa es que cantaré una canción no muy conocida de Juan Gabriel, la cual estará muy buena —adelanta—. Lo demás está muy sabroso. No queremos olvidarnos de la salsa. Los arreglos y la energía puesta en esta grabación es increíble”.

EL DATO

Los fanáticos de la salsa podrán celebrar, pues el sábado 13 de febrero La India participará en el Festival Salsa con Amor, que se realizará en la Videna de San Luis, al lado de artistas como Frankie Negrón y el experimentado Grupo Niche.

Fuente: elcomercio.pe

Scompare Alexis Escobar flautista di Bailatino

Ci lascia Alexis Escobar, flautista dei Bailatino

Caracas, 27 Gennaio 2010

Alle 12 di mercoledì scorso è scomparso all’ospedale Pérez Carreño di Caracas il musicista venezuelano Alexis Escobar, flautista dell’orchestra Bailatino, uno dei principali gruppi nel panorama salsero venezuelano e del continente latino americano.Escobar è entrato a far parte dell’orchestra Bailatino sin dall’inizio nel 1995 e insieme ad essa ha dimostrato il suo talento con il flauto, strumento che suonava con grande maestria. Inoltre Alexis Escobar ha suonato anche con gruppi come El Guajeo de Alfredo Naranjo, la Orquesta Típica Nacional, la Banda de El Pavo Frank, Magia Caribeña ed il gruppo di Orlando Poleo, esibendosi in tutto il Venezuela ed in Francia, Colombia, Aruba, Curazao e Messico.

Bailatino – Lo que se da no se quita

Durante l’ultima tourneè di Bailatino in Australia non aveva potuto aggregarsi in quanto era già ricoverato in ospedale a causa di un versamento pleurico che gli è costato la vita.

I musicisti di Bailatino sono costernati e con loro tutta la famiglia salsera venezuelana e di tutti i caraibi.

Paz a su alma

A cura di: Lil Rodríguez

Español

Caracas, enero 27 – En horas del medio dia de este miercoles falleció en el hospital Pérez Carreño de Caracas el destacado músico venezolano Alexis Escobar, flautista de la orquesta “Bailatino”, agrupación considerada fundamental en la resistencia salsera del continente.

Escobar formó parte de la agrupación desde sus inicios en 1995 y con ella subió a todos los escenarios donde mostró su talento con el instrumento que ejecutaba con gran maestría y solvencia: La Flauta Y no sólo con Bailatino mostró sus capacidades musicales. Alexis Escobar participó de agrupaciones como el Guajeo de Alfredo Naranjo, la Orquesta Típica Nacional, la Banda de El Pavo Frank, Magia Caribeña y el grupo de Orlando Poleo.

Se presentó, además de los escenarios venezolanos, en Francia, Colombia, Aruba, Curazao y México.

A la mas reciente gira de Bailatino a Australia no pudo asistir. Estaba ya hospitalizado a partir de un derrame pleural que se fue complicando hasta que este miércoles 27 de enero rindió tributo a la vida.

Los integrantes de Bailatino están absolutamente consternados y con ellos la familia salsera venezolana y de todo el Caribe.

El velatorio es en la funeraria El Pinar, en la avenida Páez de El Paraiso, en Caracas.

Paz a su alma

Por: Lil Rodríguez

Gran Combo de Puerto Rico, esce il nuovo disco

17 Dicembre 2009

di Ana Enid López Rodríguez

Alcune profezie dicono che nel 2012 il mondo finirà. In questa stessa data il Gran Combo de Puerto Ricocompirà 50 anni di vita. E tutto sembra indicare che solo la fine del mondo potrebbe mettere fine al suono inconfondibile dell’orchestra di salsa più famosa del mondo.La miglior prova di questo è l’emozione e l’energia che trasmettono i musicisti del gruppo – incluso il direttore e fondatore, Rafael Ithier – quando parlano della loro prossima produzione discografica, “Sin salsa no hay paraíso”, con la quale intendono dimostrare che le cose belle non passano mai di moda.

“Abbiamo realizzato un disco abbastanza vario, però il timbro del Gran Combo è sempre presente, anche perchè non vogliamo che cambi. Credo che abbiamo fatto un disco che piacerà molto alla gente, specialmente ai ballerini, e che ha alcune canzoni interessanti come “Es la mujer”, che canta Jerry (Rivas) e che porta un messaggio contro la violenza verso le donne”.

Il repertorio contiene otto canzoni inedite, così come una versione a salsa di “A mí me gusta mi pueblo” ed il classico “Achilupu” reso popolare da Andy Montañez. In pratica, hanno ripetuto la formula vincente di “Arroz con habichuela”, includendo tre composizioni di Juan José Hernández.

“C’è una seconda parte di questo successo, che si chiama El comején” hanno informato i cantanti Jerry Rivas e Charlie Aponte, i quali considerano che la magia del Combo è quella di mantenere la passione in quel che fanno.

“Quando questa finisce, non resta altro da fare che ritirarsi. Questo gruppo è nato dal popolo per il popolo ed il nostro impegno con questo è per sempre. E noi ci sentiamo orgogliosi perchè i giovani continuano ad ascoltare la nostra musica.”, hanno ribadito i cantanti, che fanno parte dell’Università della Salsa da ormai tre decenni.

Anche se Don Rafa ha la superstizione di non voler contare le sue registrazioni, si stima che il Gran Combo abbia al suo attivo almeno 55 dischi. Per il maestro la cosa più importante è di mantenere l’essenza del gruppo, qualcosa che ha potuto trovare nel pianista Willie Sotelo, che si è fatto carico della produzione musicale del nuovo lavoro.

Sotelo si è preso questa responsabilità con grande piacere, secondo quanto ci ha comunicato.

“Suono con il gruppo già da quattro anni e ogni volta che mi siedo in quella sedia so che devo farlo esattamente come lo faceva don Rafa. Lui mi ha dato la massima libertà, però è sempre attento a non far cambiare lo stile del Gran Combo, per questo motivo continua ad essere l’anima dell’orchestra. Essere qui è la cosa più importante che sia capitata nella mia carriera e per questo cerco sempre di fare del mio meglio. Grazie a Dio il pubblico ha recepito bene la mia partecipazione nel gruppo e sento che sto facendo un buon lavoro. Adesso usciamo con un disco molto vario e sono davvero contento perchè è la prima volta che un’orchestra di questo livello registra un mio pezzo (Es la mujer), un’ispirazione che mi è venuta dalle notizie sulla violenza domestica che vediamo tutti i giorni sui giornali”.

Ithier ha ammesso che il 2009 è stato un anno difficile per l’industria musicale in genere, però si è dimostrato lieto di continuare a suonare con l’orchestra.”Nel 1968 questo gruppo era praticamente scomparso, ci cancellarono dalle radio e dalle televisioni, e restammo senza casa discografica. Di conseguenza fummo obbligati a emigrare, perchè qui non potevamo lavorare. Questo ci portò a lavorare in posti dove la salsa non era conosciuta e, alla lunga, questa cosa giocò a nostro favore, perchè quando il genere iniziò ad avere molto successo, il Gran Combo era già conosciuto.

Ancora oggi continuiamo a raccogliere i frutti di questa emigrazione, perchè la situazione qui è ancora negativa, però il 75% del nostro lavoro lo facciamo all’estero. Per questo ci sentiamo benedetti”. La Colombia si è convertita in una delle piazze più importanti per il Gran Combo e per la salsa, per questo motivo hanno dedicato a questo paese una canzone nel nuovo disco e, molto probabilmente, daranno l’addio al vecchio anno proprio qui.

Fonte: Primera Hora

Español

“Traemos un álbum bastante variado, pero el timbre de El Gran Combo está presente, eso no queremos que cambie. Creo que hemos logrado un disco que le va a gustar mucho a la gente, especialmente al bailador, y que tiene temas bonitos como Es la mujer, que canta Jerry (Rivas) y que lleva un mensaje contra la violencia hacia la mujer”, adelantó Ithier.El repertorio contiene ocho temas inéditos, así como una versión en salsa de A mí me gusta mi pueblo y el clásico Achilupu que popularizó Andy Montañez. Además, repitieron la fórmula ganadora de Arroz con habichuela, incluyendo tres composiciones de Juan José Hernández.

“Hay una segunda parte de ese éxito, que se llama El comején”, añadieron los cantantes Jerry Rivas y Charlie Aponte, quienes consideran que la magia del Combo está en mantener la pasión por lo que hacen.

“Cuando eso se acabe, nos tenemos que retirar. Este grupo nació del pueblo para el pueblo y nuestro compromiso con eso es eterno. Y nos sentimos dichosos, porque la juventud sigue escuchando nuestra música”, apuntaron los cantantes, que ya llevan tres décadas en la Universidad de la Salsa.

Aunque don Rafa tiene la superstición de no contar sus grabaciones, se estima que El Gran Combo cuenta con al menos 55 discos. Y es que para el maestro lo importante es mantener la esencia del grupo, algo que ha podido confiar en el pianista Willie Sotelo, quien se hizo cargo de la producción musical del nuevo trabajo.

Sotelo ha asumido esa responsabilidad con un gusto, nos comentó.

“Ya llevo cuatro años con el grupo y cada vez que me siento en esa silla sé que tengo que hacerlo justo como lo hacía don Rafa. Él me da libertad, pero siempre está pendiente de que el estilo de El Gran Combo no cambie, así que sigue siendo el alma de la orquesta. Estar aquí es lo más grande que me ha sucedido en mi carrera musical y por eso trato de que no me falle un dedo. Gracias a Dios el público ha recibido bien mi participación en el grupo y siento que estoy haciendo un buen trabajo. Ahora venimos con un disco bien variado y estoy bien contento porque es la primera vez que una orquesta de esta magnitud me graba un tema (Es la mujer), una inspiración que vino de las noticias sobre violencia doméstica que vemos todos los días en el periódico”, dijo.

agridulce el 2009

Ithier admitió que el 2009 fue un año difícil para la industria musical en general, pero se mostró agradecido de que la orquesta permanezca vigente.

“En el 1968 este grupo prácticamente desapareció, nos botaron de la radio y la televisión, y nos quedamos sin disquera. Entonces tuvimos que emigrar, porque aquí no trabajábamos. Eso nos llevó a tocar en lugares donde la salsa no se conocía y, a la larga, eso jugó a nuestro favor porque cuando el género pegó fuerte, ya a El Gran Combo lo conocían. Hasta la fecha seguimos recogiendo los frutos de esa emigración, porque el ambiente aquí está malo, pero el 75% de nuestro trabajo lo hacemos en el exterior. Así que tenemos que sentirnos bendecidos”.

Colombia se ha convertido en una de las plazas más fuertes de El Gran Combo y de la salsa, por lo que le dedicaron un tema en el disco y, con toda probabilidad, despidan el año trabajando en ese país.

Fuente: Primera Hora

Pablo Milanes ritorna a Portorico

Traduzione a cura della Redazione LaSalsaVive

Fra amici con Pablo MilanésPablo Milanés si è esibito ieri, presso il Colosseo José Miguel Agrelot, dopo 11 anni di assenza da Portorico. (Fonte Primera Hora / Cristina del Mar Quiles) lunedì, 19 ottobre 2009
Era da oltre 11 anni che Pablo Milanés non si presentava a Portorico. Durante l’amministrazione del presidente George W. Bush infatti, gli era stato negato il visto in diverse occasioni per viaggiare verso l’Isola.
Però ieri, il cantautore cubano ha finalmente potuto deliziare il suo pubblico portoricano con alcuni fra i suoi principali successi e cantando altre canzoni tratte dai suoi ultimi dischi, nel presentare il concerto Trayectoria 45 años presso il Colosseo di Portorico José Miguel Agrelot, a San Juan.

Il concerto ha visto il suo inizio con un’apertura strumentale dei sei musicisti che lo hanno accompagnato per tutto il pomeriggio. Pablo Milanés è arrivato sul palco, si è seduto e subito dopo ha preso il microfono per dare inizio alla sua performance esprimendo la sua allegria nel tornare ad esibirsi nell’Isola che “involontariamente aveva abbandonato per 11 anni”, e dicendo che sarebbe stato un pomeriggio “fra amici”.

Ha iniziato con Vengo naciendo per poi proseguire con altre canzoni tratte dal disco Días de gloria. Da questo LP, ha dedicato la canzone Éxodo “a tutti i fratelli cubani che per una o per un’altra ragione non vivono nel loro paese”, canzone che ha definito come un “ponte d’amore” fra i suoi compatrioti.

A chiusura della prima parte dello spettacolo ha interpretato Canción, poesia originale di Nicolás Guillén, meglio conosciuta come De qué callada manera (ndr: rilanciata anche dalla Sonora Ponceña).

Pablo Milanes ha poi cantato la canzone che da il titolo al suo ultimo album, Regalo (definendolo un atto di compiacenza personale), raccontando che questo è anche il suo brano preferito di questa raccolta. Al finale lo ha dedicato alla sua compagna Nancy.

La sorpresa del pomeriggio si è rivelata con l’ingresso sul palco dell’amico Francisco Céspedes, invitato dallo stesso Milanes a unirsi per cantare Para vivir. Dopo essersi abbracciati con affetto, hanno continuato ad emozionare il pubblico che ha apprezzato l’inaspettato duetto.

Nonostante si fosse vociferato che avrebbero cantato anche Lucecita e Andy Montañez, alla fine l’unico invitato al concerto è stato Francisco Céspedes.

Più tardi Pablo ha voluto rendere omaggio alla sua amica e cantante argentina, Mercedes Sosa, che è scomparsa all’inizio del mese. “Per la tremenda donna, la tremenda umanista e la tremenda cantante. Per Mercedes, La soledad”, ha detto il cantante.

Il pubblico, da parte sua, non ha fatto mancare al cantante il supporto con i cori durante la sua canzone d’amore più famosa, Yolanda. Questa interpretazione è valsa all’artista un’ovazione con tutto il pubblico in piedi. Dopo, aveva pensato di terminare il concerto con El breve espacio, però dopo l’insistenza dei presenti è dovuto rientrato per continuare con La vida no vale nada e concludendo con Yo no te pido.

Español

Entre amigos Pablo Milanés

Pablo Milanés se presentó ayer, en el Coliseo José Miguel Agrelot, tras 11 años lejos de Puerto Rico. (Cristina del Mar Quiles / Para Primera Hora) lunes, 19 de octubre de 2009

Hacía más de 11 años que Pablo Milanés no se presentaba en Puerto Rico. Durante la administración del presidente George W. Bush, se le negó una visa para viajar a la Isla en varias ocasiones. Pero ayer, el cantautor cubano hizo frente al tiempo ausente al deleitar a su público puertorriqueño con un recorrido por algunos de sus éxitos más emblemáticos y cantando otras selecciones de sus últimos discos, al presentar el concierto Trayectoria 45 años en el Coliseo de Puerto Rico José Miguel Agrelot, en San Juan.

La percusión marcó el inicio del concierto con una obertura instrumental protagonizada por los seis músicos que lo acompañaron durante toda la tarde. Pablo Milanés apareció en tarima, se sentó y tomó el micrófono para dar comienzo a su participación expresando su alegría de volver a presentarse en la Isla que “involuntariamente había abandonado por 11 años”, y anticipó que sería una tarde “entre amigos”.

Arrancó con Vengo naciendo y prosiguió con otras canciones del disco Días de gloria. De éste, dedicó el tema Éxodo “a los hermanos cubanos que por una u otra razón no viven en su país”, canción que calificó como un “puente de amor” entre sus compatriotas.

Para cerrar la primera parte del espectáculo, interpretó Canción, poema original de Nicolás Guillén y mejor conocido por sus seguidores como De qué callada manera.

Como un acto de complacencia personal, dijo, cantó el tema que le da título a su álbum más reciente, Regalo, el cual cataloga como su favorito de esta compilación. Además, lo dedica a su compañera, Nancy.

La sorpresa de la tarde ocurrió cuando Pablo invitó a su amigo Francisco Céspedes a unírsele en Para vivir. Luego de abrazarse cariñosamente, juntos consiguieron emocionar al público que se quedó con ganas de seguir escuchándolos a dúo.

Aunque se había anticipado que Lucecita y Andy Montañez también cantarían, Francisco Céspedes fue el único invitado en el concierto.

Más tarde, Pablo quiso rendirle un homenaje a su amiga la cantante argentina Mercedes Sosa, quien falleció a principios de mes. “Para la tremenda mujer, la tremenda humanista y la tremenda cantante. Para Mercedes, La soledad”, dijo.

El público, por su parte, no le falló al cantante al corear para él algunos de los versos de su más famosa canción de amor, Yolanda. Esta interpretación le valió al artista una ovación de pie. Luego, pretendió terminar el concierto con El breve espacio, pero ante la insistencia de los presentes regresó para continuar con La vida no vale nada. Entonces, sí acabó con Yo no te pido.