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New York by Claude parte 3

Le recensioni de LaSalsaVive

New York by Claude – terzo giorno –

La mattina di Mercoledì scendo al Grocery, trovo un altro commesso e pago solo 2,50 $ la colazione, penso “Il caffè a Wall Street sarà in discesa”, naturalmente non me ne curo e sotto una pioggerellina lieve torno a piedi verso il Barrio.

Mentre attraverso il confine virtuale tra il Black e l’Hispano, odo uscire da una chiesa stranissima dell’ottimo funky-soul live, e ficco il naso dentro la First Baptist Mountain Ride Renaissance Adventist Salvation Brotherhood Holy Resurrectional (…omissis…) Church (ho accorciato il nome senò tutto non ci stava nel forum), allorquando una enorme signora nera di mezz’età, elegantissima e di rosso vestita, mi invita a convertirmi a loro lì sulle scale dell’entrata.

“Come, join us!” e io “I’m in a hurry, only wanted to see THE BAND”  😀

Dentro la band è composta da persone di tutte le età vestite proprio come la signora, e il bassista e il batterista si distinguono per l’incedere particolarmente funky del brano.

Malinconicamente, con le lancette del cellulare che viaggiano velocissime, constato: “Quante cose mi perdo in questa bellissima città, per dedicarmi al mio personalissimo TUNNEL…”

Rispondo: “Madame, chissà che gospels vi sparate quest’oggi, vorrei tanto esser qui con voi!” ma ora devo andare a compiere qualcosa di molto meno spirituale…

LA CASA LATINA DI VICENTE: UN PEZZO DI STORIA DEL BARRIO

Entro cosi:

“Usted es Vicente?”

E lui: “Sí”

“Buenas, vengo de Italia y soy fanático… etc etc”

Anche qui inizio a dare di matto, ma un po’ piu controllato perché la parete è un po’ meno vasta e presenta purtroppo svariati buchi, talvolta colmati da alcuni dei nuovi Fania rimasterizzati.

“Guarda, ti offro quel che è rimasto, d’altronde le scorte stanno per finire ed in alcuni casi son già finite”

Subito a colpo d’occhio chiedo quello che mi serve ma con raccapriccio mi rendo conto che il resto ce l’ho già o non mi interessa; con stupore riesco a trovare, dopo aver perso le speranze, questo bell’album:

Vicente è noto per il rapporto piacevole che instaura col cliente, guidandolo negli acquisti (per esempio, su tre album di un’orchestra che vuoi iniziare a conoscere ti suggerisce il migliore, oppure quello che negli anni è stato best seller sugli altri).

Nel negozio ci sono due Boricua di mezz’età, di cui uno che si lamenta dei nuovi Fania, tranne di due – Juicio di Willie Colón – che a suo parere è stato rifatto bene, e di Ali Baba di Louie Ramirez (per dirlo uno che aveva appena finito di lamentarsi del taglio dei bassi nel passaggio tra vinile e CD, c’è da crederci…)

L’altro rapidamente prende un classico cubano anni 50 (quelli della serie Tumbao) e se ne va così: “Adios FAMILIA” 😀

Chiedo: “A proposito Vicente, e tu che ne pensi del suono, va male per tutti o c’è qualche album accettabile?”

Mi mostra il fax di un Dj: “Qui c’è uno che si lamenta perfino di una copertina… io sinceramente non li ascoltati, qualcuno si lamenta altri no… la realtà è che io non ne vedo vendere moltissimi, magari deve ancora passare del tempo”

Vengono raccontati degli aneddoti sui loro addetti che sono andati in giro per il Barrio a cercare le copertine dei vinili per fotografarle a 20 $ e sui melomani che han preferito rifiutare una simile offerta; “Sicuramente hanno arricchito il packaging, la vecchia Fania a malapena metteva i nomi dei musicisti mentre i nuovi hanno addirittura una presentazione bilingue, e costano un dollaro meno… però il suono… varia con gli album…”

Ribadisco la mia teoria del “trombone evirato” e li informo (dato che nessuno sembra essersene accorto) che han lavorato pure sui canali, domandandomi: perché?

Finita la Salsa Classica (quella che vedevo dietro il bancone), mi lascio consigliare alcuni artisti recenti con un sound bello ritmico, tra i quali spicca il grande Manny Oquendo col suo Conjunto Libre di cui mi intasco tre CD.

Poi, la lancio lì… “Senti, so che non ce l’hai… Non è che per caso c’hai….”

E lui, serissimo: “Certo, è nella vetrinetta dietro di te”

😯 😯 😯

Non credo ai miei occhi…. dopo averne toccato il vinile a casa di un amico… dopo aver raccattato qualche raro e stridulo MP3… vedo.. vedo… vedo… una copia di…

Nella stessa vetrinetta c’era roba europea, Vampisoul, Salsa-International (che si può reperire anche da Londra), Envidia e quindi lascio perdere perché non sono lì per quello, ma vedo Vicente che risponde al Boricua che chiedeva commenti su Mayito Rivera.

“Il suo ultimo CD è molto bello, così come lo era il precedente, tutte cover di Chappottin”

Pur apprezzando l’opera, io non condivido perché sia in lui che in Pedro Calvo (con la Justicia) vedo uno snaturarsi della Cubanità (contemporanea); progetto di “internazionalizzazione” dei loro arrangiamenti che peraltro mostra – anche in quella sede di degustatori – di dare i suoi risultati.

Vedendo la copertina di Tirso Duarte (quello sì che fa la Cubana che io mi attendo da un Cubano) dico: “Este, pega duro!” e Vicente “Pero aqui la Timba… no va…”

La discussione ritorna sul nostalgico, d’altronde stiam parlando di un negoziante di dischi che dal ’66 ha visto passare fior di musicisti nel suo negozio nel cuore del Barrio… “Il fatto è che, oltre ad essere invasi dal Reggaeton, non son rimasti proprio i locali in cui suonare, e laddove puoi, usi pochi orchestrali; al martedi c’era il Magallay, ora ha chiuso, adesso al Mercoledi fa qualcosa il Latin Quarter, ma di fatto questa musica è ben lontana da quella che era 30 o 40 anni fa”

E’ venuto il tempo di fare la cuenta; faccio la mia solita figuraccia col Postamat (ci sono abituato, anche in Italia!), attraverso la strada, prego che escano altre 12 banconote da 20 dallo stesso Banco Popular del giorno prima e…. escono!!!

Me ne esco con 15 CD, di cui la metà contemporanei…

Assetato di Roba Vecchia, attraverso la strada e ritorno dal prospiciente El Barrio Records Store dove Luis già si frega le mani e per gratitudine mi insacchetta, insieme a 12 CD di cui solo uno contemporaneo, un cospicuo numero di promo da ben 5 tracce ciascuno 😀 … tutti di Reggaeton!!!

Faccio ritorno a casa schivando la chiesa funky-soul (ho fretta, devo andare a ballare alle 5 PM!), doccia, cena e breve pennica; quando mi sveglio è già buio e mi dico: “Ma è sera o è notte?”

Cavolo, è l’una di notte!!!

E quelli là chiudono all’una mica alle quattro!!!

Alla faccia della City that never sleeps Evil or Very Mad

A New York succede di tutto, e a me è successo questo 😀

che non è “avere il fuso” bensì “essere Fuso”.

E ora che faccio?

Non riesco a prender sonno, e in tv ci son solo stupidaggini (ma esistono i TG???)

Inizio a sentire un po’ dei miei CD e mi rendo conto di quant’è bella la mia stanza doppia da 55 $ con uso bagni e cucina…

E’ sostanzialmente enorme, 10 metri per 4, ad una rampa di scale dalla cucina ma proprio a fianco ad uno dei due bagni…

Entrando, si sviluppa longitudinalmente sui due lati, laddove a sud c’è una finestrona tendata tipicamente luminosa, con vista sui tetti da telefilm, e a destra c’è un armadio enorme; a fianco ad essi ci sono i due letti, divisi tra di loro da una ampio tappetone (peccato non averci scattato una foto)…

Ho tutto li… pure il divanetto sul lato est e i comodini sul lato ovest… eppure… eppure… qualcosa ci manca… e allora comincio a lavorare di fantasia… in questa vacanza salsera così intensa… something is missing… e allora me l’immagino io…

Sull’altro letto… quello vuoto…. ci immagino una… Donna… anzi…no… non sul letto… bensi sul…. tappeto… nella posizione… eretta… che ripassa le figure di Eddie Torres insieme a me 😀 😀 😀 😀

E qui scatta l’ANNUNCIO: Ballerino Claude cerca Ballerina per condivisione camera e lezioni di ballo On2 su un arco di due o tre settimane, periodo da decidersi, astenersi perditempo

😀 😀 😀

A domani per la quarta puntata!
By Claude

Eddie Palmieri intervistato da LaSalsaVive.org

La biografia di Eddie Palmieri


Eddie Palmieri, conosciuto per il suo potere carismatico e l’impulso innovatore, ha una carriera di più di 50 anni come direttore e maestro di orchestre di salsa e jazz latino. Con un percorso discografico che include 36 album, Palmieri ha ricevuto nove Grammy Awards. Il primo Grammy gli fu dato nel 1975 per la sua produzione discografica “The Sun of Latin Music”, la quale è considerata come la più importante per essere stata la prima a ricevere un riconoscimento da parte dell’ Academia Nacional de las Artes y Ciencias de Grabación (NARAS).
L’anno successivo, ha vinto di nuovo con “Unfinished Masterpiece”. Poi, nel 1984 ha vinto con “Palo Pa’ Rumba”, nel 1985 con “Solito” e nel 1987 con “La Verdad”. Palmieri ha ricevuto un Grammy Latino ed un Grammy per il miglior album di jazz latino nel 2000, grazie al lancio insieme a Tito Puente di “Obra Maestra / Masterpiece”. È stato nuovamente premiato nel 2006 con “Listen Here” e nel 2007 con “Simpático”, che è stata una collaborazione con il trombettista Brian Lynch. “Simpático” è stato anche riconosciuto dalla Jazz Journalists Association come miglior album jazz latino nello stesso anno.

Oltre alla sua riconosciuta carriera discografica, Palmieri ha preso parte alla Giunta dei direttori dell’Accademia Nazionale delle Arti e Scienze della Registrazione di New York, dove ha avuto un ruolo importantissimo nella creazione della categoria del jazz latino nel 1995.
A seguito della creazione di questa categoria, Palmieri è stato premiato per gli album “Palmas” nel 1995 e “Arete” nel 1996.

Nel 1988 l’Istituto Smithsonian ha registrato due performances di Palmieri per il catalogo del Museo Nazionale della Storia Americana a Washington, D.C., riconoscimento pubblico raramente concesso.
Nel 1990, Palmieri è stato invitato come consulente per l’album di Paul Simon “Rhythm of the Saints”.
Nel 1991 ha ricevuto il premio Eubie Blake del Dr. Billy Taylor ed è uno dei pochi musicisti latini che è stato riconosciuto dall’Assemblea Legislativa di Portorico e dallo Stato di New York.

Nel 1998, l’Heineken Jazz Festival di San Juan (Puerto Rico), ha reso tributo al grande contributo di Palmieri come maestro d’orchestra, insignendolo con il dottorato onorario del Collegio di Musica di Berklee.
Nel 2002, l’Università di Yale ha dato a Palmieri il premio “Chubb Fellowship” come riconoscimento per essersi distinto nella costruzione di comunità attraverso la musica.
È importante ricordare che questo premio solitamente viene riservato dall’Università di Yale solo a esponenti internazionali. Nello stesso anno ha ricevuto “Nacional Black Sports and Entertainment Lifetime Achievement Award”.
Fra gli altri artisti che hanno ricevuto questo importante riconoscimento ci sono Roberto Clemente, Count Basie, Max Roach, Billie Holiday e Dinah Washington. Addizionalmente nel 2002, ha ricevuto dalla BBC di Londra il Premio per l’esibizione latina più eccitante.

Foto credit: Martin Cohen

Nel 2005, Palmieri ha ricevuto una serie di prestigiosi premi, incluso l’ “Alice Tully African Heritage Award” del City College di New York, l’“Harlem Renaissance Award” ed il “Lifetime Achievement Award” della rivista Urban Latino Magazine.
Inoltre è stato invitato a far parte del “Bronx Wall of Fame” e del “Chicago Walk of Fame”. In omaggio alla sua discendenza portoricana e percorso musicale, Palmieri è stato invitato in qualità di padrino alla manifestazione per il giorno dei portoricani nella città di New York. Ha anche ricevuto “El Award” dal quotidiano El Diario. Un altro gran passo per Palmieri è stato il debutto del programma radio “Caliente” alla National Public Radio. Questo evento ha segnato la prima volta in cui un Latino è stato utilizzato come anfitrione per questo tipo di programmazione.
Il successo di “Caliente” è stato significativo, giacchè questo programma è stato trasmesso in più di 160 stazioni radio in tutti gli Stati Uniti.

Nato nello Spanish Harlem nel 1936 da genitori portoricani, Eddie Palmieri ha iniziato i suoi studi di piano in giovane età, così come aveva fatto il suo famoso fratello maggiore, il leggendario pianista e maestro d’orchestra di salsa, Charlie Palmieri. È importante segnalare che per gli abitanti latini di New York della generazione di Eddie, la musica era un veicolo per uscire dal “Barrio”. A 11 anni e con la voglia di andare il più lontano possibile dal Bronx, Palmieri fece un’ audizione presso il Weil Recital Hall, localizzato al lato del Carnegie Hall. È interessante notare che Palmieri ha sempre avuto il desiderio di suonare le percussioni, pertanto a 13 anni prese parte all’orchestra di suo zio, dove suonava i timbales.
Quando gli si chiede qualcosa in merito, Palmieri risponde, “A 15 anni ci fu il mio addio ai timbales ed il ritorno al piano fino ad oggi. Io sono un percussionista frustrato per questo mi diletto con il piano”.

Iniziò la sua carriera professionale come pianista verso i primi anni cinquanta nell’orchestra di Eddie Forrester. Nel 1955, si unì al gruppo di Johnny Segui. Passò un anno anche con l’orchestra di Tito Rodríguez prima di formare il suo gruppo nel 1961, la leggendaria Orchestra “La Perfecta”.
Questo congiunto è stato riconosciuto in modo distinto per aver incorporato una sezione di tromboni (diretta dallo scomparso Barry Rogers) al posto delle trombe. Questo cambiamento ha rappresentato qualcosa che raramente era stato implementato nella musica latina e che servirà come preludio allo stile poco convenzionale di Palmieri nella sua maniera di dirigere le orchestre.
“La Perfecta” è stata conosciuta come “the band with the crazy roaring elephants” (il gruppo con il ruggito pazzo degli elefanti), proprio per il fatto di essere composta da due tromboni, flauto, percussioni, basso e vocalista. Grazie al suo suono magnetico e unico, l’orchestra di Palmieri è stata presto catalogata allo stesso livello di orchestre riconosciute di questo periodo come quella di Machito e di Tito Rodríguez.

Eddie Palmieri con Barry Rogers – Adoración

La sua maniera di suonare innovatrice e poco convenzionale sorprese una volta di più i critici e i fans con il lancio del disco intitolato “Harlem River Drive” nel 1970.

Harlem River Drive “Idle Hands”

Questa registrazione fu la prima ad unire stili musicali afro-americani e latini in un suono da formazione libera, che, al tempo stesso, riunisce elementi della salsa, funk, soul e jazz. Inoltre, questo album presenta una fusione di movimenti musicali fluidi che evocano differenti sensazioni ritmiche. Diretta da Eddie, questa formazione vide la partecipazione del suo scomparso fratello Charlie, oltre a eccellenti talenti musicali di entrambe le comunità (afro-americana e latina) come Victor Venegas, Andy Gonzáles, Bernard “Pretty” Purdie e Ronnie Cuber. Aggiungendosi alla sua inclinazione di creare e innovare con il suo stile “funk” latino, nel 1997, Palmieri fu invitato da Little Louis Vega a registrare l’album “Nuyorican Soul”, il quale ottiene un grande successo fra i DJs e gli affezionati del ballo del genere di musica “house”.

Oltre all’influenza che ha ricevuto dal fratello maggiore Charlie, Eddie è stato influenzato da artisti cubani degli anni quaranta come Jesús López, Lili Martínez, e grandi maestri del jazz come Art Tatum, Bobby Timmons, Hill Evans, Horace Silver, Bud Powell e McCoy Tyner. Secondo Palmieri, “ A Cuba, si manifestò uno sviluppo ed una cristallizzazione di ritmiche che ha stimolato molte persone nel corso degli anni. La musica cubana è la base fondamentale da dove non mi sposterò mai. Tutto ciò che deve essere costruito arriva da lì. Da questa convergenza di culture nasce una musica magnifica.”

Eddie Palmieri – la cui passione e istinto per la musica sono ineguagliabili — si avvia positivamente verso il futuro della sua musica con lo slancio del suo distinto percorso musicale per la gioia dei suoi fans in tutto il mondo. Oggi, Palmieri ha una delle orchestre di salsa e jazz che girano il mondo con maggior frequenza, visitando Europa, Asia, América Latina, Africa del Nord ed i Caraibi. La sua astuzia negli arrangiamenti musicali innovatori e le sue composizioni di grande impatto dimostrano l’abilità di Palmieri nel riuscire a mantenersi attraverso il tempo grazie al suo repertorio multiforme e allo stesso tempo, sorprendere il pubblico – ancora e ancora — con il suo stile leggendario.

Clicca qui per leggere l’intervista a Eddie Palmieri realizzata dalla redazione de LaSalsaVive

Español

Eddie Palmieri, conocido por su poder carismático e impulso innovador, tiene una carrera de más de 50 años como dirigente y maestro de orquestras de salsa y jazz latino. Con una trayectoria discográfica incluyendo 36 títulos, Palmieri ha sido galardonado con nueve Premios Grammy. Recibió su primer Premio Grammy en 1975 por su producción discográfica “The Sun of Latin Music,” la cual es considerada como la más histórica por ser la primera vez que la música latina fue reconocida por la Academia Nacional de las Artes y Ciencias de Grabación (NARAS). Al año siguiente, ganó de nuevo por “Unfinished Masterpiece”. Luego, en 1984 ganó por “Palo Pa’ Rumba”, en 1985 por “Solito” y en 1987 por “La Verdad”. Palmieri recibió un Grammy Latino y un Grammy tradicional por el mejor álbum de jazz latino en el 2000 por el lanzamiento junto con Tito Puente de “Obra Maestra/Masterpiece”. Fue premiado nuevamente por el mejor álbum de jazz latino en el 2006 por “Listen Here” y en el 2007 por “Simpático,” el cual fue una colaboración con el trompetista maestro Brian Lynch. “Simpático” también fue reconocido por la Asociación de Periodistas del Jazz como el mejor álbum de jazz latino en el mismo año.

Además de su reconocida carrera discográfica, Palmieri formó parte de la junta de directores de la Academia Nacional de las Artes y Ciencias de Grabación para el capítulo de Nueva York en el 1993, donde tuvo un rol importantísimo en la creación de la categoría del jazz latino durante el 1995. Seguido a la creación de dicha categoría, Palmieri fue nominado por su álbum “Palmas” en el 1995 y por “Arete” en el 1996.

En 1988, el Instituto Smithsonian grabó dos de las funciones de Palmieri para el catálogo del Museo Nacional de Historia Americana en Washington, D.C., reconocimiento público raramente otorgado. En 1990, Palmieri fue invitado como consultor por Paul Simon para el álbum “Rhythm of the Saints”. Recibió el Premio Eubie Blake de Dr. Billy Taylor en 1991 y es uno de los pocos músicos latinos que ha sido reconocido por la Asamblea Legislativa de Puerto Rico y por el estado de Nueva York.

En 1998, el Heineken Jazz Festival de San Juan, Puerto Rico le hizo tributo a la gran contribución de Palmieri como maestro de orquestra, donde se le presentó un doctorado honorario del Colegio de Música de Berklee. En el 2002, la Universidad de Yale le otorgó a Palmieri el premio “Chubb Fellowship” en reconocimiento de distintiva labor de construir comunidades a través de la música. Es importante mencionar que dicho premio suele ser presentado por la Universidad de Yale a dignatarios internacionales. En ese mismo año, él recibió el “Nacional Black Sports and Entertainment Lifetime Achievement Award.” Acompañando a Palmieri en este honor están Roberto Clemente, Count Basie, Max Roach, Billie Holiday y Dinah Washington. Adicionalmente en el 2002, fue reconocido por el BBC de Londres con el Premio por la Función Latina Más Excitante.

Durante el 2005, Palmieri recibió una serie de premios prestigiosos, incluyendo el “Alice Tully African Heritage Award” del City College de Nueva York, el “Harlem Renaissance Award” y el “Lifetime Achievement Award” del Urban Latino Magazine. Además, fue invitado a ser parte del “Bronx Wall of Fame” y el “Chicago Walk of Fame”. En homenaje a su ascendencia puertorriqueña y trayectoria musical, Palmieri ha sido invitado como padrino a la Parada para el Día de los Puertorriqueños en la ciudad de Nueva York. También recibió “El Award” de el periódico El Diario. Otro gran logro para Palmieri fue el debut del programa radial “Caliente” en el National Public Radio. Dicho acontecimiento representó la primera vez que un Latino sirvió de anfitrión para este tipo de programación. El éxito de “Caliente” ha sido significativo, ya que este programa ha sido transmitido por más de 160 estaciones de radio nacionalmente.

Nacido en Spanish Harlem en 1936 a padres puertorriqueños, Eddie Palmieri comenzó sus estudios del piano a temprana edad, así como también su reconocido hermano mayor, el legendario pianista y maestro de orquestra de Salsa, Charlie Palmieri. Es importante señalar que para los neoyorquinos latinos de la generación de Eddie, la música era un vehículo para salir del “Barrio”. A los 11 años y con miras de ir lo más lejos del Bronx imaginable, Palmieri audicionó en el Weil Recital Hall, localizado al lado de Carnegie Hall. Interesantemente, Palmieri siempre tuvo el deseo de tocar percusión, por tanto a los 13 años formó parte de la orquestra de su tío, donde toco los timbales. Cuando se le pregunta a cerca de esto, Palmieri comenta, “A los 15 años, fue adiós a los timbales y devuelta al piano hasta el día de hoy. Yo soy un percusionista frustrado por eso me desquito con el piano”.

Emprendió su carrera profesional como pianista a comienzos de la década del 1950 en la Orquestra de Eddie Forrester. En el ’55, se unió a la agrupación de Johnny Segui. También pasó un año con la Orquestra de Tito Rodríguez antes de formar su propia agrupación en 1961, la legendaria Orquestra “La Perfecta”. Dicho conjunto ha sido reconocido distintivamente por incorporar un sección de trombones (dirigida por el fallecido Barry Rogers) en lugar de trompetas. Esto fue algo que rara vez había sido implementado en la música Latina y que sirve como preludio al estilo poco convencional de Palmieri en su manera dirigir orquestras. “La Perfecta” fue conocida como “the band with the crazy roaring elephants” (la agrupación con el rugido loco de elefantes), debido a estar compuesta de dos trombones, flauta, percusión, bajo y vocalista. Gracias a su sonido magnético y único, la orquestra de Palmieri fue pronto catalogada al mismo nivel de orquestras reconocidas de esa época como la de Machito y la de Tito Rodríguez.

Su expresión innovadora e inconvencional una vez más sorprendió a críticos y fanáticos con el lanzamiento de su disco titulado “Harlem River Drive” en 1970. Esta grabación fue la primera en unir estilos musicales afro-americanos y latinos en un sonido de formación libre, que, al mismo tiempo, enlaza elementos de la salsa, funk, soul y el jazz. Más aun, este álbum destaca una fusión de movimientos musicales fluidos que evocan diferentes sensaciones rítmicas. Dirigida por Eddie, esta agrupación incluyó a su fallecido hermano Charlie, además de excelentes talentos musicales de ambas comunidades (afro-americana y latina) como Victor Venegas, Andy Gonzáles, Bernard “Pretty” Purdie y Ronnie Cuber. Añadiéndole a su inclinación por crear e innovar con su estilo “funk” latino, en 1997, Palmieri fue invitado por Little Louis Vega a grabar el álbum “Nuyorican Soul”, el cual ha sido un éxito rotundo con DJs y aficionados del baile en género de música “house”.

Además de la influencia que recibió Palmieri de su hermano mayor Charlie, el ha sido influenciado por artistas cubanos de los 1940 como Jesús López y Lili Martínez, y grandes maestros del jazz como Art Tatum, Bobby Timmons, Hill Evans, Horace Silver, Bud Powell y McCoy Tyner. Según Palmieri, “ En Cuba, se manifestó un desarrollo y cristalización de patrones rítmicos que ha estimulado a muchas personas a través de los años. La música cubana provee la base fundamental de donde nunca me muevo. Lo que sea que tiene que construirse, sale de allí. De esa convergencia de culturas sale una música magnifica.”

Eddie Palmieri –cuya pasión e instinto por la música son inigualables— embarca positivamente hacia el futuro de su música con el impulso de su distintivo camino musical para el deleite de su fanaticada a través del mundo entero. Hoy día, Palmieri tiene una de las orquestras de salsa y jazz que recorren el mundo con mayor frecuencia, visitando Europa, Asia, América Latina, Africa del Norte y el Caribe. Su astucia en arreglos musicales innovadores y sus composiciones de magnitud histórica demuestran la habilidad de Palmieri de poder trascender el tiempo con su repertorio polifacético y de la misma forma, sorprender al público –una y otra vez—con su legendario estilo.

Tratto da Il sito ufficiale di Eddie Palmieri.

Intervista a Olinto Medina direttore musicale del Sexteto Juventud

di Alfredo Churión.
realizzato nel mese di Ottobre del 2007

traduzione a cura della Redazione LaSalsaVive


Sexteto Juventud

Il Sexteto Juventud

Pionieri della salsa brava: “Ci sono molti musicisti che dicono che fummo noi ad intraprendere il cammino”. Ascoltandoli suonare dal vivo è difficile immaginare che questi signori abbiano già 45 anni di attività alle spalle, giacchè il loro stile continua ad essere invariato da quando cominciarono: lo stile di quei gruppi di ragazzi di quartiere (barrio) che cantano in qualsiasi strada.

Questo è il Sexteto Juventud, una vera istituzione nazionale che – a suo modo – definì uno stile diverso di fare salsa.
A tal proposito conversiamo con il loro direttore musicale e fondatore: Olinto Medina.

Alfredo: Olinto, quest’anno il Sexteto ha compiuto 45 anni.

Olinto: “Effettivamente è così. Lo formammo parecchio tempo fa, il 13 maggio del 1962 con il nome Conjunto Rítmico Juventud. Eravamo un gruppo di amici che vivevano nel bloque 44 del quartiere 23 de Enero a Caracas.
Avevamo la stessa passione per la musica e per lo sport, nel gruppo di amici c’erano i fratelli Carlos e Marco Tulio Crocker, mio fratello Juan, Arturo López, Isaías, Alfredo Arraiz ed io.

L’orchestra non aveva ancora una composizione definita anche perchè non c’era molta esperienza ed io cercavo musicisti che potevano adattarsi a quel che stavamo facendo.
Grazie a Dio i ragazzi riuscirono ad adattarsi, anche se per vari motivi con il tempo alcuni di loro si ritirarono, il tutto coincise con l’arrivo nell’orchestra di Tabaco e di suo fratello Cruz, insieme a Pablo. Dell’orchestra originale siamo rimasti in quattro.”

Carlos Quintana Tabaco & Sus Metales “Una Sola Bandera”

AC: Quale influenza musicale avevate a quell’epoca?

OM: “Io credo che in Venezuela non avessimo alcuna influenza musicale perchè per noi che venivamo dal barrio (quartieri poveri) era impossibile andare a vedere i concerti di orchestre come quella di Luís Alfonso, l’orchestra Billos e quella dei Los Hermanos Belisario, pertanto non potevamo trarre alcuna conoscenza dalla loro musica.
Però arrivava molta musica cubana come quella della Sonora (Matancera),della Aragón e dei sestetti che suonavano là.
Successivamente si iniziò a sentire la salsa messicana, che era diversa dalla nostra, ma faceva parte della stessa corrente caraibica.
Negli stessi anni sessanta si ascoltava il Sexteto La Playa con Tito Rodríguez e noi seguivamo questa corrente nonostante non avessimo avuto un contatto diretto, però sapevamo che qualcosa sarebbe accaduto perchè piacevano molto alla gente”.

AC: Arriva un momento in cui voi iniziate a fare una fusione fra la musica tradizionale cubana con generi emergenti come il Rock.

OM: “Il buon latino che conosce le proprie radici sa che quando un gruppo si avvicina a queste correnti le deve assimilare. Questo è stato quel che ho fatto: cercare prima la sintonia del sestetto e successivamente trovare poco alla volta lo stile, cosa che alla fine è accaduta. Uno stile che non assomigliava a nessun’altro, non so se questo dipendesse dalla creatività delle canzoni che facevamo o dalla strumentazione che è diventata un’icona della nostra musica.”

AC: Quale fu la reazione della gente quando cominciaste a suonare?

OM: “Mi ricordo che quando facevamo le prove nei corridoi del palazzo qualcuno si lamentava, però si vedeva già che esisteva un carisma fra i membri del gruppo. Eravamo gente umile, sana, nessun vizio, nessun malinteso”. Con il tempo si creò un regolamento d’accordo con quelli che mi volevano come leader. Anche se non ci crederete, in quell’epoca suonavamo per molte feste da ballo nell’est di Caracas ed io credo che questi inizi furono la nostra grande scuola.

Guasanco
Mala

AC: Quale fu il primo grande successo del Sexteto?

OM: “Fu una canzone che registrammo nel 1967 quando Caracas compì 400 anni: “Guasancó”, la nostra prima registrazione di un disco a 45 giri. Dopo ci furono canzoni come “Mala”, “Caramelo y Chocolate”, “La Cárcel”, “Mi Calvario” e molte altre ancora, tutte canzoni realizzate dal gruppo, perchè questa è sempre stata la mia convinzione”.

AC: Però è indubbio che l’ingresso nel gruppo di Carlos “Tabaco” Quintana fu un fattore di grande influenza nel trionfo del Sexteto Juventud. Lo snello e ricordato cantante si mise in luce per meriti propri, come uno dei principali musicisti e soneros del Venezuela.

Mas Guasanco
La Juventud se impone

AC: Parlami di Tabaco.

OM: “Tabaco fu un vero fenomeno. Io lo considero così. Aveva un dono speciale per tutta la parte ritmica ed anche se iniziò a cantare in modo del tutto casuale, fu una vera rivelazione in questo stesso campo.
E pensare che non sapeva nemmeno cosa fosse un tono, una croma nè niente di musica. Senza contare la sua creatività come autore di testi. Quando io iniziai a vedere le sue composizioni gli chiesi che fosse lui stesso a cantarle affinchè si sentisse più sicuro”.

Tabaco y su Sexteto

Tabaco y su Sexteto

AC: “La Cárcel”, una delle composizioni emblematiche del gruppo, fu realizzata in collaborazione fra i componenti dell’orchestra a causa di una spiacevole situazione della quale Olinto preferisce non dare maggiori dettagli. Quando si andò a registrare la canzone, si vide come questa non era ben fatta e si dovette adattarla al suono del Sexteto. La stessa cosa successe con “Mi Calvario” e curiosamente entrambe le canzoni sono diventate punti chiave della carriera del gruppo. Però secondo Olinto “queste furono situazioni non di casualità, ma di fortuna. Una fortuna può presentarsi a qualsiasi gruppo”.

AC: In questi 45 anni di carriera, fra gli artisti con cui ha collaborato, chi ricorda con maggior piacere?

OM: “Dei gruppi con i quali ci siamo alternati, quello che mi ha lasciato i più bei ricordi è la Sonora Matancera. Imparai molto da loro. Non me lo insegnarono direttamente, però io li osservavo e cominciai a farmi influenzare dalla loro disciplina e mistica. Grazie a questo hanno continuato a suonare insieme per sessant’anni e questo non è affatto facile. Per lo stesso motivo il Sexteto è ancora attivo. Aver avuto l’opportunità di stare al fianco di un gruppo con questa storia, ha rappresentato un motivo di grande orgoglio per tutti noi”.

La Sonora Matancera: “Jancito Trucupey”

AC: Come avete fatto ad evitare di cadere nelle sonorità di Joe Cuba, dato che in quel periodo dettavano legge?

OM: “Strutturalmente non avremmo mai potuto cadere in quelle sonorità, anche perchè le strumentazioni erano completamente diverse. Però i sestetti si caratterizzano molto per gli incisi, per gli arrangiamenti nelle canzoni e per affidarsi maggiormente al ritmo rispetto ad una grande orchestra. Gli arrangiamenti che facevamo ovviamente avevano l’orientamento di quelli di Joe Cuba, però non erano imitazioni. I suoi arrangiamenti avevano una tecnica molto complessa e noi li facevamo, però secondo un nostro stile…e questo diede i suoi risultati”.

Olinto Medina, Direttore e Fondatore del Sexteto Juventud. Foto di Alfredo Churión D.

Olinto Medina, Direttore e Fondatore del Sexteto Juventud. Foto di Alfredo Churión D.

AC: Pensa di poter dire che il Sexteto Juventud ha creato influenze in altri gruppi venezuelani?

OM: “Sì, sì, sì! In quell’epoca c’era un boom della musica latina e le case discografiche volevano registrare tutto quel che si presentava in quello stile. E dato che noi eravamo quelli che avevano maggior successo in quel periodo, i produttori obbligavano i propri artisti a suonare con il nostro stile. Fu così che nacquero gruppi come il Sexteto Caracas, Príncipe Y Su Sexteto e molti altri ancora. Però nessuno di loro riuscì a ottenere un suono come il nostro. Senza contare che ci sono molti musicisti che affermano che fummo noi ad intraprendere il cammino”.

AC: Come si spiega che dopo tanto tempo senza registrare il Sexteto Juventud continua a lavorare tantissimo e a riempire i locali dove si esibisce?

OM: “Noi abbiamo registrato più di 300 canzoni, oltre il 90% di queste sono originali. E fra queste, una quindicina sono grandi successi. Però bisogna vedere il contenuto delle altre canzoni. Il messaggio dei testi era legato a tematiche del popolo ed in quell’epoca arrivò sia ai giovani che agli adulti. Oggi sta accadendo di nuovo. I giovani ci cercano perchè non ci avevano visto. Io non dico che siamo un fenomeno, però la verità è che qualcosa sta succedendo”.

Olinto Medina insieme a Carlín Rodríguez. Foto di Alfredo Churión D. D.

Olinto Medina insieme a Carlín Rodríguez. Foto di Alfredo Churión D.

AC: Come vede le correnti musicali di oggi? Il reggaeton e la salsa che si fa oggi?

OM: “La verità è che questi generi non li raccomando a nessuno, specialmente ai giovani che hanno tutto il diritto di poter ascoltare e apprezzare la musica attuale, ma che non devono essere obbligati ad ascoltare solo queste sonorità perchè nessuno gli propone quel che noi abbiamo vissuto ai nostri tempi. Quelle orchestre dal vivo…quei festival con musicisti che suonavano davvero. Il reggaeton è musica di un volume così alto da far sballare qualsiasi persona che l’ascolti, ed io non penso che da questo genere si possa imparare qualcosa. Però lo rispettiamo”.

AC: E come per far capire che la sua non è un’attitudine contraria alla musica pop, ricorda l’epoca in cui sorsero i gruppi giovanili in Venezuela. Gente come Trino y Henry, oggi suoi grandi amici. Olinto aveva capito che la salsa stava cominciando a calare quando ci fu questa crescita del pop e decise di iniziare a sperimentare. E così, nonostante l’avversione del presidente della sua casa discografica, nacque un grande successo come “Caramelo y Chocolate”.

Il Sexteto Juventud ha presentato la sua arte in tutte le isole dei Caraibi, in Colombia, Italia, Puerto Rico e Messico, anche se il direttore del gruppo pensa che, nelle attuali condizioni, sia molto difficile per i musicisti venezuelani uscire dal paese: “Ci pongono una serie di condizioni diverse da quelle che noi abbiamo qui. Se tu chiedi in Messico o in Italia quello che guadagni qui, o un poco di più, ti fanno delle obiezioni. Intendo dire che un hotel o un biglietto aereo per la Spagna o per il Messico costano soldi, però loro chiedono che dei sette musicisti che siamo ne vadano solo tre e questo non è quel che vogliamo. Qui i musicisti hanno dovuto emigrare rischiando in prima persona”.

El Sexteto Juventud nel 1967. Olinto Medina (fundatore), basso; Carlos Quintana, batteria e voce; Rómulo Robaina, tumbadora; Juan M. Sánchez, chitarra elettrica; Pablo Erasmo Alvarez, guiro; Cruz Armando Quintana bongó e Oscar Mijares, voce principale. Foto di Gherson Maldonado.

El Sexteto Juventud nel 1967.
Olinto Medina (fondatore), basso; Carlos Quintana, batteria e voce; Rómulo Robaina, tumbadora; Juan M. Sánchez, chitarra elettrica; Pablo Erasmo Alvarez, guiro; Cruz Armando Quintana bongó e Oscar Mijares, voce principale.
Foto di Gherson Maldonado.

Il Sexteto diventa a 10 musicisti

Il Sexteto diventa a 10 musicisti.Foto di Gherson Maldonado.
Il Sexteto con il suo autentico sabor

Il Sexteto con il suo autentico sabor.


Olinto Medina, Direttore e fondatore; José Gómez, piano; Juan Sánchez, tres; Narciso Y. Drogo, basso; Javier Plaza, tumbadora; Ángel Utrera, bongó ed Erasmo Machado, cantante.
Foto di Gherson Maldonado.

Enrique Iriarte, piano, Olinto Medina, direttore e Nelson Navas cantante.

Enrique Iriarte, piano, Olinto Medina, direttore e Nelson Navas cantante.Foto di Gherson Maldonado.
Olinto Medina, l'animatore della Fiera dell'Allegria Henry Altuve, il timbalero Alfredo Francheski “Cutuflá” ed il vocalista Nelson Navas. Foto de Gherson Maldonado.

Olinto Medina, l’animatore della Fiera dell’Allegria Henry Altuve, il timbalero Alfredo Francheski “Cutuflá” ed il vocalista Nelson Navas. Foto de Gherson Maldonado.
Olinto Medina insieme allo scomparso dj della radio Phidias Danilo Escalona.Foto de Gherson Maldonado.

Olinto Medina insieme allo scomparso dj della radio Phidias Danilo Escalona.Foto de Gherson Maldonado.

Vai alla discografia del Sexteto Juventud

Español

Pioneros de la salsa brava: “hay muchos músicos que dicen que nosotros fuimos los que abrimos el camino”.
Oyéndolos tocar en vivo es difícil imaginar que estos señores tengan 45 años en el candelero ya que su estilo sigue siendo aquel que no ha variado desde sus inicios: el que emula la presencia de un grupo de jóvenes de barrio cantando en cualquier esquina. Es el Sexteto Juventud, una verdadera institución nacional que- a su manera- definió una forma diferente de hacer salsa. Conversamos con su director y fundador Olinto Medina.

“Olinto: este año el sexteto cumplió ya 45 años de edad”

“Efectivamente. Lo formamos un día de la madre, un 13 de mayo del año 1962 bajo el nombre de Conjunto Rítmico Juventud un grupo de amigos en el bloque 44 de la urbanización 23 de Enero en Caracas.

Compartíamos la música y los deportes y allí estaban los hermanos Carlos y Marco Tulio Crocker, mi hermano Juan, Arturo López, Isaías, Alfredo Arraiz y yo, pero en ese tiempo no había un personal definido aún porque no había experiencia y yo buscaba a quienes pudieran adaptarse a lo que estábamos haciendo. Gracias a Dios los que estuvieron allí se adaptaron, pero por otras razones al tiempo algunos de ellos se retiraron y es cuando llegan Tabaco y su hermano Cruz junto a Pablo. De los originales quedamos cuatro vivos”.

“¿Qué influencias musicales tenían en aquella época?”.

“Yo creo que del país no existía ninguna influencia porque los accesos a las orquestas como Luís Alfonso, la Billos y los Hermanos Belisario no existían para nosotros porque veníamos del barrio. Por lo tanto no podíamos sacar conocimiento de ellos. Pero si nos llegaba mucha música cubana como la Sonora, la Aragón y los sextetos de allá. Después se empezó a meter la salsa mexicana, diferente a la nuestra, pero de las mismas corrientes caribeñas. En los mismos años 60 se mete el Sexteto La Playa con Tito Rodríguez y nosotros buscábamos esa referencia sin conocimiento alguno, pero sabíamos que algo había ahí porque le gustaba mucho a la gente”.

“Llega un momento en que ustedes hacen una mezcla de la música tradicional cubana con cosas que venían pasando como el rock”.

“El buen latino conocedor de sus propias raíces sabe que cuando un grupo se ajusta a esas corrientes él lo acepta. Eso fue lo que yo hice: ajustar primero el acople del sexteto y después buscar poco a poco el estilo que al fin quedó. Un estilo que no se parece a ningún otro, no se si será por la creatividad de las piezas que hicimos o por la instrumentación que quedó ahí como un icono”.

“¿Cómo era la reacción de la gente cuando comenzaron?”.

“Al principio molestábamos mucho en los pasillos del bloque cuando ensayábamos, pero ya se veía que existía un carisma en los integrantes. Éramos gente humilde, sana, cero vicios y cero malentendidos. Poco a poco se fue creando un reglamento de acuerdo a lo que me exigían a mí. Aunque no lo creas, en esa época amenizábamos muchos bailes en el este de caracas y yo creo que esos inicios fueron nuestra gran escuela”.

“¿Cuál fue el primer éxito grande del Sexteto?”.

“En el disco fue un tema que grabamos en el 67 cuando Caracas cumplió 400 años. “Guasancó”, nuestra primera grabación en disco de 45. Después vinieron “Mala”, “Caramelo y Chocolate”, “La Cárcel”, “Mi Calvario” y muchas más, todas creaciones del grupo porque esa siempre fue mi insistencia”.

Pero indudablemente la entrada al grupo de Carlos “Tabaco” Quintana fue un factor de gran influencia en su triunfo. El espigado y recordado cantante llegó a destacar por derecho propio como uno de los grandes músicos y soneros de Venezuela.

“Háblame de Tabaco”.

“Tabaco fue un verdadero fenómeno. Yo lo considero así. Tenía un don especial para toda la parte rítmica y, aunque entra al canto en forma verdaderamente accidental, fue una verdadera revelación en este campo. Y eso que no conocía ni lo que era un tono ni una corchea ni nada de música. Sin contar con su creatividad como letrista. Cuando yo comencé a ver sus composiciones le pedí que las cantara el mismo para que se sintiera más seguro”.

“La Cárcel”, una de las composiciones emblemáticas del grupo fue compuesta en colaboración entre sus miembros por una desagradable situación acaecida de la cual Olinto no brinda mayores detalles. Cuando fueron a grabar el tema, este no estaba bien hecho y hubo que adaptarla al sistema del sexteto. Lo mismo sucedió con “Mi Calvario” y curiosamente ambos números se han convertido en emblemáticos dentro de la carrera del grupo. Pero para Olinto “esas fueron situaciones no de casualidad, sino de suerte. Una suerte que se le puede presentar a cualquier grupo”.

“En estos 45 años ¿con que artista recuerdas con más cariño el haber compartido?”.

“De los grupos con que alternamos el que recuerdo con más cariño es a la Sonora Matancera. Aprendí mucho de ellos. No me lo enseñaron directamente, pero yo los observaba y comencé a regirme por su disciplina, por su mística. Una gente que ha durado 60 años juntos, lo que no es nada fácil. Y ese es el caso del sexteto. Entonces, pararnos al lado de un grupo con ese historial tiene que haber sido un orgullo para nosotros”.

“¿Cómo hicieron para evitar caer en el sonido de Joe Cuba que era él que mandaba en la época?”.

“Estructuralmente no íbamos a caer nunca en su sonido porque las instrumentaciones son completamente distintas. Pero los sextetos se caracterizan mucho por hacer intermedios y cortes en las piezas y por afincar más en el ritmo que lo que lo hace una orquesta grande. Los cortes que hacíamos obviamente tenían la orientación de los de Joe Cuba, pero no eran imitación. Sus cortes traían una tecnificación muy dura y nosotros lo hacíamos pero a nuestra manera… y nos dio resultados”.

“¿Sientes que el Sexteto Juventud ha creado influencia en otras agrupaciones venezolanas?”.

“¡Si, si, si! En aquella época había un boom de la música latina y los sellos disqueros querían grabar a todo el que se le presentara en el estilo. Y como nosotros éramos los que estábamos pegados en ese momento los productores obligaban a sus artistas a tocar como nosotros. Salieron grupos como el sexteto caracas, Príncipe y su sexteto y varios más. Pero el truco que teníamos nosotros no lo logró ninguno de ellos. Y hay muchos músicos que dicen que nosotros fuimos los que abrimos el camino”.

“¿Cómo se explica que después de tanto tiempo sin grabar el Sexteto siga trabajando muchísimo y metiendo tanta gente en sus presentaciones?”.

“Nosotros tenemos más de 300 composiciones grabadas, más del 90 por ciento originales. Y de esos temas hay 12 0 15 hits. Pero hay que ver el contenido del resto de los temas. El mensaje de las letras es muy de pueblo y en aquella época le llegó a los jóvenes y a los adultos. Hoy en día está pasando lo mismo. Los muchachos jóvenes nos buscan porque ellos no nos vieron. Yo no digo que seamos un fenómeno, pero la verdad es que algo pasa”.

“¿Cómo ves las corrientes musicales de hoy en día? El reggetón y la salsa que se hace ahora”

“La verdad es que eso si no se lo recomiendo a nadie, en especial a los jóvenes, que si es verdad que tienen derecho a oírlo y ¿Porqué no? a gustarle, pero no deben abocarse a eso solamente porque allí no hay nada de lo que vimos nosotros. Aquellas orquestas en vivo… aquellos festivales con músicos tocando de verdad. El reggetón es música de volumen como para volver loco a cualquiera y yo no pienso que de él se pueda aprender algo. Eso sí, lo respetamos”.

Y como para que quede claro que lo de él no es una actitud en contra de la música pop, recuerda la época en que surgen los grupos juveniles en Venezuela. Gente como Trino y Henry, hoy sus grandes amigos.

Olinto percibió que la salsa comenzaba a tener un bajón gracias a esa avanzada pop y decidió comenzar a experimentar. Y así, a pesar de la animadversión del presidente de su sello nació otro hit como lo fue “Caramelo y Chocolate”.

El sexteto Juventud ha presentado su arte en todas las islas del caribe, en Colombia, Italia, Puerto Rico y México, aunque el director del grupo piensa que en las actuales condiciones es difícil para el músico venezolano salir del país: “Nos ponen una serie de condiciones distintas a las que nosotros cumplimos aquí. Si tú pides en México o Italia lo que ganas aquí, o un poquito más, te le ponen objeciones. Entiendo que un hotel o un pasaje para España o México cuestan plata, pero ellos piden que de los siete músicos que somos vayan solo tres y esa no es la idea. Aquí el músico ha tenido que emigrar bajo su propio riesgo”.

Articolo tratto da www.herencialatina.com

La Super Banda de Don Filemon – Llego Superman

Traduzione a cura di Max Chevere

les voy a contar una historia que no tiene comparacion
la historia de un muñequito
que se vacila su guaguanco
la gente cuando lo mira
la gran urbe de Nueva York
dicen que viene un cohete o viene un ave
o viene un avion
Esta es la Historia…..

Catalina la grande,
Sanson y Dalila,
Ricardo corazon de Leooooooooon,
Tarzan y su combo, con la mona chita
y llego Superman bailando el guaguanco…
llego Superman bailando el guaguanco

llego superman bailando el guaguanco(x2)
rumba
llego superman bailando el guaguanco
llego el rey de la rumba superman vacila,
goza su guaguanco
llego superman bailando el guaguanco
no le pongan la kryptonita porque sino superman no baila su guaguanco
llego superman bailando el guaguanco
los timbales se van alborotar con la rumba mira que van a
tocar
llego superman bailando el guaguanco
en la rumba ahi na ma!!!!

llego superman bailando el guaguanco(x5)
ahi se va la rumba uuuuuh
mira se va volando uuuuuuuh

Vi voglio raccontare una storia che non ha uguali
la storia di un pupazzetto
che prende in giro il suo guaguanco
la gente quando lo guarda
nella grande città di New York
dice che arriva un razzo o viene un uccello
o viene un aereo
Questa è la storia….

Catalina la grande,
Sansone e Dalila,
Riccardo cuor di leoneeeeeeee,
Tarzan ed il suo combo, con la scimmia chita
È arrivato Superman ballando il guaguanco
È arrivato Superman ballando il guaguanco

È arrivato Superman ballando il guaguanco(X2)
rumba
È arrivato Superman ballando il guaguanco
È arrivato il re della rumba Superman scherza, si diverte con il suo guaguanco
È arrivato Superman ballando il guaguanco
non mettetegli la criptonite perchè altrimenti Superman non balla il suo guaguanco
È arrivato Superman ballando il guaguanco
i timbales si stanno scatenando con la rumba, guarda che cosa stanno per suonare
È arrivato Superman ballando il guaguanco
nella rumba ahi na ma!!!!

E’ arrivato Superman ballando il guaguanco(X5)
così se ne va la rumba uuuuuh
guarda se ne va volando uuuuuuuh

Trascrizione e traduzione by www.lasalsavive.org

El Show de Ruben Blades

El Show de Ruben Blades

Tito Gomez
Dart Fener alias…Ruben Blades!

Ruben Blades inizia una nuova carriera di video blogger con il lancio del nuovo programma web: “El Show de Ruben Blades” nel quale ci parlerà di musica, cinema, arte in generale e dove risponderà alle domande dei suoi fan’s.

Un bellissimo modo di tenere un contatto con i propri fan’s sparsi nel mondo. Buona visione!


Show de Rubén Blades #24 – 30 Marzo 2009Entrevista con Quinto Parpadeo, desde Madrid, España. Ojos de Perro Azul y Juan Pachanga…


Show de Ruben Blades #23 – 5 Febbraio 2009Lanzamiento de Krazy Love, el nuevo disco de Luba Mason. Gira Todos Vuelven. El nombre Seis del Solar, Catares del Subdesarrollo, Eliades Ochoa, Inspiración para La Rosa de los Vientos, El Padre Antonio, la Verdad, Resumen de músicos que participaron en el Panama Jazz Festival.


Show de Ruben Blades #22 – 15 Dicembre 2008Recordando a Gustavo Araujo, La Perla de Calle 13, Ojos de Perro Azul. Por las calles en Europa, Entrevista con Cory Sylvester…

Show de Rubén Blades #21 – 27 Ottobre 2008Grabado en Sant Feliu, España. La canción del Final del Mundo, Calentamiento global, Robby, Ralph, Marc, Eddie y Bobby. Concierto en Sant Feliu, Juan González en vivo…


Show de Rubén Blades #20 – 14 Agosto 2008
Agosto 14, 2008 Desde Alicante, España, Madame Kalalu, La historia de Pedro Navaja, Los inicios en Fania, Concierto en Alicante. Pedro Navaja en vivo…


Show de Rubén Blades #19 – parte 2 – 16 Luglio 2008.
Julio 16, 2008 • Aniversario de 25 años, Proyecto para el próximo año, Desapariciones, 30 años de Siembra, Los hoteles en las giras…


Show de Ruben Blades #19 – parte 1 – 30 Giugno 2008
Junio 30 , 2008 • Invitado especial: Ralph Irizarry. Rubén y Ralph hablan de Seis del Solar, Percisión, Coke and Potato Chips, Chernobyl, Los maestros de antes: Palmieri, Puente, Cachao, Vitín Paz…


Show de Ruben Blades #18 – 16 Giugno 2008
Israel Lopez Cachao, Encuesta, Venissa Santí, De donde surge el apellido Blades, Comopnes la letra o la músca primero. Los álbumes favoritos. Reseña de Bandas


Show de Rubén Blades #17 – 5 Giugno 2008
Ruben Blades Hairdressing Academy, Ismael Quintana, Facebook, Invitado especial DJ Juanpi, Experiencia con Juan Formel, Homenaje a Bobby Valentin, Bandas, Promoción de Sennheiser y monitores en la tarima.


Show de Ruben Blades #16 – 19 Maggio 2008.
Que te inspiró a escribir Ligia Elena, Agencias de Viaje, Cuentas del Alma, Oscar Hernández. Cuál es el futuro de la Salsa. Ismael Quintana, Eddie Palmieri, Ray Baretto y Tito Allen. Francis Ford Coppola y reseñas de bandas.


Show de Ruben Blades #15 – 5 Maggio 2008.
Inspiración para la canción Patria, ¿fué verdad que el guitarrista no vino?, Canciones difíciles de cantar, Hablamos de Tiburón, Decisiones y Desapariciones. Jaime Roos: video de Amandote en YouTube. Vino chileno, Podcast y resumen de bandas.


Show de Ruben Blades #14 – 22 Febbraio 2008
René, Eduardo y Rubén hablan sobre el intercambio de letras y canciones. Calle 13 grabará “Las Calles” canción del próximo album de Rubén “Cantares del Subdesarrollo”. Coversan de la industria de la música, Salsa y Regueton.


Show de Ruben Blades # 13
Invitada especial: LUBA MASON. Rubén nos presenta a Luba y su nuevo album Krazy Love. El disco Antecedente, el solo de Oscar Hernández, Editus y el album Tiempos, La Fania en Cuba, El solar de los aburridos, Son del Solar y reseñas de bandas: Debu, Lazaro Barrizonte Special Guest: LUBA MASON. Ruben presents Luba’s upcoming album Krazy Love. Antecedente, Oscar Hernandez’s solo, Editus and Tiempos, La Fania in Cuba, El Solar de los Aburridos, Son del Solar and band reviews: Debu, Lazaro Barrizonte

Show de Ruben Blades #12 • parte 1
Descrizione: Danilo y Rubén hablan del Panama Jazz Festival, la Fundación Danilo Pérez y Jahaziel Arrocha, Catherine Russell, Stanley Jordan.

El Show de Rubén Blades #12 – Parte II
Descrizione: Enero 30, 2008 Danilo y Rubén hablan de algunas de las bandas y artistas de Jazz presentados en el SDRB y de la influencia de la música brasileira. Natalie Fernandez, Beverly Rego, Fabian Martin, Venissa Santi.

Show de Ruben Blades #11
Descrizione: Recordando a Carlos “Patato” Valdez, Alta Densidad, Participación en el Cine, María Lionza, Vino Añejo, Robby Ameen y Overproof, Reseñas de Bandas. Remembering Carlos “Patato” Valdez, Alta Densidad, Movies, María Lionza, Vino Añejo, Robby Ameen and Overproof, Band reviews.

Show de Ruben Blades #10 Descrizione: Latin Grammys, colaboración con Calle 13, Juan Luis Guerra, Quén es Paula C, Radiohead, Moebius, Alejandro Jodorowsky, The first Word, Christine Kennedy, Richard Rhodes, Atomic Bomb, Foto de Fania, Latinos, resolviendo problemas de Latinoamerica, Cazanguero, Juan González, Suchet Malhorta, Viva, Mathias Holzner, Laurent Valette.

Messaggio di Ruben Blades 11 Novembre 2007:

Intervista con con Carlos Galilea in Spagna

Rubén participa en el programa de música de Carlos Galilea en Radio Nacional de España. Conversan sobre música de Brasil y escuchan temas de diferentes grupos.

Ruben Blades partecipa al programma di musica di Carlos Galilea alla Radio Nazionale della Spagna.Conversano sulla musica brasiliana e ascoltano canzoni di vari gruppi.

SDRB #8 Agosto 13, 2007 • El Cantante, Sting, They Dance Alone, Nothing but the Truth, Alemania, Clases de canto, De Panamá a Nueva York, Historia de la Salsa.


Show de Rubén Blades #8 • Parte 1 di 5 – 13 Agosto 2007

Show de Rubén Blades #8 • Parte 2 di 5 – 13 Agosto 2007

Show de Rubén Blades #8 • Parte 3 di 5 – 13 Agosto 2007

Show de Rubén Blades #8 • Parte 4 di 5 – 13 Agosto 2007

Show de Rubén Blades #8 • Parte 5 di 5 – 13 Agosto 2007

SDRB #7 Agosto 6, 2007 • Canciones románticas, Disco favorito, Experiencias con otros cantantes y actores, Christopher Walken, Salma Hayek, Carnavales en la Plaza del Ferrocarril, Sentido del Humor, Patricia Elena, Martin Verdonk, Claudio Nucci, Raul Julia, Cocinando con Rubén.


Show de Rubén Blades #7 • Parte 1 di 5 – 06 Agosto 2007

Show de Rubén Blades #7 • Parte 2 di 5 – 06 Agosto 2007

Show de Rubén Blades #7 • Parte 3 di 5 – 06 Agosto 2007

Show de Rubén Blades #7 • Parte 4 di 5 – 06 Agosto 2007

Show de Rubén Blades #7 • Parte 5 di 5 – 06 Agosto 2007

SDRB #6 Julio 30, 2007 • Turismo en Panamá, Los Rabanes, Ruta Maya Cofee House, Distancia, Luba Mason, Todos Vuelven, Kafka, Michael Jackson, Fe de Rata, Tite Curet, Fe de Rata, Son Miserables,Post, Djilou L.C., Sounds like Sol, La Rosa de los Vientos, Adán García.


Show de Rubén Blades #6 • Parte 1 – 30 Luglio 2007

Show de Rubén Blades #6 • Parte 2 – 30 Luglio 2007

Show de Rubén Blades #6 • Parte 3 – 30 Luglio 2007

Show de Rubén Blades #6 • Parte 4 – 30 Luglio 2007

SDRB #5 Julio 23, 2007 • Vino Argentino, Medoro Madera, West Indian Man, Baby’s In Black, Alejandro Jodorowsky, Spanish Harlem Orchestra, The Capeman, Gripe, Depredador, Maestra Vida, Chingongo, GDBD, Romiros, Sami Poyhonen, Alfredo Cáceres, Fe de Ratas, Pablo Pueblo.


Show de Rubén Blades #5 • Parte 1 – 23 Luglio 2007

Show de Rubén Blades #5 • Parte 2 – 23 Luglio 2007

Show de Rubén Blades #5 • Parte 3 – 23 Luglio 2007

Show de Rubén Blades #5 • Parte 4 – 23 Luglio 2007

SDRB #4 Julio 16, 2007 • Feliz Cumpleaños, Camila, Time, Love and Memory, Medoro, Ismael Rivera, Piloto, Desentralización de los grandes estudios, Your hats, Favorite restaurants in LA, Fabian Martin, Alex Cuba, Esteve de Franc, Templo de Agua, Votación, Boranda.


Show de Rubén Blades #4 • Parte 1 – 16 Luglio 2007

Show de Rubén Blades #4 • Parte 2 – 16 Luglio 2007

Show de Rubén Blades #4 • Parte 3 – 16 Luglio 2007

Show de Rubén Blades #4 • Parte 4 – 16 Luglio 2007

SDRB #3 Julio 9, 2007 • Templo de Agua (Canción de Rubén Blades con Bad Haggis), Buscando Guayaba – Fiel a la Vega, El Cantante, The Osgoods, Malpais, Rosa Cedrón, Danilo Pérez – Paula C en Jazz, Turismo, Cheo Feliciano, Cantares del Subdesarrollo, Sicarios, Ojos de Perro Azul, Eddie Resto, Hablando de grabaciones en el estudio.


Show de Rubén Blades #3 • Parte 1 – 9 Luglio 2007

Show de Rubén Blades #3 • Parte 2 – 9 Luglio 2007

Show de Rubén Blades #3 • Parte 3 – 9 Luglio 2007

Show de Rubén Blades #3 • Parte 4 – 9 Luglio 2007

Show de Rubén Blades #3 • Parte 5 – 9 Luglio 2007

Show de Rubén Blades. #2 Junio 25, 2007 • Papo Vasquez, Autores e Inspiración, Actores, Que tenga Mendo, Patria, Medoro Madera, Alkut, Nene Gandaia, Nana Cantarina, Luba Mason.


Show de Rubén Blades #2 • Parte 1 – 25 Giugno 2007

Show de Rubén Blades #2 • Parte 2 – 25 Giugno 2007

Show de Rubén Blades #2 • Parte 3 – 25 Giugno 2007

Show de Rubén Blades. #1 Junio 18, 2007 • recor… (more) Added: June 20, 2007 Show de Rubén Blades. #1 Junio 18, 2007 • recordando a Tito Gomez • Saludo a Roberto Duran (Hall of Fame) • Saludo a Robby Ameen • Consejos para artistas que están empezando • Hablando de Muevete • Proyecto con Cheo Feliciano • Bandas: Mauro Otolini • Sylvi Paz • Gino Castillo • Rosa Temprano • Saludo a Alison de maestravida.com


Show de Rubén Blades #1 • Parte 1 – 18 Giugno 2007

Show de Rubén Blades #1 • Parte 2 – 18 Giugno 2007

Show de Rubén Blades #1 • Parte 3 – 18 Giugno 2007

SDRB • v 0.0 – 11 Giugno 2007

Pablo Pueblo – unplugged version – solo guitara – solo chitarra

Danilo Pérez y Rubén Blades • Paula C



Un bellissimo video tratto dal sito ufficiale di Ruben Blades:
Cuentas del Alma

Rubén Blades • Bochinches


Rubén Blades • la Rosa de los Vientos



Ripasso storico sui 40 anni del Boogaloo e dello Shing-a-ling

di ©Israel Sánchez-Coll e ©Ian Seda
traduzione a cura di Dudu e Silly
Prima parte

Herencia Latina con questa edizione di Febbraio – Marzo del 2005 celebra i primi 40 anni del rinnovamento musicale avvenuto a metà degli anni 60, nel settore ispanico dell’Harlem detto anche “barrio”, dove la prima generazione di giovani portoricani nati nella città di New York o la terza generazione di portoricani radicata lì, vide crescere il meraviglioso ritmo musicale chiamato Latin Boogaloo ed il suo fratello minore, lo Shing- A – Ling.

L’apice del successo fu nel 1965, anno dove il corso della musica latina cambiò quando un nuovo ritmo fu creato dai ballerini Afro Americani, che celebravano i loro incontri nel Club Palm Garden, ubicato nel “Midtown” di Manhattan, nella città di New York.
I ballerini furono travolti dalla musica di Pucho Brown y sus Latin Soul Brother, ma anche da gruppi specializzati nella musica latina come quelli di Pete Rodríguez, Joe Cuba e Johnny Colón; senza dubbio è al trombettista, compositore e arrangiatore Tony Pabón che dobbiamo molto; fu infatti il primo musicista al quale si attribuisce l’utilizzo delle tinte latine alla musica Boogaloo degli Afro Americani, quando compose Pete’s Boogaloo per Pete Rodríguez. (Salazar 1977).

La disputa per l’elaborazione del menzionato ritmo è ancora attuale.
Lo reclamano per i suoi effetti diversi attori principali:

1. Tony Pabon incise la sua famosa Pete’s Boogaloo che, come sostenne lo scomparso Disc Jockey Symphony Sid Torin, fu il primo boogaloo suonato alla radio di New York. Inoltre, Pete riuscì a sfondare nei primi locali con un altro boogaloo, “I Like It Like That”.

2. Joe Cuba y su Sexteto per la sua famosa canzone Bang Bang (Push, Push), la quale restò per dieci settimane nella classifica del Billborad e fu una delle poche registrazioni latine a raggiungere un successo musicale nel mercato Anglosassone.

3. Johnny Colón per il tema “Boogaloo Blue”, e 4. Héctor Rivera con il suo già mitico pezzo “At the Party”, canzone che nel 1966 occupò il posto 26 nella classifica del Billborad per otto settimane.
D’altra parte Ricardo Ray è stato considerato come il primo innovatore del ritmo per il suo album Jala Jala y Boogaloo registrato nel 1967.

Boogaloo to Salsa Clips from Mathew Warren.
 

Joe Bataan è considerato il padre del Latin Soul per i suoi famosi lavori che troviamo specialmente nell’album “Riot”, mentre Pucho Brown è identificato come il musicista che costruì un ponte tra il boogaloo afroamericano ed il Latin Boogaloo.

Joe Cuba e Jimmy Sabater contribuirono molto alla crescita di questo ritmo musicale, come spiega il professor Flores nel suo libro(From Bomba to hip hop 1999), dove racconta: “Jimmy Sabater ricorda la notte nella quale il suo direttore Joe Cuba esaudì le sue preghiere per suonare una canzone che già da molto tempo lo stava inspirando”.

Arrivò così il successo.Era l’anno 1966 e successe nella sala da ballo del The Palm Gardens Ballroom nel Midtown Manhattan; il salone era pieno.
Sabater racconta:

“Era un ballo dei neri americani di Harlem – Come voi sapete- prosegue, – nel Palm Gardens si organizzava un ballo ogni settimana per le persone di colore e si organizzavano anche da altre parti. In questo modo riuscimmo a provare le canzoni del nuovo album: “Estamos Haciendo Algo Bien” (We Must Be Doing Something Right), che stava per essere presentato sul mercato, e dove si trova “El Pito” (I’ll never go back to Georgia, never go back).Avete Presente?
Il luogo era pieno di gente e quando suonavamo Mambo e Cha Cha Cha e nessuno andava a ballare o era coinvolto. Alla fine del primo tempo, andai da Joe Cuba e gli dissi preoccupato:”Guarda Sonny (che era il suo soprannome) io ho un’idea, proviamo a suonare in maniera da coinvolgere la gente”. Joe mi rispose:”No, no, no, noi dobbiamo continuare a suonare le canzoni del nuovo LP”.
Allora, quando stava per iniziare la seconda parte del concerto mi avvicinai di nuovo a Joe e lo pregai, a quel punto mi disse:”Guarda Jimmy, va bene, se sto sbagliando ci fermeremo e ti pagherò il doppio”.
La situazione continuò senza cambi. Finalmente, Joe mi si avvicinò e disse: “OK”. Passai dal piano e dissi a Nick Jiménez, “Suona questo”… Prima di ritornare al timbal la gente aveva riempito la pista e cantava“bi-bi hah!, bi-bi hah!”.

Anche Joe Cuba ricorda questo evento, “le coppie improvvisamente iniziarono a ballare da una parte all’altra, qualcosa di simile ad una ola (onda), e cominciarono a cantare:” ella es libre, ella es libre”, qualcosa di simile ad un salmo tribale africano e continuarono a ballare”.


Johnny Colón “Echa la pa ca, tirala pa alla, esa mulata tiene candela”

Di grande interesse risultano le risposte che il maestro Johnny Colón diede all’intervista che gli fece lo scomparso giornalista di New York Vermon W.Boogi, quando questo gli chiese di dire se lui (Johnny Colón) fu uno dei padri fondatori del Boogaloo, al che Colón gli rispose:

“Io non penso di essere il padre fondatore del Boogaloo.
Mi colloco come parte di questo processo. Richie Ray fece un brano chiamato “Lookie Lookie”, però non è stato considerato nella sua essenza un boogaloo e sebbene l’idea ed il concetto erano molto vicini, però fu un boogaloo molto veloce.
Il boogaloo nella sua essenza era lento.
Un altro ragazzo che fu stigmatizzato – e questo mi anticipò – se lo considerate nell’era del boogaloo e gli date credito, fu Pete Rodríguez con “I Like It Like That” e “Micaela”.
Anche se fu più un tentativo di boogaloo, però tornando alla discussione, non fu totalmente un tentativo di boogaloo, giacchè “Micaela” non fu realmente un boogaloo ma una tonada latina.Noi arrivammo al boogaloo quando questo realmente cominciò a mischiarsi, dato che in precedenza fu solo un tentativo di modificare il blues ed i suoi accordi.
Non fu propriamente Latin Music, ma più una fusione di musica latina con musica jazz. Il boogaloo sperimentale fu una combinazione di musica latina con rhythm and blues (musica nera) e penso che sia molto simile al “Jumpy”.
“Adesso se ascoltate attentamente il mio tema el “Boogaloo Blues”, potrete ascoltare influenze di jazz. E la mia ispirazione fu una canzone chiamata “Sayonara Blues” di Horace Silver e anche usai “No Mo Shake” dello stesso autore. Le sue linee sono bellissime.
In altre parole, Horace fu il catalizzatore per la mia creatività, mi servì per esplorare e scoprire…fui un fanatico di Horace Silver”

 

 

 


Il Maestro Joe Bataan in Spagna 2004

 


Il Maestro Joey Pastrana

 

Prosegue Johnny: “Penso che lei darebbe probabilmente credito a Ricardo Ray, forse perchè lui realizzò la canzone “Lookie Lookie”, e prima che (mi chieda), se io do credito a qualcuno al quale si ispirò Ricardo Ray, io penserei – se lei ha ascoltato la sua musica – a Mongo Santamaría.
Ha ascoltato “Watermelo Man”. Fra quelli che si nominano c’è Joe Bataan, il quale iniziò a suonare boogaloo solo successivamente (mesi dopo). Penso che la sua musica non si possa definire boogaloo, però fu una fusione molto ben fatta di musica Latina e ‘American rhythm and blues’ . . . dopo Joe Cuba con Bang Bang, arrivarono i Lebrón Brothers; io fui loro produttore anche se non mi diedero credito nei loro LP.
George (Goldner) — produttore della Cotique — mi domandò se potevo aiutare i ragazzi per registrare, mi spiegò:” Ho bisogno di una persona nello studio che possa comunicare”.

Vista la mia esperienza precedente di produttore, io decisi di aiutarli con le armonie, dato che alcune presentavano degli errori. In questo modo registrarono il loro primo LP. Ho anche aiutato un gruppo chiamato “The Latines”.
Fra i “The Latines” e i “Lebrón Brothers” c’era Joey Pastrana, anche lui fu aiutato da me nella produzione. Furono dei ragazzi molto felici durante questa era (quella del Boogaloo).

In un’intervista che facemmo con Ricardo Ray e Booby Cruz verso metà Dicembre del 2005, presso il negozio di dischi di Viera per il lancio del suo disco “Que Vuelva la Música”, Bobby Cruz ci disse: “Il primo Boogaloo lo abbiamo registrato noi e si chiama “Lookie Lookie Boogaloo”. Pete Rodríguez arrivò un anno dopo, mentre noi registrammo questa canzone nell’album “Se Soltó” se non ricordo male”. Era il 1964, (interviene Ricardo Ray).
“Si era il 1964 continua Bobby, e fu il primo boogaloo , affinchè lo possiate ricordare”. “La verità è que Pete Rodríguez fece un gran pezzo che si chiama: “I Like It Like That”, però non bisogna dimenticare che Joe Cuba a sua volta registrò un altro tema sensazionale “Bang Bang (Push, Push)”.
“In verità il boogaloo come tale lo inventò Chubby Checker e noi lo rendemmo latino con “Lookie Lookie” che è cantata in inglese, dopo questa canzone realizzammo un album totalmente di boogaloo che si chiama: “Let’s Get Down To The Real Nitty Gritty”, allora venne Pete e suonò in maniera mostruosa con “I Like It Like That”.
Però queste cose bisogna controllarle con la storia, bisogna osservare le date in cui uscirono “I Like It Like That” e “Lookie Lookie Boogaloo”.


I ragazzi del The TNT

I Lebrón Brothers

Joey Pastrana

Prima che il boogaloo entrasse sulla scena con il cambio generazionale fra il finale degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta, la musica latina che si ascoltava a New York era composta da mambo, pachanga e dalle orchestre tipiche cubane o charangas; il locale che tirava per la maggiore era il Palladium Ballroom, almeno fino al 1961, quando il Palladium iniziò ad avere problemi con le autorità della città di New York a causa di una retata che venne fatta dalla polizia a seguito di una soffiata da parte di alcuni agenti infiltrati che portarono al sequestro di una partita di liquore adulterato.
Le multe ed il ritiro della licenza per vendere bevande alcoliche furono il mezzo per punire la famosa sala da ballo. La perdita di clienti ed il poco interesse nel consumare solo bevande analcoliche portarono alla chiusura del locale il 5 Maggio del 1966. La chiusura del Palladium marcò definitivamente la fine dell’era del Mambo e delle grandi orchestre; inoltre come in un effetto domino portò anche alla fine di altri ritmi di moda a quei tempi: la Pachanga e la Charanga.
Per queste orchestre sarebbero arrivati momenti molto difficili.
Un’altra cosa singolare che vale la pena ricordare è la seguente: il giorno della chiusura del Palladium, fra le orchestre che erano state messe sotto contratto ne appaiono due che casualmente sono quelle di maggior successo e quotate nell’ambiente del Boogaloo: “La Magnífica de Pete Rodríguez” e “la Orquesta de Ricardo Ray”, quasi come se il nascente boogaloo partecipasse all’addio ed alla chiusura del Palladium. (le altre due orchestre furono: La Orquesta de Eddie Palmieri e la Orquesta Broadway)
Nel frattempo arrivarono altri successi; Pucho Brown, un Afro Americano che incominciò registrando ritmi Afro-Cubani nel 1960 e parlando della decade del boogaloo disse:”I gruppi Afro-Americani furono i primi a introdurre il boogaloo nei primi anni sessanta. . . essi unirono un “back beat” (movimento ritardato) al rhythm and blues e da lì emerse il boogaloo.” Nel 1966 il mercato afro americano stava acquistando importanza negli Stati Uniti; il momento era ormai maturo per il nuovo ritmo che avrebbe soddisfatto la domanda di registrazioni di musica afro americana e latina.


Il Maestro Pijuan y su Sexteto

il Gran Pucho Brown y sus Latin Soul Brothers

ed il Maestro Ray Barretto
Fine prima parte

Ray Barretto nell’anno 1961 registrò per la casa Tico Records il suo maggior successo commerciale: “Watusi”, tema che divenne rapidamente famoso e che entrò anche nella classifica del Billboard, rimanendo per 13 settimane alla posizione numero 5. Il pezzo prendeva spunto da un brano di Hank Ballard y los Midnighters intitolato “Let’s Go, let’s Go”.
Nel 1963 Mongo Santamaria entrò nella Top 10 con il suo primo successo Watermelon Men, composizione scritta da Herbie Hancock e nel 1965 la casa discografica Tico registrò il grande successo di Eddie Palmieri “Azucar pa’ ti” che attrasse molti neri interessati a ballare i ritmi latini.
Questi tre pezzi sono da segnalare come quelli di primaria importanza, nei quali sono presenti i primi ingredienti del Latin Boogaloo e dello Shing – A – Ling.

Gli episodi accaduti al Palm Garden Club, sia con “La Magnífica de Pete Rodríguez” che con il “Sexteto di Joe Cuba”, saranno utili per far comprendere la funzione sociale del Boogaloo. Effettivamente, come vicini e compagni di lavoro, gli afroamericani ed i portoricani del quartiere di Harlem hanno condiviso per molti decenni le proprie tradizioni orali, la cultura, gli amori, le disavventure e le frustrazioni. Entrambe le comunità frequentavano i club del luogo dove si dilettavano ascoltando le proprie bande preferite indipendentemente dal fatto che fossero latine o nere. Queste bande erano in grado di dar vita da un momento all’altro a fusioni musicali per compiacere tutti i presenti.
Così era possibile vedere nella stessa circostanza suonare gruppi afroamericani come The Suprems, The Temptations, Marvin Gaye, James Brown, Wilson Pickett, Joe Tex ed i latini Joe Cuba, Joey Pastrana, Lebrón Brothers,Eddie Palmieri, Pete Rodríguez, ecc.
Questa singolare “pentola a pressione ritmica” si sarebbe presto trasformata in un’insieme musicale di suoni attraenti e rivoluzionari.
In un articolo della metà degli anni sessanta sulla discoteca “Small’s Paradise” di Harlem apparso sulla rivista di gossip “New York Spy” c’era scritto: “Qui si può vedere l’autentico boogaloo, il phil dog, il jerk ed il truck”.


Sex Simbols, i simboli sessuali: Sono i ragazzi de “La TNT” che posano con modi irreverenti, seguendo i padri della liberazione sessuale e la moda psichedelica degli anni 60. Un LP della Cotique.

Il successo del Latin Boogaloo demarca la storia della musica latina in quanto tappa di transizione e anche tappa di rottura con la continuità e le influenze in termini di stile musicale che venivano sviluppandosi dagli anni 40.
Questo è il momento nel quale si da indipendenza ai messaggi, si modificano le liriche, dato che le liriche di questo movimento non erano focalizzate verso la lontana Cuba o la chiassosa Habana, ma rispondevano maggiormente a nuove opzioni sociali. La predominanza dello spagnolo nelle canzoni cominciava già a calare a scapito dell’inglese. Anche il ballo iniziò a cambiare: dal soave cha cha cha e dal mambo si passa ad un ritmo con passi da “mezzi ubriachi” – leggasi quanto affermava Tony Pabón (nell’intervista che pubblicheremo prossimamente) – accompagnati da contorsioni del bacino, il corpo vibra e si unisce il “chasquido” delle dita.
Anche il modo di vestire cambia, i vestiti scuri e eleganti sono rimpiazzati dalle giacche, pantaloni azzurri e camicie con figure psichedeliche (una delle ultime orchestre a utilizzare abbigliamento da gala fu quella di Ricardo Ray).
Questo breve periodo fomentò l’esplosione musicale fatta di furore, frenesia delle comunità latina e afroamericana del Barrio; nel frattempo le 2 comunità vivevano il momento storico dei movimenti dei Diritti Civili, la nascita e la rivendicazione di movimenti radicali come “Las Panteras Negras”, il movimento civico portoricano del partito “Young Lords” e le lotte contro ogni forma di discriminazione razziale.
I cantanti Joey Pastrana, Héctor Rivera, Gilberto Cruz y su Sexteto, Joe Cuba, Ralphy Pagán, Joe Bataan, King Nando, Ralph Robles, Monguito Santamaría, El Sexteto New Swing, Frankie Nieves, Mario Allison, Pete Rodríguez ed i ragazzi della TNT beneficiarono al tempo stesso dell’immensa popolarità nel Barrio. Inoltre erano apprezzati in modo profondo per le loro ballate piene di soul con influenze di ritmi latini. Fernando “King Nando” Rivera diventò famoso per lo Shing – A – Ling, catturando l’attenzione del Barrio nella primavera del 1967 con la sua composizione “Fortuna”, ispirata dai ricordi di Portorico.

La Famosa Orquestra Cachana del Maestro Joe Quijano degli anni 60. ©Foto di Max Salazar.

“Lo del Boogaloo eso Pasara” – Joe Quijano

Nell’anno 1965, dopo aver inciso cinque LP per i marchi Battle e Riverside, Mongo Santamaria firma con la Columbia Records. Mongo vide aumentare la propria popolarità con gli LP El Bravo e Pussy Cat.
Nell’anno seguente la popolarità del boogaloo era in ascesa, cosa che contribuì a far diminuire in modo drastico il lavoro per le grandi orchestre.
Negli anni successivi il boogaloo esplose, tanto che sul mercato arrivò una grande quantità di gruppi giovanili che si dedicavano a questo nuovo ritmo.
La popolarità del Boogaloo “ferì” alcuni direttori delle grandi orchestre, che erano già famosi sul mercato latino e in modo tempestivo avvertirono la pressione della nuova corrente musicale; furono così letteralmente rifiutati dal mercato e questo fu evidente quando i contratti iniziarono a dimuire.
La situazione si fece “calda”.
Il maestro Joe Quijano con la sua Orquesta Cachana registrò un brano che avrebbe aperto la polemica contro il Boogaloo; il brano voleva togliere importanza ai lavori che stavano sviluppando i “nuovi ragazzi”.
Per dare veridicità a questo criterio abbiamo chiesto al maestro Quijano e questo è ciò che ci ha risposto: “Credo di esser stato ingiusto con i ragazzi”.Il brano prese vita mentre stavo provando nel Bronx Casino con l’Orquesta Cachana. Ad un certo punto entrò Johnny Pacheco che stava andando in riunione con Maceda per discutere di un contratto.
Ero furioso e borbottante contro il boogaloo, ci siamo diretti al laboratorio di Maceda e abbiamo parlato dell’ambiente musicale che aveva portato avanti il boogaloo e del fatto che questo stava andando alla grande”.
“Io dissi a Pacheco – dimenticati del boogaloo che passerà, io continuo con il mio montuno e non torno indietro. Mentre parlavo con Pacheco mi ricordai che quando andai a L’Habana si discuteva sul travolgente ritorno del Cha Cha Cha e Cabrerita aveva un coro molto popolare che diceva” (il maestro procede a cantarlo): “Io mi diverto ballando, lasciami col mio son, continua tu a saltare col tuo Cha Cha Cha”.
Da lì presi ispirazione per la famosa melodia.
Allora tornai dove i ragazzi della mia banda stavano provando e dissi a Paquito Pastor: “Paquito, suona questo”: “Il boogaloo passerà, io continuo con il mio montuno per divertirmi, ehh, il boogaloo passerà io continuo con il mio montuno per divertimi, affina Paco, (entra il piano di Paquito Pastor) Boogaloo, Boogaloo, fatti in là e non guardare in qua, boogaloo, boogaloo…”
E continuammo ispirati con il pezzo, facemmo i cori e un delizioso flauto di cinque chiavi suonato da Bobby Nelson; Paquito era fortissimo con i “guajeos” al piano, che era la base del boogaloo, la nostra prima tromba era Al Bryant e in quel brano brillò perché era esperto di boogaloo, lui è “sureño”. “per me il piano di Pete Rodriguez nel brano It Like It è preso dai “guajeos” di Moliendo Café.
Io incisi un LP intero di Boogaloo, Shing – A – Ling e un altro ritmo negro che non ha sperimentato nessuno, il “Wobble”. Lo si può trovare nel Vol.5 dell’Orquesta Cachana, sotto il marchio di Cesta Records.
“Pacheco non registrò mai boogaloo e shing-a-ling, era molto occupado a registrare le cose di Cuba, non era interessato alle nuove correnti musicali”
.

Il Gran Combo di Puerto Rico era restio all’idea di entrare a far parte del movimento del boogaloo, però visto che s trovava in un mercato dominato da tale ritmo si decisero a registrarlo.
Nell’anno 1967 escono con l’incisione “Boogaloo con el Gran Combo” con cui ricevettero il loro secondo Disco d’Oro (i brani erano: ¿Tu Querías Boogaloo? Toma Boogaloo, Baila Mi Shingaling, Navidades A Go Go, Se Quedo El Boogaloo, Boogaloo Con Bajo, Sway To And Fro, Shing A Ling For My baby, tra gli altri).


Bisogna sottolineare che in quel periodo già avevano registrato 12 album ma è nel momento di massimo successo del boogaloo, nel 1968, che il Gran Combo subì un duro colpo e per un periodo di cinque o sei anni fecero solo uno show del mezzogiorno nella tv di Puerto Rico e un programma radio quotidiano.
Il direttore del Gran Combo, il maestro Rafael Ithier commenta: “Alla lunga ciò ci ha danneggiati. Abbiamo smesso di vendere dischi e ci hanno allontanati. La crisi fu tra il 68 e il 71 però i ragazzi furono fedeli al gruppo e fecero molti sacrifici. Andy Montañez era ancora nostro cantante e gli fecero offerte che non volle accettare. In cambio ipotecò la sua casa per avere denaro per poterci fare un disco, perché ci cacciarono persino dalla compagnia dei dischi. Fu un gesto di grandezza che non dimenticherò mai.
Con il disco Don Goyo poi ripagammo completamente Andy. Più avanti sarebbe venuto il disco dal quale uscì la hit “Un Verano en Nueva York” che, assieme a “Las Hojas Blancas”, diede al Gran Combo una ventata di aria nuova.
“Fu una crisi violenta – aggiunse Ithier – Da allora abbiamo continuato più o meno bene. Chiaro, arrivò un momento in cui La Fania si accaparrò tutto. Non ci fu tanto crisi quanto un calo nella domanda perché c’erano troppe orchestre”.
Martínez. L. (2005)


Fine seconda parte

Mentre Mongo dichiara: “Il boogaloo non mi ha tolto nessun lavoro”. “Gli anni sessanta furono i miei anni migliori. Io ho suonato e registrato son montuno, pachanga, boogaloo, guajira boogaloo, jazz afro cubano, blues, soul, bossa nova e rock. Ho lavorato in molti locali e collegi, per di più in vari paesi. Avevo lavoro con sei mesi di paga anticipata”.

Nel 1969, Mongo Santamaria e la Columbia Records sciolgono il contratto. Mongo non segue i consigli di quelli che gli raccomandano di desistere dal registrare Latin Soul o Latin Boogaloo; Mongo continua a registrare per l’etichetta Atlantic Records musica Latin Soul e Rock, fino alla metà del 1972, momento in qui firma un contratto con l’etichetta Fania Records.

Jerry Masucci si gioca l’idea di non porre limiti affinché Mongo registri quel che desideri: El Pussy Cat, La Bamba, Bravo, Hey! Let’s Party, Mongo Mania (incluso nell’album “Cloud Nine” del 1969, e che fu un successo dei Los Temptations). Eddie Palmieri, nell’intervista che gli fece Laffitte (2002), ci svela alcune direttive di grande importanza: “Si, io mi ricordo bene quanto fu pregiudiziale quel momento, dal momento che non ero motivato da niente che si avvicinasse a… quel boogaloo”. “Alcuni gruppi giovanili lo stavano facendo e cantavano in inglese. Questa situazione mi spinse quindi ad effettuare alcuni cambiamenti”.
“Loro – le bande giovanili di boogaloo – andavano alla grande (erano richiestissime) e noi cominciammo invece a perdere lavoro”. “Mio fratello maggiore Charlie non trovò lavoro in nessun locale per un anno a causa dell’impatto causato dal nuovo suono del boogaloo”. “Fu come una pazzia e noi non ci adattammo… io personalmente non mi impegnai a suonare boogaloo. Non mi lasciai catturare, giammai, davvero… non avevo il feeling per farlo. Comunque ricordo che registrai alcune piccole cose che si possono chiamare Boogaloo o Shing-A-Ling, però furono più “tipiche” di qualsiasi altra cosa. Non ero messo male, in giro c’era poco lavoro, ma la crisi in tutti i modi ci riguardò; vede, il lavoro non si otteneva con facilità e una volta che lo avevi, non potevi fartelo scappare”. Ironicamente, alla fine della vita del Boogaloo, Eddie Palmieri incise un favoloso album intitolato “Champagne” e lo stesso accadde a suo fratello che registrò un LP intitolato “Charlie Palmieri – Latin Boogaloo”. La perdita di lavoro colpì anche le band di Tito Puente, Machito, Tito Rodriguez, Joe Quijano, Pacheco, Vicentico Valdés, Orquesta Broadway, Orlando Marín, Pupy Lagarretta, ecc.


La maggior parte dei maestri delle “big band” e di tutti i grandi degli anni 50 parlano di questo periodo con rancore. Per loro semplicemente era tramontata la buona musica cubana e al suo posto si suonava ora un disordine che utilizzava il son come uno straccio da cucina. In effetti questi anni risultarono eccessivamente duri e tortuosi.
Continua ad essere pietoso, ad esempio, ascoltare le ultime incisioni di Arsenio Rodriguez, uno dei grandi geni, che finì per registrare un boogaloo mediocre che non gli corrispondeva in nessun modo, così riassunse nel suo libro Cesar Rondón (1979).

… E La Lupe?

Tito Puente inizialmente attaccò i gruppi di boogaloo e si rifiutò di registrare, per breve tempo, il ritmo di moda ma alla fine si riconciliò con la nuova situazione della Grande Mela. La Lupe arrivò a New York nel 1962 e cominciò a cantare nel cabaret cubano La Barraca nel Midtown di Manhattan.
Mesi più tardi il maestro Mongo Santamaria, leggendo la rivista cubana “Bohemia”, venne a sapere che la cantante nelle sue performances canore era come posseduta dal demonio.
Dopo l’esilio, realizzò che avrebbe potuto incontrarla a New York. Incuriosito dal personaggio, la raggiunse per conoscerla alla Barraca.
Il 17 di dicembre del 1962 La Lupe registra con Mongo, per l’etichetta Riverside Records, “Mongo Introduce a La Lupe”.
Nel momento in cui il gruppo di Mongo Santamaria si esibisce con La Lupe al Teatro Apollo, al Club Triton, al Palladium Ballroom e in altri locali, lei viene immediatamente riconosciuta come la nuova stella latina. Nel 1964 La Lupe debutta con l’orchestra di Tito Puente nel Loews Boulevard Theatre del Bronx’s.
La Lupe fece di questo periodo il suo regno assoluto, nonostante la sua instabilità caratteriale. Quando Tito Puente uscì sul palco accompagnando con la sua Grande Orchestra la voce della Lupe, l’ambiente ne uscì rivoluzionato, giacchè l’elemento del canto, fino ad allora marginale, pungente, eterodosso, quasi impreparato, divenne l’armonia e al tempo stesso la rottura nei suoi spettacoli (“cantante gridona, disordinata e con mancanza di rispetto” così la definirono alcuni giornalisti del giro newyorkese)… In questo modo La Lupe, con la grande orchestra di Tito Puente, si avvicinò al Barrio. La Lupe arrivò per Puente al momento giusto. Con la Tico registrarono l’album di boogaloo “Puente Swings, The Exciting Lupe Sings” (1965). Dopo una registrazione con il marchio Tico, Puente ruppe con La Lupe, sfinito dal temperamento difficile della cantante.

A un certo punto entra in scena Ricardo Ray. con “Lookie Lookie Now, How I do the Boogaloo, Lookie Lookie Now!”
Se riguardiamo la scena della musica Latin Boogaloo o Latin Soul della metà degli anni 60, non possiamo non ricordare l’ammirato pianista Richie Ray. Nel 1966 esce sul mercato una sua produzione che si sarebbe autoproclamata come l’iniziatrice di un movimento di avanguardia che avrebbe invaso New York e che si sarebbe sviluppata, nella stessa New York, nel movimento chiamato SALSA.
Il disco “Se Soltó/On The Loose” portò al giovane e virtuoso pianista la fama di innovatore nella musica latina: con i brani come “Danzón Boogaloo” e “Lookie Lookie”, Ricardo Ray avrebbe imposto un accento latino al boogaloo, precedentemente associato al soul e al “rhythm and blues” afroamericano.

La proposta di Ricardo sarebbe coincisa con il suo arrivo alla “establo” della Alegre Records, e il suo colpo di genio fu molto ben fiutato dal produttore della casa discografica, Pancho Cristal. Infatti, nel momento in cui scade il contratto di Ricardo Ray con la Fonseca Records, il cofondatore della Fania Records, Jerry Masucci, si dimostra molto interessato a ottenerli per estendere il proprio catalogo di artisti che in quel momento includeva Bobby Valentín, Johnny Pacheco e Larry Harlow.

Dalle parole dello stesso Masucci “… negoziai con loro e ci mettemmo d’accordo per firmare un contratto di registrazione. Mai dimenticherò che avevo il contratto nella mia borsa, pronto per farlo firmare quando ci saremmo incontrati più tardi nel ristorante “La Barraca”. Per una qualche ragione il contratto non si firmò e ci accordammo di riunirci nel mio studio il giorno seguente. Il giorno seguente ricevetti una chiamata di Richie che mi diceva che il suo agente, Jose Curbelo, li aveva convinti a firmare con Tico Records. Questo mi insegnò un’altra lezione… il loro contratto con la Tico non durò molto e, scaduto quello, li feci firmare durante una delle loro prove. Mai dimenticherò che, scendendo le scale con il contratto firmato in mano, il proprietario di Fonseca stava salendo con un altro contratto. Avevo imparato bene la mia lezione.”

In quello stesso anno, Ricardo lanciò il boogaloo in uno degli incontri storici più importanti della musica latina nella città di New York, successivamente registrato su tre dischi. Le “Descargas Live at the Villane Gate” avrebbero avuto come parte del repertorio una canzone chiamata “Descarga Boogaloo”, musicalmente diversa dal resto del repertorio che si eseguì quella notte. Le esibizioni canore di Cheo Feliciano e di Monguito el Unico, evidenziarono la nuova onda che stava investendo l’evoluzione musicale nella città di New York. L’era gloriosa del Palladium e delle Big Bands era ormai passata e il terreno era pronto per l’incursione di nuovi e piccoli gruppi (paragonati con i Big, queste orchestre erano composte al massimo da 8-9 musicisti) che avrebbero approfittato della congiuntura storica per togliere la fama alle orchestre che già da tempo dominavano le radio e le piste da ballo. Più tardi queste “vittime” avrebbero poi recuperato il terreno perduto, non per la forza della loro proposta musicale, ma per fattori completamente estranei all’arte e anche molto radicati nell’arroganza personale.

“Boogaloo Boogaloo, Yeah Yeah, Boogaloo!”

Il vortice che causò l’esplosione del boogaloo a New York nel 1966, portò l’anno seguente il lancio di un disco per la Alegre Records sulla cui retrocopertina si definiva Ricardo Ray come un precursore, affermazione che tuttora origina discussioni simili a quella per cui la salsa sarebbe semplicemente “musica cubana suonata fuori da Cuba”. Qualunque sia la verità cronologica di questa affermazione, ciò che è certo è che con l’album “Jala Jala y Boogaloo” e con brani come “Colombia’s Boogaloo” e “Mr. Trumpet Man” (LP vol II), Ricardo Ray e la sua orchestra si consacreranno tra i massimi esponenti del Latin Boogaloo a New York, oltre ad essere innovatori, talentuosi e sperimentatori. A parte ciò, lo sconfinamento di questa orchestra verso altri ritmi sarebbe stato un riflesso ogni volta diverso e dinamico di ciò in cui si stavano convertendo i repertori delle orchestre newyorchesi.
“Jala Jala” era stata una creazione del Gran Combo con Roberto Roena, inventore del medesimo e interprete del ritmo principale della campana, forse con l’intenzione di non rimanere indietro in un momento in cui i giovani fremevano per nuove creazioni e proposte musicali. Questo fenomeno di reciproca influenza tra le orchestre segnò uno dei periodi più originali nello sviluppo della musica latina, momento che avrebbe poi lasciato spazio alla tappa successiva, nota come Salsa.
Come prova precisa a sostegno dell’argomento, fatta eccezione pe rari casi, è sufficiente ascoltare le sonorità della maggior parte delle orchestre, prima e dopo il boom del Latin Boogaloo, per notare l’effetto a lungo termine che ebbe questo movimento nell’identità dei singoli gruppi.

Ma… qual è la novità? Palmieri che suona il boogaloo?

Nel 1968 era già chiaro che si erano sviluppate due chiare tendenze come reazione all’avvento del Latin Boogaloo:
La prima tendenza fu l’avversione alla quale era soggetto il boogaloo da parte di varie orchestre che non lo accoglievano nei propri repertori; esempio classico di ciò, l’atteggiamento di Willie Colón ed Héctor Lavoe nel brano “Eso Se Baila Así” dall’album “The Hustler”. Dopo una intro in cui sembra che abbraccino il Boogaloo, il famoso duo procede a rifiutarlo energicamente: Nell’anno 1968 era già noto che si erano sviluppate due chiare tendenze come reazione all’avvento del Latin Boogaloo. Innanzitutto l’antagonismo cui era soggetto il boogaloo da parte di varie orchestre che non lo accoglievano nei propri repertori. Esempio classico di ciò era l’atteggiamento di Willie Colón ed Héctor Lavoe nel brano “Eso Se Baila Así” nell’album The Hustler. Dopo un’ intro in cui sembra che abbraccino il Boogaloo, il famoso duo procede a rifiutarlo energicamente:

Coro: “Il Boogaloo non fa per me”

Lavoe: “Non fa per me il Boogaloo, ballalo tu!”

Coro: “Il Boogaloo non fa per me”

Lavoe: “Come? Tu lo vuoi ballare? Ma vattene, va’!”

Le orchestre che avevano adottato incondizionatamente il boogaloo sarebbero entrate in una querelle musicale con coloro che lo criticavano. E’ per questo che esistono brani come “Que Se Rían” dell’album “Jala Jala Y Boogaloo Vol.2” nel quale Ricardo Ray e Bobby Cruz affrontano la critica dei “tradizionalisti”:

Coro: “E lasciate che rida la gente, di Ritchie Ray”

Bobby Cruz: “Ridevano del Boogaloo, e ora guarda un po’!”

Coro: “E lasciate che rida la gente, di Ritchie Ray”

Ritchie e Bobby: “Il Boogaloo, è una cosa che non durerà, eh!”

Coro: “E lasciate che rida la gente, di Ritchie Ray”

Bobby: “Continua tu con il tuo montuno, che io ti lascio là!”

(Queste parole erano dirette a Joe Quijano e al suo brano “Lo Del Boogaloo” che abbiamo commentato prima)

Coro: “Il boogaloo, passerà

Io continuo con il mio montuno

Eh! Per divertirci!”

La seconda tendenza, sempre in reazione al boogaloo, era quella che alla fine accettava che il medesimo fosse diventato talmente di moda che avrebbe dovuto essere utilizzato nelle proprie composizioni. E’ così che vediamo come Eddie Palmieri, uno dei principali critici del Latin Boogaloo, alla fine lo adotti proprio in quello che sarà il disco di maggior successo del 1968: “Champagne”.
Eddie Palmieri, detto l’enfant terrible della musica latina, ci avrebbe proposto in questo disco non solo Cheo Feliciano (poco dopo il termine del suo sodalizio con Joe Cuba) e il maestro Cachao al basso, ma anche tre dei boogaloo piu sabrosi che sarebbero mai stati “cucinati” nella Grande Mela.
Con “Ay Que Rico”, “Cinturita” e “Palo De Mango” il maestro Palmieri ci dimostra che anche nelle situazioni un pò “scomode” il suo genio non aveva limiti nell’adottare le “mode” nel proprio repertorio. Di fatto questo disco fu nominato per tre premi nell’allora appena istituito “Latin Music Entertainment Award”, della rivista Latin New York Magazine, evento che si svolse alla Albert Hall dell’Hotel Americana a New York. Le orchestre che animarono lo spettacolo furono quelle di Tito Puente, Eddie Palmieri, Ricardo Ray e la Orquesta Broadway, show che finì con l’essere una grande frustrazione per chi stava entrando nell’onda del boogaloo.

Con cinque dei sette brani di Champagne frequentemente trasmessi alla radio newyorchese, la premiazione di Palmieri come miglior orchestra, miglior LP e miglior musicista sembrava quasi sicura. Eddie perse in tutte e tre le categorie, due di esse (miglior LP e migliore orchestra) a favore di Jala Jala y Boogaloo di Ricardo Ray (Salazar 2002).
La frustrazione fu tale che Palmieri non suonò più in pubblico il brano Lindo Yambú, per il quale venne sostituito al piano da Ira Herscher. Il grido palmieriano di insoddisfazione e di frustrazione in qualche modo si sentì nella successiva opera Justicia


Per quanto concerne Ricardo Ray, il successo del suo disco Jala Jala y Boogaloo Vol. 2 (dovuto in gran parte al successo di “Mr. Trumpet Man”) lo avrebbe portato ad adottare uno stile, per certi versi “rischioso”, ma che nel contempo gli permise di entrare in nuovi mercati, affermando anche il successo del boogaloo stesso.

La registrazione dell’album “Let’s Get Down To The Real Nitty Gritty” avrebbe trovato ancora più spazio nel mercato anglosassone con brani di taglio tradizionale nella direzione del soul, nella linea di Mongo Santamaria.
Questo LP della metà degli anni 60, contiene una canzone che influenzò molta gente di Los Angeles ed è “El Alma Original de México”, caratterizzato da versi tormentati e da cori accattivanti, e contiene tra le altre: “Ya Ya”, “I Want You To Be My Girl”, “Mony Mony”, “Shout” e “Soul Man”.

Il disco, in quanto tale, ebbe relativa diffusione e fama nell’ambiente musicale di NY, però riscosse soprattutto un gran successo dall’altra parte del mondo, specialmente il brano “Nitty Gritty” in paesi come Germania e Spagna.

Tra gli LP rimasti in ombra e strani abbiamo ad esempio quello registrato da Jack “Mr Bongo” Costanzo, nato a Chicago ma di discendenza siciliana.
A 14 anni imparò a ballare la musica latina. Dopo la seconda guerra mondiale il suo contingente fu scaricato ad Alameda, in California settentrionale, e da lì si innamorò di Los Angeles.

Il suo primo impiego professionale risale al Gennaio 1946 con l’orchestra di Bobby Ramos, poi lavorò con quella di Ernesto Lecuona, Xavier Cugat, Pérez Prado con Modesto Duran, e Desi Arnaz; ebbe come pianista il messicano-americano Eddie Cano, e suonò brani arrangiati anche da Tito Rodríguez.

Verso gli anni ’60 Jack si dirige verso le sonorità pop formando un gruppo con il cantante Gerry Woo.

Jack lavorò anche come attore partecipando ad una serie di film, tra i quali “Visitor To Small Planet” e “The Delicate Delinquent”, con il comico Jerry Lewis. Jack è anche considerato uno degli artefici del mambo e del cha cha cha americani.

Nell’ LP “Latin Percussion Con Soul” è solista e realizza il suo esordio nel genere Latin Soul, sulla scia di Willie Bobo. L’opera comprende due grandi composizioni di Héctor Rivera: “Recuerdo” e “Vengo Acabando”.

Bene, e che succede in America del Sud?



Il Sexteto Juventud del Venezuela produce i suoi primi due LP il 13 Giugno 1967 e il 24 Settembre dello stesso anno, entrambi ricchi di boogaloo. Cortesia del portale francese www.buscasalsa.com
Fine terza parte

Le radio del Sudamerica sono invase dal boogaloo, i piu importanti programmi di musica caraibica si lasciano letteralmente conquistare da questa nuova sonorità. In Venezuela, Colombia, Panama, Curaçao e Perù si iniziano ad ascoltare per radio Pete Rodríguez, Pete Rodríguez, Joe Cuba, Joe Bataan, Johnny Colón, Ralph Robles, Willie Rodríguez, Roy Román, Lebrón Brother, Frankie Nieves, Willie Bobo, Gilberto Cruz y su Sexteto, Héctor Rivera, Los Latin Souls, King Nando, Mario Allison, Joey Pastrana, Pijuan y su Sexteto etc.
Tuttavia è il Venezuela il paese che risponde con maggior forza, dando i natali a orchestre e sestetti come Federico y su Combo Latino, i Los Dementes di Ray Pérez con la voce di Perucho Torcat (nel 1967 incisero 6 LP, il primo dei quali è intitolato “Manifestacion en Salsa”), il Sexteto Juventud che poi si divise per dar luogo a Tabaco y sus Sextetos.

Carlos Quintana Tabaco con Arrollando

Federico emozionò l’ambiente con i suoi migliori successi di boogaloo e di salsa: “Federico Boogaloo”, “El Cobrador” e “Todo el Mundo”, del Sexteto Juventud (gruppo fondato il 13 Maggio del 1962, con il nome di Conjunto Rítmico Juventud e che solo successivamente diventerà il Sexteto Juventud. Questa formazione per buona parte del tempo fu formata da Olinto Medina come direttore e bassista, da Juan Medina alla chitarra, da Arturo López alla voce, da Elio Pacheco alla tumbadora, da Carlos Croquer alla batteria, da Isaias al bongó). I loro primi due primi LP “Guasancó” (1967) e “Más Guasancó” (1967) diedero molto spazio al Boogaloo, fra le canzoni più conosciute ricordiamo: Boogaloo, Descarga en Guasancó, Comand Boogaloo, Descarga a lo juventud; dell’LP del 68 “Guajira Sentimental”, “De Nuevo a Borinquen” e “Jala Jala Navideño” del 1970.

Dalla Repubblica Dominicana il maestro Primitivo Santos e dal Peru il maestro Pepe Hérnandez

Dalla Repubblica Dominicana ricordiamo il maestro Primitivo Santos e dal Perù il maestro Pepe Hérnandez; in Perù troviamo anche un bel boogaloo del già mitico Alfredito Linares intitolato “Yo traigo boogaloo”; nel contempo spopola la straordinaria canzone ibrida “Mambo rock”.
A fine anni 60, con influenze newyorchesi, si formò a Lima il Combo de Pepe Hérnandez, bassista e leader del suo gruppo. Questo gruppo era costituito da un sassofono tenore, dal flauto, dalla tromba, da una sezione ritmica latina e da un piano “furioso”. Essi incisero “Descarga En Menor”, “Yo Traigo El Boogaloo”, “Bailando Boogaloo”, “Burla”, “Cuídate” e “Crueldad”.
Successivamente si formò il gruppo di Pepe Moreno y su All Star Band.
Questa banda ebbe un gran successo con il bellissimo brano “Boogaloo Bola” (miscela di Twist, Cha Cha, Mambo, Boogaloo e qualcos’altro che dice in coro “Go Go En La Salsa”) e con “El Boogaloo de Cantinflitas” (stupendo brano, dedicato al noto cabarettista messicano, proposto fino allo sfinimento dalle varie radio colombiane come stacchetto per presentare i loro programmi comici).

In Colombia le città di Cali e Barranquilla si dichiarano capitali del boogaloo e in entrambe nascono i primi semi di quello che sarà l’ambiente salsero colombiano. A Barranquilla si crea La Protesta, ispirata all’orchestra di Tony Pabón.
Vi cantava un tale soprannominato Miche Boogaloo. Si formarono anche dei piccoli gruppi come quello dei Platinos con il cantante Jackie Carazo (animarono anche il Carnevale della Reina Perla Pompeyo).

Cali vide nascere molti gruppi di boogaloo: proprio dal Barrio Obrero veniva una grande ballerina di Pachanga e Boogaloo, la famosa – nonché celebrata in varie canzoni – “Amparo Arrebato“.

Nel Febbraio del 1968, l’orchestra di Ricardo Ray visita con il suo rinnovato stile musicale entrambe le città. Ed è a Cali, dove i ballerini impongono la velocità dei 45 giri agli album da 33, per adattarli al modo di ballare caleño.
Nel frattempo a Panama si affaccia sulla scena l’Orchestra di Bush Y Sus Magnificos di Francisco Bush Buckley che, assieme al giovane cantante Rubén Blades, interpreta i successi di Joe Cuba e di altri gruppi come il Conjunto Latino di Papi Arosemena, i Los Salvajes del Ritmo, i Los Silverstone, i Los Soul Fantastics, i Los Mozambiques, i Los Beachers, gli El Combo Impacto, tra i tanti.

Nella Repubblica Dominicana si afferma con molto swing il Maestro Primitivo Santos y su Combo, con un LP intitolato “Yo Vuelvo Pa’ Gozar”, una stupenda incisione degli anni 60. Le sue canzoni sono crude, decisamente in armonia con il nome del suo gruppo, i Primitivos. Di questo album riscosse molto successo, nelle programmazioni radiofoniche, il brano “Cuando Te Miro”, un boogaloo che è una versione latina di “Downtown Mad Mad Mad”, così come la descarga “El Robo Del Siglo”.

Sempre Dominicani furono Johnny Ventura e Bobby Quesada: Johnny Ventura incise l’LP “Boogaloo Esta En Algo”, all’interno del quale si distingue l’eccellente brano “Triángulo” firmato Bobby Capó, oltre a “Boogaloo Pa Gozar”, “Congo Blues”, “Ella Baila Boogaloo”. Il Maestro Bobby Quesada incise l’LP “Boogaloo en el Barrio” nel quale spiccano, tra le altre, “Bataola Boogaloo”, “Mi Barrio” e “Ritmo Moderno”.

Il gruppo brasiliano Boogaloo Combo col suo LP “Com Muito Ritmo” e il Maestro Dominicano Bobby Quesada col suo LP Boogaloo En el Barrio”.

Il Maestro Dominicano Bobby Quesada si afferma con l’LP “Boogaloo en el Barrio” mentre il gruppo brasiliano Boogaloo Combo, nel 1972, propone, per l’etichetta Epic, il sorprendente l’LP “Com Muito Ritmo”, album ad oggi considerato “strano e oscuro” (underground).
Il Boogaloo Combo si formò nel 1968 negli studi della CBS (l’attuale Sony Music) di Rio De Janeiro, ad opera del compositore argentino Roberto Livi e del Maestro Uruguagio Miguel Cedras, in seguito a una loro visita alla sede della Columbia Records a New York. Rimasero sorpresi e colpiti da ciò che videro nei barrios latini, dopo aver assistito ad alcuni concerti di Willie Bobo, Joe Bataan e Mongo Santamaria

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MONGO SANTAMARIA: Leah

JOE BATAAN: I wish you love

Il primo disco uscì nel 1968 per l’etichetta Epic, con il titolo “Boogaloo Combo”, cantato dallo stesso Roberto Livi, ma non ebbe il successo sperato, cosa che invece si realizzò nel 1972 quando incisero il sopracitato “Com Muito Ritmo”, caratterizzato da versioni strumentali di noti brani brasiliani dell’epoca e ispirato allo stile di Willie Bobo.

In effetti lo stile di questo gruppo era chiaramente influenzato dai gruppi della West Coast, tra i quali El Chicano, The War e i Malo (che tra l’altro incisero vari boogaloo a metà degli anni 60). Il disco ebbe una buona risposta da parte del pubblico, ma Roberto Livi fece ritorno in Argentina e Miguel Cedras andò negli Stati Uniti a fare il manager della divisione latina della Columbia.

Questi lavori son stati rieditati per l’etichetta Rhino Handmade.
In questo album erano inclusi i brani strumentali: “Pana”, “Café”, Suavecito”, “Oye Mama”, “I’m For Real”, “”Latin Boogaloo”, “Moving Away”, “Offerings”, “Latin Woman”, “Chévere”, “Close To Me”, e “Love Will Survive”. I Boogaloo Combo proposero, inoltre, i seguenti brani strumentali: “Way Back Home”, “Suavecito”, “Un Rayo De Sol”, “Put It Where You Want It”, and “Ebony Eyes”.

Un altro cantante brasiliano che si avventurò nell’onda del boogaloo fu Eduardo Araújo con il disco “A Onda Agora É Boogaloo”, del 1968. Recentemente stampato su CD, non si può definire un lavoro strattamente “latino”; la sonorità tende più al soul nordamericano ed infatti Eduardo era un musicista piu identificato con il Rock’n’Roll brasiliano dell’epoca.

La radice del boogaloo aveva dato i suoi frutti nel continente dove si parla spagnolo, pertanto è qui che assume un colore “creolo”.
Il Latin Boogaloo mantenne la sua egemonia negli anni della controcultura, periodo in cui accaddero importanti avvenimenti sociali come la Rivoluzione Cubana, l’embargo Usa imposto a Cuba, anni che videro affermarsi il sesso, l’uso delle droghe, il rock and roll, i figli dei fiori, il festival di Woodstock, gli hippies, le droghe psichedeliche, gli attivisti Abbie Hoffmann e Jerry Rubin (entrambi divennero famosi quando marciarono contro la guerra del Vietnam in occasione della convention del Partito Democratico a Chicago del 1968), il professor LSD Timothy Leary, le Pantere Nere, gli Young Lord Party, Angela Davis.

Furono anni di proteste e di tumulti: i Neri acclamavano il “Black Power”, durante le sommosse dei grandi ghetti di Los Angeles, della Georgia, di New York, di Chicago; le associazioni studentesche dell’Università di Kent in Pennsylvania e di Berkeley in California protestavano contro la leva obbligatoria.
Altri fatti che segnarono quel periodo furono gli assassinii di Bob Kennedy e di Martin Luther King, la liberazione sessuale, la morte di Che Guevara. Personaggi di rilievo furono Joan Baez, Bob Dylan, Jimmy Hendrix; i poeti Beatnicks diedero un aiuto alla gioventù ribelle grazie al loro humor e alla loro intelligenza… e ad un tratto arrivò la crisi del boogaloo… .“boogaloo, boogaloo. . .non guardare al tempo passato.”

Il Maestro Bobby Valentín con due LP “pieni di boogaloo” e il Maestro Willie Rodríguez”

A proposito della fine del Boogaloo, riprendiamo i concetti espressi da Fernando Rivera detto “King Nando” (famoso nel Barrio per i suoi Shing A Ling e che catturò l’attenzione nella primavera del 1967 con la sua composizione “Fortuna”) durante l’intervista rilasciata al signor Max Salazar (ndr: storico della musica latina) e riportiamo qui i passaggi piu significativi che ci aiuteranno a comprendere le ragioni della fine dell’epoca del boogaloo.

“Il Boogaloo non morì, fu ucciso dall’invidia dei vecchi direttori delle grandi orchestre, da alcuni organizzatori di serate e da un popolare dj radiofonico di musica latina” (probabilmente Polito Vega o Symphony Sid). “Noi eravamo una delle bande piu forti dell’era boogaloo e attiravamo molta gente ma non avevamo un ritorno economico proporzionato.
I direttori delle orchestre boogaloo furono costretti ad accettare contratti a pacchetto comprendenti l’esibizione in vari locali all’interno della stessa serata, cosa che causò subbuglio nella comunità dei musicisti; un’ora qui, un’altra là, e il tutto per pochi soldi. Quando gli impresari capirono che stavamo per organizzarci per rifiutare uniti questo tipo di contratti, i nostri dischi furono censurati dalle radio. Fu a questo punto che il Boogaloo cessò, e con esso la carriera di molti direttori di orchestre boogaloo”. “L’era del Boogaloo arrivò alla fine quando noi, i gruppi giovani, cercammo di ribellarci contro la forma di distribuzione dei contratti”
commentarono i Lebrón Brothers.

Il giornalista Carp David nel 1997, durante un’ intervista per la rivista online Descarga, chiese al maestro Johnny Pacheco “se la novità del Boogaloo e del Latin Soul lo avessero in qualche modo influenzato in termini musicali e in quel che egli faceva con la Fania”, e Pacheco rispose: “Per me fu un gran momento. Quando il boogaloo saturò il mercato, la gente poco a poco iniziò a stancarsi di ascoltare le solite band che suonavano lo stesso ritmo boogaloo. Il piano guidava più o meno la solita melodia. Per questo allora, la gente mi cercava, per il fatto che io continuavo a suonare i ritmi tipici per ballare. Eddie Palmieri si rifiutò di passare al boogaloo, e pure io. Può anche essere che abbiamo suonato qualcosa di Boogaloo. Così noi “cucinammo” e partecipammo a molti “spezzatini” più che altri, proprio perché noi rompemmo la monotonia del Boogaloo”.

L’eccitante mondo che generò il Boogaloo presto cominciò a svanire. Difatti, al consolidarsi a New York della “nuova cosa grande” della musica latina conosciuta con il nome di “Salsa”, il Boogaloo cominciò a eclissarsi, ed una grande quantità di giovani talentuosi furono bloccati dalla strategia commerciale della nuova organizzazione. Si aprirono le porte solo ad una minoranza: Cheo Feliciano, Eddie Palmieri, Bobby Quesada, Ray Barretto, Joe Bataan, Ralfi Pagán, Bobby Sanabria, Richie Ray tra gli altri…
Nel lavoro di Flores (1999) si nota che anche Willie Torres, cantante di Joe Cuba, si lamentava sull’annichilimento del boogaloo latino, annotando: “La maggiore responsabilità dell’eclissi del boogaloo, nel nome della salsa, fu della Fania Records che definì il suono degli anni sessanta”.

JOE CUBA

JOE CUBA: Mujer Divina

I primi due LP della Fania All Stars nel Red Garter portano nella propria cellula primaria il ritmo del Boogaloo.

I primi due LP della Fania All Stars nel Red Garter includono nella propria cellula primaria il ritmo del Boogaloo.
Ma il Boogaloo, lo Shing-A-Ling e l’Jala Jala non fecero parte del “pacchetto”, non si accettò la fusione dell’American Rhythm and Blues (R&B), che era davvero la musica originata per le strade e per i ghetti newyorchesi. Furono pochi i musicisti che crearono il boogaloo che vennero scelti dalla Fania All-Stars nella storica notte del Cheetah quando si girò il film “Our Latin Thing – Nuestra Cosa Latina”.

Quel che davvero bisogna ricordare e che non dobbiamo perdere di vista è che la stessa Fania All-Stars, nelle sue prime registrazioni, mise nella sua parte organica una cellula del Boogaloo, combinata a sua volta con il Son Cubano. Questo dato si evince analizzando i primi due LP della Fania: “Live at the Red Garter”, Vol.1 e “Live at the Red Garter”, Vol.2.
Nel primo si registrò il brano di Joe Bataan “Country Girl – City Man” che è appunto un boogaloo; addirittura nel secondo volume il lavoro fu maggiormente dedicato al boogaloo, i brani “Son Cuero Y Boogaloo”, “Red Garter Strut”, “Kikapoo Joy Juice” e “Richie’s Bag” sono tutti boogaloo.

Ad eccezione del maestro Johnny Pacheco (che non registrò boogaloo con le sue orchestre), tutti gli altri musicisti che parteciparono a questi due LP fanno parte del movimento del boogaloo, sia che si tratti dei capostipiti del genere sia che si tratti di quelli che parteciparono al suo ultimo periodo e citiamo tra tutti: Ray Barretto, Joe Bataan, Willie Colón, Héctor Lavoe, Larry Harlow, Monguito “el único”, Bobby Quesada, Louie Ramírez, Ralph Robles, Monguito Santamaria (il figlio di Mongo), Bobby Valentín (che incise diversi boogaloo), Tito Puente, Eddie Palmieri, Ricardo Ray e Jimmy Sabater.
Willie Colón e il suo cantante Héctor Lavoe (musicisti del barrio) registrarono diversi pezzi di boogaloo nell’LP “El Malo”. Lo scrittore Max Salazar sostiene che “entrambi i musicisti (Willie Colón e Héctor Lavoe) rappresentano il ponte tra il boogaloo e l’avvento della salsa”. E in effetti, è da quel momento che la Salsa suona brillante, di strada, cruda, “sporca” e vitale.

Monguito Santamaría (figlio di Mongo) y el Conjunto Malo.

Si dice che il Latin Boogaloo sia rinato in Spagna, in Inghilterra, in Germania, in Giappone e in Russia; lo hanno classificato “Latin Acid” o “Acid Jazz” e in molti altri modi. Vengono rimasterizzati in cd la musica di Héctor Rivera, di Mongo Santamaría, il vecchio materiale di Pucho Brown e di altri musicisti afroamericani, il ritmo Pata Pata (che influenzò il boogaloo) di Miriam Makeba, i New Swing Sextet, Joey Pastrana, Bobby Valentín, Ray Barretto, Joe Quijano, ecc.



New Swing Sextet

Sorprende anche che il gruppo colombiano La Sonora Carruseles abbia prodotto un CD – DVD con musica boogaloo per entrare nei mercati di Giappone ed Europa.
Il boogaloo ha insomma rappresentato un modo per penetrare il pop internazionale, la necessità di attraversare la linea divisoria tra due lingue, realizzando il “crossover” e introducendo i brani in entrambi i mercati. “Era la necessità di far funzionare le nostre creazioni in entrambe le lingue, di conquistare le liste del Billborad”, ci spiegò il maestro Joe Quijano.
Izzi Sanabria ha affermato che il Boogaloo fu “quel grande mezzo che noi giovani latini abbiamo avuto, per esplorare e attraversare le frontiere in termini musicali”.

I grandi: Gilberto Cruz y su Sexteto, El Terrible Frankie Nieves, Benito y su Sexteto, Azuquita y Kako y el Gran Willie Bobo. . . vaya que sabor mi pana. . .Boogaloo, Boogaloo pa’ goza!

Herencia Latina raccomanda i seguenti Boogalo

I 10 boogaloo di John Child (Cortesia di John Child scrittore di Descarga, speciale per Herencia Latina):

1. Yo Traigo Boogaloo. Alfredito Linares (Perú)
2. Federico Boogaloo. Federico y su Combo (Venezuela)
3. I Like It Like That. Pete Rodríguez
4. Ay que Rico. Eddie Palmieri
5. Boogaloo Blue. Johnny Colón
6. Lokie Lokie Ricardo Ray & Bobby Cruz
7. Subway Joe. Joe Bataan
8. Boogaloo Bola Pepe Moreno y su All Star Band (Perú)
9. Micaela. Pete Rodríguez
10. Tremendo Boogaloo. Mario Allison

I 20 Boogaloo di Herencia Latina:

1. At the Party. Héctor Rivera
2. In the Middle of the Nigth. el Terrible Frankie Nieves
3. Good Feeling. Joe Battan
4. Bang Bang (Push, Push). El Sexteto de Joe Cuba
5. La Banda. Latin Soul
6. Joey’s Thing. Joey Pastrana
7. Shing A Ling Boogaloo. Pijuan y su Sexteto
8. Shing A Ling Baby. Willie Bobo
9. Good Loving. Gilberto Cruz y su Sexteto
10. Playing a Cool. Héctor Rivera
11. Adelante. King Nando
12. Mr Trumpet Man. Richie Ray and Bobby Cruz
13. Boogaloo Cantinflitas.Pepe Moreno y su All Star Band(Perú)
14. Joe Quijano. Lo de Boogaloo
15. Coquero. The New Swing Sextet
16. El Cobrador Federico y su Combo
17. Pelao Ralfi Pagán.
18. Shotgun/Bling Man. Willie Bobo
19. ¿Tú querias Boogaloo? Toma Boogaloo. El Gran Combo de PR
20. Que se Ria la Gente. Richie Ray

Un pezzo importante da ascoltare:

21. Quasi – Boogaloo. Roy Eldring, Oscar Peterson y Dizzy Gillespie

Joe Bataan “Mr. Subway Joe”, El Combo Nacional, Ray Barretto (nell’onda del Latin Soul), Los Hermanos Lebrón, Ralfy Pagán (uno di coloro che hanno dato il via alla balada Latin Soul).

Ringraziamenti allo scrittore venezuelano Gerson Maldonado e all’amministratrice del portale www.buscasalsa.com, Chabelita.
Anche a Bernardo Viera, collaboratore di Herencia Latina in Brasile.

Note:

La canzone Pata Pata fu incisa da Miriam Makeba ma fu composta da Dorothy Mauska. Dorothy Mauska, cantante e compositrice sensazionale, è nata in Rodhesia (l’attuale Zimbawe), ma cominciò la sua carriera musicale in Sudafrica. Dorothy non ha mai goduto di molta fama internazionale, ma molte delle canzoni interpretate da Miriam Makeba sono composizioni sue. La canzone Pata Pata venne registrata da Makeba in Sudafrica a metà degli anni Cinquanta (nel 1956 circa) e poi tornò a registrarla negli Stati Uniti nel 1967, anno in cui si trasformò in un travolgente successo mondiale. Perfino il Gran Combo, con la voce di Andy Montañez, incise una versione di Pata Pata.

Il titolo si riferisce a un ballo molto popolare in Sudafrica. Il testo è semplice e il suo obiettivo è proprio quello di invitare la gente a ballare il Pata Pata, un ballo molto sensuale dove le coppie si toccano il corpo mentre ballano.
Miriam Makeba ha detto che si soprese per il successo mondiale di quella canzone perché, a suo avviso, aveva registrato altri brani dal contenuto molto più profondo. Fu proprio la canzone più leggera ad aprirle le porte della fama internazionale. Ne sono state registrate decine di versioni. La stessa Miriam Makeba ha inciso moltissime varianti una tra le quali con Ricky Martin. Recentemente la stessa compositrice Dorothy Masuka ha registrato una versione di Pata Pata.

Referenze:

Bobbs. Vernon. (1992). Salsiology: Afro-Cuban Music and the Evolution of Salsa in New York City (Contributions to the Study of Music and Dance) 30 de marzo de 1992. pg. 264-283. Greenwood Press. ISBN: 0313284687

Carp David. (1996). Profile: Pucho & His Latin Soul Brothers.

http://www.descarga.com/cgi-bin/db/archives/Profile4?tR2pY2YN;;154

Carp David. (1997). Interview: A Visit with Maestro Johnny Pacheco.

http://www.descarga.com/cgi-bin/db/archives/Interview2?tR2pY2YN;;142

Flores Juan. (1999). “Cha Cha with a Backbeat”: Songs and Stories of Latin Boogaloo. Recuperado de:

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Laffitte Louis (2002). The Sun of Latin Music. Part 1. Latin Beat Magazine, June/July, 2002

Mangual Rudy. (2003). Ray Barreto: Living the Beat of the Drum. Latin Beat Magazine. May. 2003.

Martínez. L. (2005). Periódico El Tiempo de Bogotá – Colombia . 31 de enero de 2005

Raissler. J.J. (1992). Review: Crossover Dreams/Boogaloo Blues.

Descarga

Rassler. J.J. (1992). by J.J. Rassler. Profile: The Lebron Brothers

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Rondón César (1979). Salsa Crónica de la Música del Caribe Urbano

Salazar Max (1997). Development of Latin music in New York City: lecture at UCLA – Max Salazar; University of California en Los Angeles. Recuperado de: Latin Beat Magazine, May, 1997

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Salazar Max (2003). Salsa Music Rivalries and Battles Part II. Latin Beat Magazine. Sept 2003

Salazar Max (2000). Remembering La Lupe. RecuperadoLatin Beat Magazine. May 2000.
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Salazar Max (2002). 1968 First Latin Music Entertainment Awards. RecuperadoLatin Beat Magazine. Oct. 2002

http://www.findarticles.com/p/articles/mi_m0FXV/is_8_12/ai_93700220

Ringraziamo Herencia Latina per averci autorizzati a pubblicare questo articolo in italiano.

New York by Claude parte 2

Le recensioni de LaSalsaVive

New York by Claude – secondo giorno –

Premessa
Mi sveglio e, dato che in cucina non trovo certo la macchinetta del caffé italiano, vado al Grocery dell’angolo dove per 2.75 $ mi gusto un bollente e zuccheratissimo small capuccino con ottima tortina paradiso e litro di acqua del Maine, la mitica Poland Spring, che fuoriesce da tutte le borsette delle donnine salutiste della megalopoli.
Di chiaro c’è solo il prezzo dello small capuccino (0.75 $) ma del resto non si capisce mai niente, i prezzi a New York non sembrano dover essere obbligatoriamente pubblicati e le tasse da aggiungere – quando vanno aggiunte – non si capisce a quanto ammontino.
Poi va a simpatia dell’addetto di turno; insomma, il prezzo del mio breakfast del Martedi era quello, ma nei giorni seguenti scoprirò che non sarà sempre così…

DAY 2: EL BARRIO MUSIC CENTER E LA SERATA AL LINK DA DJ DAVID MONTREAL

Il sole splende e penso “i vinili li lascio per ultimi” ma date le successive pioggie non avrò piu la possibilità di trovarli buttati sul marciapiede; approfittando della bella giornata, vado a piedi verso east, ed entro nell’East Harlem, ossia lo Spanish, il Barrio, dove ci sono due negozi storici e importantissimi di CD e non solo.
Mentre mi faccio quei 10 minuti a piedi assisto alla mutazione antropologica dello scenario; dalle macchine non esce piu hip hop bensì reggaeton, sui marciapiedi non si gioca piu a basket bensì a baseball, e il vociare non è piu in inglese ma in spagnolo: inizia pure ad apparire la Topina Latina, más fina, e finalmente ricomincio a girarmi quando incrocio le tipe.
Accuso un lieve torcicollo destro 😮

Il primo negozio in cui mi imbatto sulla West 116th street all’angolo con la Park Avenue è questo:

EL BARRIO MUSIC CENTER

Entro cosi:

“Buenas, vengo de Italia y soy fanático de Salsa Clásica”

E faccio la conoscenza del giovane Luis, aka Dj Nene Malo, degustatore di tutti i generi, dalla salsa più vecchia e jazzata fino all’hip hop nordamericano passando dai vari altri generi latini etc.
Il negozio ha tre pareti tutte tappezzate di CD appesi… un abbaglio totale… una botta al cuore… e una al portafoglio… ma il tutto estremamente ECCITANTE.
A destra Pop Latino e generi latini a noi ignoti (tipo Ranchera, Paso Doble) al centro (dietro la cassa) la Salsa Contemporanea e i vari merengue bachata reggaeton, e a sinistra…. a sinistra…. a sinistra…
“Aaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhh!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”

“Luis, dammi quello!!!!!!!!!!”

“Aaaaaaaaahhhhhhhh dammi quell’altro!!!!!!!!!!!!”

“Aaaaaaaahhhhhhhhh, quegli altri 3!!!!!!!!!”

Avevo la adrenalina a 1000, ho veramente dato fuori di testa a vedere cosi tanti, ma cosi tanti, ma cosi tanti CD di Salsa Classica, Son e Mambo tutti belli in ordine alfabetico, e tutti DISPONIBILI!!!
Finalmente riuscivo a mettere le mani su CD che cercavo da due anni, alcun masterizzati, altri di cui avevo una canzone (masterizzata o meno) e altri di cui conoscevo l’importanza storica anche se non li avevo mai sentiti.
Bè, per farla breve quel giorno lì sono uscito da quel negozio con 21 CD, tra i quali ben 5 di Tony Pabón (il quinto manco sapevo che esistesse, l’ho visto lì), 2 di Bobby Quesada, 2 di Frankie Dante, 2 di Ernie Agosto, i primi 2 di Ruben Blades, e tanta altra roba che per molti appassionati sarà scontata ma che per me – che mi sono approcciato da poco a questo mondo – era semplicemente introvabile…
Come questo:

dove c’è un bellissimo ritmo Mozambique titolato Bombonsito de Pozo.
Poi mi ricordo dei nuovi Fania, e dello scempio perpetrato dalla rimasterizzazione del primo album che Willie Colón fece a 17 anni: El Malo.
“Luis, ce l’hai il primo CD di Willie Colón, versione vecchia?”

E lui: “Certo, vuoi anche il secondo, versione vecchia, The Hustler?”

E io: “Butta, butta nello SHOPPING KART, qui la mia Coop sei tu, chi può darmi di piu!!!”

Gli chiedo un parere su questa operazione che lo scorso Ottobre mi aveva illuso e che poi mi aveva deluso, e stranamente mi dice che i nuovi – pur avendone alcuni – non li ha sentiti 😱
Mi dice comunque che la maggior parte delle persone da lui sentite si lamentano, mentre alcuni (pochi) apprezzano il nuovo suono: lui peraltro mi spiega che la prima delusione la ebbe già nel passaggio dal vinile al CD…
Io comunque intasco El Malo vecchio suono e a questo punto scatta il primo…
Mi son fatto prendere troppo la mano: alla ora di pagare mi sono seriamente domandato se il limite giornaliero della carta sarebbe bastato…

“Is POSTAMAT accepted?” 😀

E lui: “What?”

E io: “Ma sì, dai, circuito Maestro!”

Lui striscia, e non funziona. Ristriscia, e non funziona. Ri-ristriscia, ma non, non, non funziona…

Con un groppo in gola vado fuori all’ATM del Banco Popular, digito 240 $, sento il fruscio della macchina e…. escono 12 banconote da 20 $!!!

Luis è veramente il piu conveniente di tutti i dettaglianti che ho visitato, perché pur partendo da una base – comune a tutti – di 13.99 $ (cui vanno aggiunte le tasse che non ho ancora capito se sono il 19% o meno), pratica dei bei sconti a quantità.

Gli domando se esporta (data la convenienza dei suoi prezzi), ma mi dice che non è interessato; e pensare che oltretutto si rivelerà il piu fornito!!!
Per ogni CD, ne ha dalle 2 alle 5 copie, ma soprattutto ne ha taaaaaaaaaaaaaaaaaaaanti, ma taaaaaaaaaaaaaaaaaaanti, e i buchi nel muro (comuni a tutti gli altri dettaglianti e grossisti) si contano sulle dita di una mano.
Una volta pagatolo, ci mettiamo a parlare di Dj’ing; lui nelle serate normali effettua una selezione mista che comprende sia la commerciale che la classica, ma mi spiega che le sue serate preferite sono le feste del Barrio, dove la gente di tutte le età viene a chiedergli le cose, e gli rinfaccia a chiare lettere se un certo brano da lui proposto non dovesse essergli piaciuto: sono i suoi “eventi”!

Si è fatto tardi, le 5PM arrivano in fretta, e a New York a quell’ora vanno a ballare 😱😱😱
Lo saluto e, in parte assalito da un senso di colpa nei confronti dei miei risparmi e in parte epicureamente desideroso di dilazionare il piacere dell’acquisto pazzo sui giorni successivi, decido di cassare il prospiciente storico negozio di Vicente – la Casa Latina – e di visitarlo il giorno dopo.

Tradotto terra terra: non voglio sputtanarmi tutto oggi! 😀

E vado a casa a preparami per la serata al Link.

Per strada è tutto un preparativo per la grande festa boricua che mi perderò nel weekend, ed è tutto un fiorire di bandiere portoricane sulle bancarelle, così come le magliette con i grandi miti della salsa e del reggaeton che vedono Héctor Lavoe affiancato al Mito Contemporaneo della Juventud del Barrio: Daddy Yankee…

LUIS ED IL BARRIO MUSIC CENTER: NUOTARE TRA I CD COME PAPERON DE’ PAPERONI TRA LE MONETE!

Il Link è un bar a due passi da Union Square, e in quanto tale non si paga; se bevi bene, ma non è obbligatorio, ciononostante lo vedo bello busy il barman.

Salsanycalendar.com raccomanda “Dress to impress” ma l’atmosfera e l’abbigliamento è molto informale, sembran tutti usciti da una lezione di ballo.

L’entrata è scoraggiante, c’è un Reggaeton che lascia tutti timidamente a bordo pista; il secondo è un Reggaeton con la voce simile a Shakira (magari è proprio lei, ma non me ne intendo di Pop Latino) che tira tutti in pista (aaaaaaaaaaahhhhh: il famoso “brano noto”!!!): al terzo Reggaeton sto quasi per andare all’altro locale quando all’improvviso inizia una salsetta carina, oserei dire “lounge”, ed è il Canario.

Finalmente la pista inizia a stileggiare newyorkando, tutti belli omogenei che chiunque inviti sai come fare

Ad un tratto, odo un qualcosa di insolito, ed irresistibile… che mi butta in pista come d’istinto…

MA E’ IL VACILON DEI LEBRON BROTHERS!!!

Io, quel Martedi sera, a New York, mi sono reso conto che sono AMMALATO: mi smuovo solo su certi brani TOSTI…
Mi ritrovo a ballare con una orientale bravina per poi passare – su Merecumbé – ad una Wasp (= White Anglo Saxon Protestant, insomma, una stangona biondocchiazzurri) tutta presa a fuggire appena possibile dalle mie braccia per fare i suoi onanistici pasitos, anche se il brano è in piena melodia; infine una Pachanga… che era Avisale a mi contrario

Io quella canzone versione Pachanga, MAI l’avevo sentita… 😱

Ma il bello doveva ancora venire…

Sento un DANZON… che dopo quasi un minuto intero si trasforma in Montuno, ed è la mitica Bruca Manigua…

La gente se la balla a cha cha, e io MAI avevo sentito un Danzón in pista…

Poi un altro Son, ma uno di quelli anticati, eh?

Che sonorità spettacolari, ero in orgasmo a piu non posso, e le ballerine si sprecavano…

Inizia la bachata e io vado da questo fenomeno di dj a fargli i complimenti:

DJ DAVID MONTREAL FROM CANADA

In quel mentre vedo la pagina del suo book aperta su una serie di CD della Concord Picante, e difatti dopo la bachata inizia a mettere Latin Jazz…

Uè, li ha passati proprio tutti i generi!

Mi spiega che è stato di recente al Congresso di Zurigo, poi chiude il book e lascia la console a questo distinto signore chiamato

DJ STEVE “DOC SALSA” SHAW

Non da meno, Steve comincia con delle Descarga per poi continuare in Guaguanco; gli chiedo se ha delle serate e lui si limita – molto modesto – a dire: “Guarda, ogni tanto suono al Jimmy Anton’s Social” Appppperò!!!!!! Piu tardi torna David che ci delizia con altre cosette e termina la serata con Romantica “tikitòn”, ossia quella bella montunata, non quella lagnosa, tra cui la bellissima Como Lo Hace di Frankie Ruiz, con una che la sapeva a memoria, che termino (io) in un casqué seguito da un suo, personalissimo controcasqué (che ci stava benissimo!), sorprendendomi e suscitando una risata fragorosa da parte di entrambi. 😱

LA PISTA 1 DEL LINK

E LA PISTA 2

A sala ormai vuota, mentre parlo con David una tipa, in vacanza da una vita, mi fa: “Ao, ma che sei, Italiano?”
Elisabetta de Roma – frequentatrice della serata di Dj Pio Frtelli – da due mesi è in aspettativa sul lavoro per studiare ballo dalle varie scuole: beata lei!
Ci scambiano quattro chiacchere e ci diamo appuntamento alle due serate successive dove tutta la tribu salsera si ritrova al Mercoledi (Latin Quarter) e Giovedi (Club Cache).
Torno a casa, appagato da una splendida serata di musica coi fiocchi.
By Claude

Ruben Blades

Impressioni dei musicisti (Ruben Blades, Willie Colon) sul film “El Cantante”

Le recensioni de LaSalsaVive

Impressioni dei musicisti (Ruben Blades, Willie Colon) sul film “El Cantante”

Traduzione a cura di “Cafè Caribe” e “Max Chevere”

Tratto dal blog di Ruben Blades

Ruben Blades parla del film “El Cantante”

Queste sono domande molto difficili io credo che sia molto difficile accontentare le persone che hanno già un’idea di come era o di come doveva essere conosciuta la persona che aveva ispirato in tante persone l’affetto per la sua musica; io non credo che il film potesse avere la minima possibilità di accontentare tutti. Probabilmente alcune persone speravano di poter vedere un film che parlasse dello sviluppo della musica di Hector Lavoe e Willie Colon e della musica salsa a NY e forse si aspettavano di sapere quali furono le motivazioni che portarono Lavoe all’utilizzo di sostanze stupefacenti.

Io penso che il film dipinga la realtà di un momento e dal punto di vista musicale ritengo che sia uno dei film che ha saputo meglio riportare il clima che si respirava nei concerti, la vitalità, la musica è ben registrata; per quanto riguarda l’aspetto personale di Hector avrebbero potuto andare anche in altre direzioni, però io ho sempre saputo che non sarebbe stato facile e che comunque non avrebbe potuto accontentare tutti perchè ognuno avrebbe voluto vedere uno dei diversi aspetti di Hector.

Da un altro lato Marc Anthony ha fatto un buon lavoro come attore e Jennifer come attrice; ci sono persone che hanno criticato la sovraesposizione di Jennifer rispetto a Marc, è un po’ come quando mi chiedono qual è per me la canzone più bella o il miglior cantante ed io rispondo sempre: “quello che a voi piace di più”. E’ possibile e questo lo dico con una volontà costruttiva e dopo l’uscita del film, sarebbe stato bello se si fosse parlato del processo dello sviluppo dell’idea, perchè molti di quelli che mi hanno scritto hanno giustamente detto che gli sarebbe piaciuto sapere come Hector arrivò alla fama, chi fu che lo portò a quei livelli. E non è una questione di colpevolizzare chi ha realizzato questo film, perchè qualsiasi persona che cercasse di scrivere la vita di una persona, specialmente di una personalità così complessa come Hector, non potrà mai riuscire a condensare tutto questo, o quanto meno sarebbe molto difficile condensare questa complessità in un film di meno di due ore. Così che io credo che la critica in alcuni casi sia stata troppo forte e negativa; io non credo che nè Marc nè Jennifer abbiamo voluto in nessun momento mancare di rispetto a Hector.
Questa è un’ assurdità.

A mio parere loro hanno semplicemente voluto realizzare qualcosa per ricordare che Hector visse e che ebbe questa carriera. Io dico sempre alle persone che artisti come Hector Lavoe, come Celia Cruz, Ray Barretto, Ismael Rivera, Tite Curet, Pete el Conde, Tito Puente, Santo Colon o La Lupe, non muoiono mai, continuano sempre a vivere con la loro musica.
Per questo motivo io penso che una delle intenzioni di Marc e Jennifer era quella di fare in modo che Hector non fosse dimenticato, ed un modo per farlo era quello di realizzare un film, un’opera destinata ad un largo numero di persone.
Ed è comprensibile che il film non abbia potuto raccontare tutti gli aspetti della vita di Hector, questo ci può stare, però questo non vuol dire che lo hanno fatto in malafede, perchè questo non è certo, ed io credo che sia Marc che Jennifer hanno sempre avuto rispetto e ammirazione per Hector e che questo film lo hanno fatto con il solo fine di ricordare e far conoscere meglio la vita di Hector.

Molte persone mi hanno chiesto come nacque la canzone “El cantante” per Hector, ed io francamente non me lo ricordo.
Mi ricordo che mi chiesero di fare una canzone per Hector, perchè stava avendo dei problemi in quanto le sue vendite stavano cominciando a decadere. Questo è quel che mi ricordo.
La canzone l’avevo già fatta, era già stata scritta e dovevo registrarla con Willie Colon con cui anche Hector stava collaborando in quel periodo e mi resi conto che realmente la canzone era più adatta a Hector che non a me, perchè la sua vita dava un’autenticità alla canzone, una cosa che io non avrei potuto dare a quella canzone.
La mia vita all’epoca, come oggi del resto, non era una vita di scandali, non avevo problemi di droga o altri problemi simili, invece c’era un elemento tragico che dava autenticità all’interpretazione di Hector.

Così pensai che quella canzone avrebbe potuto aiutarlo e gliela diedi, alcune persone pensano che io gliela feci interpretare perchè a me non piaceva.
Questo è falso.
Se non mi fosse piaciuta non gliela avrei mai data, piuttosto avrei negato di averla fatta.

Se qualcuno mi chiede una canzone ed io penso che non sia adatta al suo stile, gli rispondo che non ho nulla da dare.
Per questo motivo le persone che hanno scritto queste cose lo hanno fatto solo perchè non sapevano cosa scrivere, o perchè hanno del veleno in corpo.
Se io non avessi voluto dare la canzone a Hector non gliela avrei data, punto.
Però io sapevo che lui l’avrebbe cantata meglio di me, sapevo che quella canzone era nata per lui e dissi a Willie Colon, questa è la canzone, dalla a Hector.
Poi i dettagli non me li ricordo, sono passati trent’anni, ma quel che importa è che gli diedi la canzone e che lui la cantò e interpretò meglio di quanto io avessi potuto fare.
Lo feci solo per aiutarlo e la canzone lo aiutò, anche se alla fine i demoni ebbero la meglio sui buoni consigli.
Però sarà ricordato per sempre con affetto e con rispetto.
El Cantante interpretata da Ruben Blades e Willie Colon

El Cantante interpretata da Hector Lavoe

WILLIE COLON parla del film
Traduzione a cura di Jimi

I creatori di El Cantante hanno sprecato una buona opportunità di fare qualcosa di veramente importante per la nostra comunità. La vera storia doveva essere quella di Hector Lavoe in lotta contro gli ostacoli frapposti da un’industria discografica ostile, che sfruttava gli artisti con il suo carisma e il suo talento. Invece hanno fatto un altro film su due tossici portoricani.

L’impatto della droga nell’industria dell’intrattenimento non è nulla di nuovo, basta guardare Britney Spears, Lindsay Lohan e Whitney Houston ai giorni nostri. Io penso che Lavoe meritasse il riconoscimento che il film pretendeva falsamente di dargli.

Comunque, in quanto sono uno che ha dato consigli ai produttori, è dolorosamente ovvio che essi non hanno capito che cosa lo ha reso così importante: è stata la musica, è stato il suo talento. Non hanno compreso o rispettato quanto è stata veramente importante questa musica per la gente di tutto il mondo.

E’ difficile capire come due individui nel business musicale come Marc e Jennifer non si rendano conto del danno e delle conseguenze di promuovere solo il lato negativo della nostra cultura musicale latina.

Sono stato molto deluso dal vedere come non ci sia stato il minimo sforzo di correggere quelli che io considero gravi errori cronologici e fattuali. Allo stesso modo una storia sbagliata era stata narrata in The Capeman, con risultati economici disastrosi.

Dopo la prima di El Cantante a Puerto Rico ci sono state parecchie dichiarazioni di protesta da parte di persone che avevano supportato e partecipato al progetto finchè non hanno visto il film. Le lagnanze non sono state del tipo della favola della volpe e dell’uva, o per dare addosso a Marc e J.Lopez, ma per un senso di tradimento e di delusione.
Tutti noi siamo coinvolti nel mondo che questo film rappresenta.

Per molti di noi la speranza che la nostra vera storia venisse finalmente raccontata è tramontata con la versione finale di questo film.

Willie Colón

Español

EL CANTANTE por Willie Colón

Fuente: Agencias Internacionales

Los Creadores de El Cantante perdieron una oportunidad de hacer algo de aplicabilidad para nuestra comunidad. La historia verdadera estuvo acerca de Héctor luchando con su carisma y el talento los obstáculos de una industria no-sostenedor que se aprovecha del artista. En lugar ellos hicieron otra película sobre dos drogadictos boricuas.

El impacto de drogas en la industria de entretenimiento no es nada nuevo; miren a Britney Spears, Lindsay Lohan y Whitney Houston hoy.

Pienso que Héctor merece el reconocimiento que la película fingió darle. Sin embargo, como alguien que aconsejó a los productores, es dolorosamente obvio que ellos no entendieron lo que lo hizo tan importante. Fue la música. Fue su talento. Ellos no entendieron ni respetaron la importancia verdadera de nuestra música a personas alrededor del mundo.

Es difícil de comprender cómo dos individuos que están en el negocio de la música como Marc y Jennifer no están enterados del daño y las consecuencias de promover sólo el lado negativo de nuestra cultura.

Fui desilusionado que no se hizo un esfuerzo mínimo corregir lo que sentía fueron los errores graves, cronológicos y basados en hechos. Esto me dice que ellos hicieron con toda prontitud el libreto más sencillo y cliché para hacer una película rápidamente.

Después del lanzamiento de El Cantante en Puerto Rico hubieron varias declaraciones de protesta por personas que habían apoyado y tomado parte en el proyecto hasta ellos lo vieran.

Las quejas no se tratan de envidia ni de atacar a J-Lo y Marc pero de un sentido de traición y desilusión, todos estamos invertidos en el mundo que esta película representa. Para muchos la esperanza de que nuestra historia fuera finalmente contada se hundió en el horizonte con la versión final de esta película.

Perdónalos Héctor

Willie Colón

English

The Creators of El Cantante missed an opportunity to do something of relevance for our community. The real story was about Hector fighting the obstacles of a non-supportive industry that took advantage of entertainers with his charisma and talent. Instead they did another movie about two Puerto Rican junkies.

The impact of drugs in the entertainment industry is nothing new; look at Britney Spears, Lindsay Lohan and Whitney Houston today. I think Hector deserves the recognition the movie pretended to give him.

However, as someone who advised the producers, it’s painfully obvious that they didn’t understand what made him so important. It was the music. It was his talent. They didn’t understand or respect the true importance of this music to people around the world.

It’s difficult to comprehend how two individuals who are in the music business like Marc and Jennifer are not aware of the damage and the consequences of promoting only the negative side of our Latin music culture.

I was disappointed that there wasn’t a minimal effort to correct what I felt were serious chronological and factual errors. Similarly, the wrong story was told in The Capeman with disastrous economic consequences.

After the premier of El Cantante in Puerto Rico there was several statements of protest by people who had supported and participated in the project until they saw it. Their complaints were not about sour grapes or J-lo and Marc bashing but from a sense of betrayal and disappoinment. We are all invested in the world that this movie represents.

For many of us the hope of our story finally being told sank into the horizon with the final version of this film.

Willie Colón
La mia opinione, a cura di Daikil
Stanotte non riuscivo a dormire e me lo sono visto tutto attentamente, in inglese con sottotitoli in spagnolo… : secondo me è un film meraviglioso, ben girato, con una bellissima sceneggiatura, con due bravissimi attori principali e tanti altrettanto bravi di secondo piano, con una colonna sonora semplicemente splendida.

Spero veramente che arrivi in Italia al più presto perché volerò a vederlo anche più di una volta (in questi casi il cinema è davvero insostituibile!). In particolare non trovo nessun riscontro alle critiche mosse, il film in quanto tale è sceneggiato, e muove da un’intervista fatta a “Puchi” Lavoe e quindi dal suo punto di vista, quello di una persona vicina a Hector almeno quanto i suoi amici-artisti, se non di più. Trovo perfettamente logica la centralità del problema droga, come lo è e lo sarà per film riguardanti tantissimi artisti (da Charlie Parker, nello stupendo “Bird” di Eastwood, a Jim Morrison), perché è il filo conduttore che conduce Lavoe, provato da diverse disgrazie una dietro l’altra, alla morte a 46 anni.

E lasciatemi dire che Marc Anthony è davvero eccezionale in questa sua interpretazione in cui è inquadrato quasi ininterrottamente dall’inizio alla fine del film, un’ora e 40 minuti di film, una rivelazione! E non passa inosservato il cameo di Ismael Miranda nei panni di papà Perez. A mio avviso, comunque, la figura di Hector Lavoe, così come quella di tutti gli altri artisti e come quella di tutti i protagonisti di quel periodo d’oro, esce tutt’altro che guastata da questo film che mi sembra essere più che esplicativo di quello che ha dovuto rappresentare l’esplosione del fenomeno Salsa negli anni ’70.

Dal punto di vista artistico poi tengo a sottolineare come alla già splendida colonna sonora interpretata da Marc Anthony, nel film, si aggiungano, oltre ad alcuni pezzi non latini, molte chicche veramente apprezzabili per definire ancora di più la situazione musicale dell’East Harlem di allora. Il reggaeton iniziale poi non mi pare per niente fuori luogo visto che accompagna “Puchi” poco prima di morire, mentre va a fare l’intervista da cui muove il film, con relative panoramiche dello Spanish Harlem recente.
Queste invece le chicche classiche latine inserite nel film:

“Bang Bang”
Written by Joe Cuba and Jimmy Sabater
Performed by Joe Cuba

“Que Te Pedi”
Written by Gabriel Luna De La Fuente
and Fernando Lopez Mulens
Performed by La Lupe

“Fiel”
Written by C. Curet Alonso
Performed by Santos Colon

“Soy Boricua”
Written by Robert Anglero
Performed by Bobby Valentin

“Catalina La O”
Written by Johnny Ortiz
Performed by Pete ‘Conde’ Rodriguez

“Boogaloo Blues”
Written and Performed by Johnny Colon

“Periodico De Ayer” (la sigla finale)
Written by C. Curet Alonso
Performed by Héctor Lavoe

E per finire per chi avesse ancora dubbi sulla qualità artistica del film, di seguito c’è un estratto di tutti i musicisti e ballerini che hanno partecipato a questo film che io reputo a dir poco irripetibile, fate voi… :

MUSICISTI

WILLIE COLON and HÉCTOR LAVOE’S BANDS & THE FANIA ALL STARS HECTOR ‘LA LLAVE’ LEGUILLOW, ALFREDO MARQUEZ, HUGO DURAN, VICTOR BARO, JULIO ORTIZ, PAPO PEPIN, JOEY LALA, WILLIE VILLEGAS, EDDIE ROSADO, CHIKO MENDEZ, NOAH BLES, JAIME SABATER, CARLOS ACEVEDO, CARLITO SOTO, PETE NATER, SUSAN MITCHELL, CLAUDIA CHOPEK, EDDIE VENEGAS, VICTOR GARCIA, GADWIN VARGAS, CESAR AYALA, HUMBERTO RAMIREZ, ANIBAL DEGRACIA, YSMAEL HARLOW, DOEL BURGOS, VICTOR DEFILLO SANTIAGO, RAUL A. BARRETTO, LEILA MARTINEZ, JULITO ALVARDO, CELSO CLEMENTE, ANIBAL HERNANDEZ, RYAN MALDONADO, LOU TORRES, MICHAEL MONTES, LUIS ARONA, VICTOR SANTOS, TITO ALLEN, ERBIN PEREZ, OSWALDO CARDONA, MANNY MIELES, RAY SEPULVEDA, JORGE PUPO, PUCHO MATOS, RICHIE VIRUET, EDDIE MONTALVO, YOMO TORO, GILBERT ‘EL PULPO’ COLON, SEAN GRISSOM, AMALIA DSKALAKIS, PEDRO RINCON, LUIS MARKOVICH, CHARLIE SANTIAGO, ANTONIO HERNANDEZ, WILLIAM CEPEDA, GEORGE PADILLA, RICARDO RIVERA, DUAMED COLON, NOELIA CRUZ, YAMIL OTERO, SAM HOYT, EDWIN BADEA, DAVID OQUENDO, JUNIOR RIVERA

Additional Musicians

Trombone REYNALDO JORGE, OZZIE MELENDEZ; Trumpet RAUL AGRAZ; Timbales LUIS QUINTERO, MARC QUINONEZ; Piano SERGIO GEORGE; Cuatro YOMO TORO; Congas BOBBY ALLENDE; Bongo RAY COLON, Bass JOSEB TABARES, Coro MILTON JOSE TITO

The Tosca Strings

Violin LEIGH MOHONEY, Violin TRACY SEEGER, Viola AMES ASBELL, Cello SARA NELSON, Bass JESSICA GILLIAM-VALLS, Piano, Rhodes EDSEL GOMEZ, Baby Bass ANDY GONZALES, Violin ALFREDO DE LA FE, Vocals TITO ALLEN, Trumpet BRIAN LYNCH, Trombone JIMMY BOSCH, Saxophone RON BLAKE, Batas, Percussion PEDRO MARTINEZ, Percussion LUIS QUINTERO, Drums GENE LAKE, Rhodes RAYMOND ANGRY, Tres NELSON GONZALES

Bata Group

ROLANDO RAMOS, CARLOS SANCHEZ, STEVE BERRIOS, TEDDY HOLLIDAY II, MILTON CARDONA

Boogaloo Line Dancers / Salsa Dancers

HINTON BATTLE, MICHAEL FIELDER, AISHA KOSWARA, DAVID MARQUEZ, CANDY MENA, TITO ORTOS, LIZ RAMOS, GISELA RIVERA, CARLOS SIERRA LOPEZ, EDWIN RIVERA, GRIZELLE DELVALLE, BILLY FAJARDO, LORI ANN GREENHOUSE, FLAVIA TAMARA LIVOLSI, JONATHAN MEDERO, JERRY PEREZ, GILDRED RIBOT, KELVIN ROCHE, TAMARA ORTOS, DELILLE THOMAS

New York by Claude parte 1

Le recensioni de LaSalsaVive

New York by Claude

Eccomi qua!

Debbo dire che sto viaggio è stato proprio sofferto, a partire dal fatto che dovevo farlo un anno fa, poi a Natale, e infine se non lo facevo entro il 10 Giugno avrei perso il biglietto, che era gratis e quindi era un peccato.

Tutto ha tramato contro la mia partenza, come 12 ore prima di partire, che non mi ricordavo piu il codice del bancomat: son stato tutta la Domenica ad elaborare Matrici di 2° livello e Logaritmi per giocarmi con sicurezza il secondo tentativo di codice da non sbagliare… e ce l’ho fatta… ma che paura!

DAY ONE: LA LLEGADA A NUEVA YOLL!!!

Domenica sera passo la notte su una panchina di Linate (non mi fido a prendere un taxi alle 5 del mattino: e se poi non arriva? Mica viaggio per lavoro che se perdo il posto in business posso prender quello dopo!) e alle 5.30 chiedo al check in:

“Vero che per vedere Manhattan devo mettermi a sinistra?”

E la tipa: “Non… non saprei…”

Alle 6 per togliermi la curiosità chiedo al Finanziere: “Ma quant’è il massimo di cd che posso portarmi dall’estero?” Il tipo gentilmente prima sfoglia un libro poi per non farmi perder tempo mi porta altrettanto gentilmente dal Dirigente il quale sentenzia: “Massimo 170 €, oltre a quella cifra paghi almeno l’IVA, non sull’eccedenza ma su tutto” Chiedo: “E la Siae?” E lui: “Non ci interessa la Siae, noi solo dazio e IVA”.

Ridendo sotto i baffi (avevo stanziato 500 €, in seguito sforati a 770 $), mi imbarco alle 6.55 su un aereo pieno di persone in grigio che evidentemente alle 9 hanno il primo appuntamento di business a Parigi; io là in bermuda e sandali mi faccio invece un sabroso croissant da 2,30 € 😱 e mi sottopongo all’interrogatorio della addetta della Continental (al telefono mi avevano avvertito che quella compagnia faceva i “controlli interni”)

“Bonjour, lo zainetto ce l’ho qua, la valigia è già là” E lei (rifiutando il mio francese): “Quanti colli in totale?” Penso: “1+1=2” ma rispondo: “…. due!” Lei: “La borsa sull’aereo è chiusa?” Penso: “Ma c’ho la faccia di un cretino?” ma rispondo: “… sì!” Lei: “E’ stata chiusa da chi?” Penso: “Non ho piu la mamma che mi lava e stira” ma rispondo: “… da me!”

La tipa è un po’ adirata dello stupore dipinto sul mio volto al sentire simili domande, allora converto il mio atteggiamento in ludico e trasformo il terzo grado in un utile, fantastico esercizio grammaticale:

She: “Sir, Did anybody touch your luggage after your closure?

And me: “No Madame, nobody touched my luggage after my closure!

She: “Do you carry any weapons or anything that might be used as a weapon?

And me: “No, I don’t carry any weapons, nor anything that might be used as a weapon!

L’ultima è bellissima, sentite qua:

“Do you have any cellphone with you?”

E io (serisssssimo, e molto British): “Yes, ce l’ho appeso al collo!”

Infine: “That’s all, Sir, you may now proceed to check in: have a nice trip with Continental!”

Dico: “Thank you so much!” ma penso: “Fanculo te, la Continental e tutto l’11 Settembre!”

Chiedo al check in: “Vero che per vedere Manhattan devo mettermi a sinistra?”

E la tipa: “Non… non saprei…”

E io: “Vabbè va, mi fido della mia memoria, son quasi sicuro di averlo letto sulla guide Routard”

Cavolo, sull’ala m’ha messo quella scema!!! Ue, non si vedeva una mazza da quanto grande era quell’ala, sarà stato un 747 o similare!!!

Vibrate proteste verso lo steward e cambio di posto… vicino al gabinetto e tutto il suo vaiven di persone 👿

Tutto continuava a tramare contro il mio sofferto viaggio, e a sto punto mi domandavo cosa ancora doveva succedermi…

Dopo 8 ore di lettura del libro di Rondón per cercare di capire cosa prendere tra le cose che non conoscevo, compilo un simpatico questionario verdino dell’Immigration:

Rispondere SI’ oppure in alternativa rispondere NO:

A: Avete forse voi una malattia contagiosa, problemi mentali, fisici, soffrite di tossicodipendenza o forse fate uso di stupefacenti?

Penso: “Questi vogliono che io risponda NO”

B: Entrate forse voi negli Stati Uniti con l’intenzione di lasciarvi andare ad attività criminali o immorali?

Penso: “Questi vogliono che io risponda NO”

C: Avete forse voi perpetrato, tra il 1933 e il 1945, dei genocidi in nome e per conto della Germania Nazista o di qualche suo Alleato?

D: …. (e via con amenità similari)

La bottomline è semplicemente fantastica:

“Se per caso avete risposto NO ad una o piu di queste simpatiche domande, prego contattate il piu vicino ufficio dell’Immigrazione, perché POTRESTE avere qualche problemuccio nell’ottenere il visto d’entrata. 😆😆😆😆😆😆
Dopo aver visto – giustamente – Manhattan alla mia sinistra, atterro a Newark a mezzogiorno e alle 13 circa sono già nella mitica West 110th street a cercare l’hotel del Black Harlem da mezza stella dove 3 anni fa un noto ballerino savonese alloggiò per 30 $ durante i suoi studi da Eddie Torres…

E’ lì, appena uscito dal metrò, il Park View Hotel, e ora ne capisco il nome: è proprio davanti al limite nord del Central Park; mi ci addentro notando, invero, un po’ di tipi strani, ma non ci faccio caso, cosa pretendo io da un posto da 30 $?

Arrivo bello fresco con il mio trolley da turista davanti al portiere il quale mi sentenzia: “This is a shelter” E io: “What?” E lui “A shelter, a HOMELESS shelter”.

Cavolo, non era piu un albergo, ora c’avevano messo dentro i barboni!

Gli chiedo: “Ma in questa area, conosce mica un alberghino senza pretese, tipo quello che poteva essere questo, ai tempi dei suoi massimi splendori?”

E lui: “No man…. NOT IN THIS AREA” 😱😱😱
Quel “not in this area” non era mica bello da sentire! Voglio dire, con tutto quel parlare secondo cui la borghesia bianca starebbe conquistando sempre piu Harlem a suon di nuovi condomini a prezzi piu bassi di Manhattan, che fine aveva fatto?

Persino Clinton ha messo qui i suoi uffici, l’ho letto sulla Guide Routard!

Tutto trama contro il mio viaggio, ma mi faccio coraggio e lungo la Lenox Avenue, facendomi spazio tra negre enormi e ragazzi atletici dai pantaloni enormi percorro 15 strade north per arrivare alla frequentatissima West 125th street piena di banche, Mac Donald’s e chiese dalle confessioni piu disparate, per cercare l’altro hotel dello Spanish Harlem suggeritomi dal noto ballerino savonese.

La strada è proprio bella, c’è un casino incredibile, vendono di tutto, è proprio uno dei centri commerciali di Harlem, riesco persino a vedere qualche viso pallido come il mio, quando a un certo punto mi imbatto in un uomo che vende cose buttate sul marciapiede.

“Quanto vengono sti vinili? Conjunto Quisqueya, Luis Perico Ortiz, Ruben Blades…”

E lui: “Two Dàlars each”

Penso: “Minkia!!!” ma rispondo molto freddo “Mo vado a posare la borsa EN CASA ‘E MI HERMANO e poi torno da te, sai com’è, ARRIVO ORA DA PONCE”

Mi fa: “Bueno, ‘ta luego”

Salgo le scale del Washington Hotel e un barbone da dietro mi fa: “It’s a shelter” e io: “Bè… grazie per avermi risparmiato le scale!”

Tutto continua a tramare contro di me e a sto punto mi rimane solo di tornar south nella West 122nd per dormire a 20 $… ma in compagnia di altri dato che trattasi di ostello.

Che pero, mi dicono, è chiuso temporaneamente causa incidente occorso al proprietario.

LO SCENARIO DEL QUARTIERE DEL CLAUDE: LA LENOX AVENUE

Mi gioco l’ultima carta, invero un po’ costosa (per un single): telefono a Gisele, la trovo (è bianca! Siamo in due!), mi mostra la house in 134 West 119th che affitta a camere e prendo una doppia (son tutte doppie) a 55 $ a notte.

Mi rode perdere due CD a notte, ma per fortuna c’è la cucina, e con 11 $ faccio una spesa che mi eviterà di spender soldi in cene (e tasse, e mance), minimizzando cosi i costi e massimizzando il numero di CD da comprare.

La tipa mi fa una pezza enorme: dice in continuazione che New York è una fantastica città e infine racconta che ha rischiato di morire in un incidente, e capisco così che è lei stessa la proprietaria dell’ostello!

LA MIA CASETTA DA TELEFILM AMERICANO

La pago, mi faccio una doccia, mi preparo cena e poi vado a riposarmi un attimo pensando: “Cavolo, ma come fanno gli Americani ad andare a ballare alle 5PM???”

Mi sveglio e dico: “Ma è l’alba o il tramonto?” Per fortuna è il tramonto, e arrivo per tempo al Taj (si pronuncia Tash ma con la sh dolce, come l’inizio di Jean Claude) dove trovo all’entrata il buon Henry Knowles che si fuma una sigaretta (non è vero che gli Americani non fumano!).

“You are gonna have fun, welcome to Taj!”

Con 8 $ entro in un bar molto carino (se arrivavo tra le 5 e le 7 PM entravo gratis [e mi pagavo mezzo CD]), dove su un parquet bellissimo la gente – vestita da “lavoro” – balla sulla selezione di un dj che non è Knowles ma che si destreggia benissimo.

Tutta salsa classica alternata a romantica, con una scelta dei brani di tipo (mi spiegheranno in seguito) “lounge”, ossia non aggressivo; il tipo non mixa e unisce la fine di una canzone tronca con l’inizio di un’altra splendidamente, la pista peraltro riconosce i finali, svuota e si riempie di nuovo a fisarmonica proprio come succede in tutti i locali di Milano dove non si mixa (come quello in cui lavoro io).

Alla faccia di chi ritiene necessari i mix, tiè!!!

Ballan tutti New York Style (non ne dubitavo!), son tutti belli rotondi e voltuosi, ma lo fanno sia sull’uno che sul due (e questo un po’ mi sorprende, ma non mi turba certo).

La Timba qui non esiste (per quella ci son serate apposite indicate in Justsalsa.com) e la bachata è limitatissima, cosi come lo è il merengue; il reggaeton non viene messo, perlomeno non fino a mezzanotte quando decido di andarmene senza neanche aver fatto un ballo da quanto stanco ero: in fondo, ero uscito solo per rendermi conto del tipo di serata.

LA SERATA DI DJ HENRY KNOWLES AL TAJ LOUNGE, DI LUNEDI

Il metrò è una figata: dalla West 23rd street alla West 116th con la linea rossa 2 o 3 in meno di mezzora arrivo, e da lì in due minuti sono a baita.

http://www.mta.nyc.ny.us/nyct/maps/submap.htm

Figo sto metro, neh? Altro che Sesto Marelli!

La mia è una location troppo strategica, anche perché il giorno dopo con 5 minuti di bus o – in caso di sole – 10 minuti a piedi east, arrivo nello Spanish (=East) Harlem per visitare i due piu soddisfacenti negozi di musica latina…

By Claude

Intervista a Israel “Cachao” Lopez

Intervista a

Israel “Cachao” Lopez

Intervista a cura di Claude dj e Olivier Bosia (R.T.S.I), domande di Tommy Salsero, foto di Daikil


Israel Cachao Lopez

Clicca sul tasto “play” per ascoltare l’intervista

Milano 12 Agosto 2007

Grazie Maestro da parte de Lasalsavive.org , il sito italiano che si occupa delle orchestre di musica afro-caraibica del passato; la prima domanda è: quando nacque il primo Danzon-Mambo?

Nel 1937. In seguito si suonò il Mambo da solo, senza Danzon, così rapido che la gente faceva fatica a ballare, quindi si passò al Son-Mambo. Poi, nel 1957, iniziai con la Descarga; ma il mio esordio musicale fu nel 1926 all’età di 8 anni, insieme a mio fratello Orestes.

Possiamo considerare il Mambo di Pérez Prado come un genere musicale a sé stante rispetto al Danzon-Mambo?

No. Ma di lui bisogna riconoscere che lo divulgò nel mondo; io e lui eravamo in ottimi rapporti tanto che quando si ritrovò in tournée a Madrid col contrabbasista malato chiese: “Quali musicisti cubani ci sono in città?” risposero “Cachao!” e lui: “Chiamiamolo subito!” ed io “Dámaso, ottimo!” e lavorammo per circa due settimane a Radio Madrid.

Maestro quanti tipi di Mambo conosce e quali sono le differenze?

Sarebbe molto lungo da spiegare a cominciare dal fatto che la parola stessa significa “Storia” perché gli Africani addormentavano i propri bambini con dei canti chiamati appunto “Mambo”. E inizialmente non c’era nemmeno relazione col ballo, il quale fu creato in seguito nel 1940 quando iniziarono “Las Mamboletas” che erano balli di coreografia, perchè il “Mambo” in realtà a livello sociale non si può ballare nei saloni, è una cosa speciale, e ai tempi la gente semplicemente lo ballava come il Danzon.

Israel Cachao Lopez durante il concerto al festival Latinoamericando

Cosa pensa di Arsenio Rodríguez e del suo Ritmo Diablo?

Mi piace molto perché quando di una tromba si dice che è “Diabla” vuol dire che ha delle sonorità roboanti e quindi simili al Mambo! Come vedete, il Mambo fu un’epidemia che contagiò tutto e tutti…

Da chi e quando fu introdotta la tumbadora nella musica popolare cubana?

Arsenio Rodríguez, 1940, suonata da suo fratello.
A questo punto l’intervistatore della Radio Televisione Svizzera (che alternava le sue domande alle mie) affronta un tema che avevamo intenzione di lasciare alla Chica, pertanto la riportiamo:

Olivier Bosia aka “El Flaco” (R.T.S.I.):Veniamo ai giorni nostri e magari al futuro, si dice che l’America Latina stia perdendo le proprie radici musicali a favore di uno stile più “nordamericano”.

La gioventù odierna va rispettata, così con il suo Reggaeton… che è una cosa – a ben vedere – creata nel 1926 dal Sexteto Habanero, in cui Agustín Gutierrez pregava nel brano Criolla Carabalí, questa era una preghiera Yoruba e veniva fatta in lingua lucumí, in pratica parlava sulla musica. Questo fu il primo Reggaeton che si sentì! Tutto il resto venne dopo!
Ritorniamo alle domande realizzate da Dudu…

L’ultima domanda, quali sono le orchestre del passato che preferisce, sia in Cuba che a New York?

Uh, sono tantissime, a cominciare dalle mie, e solo io suonai in 240 formazioni! Dopo Cuba lavorai in Spagna con la Sabor Cubano di Ernesto Duarte e poi a New York con Tito Puente, Tito Rodríguez, Machito, Rosario, Joe Quijano… con tantissime orchestre. Ma la prima con cui lavorai a New York fu quella di Charlie Palmieri, poi Pacheco, poi tutti gli altri: il mio periodo americano iniziò nel 1964 (ndr: quando abbandonò Cuba).

Bene, Maestro le chiediamo un saluto a Lasalsavive.

Saluto Lasalsavive e aggiungo che io amo sempre mettermi a disposizione della stampa… pensate che se non vedo giornalisti io non voglio iniziare il concerto!

Grazie Maestro per la sua disponibilità
Un ringraziamento speciale al cordiale addetto dell’Ufficio Stampa di Latinoamericando e al collega svizzero “El Flaco” per il suo prezioso aiuto.

Clicca qui per vedere uno spezzone del concerto di Israel “Cachao” Lopez