Articolo tratto da “El Manisero- Revista de la Musica Latina” numero 0 – ottobre 1993
Ventisei anni fa, nel 1967, Ralph Mercado attaccava da solo, per le strade di New York, i manifesti che annunciavano i concerti di alcune orchestre latine che, più tardi, si convertirono in “Estrellas de Fania”.
Nel suo lavoro di propaganda lo aiutava una galiziana, Dolores Santos, la stessa che lo scorso 22 luglio ci fece da anfitriona, nella sua casa di Cullera (Valencia), per un incontro di 5 ore con il manager mondiale della Salsa.
Attualmente Ralph Mercado è il capo di una Holding di imprese mondiali che si dedicano alla Salsa e a tutti i suoi ingredienti: concerti, edizioni discografiche, festival internazionali, videoclips, films, promozioni, ecc. E’ socio di Jerry Masucci per “Las Estrellas de Fania”; è proprietario di RMM records & video Corp., un’organizzazione con studi propri e Joint Venture in America Latina, Europa e Giappone; i suoi marchi discografici: RMM Records, Soho latino, Tropijazz e Sonero Records si trovano in tutto il mondo e gli artisti del suo catalogo superano la cinquantina tra i quali i famosi Celia Cruz, Tito Puente, Oscar D’Leon, Cheo Feliciano e i nuovissimi come Giovanni Hidalgo, Tony Vega, La India, ecc.
Tutto questo spettro industriale, commerciale e musicale fa sì che Ralph Mercado sia, in questo momento, il padrone e signore del mondo della Salsa o, come dice il titolo, “el todopoderoso”, l’onnipotente. Dalla nostra lunga conversazione estrapoliamo per i lettori alcune notizie interessanti.
Cenni storici
D: Si inizia a conoscerti alla fine degli anni ’60 con la creazione delle “Estrellas de Fania”, come furono gli inizi?
R: Fu molto semplice. Da sempre c’erano le “estrellas”, negli anni ’60 c’era la “Alegre All star”, la “People all Star” e allora nacque l’idea, assieme a Jerry Masucci, di creare la Fania All Star con la gente nuova. Il primo disco fu realizzato nel 1968, però il successo della Salsa nacque con gli artisti che erano presenti allo storico concerto del Cheetah nel 1971, da lì nacque il meglio e continuiamo a godere con quelle canzoni. L’invenzione non fu niente male.
D: E Johnny Pacheco che faceva all’epoca?
R: Johnny era socio di Jerry ed era il direttore musicale della Fania. Anche se molte persone non lo sanno, Johnny è una persona molto importante nel movimento della Salsa. Lui scriveva molti pezzi, è un eccellente compositore. Io credo che senza di lui la Fania non sarebbe esistita. Jerry era il negoziatore, adesso conosce un pò la musica , però Pacheco era il musicista, quello che permise tutto ciò.
D: Ne sono successe di cose da allora, no?
R: Immaginati! Vedi una delle cose migliori che ho fatto nella mia carriera è quella di essermi infilato nell’affare dei video, perchè con i dischi non puoi creare molte cose ma con i video si. Io ho visto molti shows nella mia vita che non sono stati mai documentati, gente che oggi non c’è più come La Lupe, Hector Lavoe, facemmo degli shows favolosi e non abbiamo niente che li ricordi. Adesso filmiamo tutto quello che facciamo e cerchiamo di documentarlo. E’ STORIA!
D: La morte di Lavoe dovette essere molto sentita, no?
R: A New York fu una cosa incredibile, migliaia di persone lo piansero. Io ebbi a che fare con lui per otto anni, nella sua epoca d’oro, fu sempre molto problematico però era quello più amato dalla gente.
D: Hector soffrì molto ed ebbe molti problemi con le droghe.
R: Si. Circa da quattro anni si era ritirato. Lui ebbe sempre molti problemi personali però il peggio avvenne nel giugno del 1989, stavamo preparando uno spettacolo nel mio studio con un promoter di Portorico, mettemmo insieme non so quanti gruppi, però lo show fu sospeso perchè il promoter non pagò, io licenziai tutti e Hector si presentò al Coliseum, lui voleva cantare al suo pubblico e lì non c’era nessuno, era vuoto. Questo lo depresse molto e il giorno dopo si buttò giù dal nono piano di un hotel di Portorico. E’ un peccato che un tipo con tanto talento vivesse la vita come la visse lui.
D: Hector faceva Perez di cognome, chi gli mise Lavoe?
R: Si, lui si chiamava Hector Perez, però quando aveva 13 o 14 anni un amico mio, Arturo Franquis, gli mise “la voz” e tu già sai come parliamo noi latini, no? Allora la voz si convertì in Lavoe.
La sorpresa Giapponese
D: Tu lanciasti al successo l’ “Orquestra de la luz”, come cominciò la storia della salsa giapponese?
R: La storia vera è la seguente: il signor Richie Milier, che lavorava per me, venne un giorno nell’anno ’88-’89 e mi porta il video di una banda giapponese, io già avevo ascoltato qualcosa però avevo già tanti problemi e non c’era bisogno di un problema con dei giapponesi che suonano Salsa. Non gli prestai attenzione però lui continuava a martellarmi con i giapponesi ebbene li misi in un festival, però non nello show principale. Li misi di giovedì al Palladium, loro si pagarono il viaggio a New York e il resto, io gli detti mille dollari, per pagargli qualcosa e allora quella notte li feci suonare e io non potevo immaginare una cosa così, cominciarono a suonare un pezzo di Celia Cruz, e un altro e… alla fine, le 3000 e rotte persone che c’erano impazzivano e si divertivano, non avevo visto mai un pubblico così.
D: In quel momento decidesti di tenerteli?
R: Potevo far si che il gruppo lavorasse per me in tutto il mondo però non mi interessava, troppo rischioso, non si sa mai se un gruppo vende più di tre dischi. Allora feci l’affare con la BMG, loro firmarono con BMG, però io avevo l’esclusiva di tutti i paesi latini nel mondo. Avevo la licenza per tre anni.
D: Adesso non appartengono più alla tua orbita, che è successo?
R: Quelli erano fenomeni e continuarono per la loro strada. Sono dei musicisti incredibili, molto preparati, li posso comparare a qualsiasi musicista latino, però nella vendita di dischi scesero molto. Io credo che il primo impatto fu il più forte, la novità, però ciascun nuovo disco che facevamo scendeva nelle vendite un pò di più. Ho deciso di cercare altri fenomeni.
La rinnovazione salsera
D: Però c’è carenza nell’ambiente.
R: Oddio, c’è un movimento molto giovane nella Salsa che ancora non si conosce. Io sono molto entusiasta con il nuovo ragazzo che abbiamo, Marc Anthony, che ha appena vinto il suo primo disco d’oro con l’LP “Otra nota” registrato con il mio marchio Soho Latino. E anche La India è una cosa fresca per noi come pure Tony Vega, Gilberto Santa Rosa, un ragazzo cubano chiamato Ray Ruiz e un altro peruviano che si chiama Antonio Cartagena. Poi ci sono dei gruppi colombiani che stanno facendo molto scalpore, il Grupo Niche, Guayacàn, Joe Arroyo e un ragazzo che si chiama Checo Acosta. E tra tutti io personalmente metterei in risalto Giovanni Hidalgo che è in questo momento il più grande “tumbador” del mondo.
D: Che pensi della musica cubana attuale, quella che si fa sull’isola?
R: Quello che viene da Cuba è sempre interessante. Quello che si produce a Cuba me l’hanno proposto varie volte, però in verità io, data la situazione nella quale verso, non posso produrlo nonostante sia manager di Celia Cruz e suo rappresentante da molti anni… però negli Stati Uniti non si ascolta molto la musica cubana attuale, io credo che si ascolti di più in Europa.
D: Secondo tutte le previsioni, Cuba si avvicina ad un’apertura. Credi che questo influirà sulla movida salsera internazionale?
R: Si io credo che sarà una cosa molto interessante il giorno nel quale si aprirà si avranno molti cambiamenti nella musica in generale. La musica di Cuba influisce sempre perchè la Salsa è musica cubana con un pò di influenza portoricana e newyorkese. Però ogni paese ha il suo stile, e i musicisti hanno un proprio punto di vista, ci sono tipi ai quali piacciono le cose tipiche e ad altri quelle moderne, l’armonia dei ritmi, le percussioni, le cose adesso sono molto differenti.
Salsa Monga
D: Nell’orizzonte della rinnovazione salsera uno dei fenomeni più discussi è stato quello della Salsa erotica. Come vedi tu questa questione?
R: Questa cosa fu introdotta da Louie Ramirez con Ray de la Paz nell’anno ’80 quando fecero un gruppo che si chiamava “Noche caliente” e registrarono dei pezzi di boleros e baladas. Nel 1986 arrivarono Lalo Rodriguez, Eddie Santiago e tutto il movimento… noi lo chiamavamo Salsa monga (ride).
D: Perchè monga?
R: Bene, perchè era più lenta e alla fine non succede nulla!
D: Però questa salsa è andata forte in tutto il mondo.
R: Certo che si. Vedi, la salsa romantica aiutò molto il mercato perchè le donne cominciarono a comprare dischi, cosa che prima facevano solo gli uomini, questo è molto importante e bisogna tenerne conto. Fece sì anche che la gioventù si avvicinasse alla nostra musica.
D: Comunque dopo “Devorame otra vez” non continuò il fenomeno.
R: Noi in quest’affare vendiamo dischi e il successo di Lalo Rodriguez con “Devorame otra vez” fu enorme e veloce, quello che accadde dopo fu che l’artista non potè difendere il suo successo. Quel pezzo fu il primo che vendette in Spagna più di centomila copie, poi lo prese Azucar Moreno e ne approfittò. Fu un successo impressionante però la gente vuole una musica più aggressiva, con più feeling.
D: Qual è la situazione attuale del mercato della Salsa?
R: Io credo che New York e Portorico siano il baluardo della Salsa tanto per le vendite che per i concerti e gli artisti, anche se altre città come Miami e Chicago si muovono in questa direzione, il pezzo forte restano New York e Portorico. Adesso anche la Colombia è un mercato molto vantaggioso, il Messico si sta aprendo e noi, per la prima volta, iniziamo a fare dischi in Brasile.
D: Che succede in Brasile con la salsa?
R: Portai Celia 6 anni fa a San Paolo. Facemmo un concerto, carino, però niente di commerciale. Adesso quello che voglio è registrare dei dischi in portoghese, uno di Celia con Chico Buarque e un altro di Oscar D’Leon con una donna della quale non ricordo il nome. L’idea è di fare pezzi brasiliani a tempo di salsa. Mal che vada lo registriamo in spagnolo, però cerchiamo un altro swing.
D: Bene Ralph, per finire, ci piacerebbe sapere qual è il tuo artista preferito o il disco che porteresti con te in un’isola deserta.
R: (risate nervose) Me lo rendi difficile, fratello. Vedi, io ho trascorso molti anni con Celia e non so cosa possa accadere il giorno che non la porti con me. Però, nonostante tutto, c’è un musicista che per me è fondamentale, mi riferisco al maestro Machito, ti parlo di quello che rappresentò Machito nella mia giovinezza, quando suonava nel Palladium, la Casa del Mambo, che stava in Broadway con la 53esima. Io sono sempre stato un fan di Machito, quando ero ragazzo, avevo 13 o 14 anni, avevo tre dollari e l’entrata costava 1,95 e 40 centesimi la birra. Avevo mezzo baffo e mi preparavo tutta la settimana per andare il venerdì ad ascoltare e divertirmi con Machito.
Esiste la Fortuna? Esiste il Destino?
La Guerrera – da vera materialista – giura di no, anche se tutto concorre a farle credere che un dio dispettoso stia complottando contro di lei.
In una Bologna notturna viene compiuto un omicidio: la vittima è stata derubata e uccisa con una modalità inusuale al giorno d’oggi: avvelenamento da cloroformio.
L’ispettore Basilica capisce che la responsabilità è da collegarsi a una baby gang di latinos e italiani e subito coinvolge La Guerrera in questa terza avventura come consulente speciale in grado di addentrarlo nella contraddittoria comunità ispano-americana. Un nuovo omicidio si lega al primo attraverso il cloroformio e le indagini si intersecano. La Guerrera sonda negli ambienti salseri della città e si avvale della preparazione scientifica – sta completando la tesi per laurearsi in criminologia – e delle doti intuitive, nonché delle frequentazioni “speciali”, quale il cubano con cui ha intessuto una relazione. Nel frattempo prosegue la sua rincorsa spasmodica alla ricerca di un’occupazione, a dimostrazione che il precariato è stigmate profonda del nostro tempo e non spiacevole moda passeggera. Mentre Catalina mescola i suoi tarocchi e la Commedia di Dante ritorna all’occorrenza, tra sigarette, bottiglie di rum e patatine, La Guerrera affronta la vita come è abituata: combatte in capoeira e combatte in jeans, si ostina, casca, si rialza, cerca rifiugio nei sensi, persegue un ideale personale di giustizia che cozza col mondo buio che la circonda. Turbata dalla tensione con l’ispettore Basilica – che vedrà un’inaspettata evoluzione -, deve risolvere diverse questioni, tra cui una del passato legata alla prozia che l’ha allevata in maniera anaffettiva e rigida. La sfortuna è uno dei temi conduttori del romanzo, la Mala Suerte personificata, la sua affermazione, il suo valore cartomantico, quello scaramantico. La sua potenza ma anche la sua negazione e chissà se alla fine l’ombra che aleggia cupa si dissolverà o inghiottirà qualcuno…
Marilù Oliva
Vive a Bologna. Insegna lettere alle superiori e scrive. Ha pubblicato racconti per il web e testi di saggistica, l’ultimo è uno studio sulle correlazioni tra la vita e le opere del Nobel colombiano Gabriel García Márquez: Cent’anni di Márquez. Cent’anni di mondo (CLUEB, 2010). Collabora con diverse riviste letterarie, tra cui Carmilla, Thriller Magazine, Sugarpulp.
Mala Suerte completa la trilogia salsera di Marilù Oliva, dopo ¡Tú la pagarás! (Elliot 2011), finalista al Premio Scerbanenco, e Fuego (Elliot 2011).
Dopo 30 anni di assenza dai palcoscenici internazionali, la formazione stellare della Puerto Rico All Stars si è riunita per iniziare una nuova serie di concerti in America Latina, Stati Uniti ed Europa, che segneranno un nuovo capitolo nella sua storia.
Formata da 24 musicisti di famose orchestre come Fania All Stars, La Orquesta de Eddie Palmieri, El Gran Combo de Puerto Rico e La Sonora Ponceña, la Puerto Rico All Stars è la formazione delle stelle della salsa portoricana. Il primo concerto si è tenuto in Messico dove sono stati presentati i nuovi integranti della SUPER orchestra.
Papo Lucca: “La Puerto Rico All Stars è un’organizzazione che ha molte difficoltà a riunirsi, a causa degli impegni che ognuno dei suoi componenti ha con i propri progetti, però c’è sempre la massima volontà di presentarci affinchè il pubblico possa apprezzare il nostro ritorno così come noi stessi lo abbiamo voluto”.
Fra i grandi nomi che compongono questa orchestre di stelle, Louis García dirige la Puerto Rico All Stars, mentre Papo Lucca è al piano e Paquito Guzmán, Domingo Quiñones, Luigi Texidor, Frankie Vázquez, Pedro Brull, Luisito Carrión, Deddie Romero e Darvel García sono le voci.
Gli album della “Puerto Rico All Stars”, “Los Profesionales” e “Homenaje al Mesías” sono stati lanciati fra il 1977 e il 1979. Il quarto dico, “De Regreso“, ha visto la luce nel 1996.
Come potete immaginare, questa nostra lunga vacanza è stata molto interessante, perché ci ha dato modo non solo di conoscere l’attuale situazione salsera di New York e Puerto Rico, sia per quanto riguarda la musica che il ballo, ma ci ha permesso di intraprendere un viaggio approfondito attraverso le sue diverse anime.
La cosa positiva è che oggi nella “Isla del encanto”, passata la sbornia del reggaetton, c’è un “rinascere della salsa” che però ha evidenziato più che mai l’esistenza di tre linee divergenti, ovvero tre modi di esprimersi e di interpretare, completamente differenti:
“La salsa de la calle” (chiamata anche “salsa de pueblo”, “salsa cocola” o “salsa spontanea”)
“La salsa de academia” (detta anche “salsa de salon”)
“La salsa show”
La cosa interessante è che mentre le ultime due hanno tra di loro qualche collegamento, la prima vive assolutamente di luce propria.
Per capire questo fenomeno bisogna partire dal fatto che essendo la salsa parte della cultura di questo popolo, essa non si apprende generalmente in una scuola di ballo. Molti imparano a ballare per imitazione, altri nell’ambito familiare, altri ancora in maniera spontanea, dando libero sfogo alla propria creatività (col risultato di vedere raramente due ballerini che ballano alla stessa maniera).
Questo tipo di ballerini, chiamati anche “cocolos” sono quelli che frequentano le feste patronali, oppure locali (per noi assolutamente alternativi) come “El Balcon del Zumbador”, “El Barril de Jun” o “La Placita de los Salseros” di Santurce (un quartiere proletario di San Juan).
La cosa che colpisce di questi “cocolos” è che loro sono lontanissimi da quello che succede nelle altre realtà e se ne disinteressano completamente. Ovvero un ballerino di “salsa spontanea” non lo vedrai certamente mai ad un Congresso di Salsa e negli anni continuerà a ballare sempre allo stesso modo (che è l’unico che conosce), infischiandosene completamente della “evoluzione” che i grandi ballerini stanno dando nel frattempo alla salsa.
Quella che si è modificata nel tempo è sicuramente la “salsa de academia o de salon” anche perché nel frattempo a Puerto Rico le accademie di ballo sono aumentate in maniera impressionante.
La cosa curiosa è che in queste accademie, a differenza del passato, oltre a dare maggiore attenzione alle figure, si insegna a ballare sia sull’uno che sul due, proprio per facilitare la diffusione della salsa anche tra le nuove generazioni, che stanno a poco a poco riscoprendo il fascino del ballo di coppia.
Quella che invece sta andando proprio per una sua strada è la “salsa da show” che ha subito una evoluzione (o se preferite una involuzione) che nella stessa Puerto Rico è molto criticata, soprattutto dagli esponenti della vecchia guardia.
Mentre una volta la salsa portoricana si distingueva per il suo sabor e per la quasi assenza di figure o acrobazie, oggi le nuove generazioni tendono a spettacolarizzare il tutto, imitando di fatto alcune tendenze provenienti dall’estero.
Questo fenomeno succede perché l’obbiettivo di questi giovani ballerini è quello di esibirsi al Congresso Mondiale della Salsa oppure di vincere il Salsa Open, la gara di ballo che si svolge ogni anno nell’ambito dello stesso Congresso (dove a vincere, piaccia o non piaccia, sono ormai quelli che fanno più acrobazie).
La cosa negativa è che questi ballerini dediti allo spettacolo, ormai non frequentano più le sale da ballo portoricane, che non sono certamente adatte alle loro evoluzioni, e quindi rimangono completamente avulsi dalla realtà locale.
Voglio dire che se una volta tu andavi a Puerto Rico ed in una stessa serata ti poteva capitare di incontrare in un locale come il “Tropico” i più bravi ballerini portoricani dell’epoca (in un vero e proprio festival di sabor che ti lasciava a bocca aperta), oggi questi ballerini di talento (molti nei quali, nel frattempo, trasformatosi in vere e proprie stelle) difficilmente li vedrai in qualche semplice pista da ballo…
I locali oggi sono frequentati da persone assolutamente normali, che però in positivo ti fanno capire come ci si possa esprimere in maniera più semplice, meno agitata, senza però perdere il tipico sabor boricua.
Ma, a ben vedere, è proprio questa la lezione più grande che ti può regalare un viaggio del genere.
Può aiutarti, in quel contesto genuino, a liberarti dal superfluo per esprimere solo l’essenziale, soprattutto se accompagnato da una bella orchestra che suona dal vivo (cosa che da queste parti per fortuna succede regolarmente).
La cosa più interessante è che quest’anno sono riuscito a documentare il tutto e presto metterò in rete tutti i miei filmati, così voi per primi potrete meglio capire ed apprezzare ciò che succede attualmente a Puerto Rico.
Mi auguro che proprio questi filmati vi aiuteranno ad oltrepassare gli stereotipi, i pregiudizi o quelle cattive informazioni che ci sono oggi sulla salsa a sabor boricua, da alcuni erroneamente chiamata “salsa in linea”, come se la linea (e non altro) fosse la principale caratteristica di questo stile.
Stile che, non dimenticherò mai di sottolinealo, non è assolutamente univoco e che nella madre patria si distingue al contrario (ed è questo in particolare il suo fascino) per la sua enorme varietà espressiva…
28 agosto 2012
Puerto Rico 39° ed ultimo giorno: oggi siamo stati a pregare sulla tomba dell’indimenticabile maestro boricua Miguel Matos Chevere, in arte Papito Jala Jala, che è sepolto a Cupey nel cimitero Senioral.
Prima di lasciare l’isola non potevo fare a meno di dare un ultimo saluto ad una persona che è stata capace di farmi innamorare così tanto della salsa, al punto da imprimere un indirizzo così diverso alla mia traiettoria artistica ed umana…
Da Cupey abbiamo proseguito per Santurce, dove siamo stati alla Cattedrale della Musica Latina, ovvero un meraviglioso negozio di dischi, di proprietà di Rafael Viera Figueroa, un monumento vivente della salsa qui a Puerto Rico.
Il suo negozio è un vero e proprio museo della salsa e ci passano spesso personaggi famosissimi. L’ultima volta che c’ero stato, qualche settimana prima, avevo addirittura incontrato il mitico Cheo Feliciano, anche se non avendo dietro la macchina fotografica non sono riuscito ad immortalare l’incontro.
Stavolta mi sono portato dietro anche il mio ultimo libro “La Salsa sulla rotta Puerto Rico-New York” con l’intenzione di mostraglielo a Viera. Ne è rimasto talmente impressionato che me lo voleva comprare.
“Non sia mai!” -gli ho detto- “Glielo regalo volentieri in attesa di approntare per il futuro una versione in spagnolo”.
Dopo qualche foto di rito, mi sono messo alla ricerca di diversi preziosi cd in grado di arricchire la mia già consistente collezione di musica portoricana. Mi interessava più che altro trovare pezzi appartenenti al folklore portoricano anche perché assolutamente introvabili da noi in Italia. Spulciando tra il suo nutritissimo catalogo ho trovato parecchie cose interessanti: le danze originali di Rafael Alers, il seis di Ramito, Tony Croatto e Chuito, delle compilations dedicate all’aguinaldo ed ai vari tipi di seis, poi diversi cd di plena sia quella rurale che quella da salon, un rarissimo cd di Ismael Rivera con la Orquesta Panamericana, alcuni classici del bolero e naturalmente qualche buon cd di bomba.
Purtroppo, oggi come oggi, molti vecchi cd di salsa sono introvabili, così come tanti vinili. L’amico Tito Tassinari mi aveva, ad esempio chiesto, di trovargli alcuni cd in particolare di Cheo Feliciano e Roberto Roena, ma purtroppo le case discografiche ormai non li ristampano più.
Materiale in negozio ce n’è ancora tantissimo (anche a livello di strumenti musicali, libri,vinili, video e poster di salsa) ma molte produzioni sono ormai fuori catalogo e bisogna prendere al volo quello che si trova sul momento…
Bellissimo in ogni caso il nuovo disco inciso a duo da Cheo Feliciano e Rubén Blades!
Dopo esserci scambiati un caloroso saluto, siamo stati a comprare gli ultimi regalini e poi a dare un ultimo abbraccio alla nostra carissima amica e maestra Janet Orta che spero in futuro di riportare in Italia.
Naturalmente non potevamo che chiudere in bellezza la nostra ultima serata portoricana in un locale di salsa: il Red Line, un disco bar ultimamente molto frequentato dai giovani portoricani…
Ciao Puerto Rico! Credo che ci rivedremo molto presto e che avrò ancora molto da dire e da raccontare su di te e sulle mille emozioni che ci hai fatto provare durante questa nostra straordinaria vacanza boricua…
26 agosto 2012
Puerto Rico, 37° giorno: una ottima opportunità per chi va in vacanza nella Isla del Encanto (e magari ha qualche giorno in più di ferie) è quella di regalarsi una settimana di crociera nei Caraibi. Costa davvero poco, appena 550 euro (tutto compreso) e ti da la possibilità di vedere in una settimana alcune tra le più belle isole del Caribe.
Noi, chiaramente, abbiamo colto al volo questa occasione ed abbiamo così festeggiato in maniera molto romantica il nostro primo anniversario di matrimoni, salpando sulla Carnival Victory in direzione di San Thomas, Barbados, Santa Lucia, San Kitts, San Martin e di nuovo a San Juan.
Al di là della bellezza e della diversità (anche dal punto di vista sociale) dei posti visitati e della tante comodità che offriva la nave, la cosa positiva è che a bordo c’era anche un’orchestra latina, Toda la Banda, che suonava anche parecchi pezzi di salsa per la gioia dei molti portoricani presenti a bordo…
Ritornati a San Juan, la nostra voglia di salsa non era però affatto sopita e così ne abbiamo approfittato per tornare, insieme alla nostra cara amica Janet Orta, al Balcon del Zumbador, per poi finire la nostra maratona salsera al Barril de Jun.
Questa domenica al Balcon del Zumbador abbiamo trovato l’orchestra Son de Aqui, che ci ha deliziato con alcuni classici della musica portoricana, e ancora una volta l’orchestra di Cachete Maldonado con un repertorio molto rumbero. Ambiente come sempre molto cocolo, con la possibilità di fare gratis una vera e propria sauna, anche se l’emozione di ballare in questo locale rimane davvero unica…
Alle 19, dopo ben quattro ore di musica, ci siamo trasferiti al Barril de Jun dove abbiamo avuto la bella sorpresa di incontrare gli amici Felipe Polanco (accompagnato dalle sorelle) e Mirko Stefio (anche lui in vacanza a Puerto Rico) in compagnia della boricua Francis Nieves, sua attuale partner di ballo e di vita.
La serata prometteva davvero bene, anche per la presenza di una ottima orchestra, Seis del Barrio, e per la contemporanea presenza sul palco di due grandi soneri locali Pupy Cantor (cantante dell’orchestra di Willie Rosario) e Rubén Roman (ex cantante di Roberto Roena ed attuale cantante della Primerissima di Tommy Olivencia jr.).
Ambiente anche qui molto cocolo, con un livello di ballo sempre molto semplice ma sabroso. La cosa incredibile è che questi locali non sono frequentati dai ballerini che escono dalle tante scuole di ballo di San Juan (più dediti ultimamente alle competizioni) ma sono frequentati dalla gente del “pueblo” che balla in maniera assolutamente spontanea (forse troppo per gli esigenti palati del pubblico italiano). Ma la cosa bella è proprio quella, osservare questa loro semplicità, così come è straordinario vedere un Felipe Polanco (in jeans e camicia sbottonata) o una Janet Orta ballare tranquillamente tra il pubblico senza nessuna ansia di prestazione ma solo con la voglia di divertirsi in quel contesto a loro più congeniale e familiare…
Ed è questa secondo me una delle cose più belle di questi locali (per noi purtroppo improponibili), una di quelle cose che ti fa cogliere in pieno ciò che la salsa rappresenta per questo popolo: un momento di condivisione, ma anche un momento identitario, figlio di una cultura “de pueblo” genuinamente boricua, che si contrappone a quei modelli che le elite annessioniste (filo-americane) vorrebbero a tutti i costi imporre…
19 agosto 2012
Oggi, 19 agosto, io e Neia festeggiamo il nostro primo anniversario di matrimonio!!!…
E per festeggiarlo nella maniera più romantica ci siamo regalati una crociera nei Caraibi, sulla Victory Carnival…
18 agosto 2012
La festa patronale di Cayey è una delle più belle e meglio organizzate di tutta l’isola. Dura praticamente 10 giorni ed ogni sera offre oltre a chioschi, giostre ed amenità varie un cartellone ricchissimo di artisti, dove a farla da padrone è la salsa.
Questo venerdì 18 era in programma una vera maratona salsera che cominciava alle ore 19 e terminava alle 2. Ben 8 ore di salsa con la presenza di ben 4 orchestre. Noi alle ore 19 eravamo già lì sotto il palco a goderci l’esibizione del Combo Casino che ha eseguito un tributo musicale al grande Tito Rodriguez, riproponendo i suoi brani di maggior successo.
Il concerto si teneva nel parcheggio dello Stadio Pedro Montañez. La piazza alle 19 era ancora semideserta. ma con il passare dei minuti, nonostante piovigginasse a tratti, si è riempita all’inverosimile.
Alle 20 e 30 è cominciato il concerto del mitico Andy Montañez, accompagnato dai figli Andy jr e Harold. “El niño de Trastalleres”, che proprio quest’anno festeggia le sue nozze d’oro con la salsa, ha proposto alcuni dei brani più noti del suo repertorio da “Las Hojas blancas“, “Julia“, “Cui Cui” a “Casi te envidio“, sfoggiando la consueta potenza della sua voce.
Le esibizioni delle varie orchestre erano arricchite da alcune dimostrazioni di ballo fatte dai giovanissimi allievi della scuola di salsa del Teatro di Bellas Artes di Cayey diretta dal maestro Stacey Lopez, originario proprio di questa cittadina dell’interno.
Molto interessante era però osservare quello che nel frattempo succedeva nella piazza: mentre c’era chi tranquillamente stava ai chioschi a bere e mangiare o chi accompagnava i figli sulle giostre, la maggior parte delle persone si erano portate le sedie smontabili da casa per assistere più comodamente al concerto. Contemporaneamente, ai lati del palco, i cocolos locali davano sfogo alla loro grande passione per il ballo, esprimendo il loro sabor attraverso una salsa assolutamente spontanea e creativa, lontanissima dai rigidi schemi che siamo abituati a vedere nelle nostre piste da ballo (a cominciare dalla famigerata LINEA).
Chiaramente abbiamo ripreso tutto e al ritorno in Italia ci sarà molto da mettere in rete.
Alle ore 22 è cominciato il concerto di Josè Alberto El Canario accompagnato da un’orchestra davvero in gamba in cui si distinguevano il grande trombonista Reynaldo Jorge, il timbalero Manolito Rodriguez e il bongocero Jhan Lee Aponteoro, figlio del famoso ballerino Jesus Aponte.
Il Canario, come sempre brillante e comunicativo, ha cantato brani come “El as de la rumba”, “La hora que me llamen voy”, “Sueno contigo”, “Disculpeme senora”, “La paella”, “Baila que baila”.
Ogni tanto la pioggia si faceva più insistente ma il pubblico non si perdeva d’animo apriva l’ombrello, magari ti offriva di ripararsi sotto il suo e la festa continuava allegramente.
Finalmente alle 24 e 30 è arrivato il momento più atteso della serata: il concerto di Cano Estremera che qui a Puerto Rico è uno dei cantanti più amati dal pubblico locale. In realtà in Italia Cano Estremera non è molto conosciuto ma per poterlo apprezzare al massimo è fondamentale conoscere lo spagnolo perchè la sua dote migliore è l’improvvisazione, non a caso è soprannominato “el dueño del soneo”. Ha infatti esordito dicendo, “A me non mi importa se mi registrate e mettete poi miei video su Youtube, tanto io ogni sera canto in maniera diversa, a differenza degli altri che cantano sempre uguale!”
Personaggio, accusato dai suoi denigratori di essere spesso scurrile, ha deliziato il pubblico presente con alcuni classici del suo repertorio come “La boda de ella”, “El muñeco de la ciudad”, “El caiman”, “El Toro” insieme alla riproposizione di alcuni classici della salsa come “Mi gente”, “El callejero”, “Borandà” e “Bemba colorà”.
Il pubblico chiedeva ancora salsa ma ormai erano le 2 e si doveva chiudere, mentre per noi l’ora di tornare al nostro appartamento di Carolina. Giusto il tempo però per riabbracciare il mitico ballerino boricua Felipe Polanco arrivato anche lui a Cayey per acclamare i suoi beniamini e per ballare e mescolarsi, senza alcuna ansia di esibizione, ai cocolos locali…
17 agosto 2012
Quest’anno festeggerò le mie nozze d’argento con la salsa (tutto cominciò nel 1988).
Al momento sono ancora in vacanza a Puerto Rico (dove resterò fino al 29 di agosto) ma non vedo l’ora di riprendere a settembre le mie lezioni, proprio perchè questo ritorno nella Isla del Encanto mi ha procurato una tale carica di energia positiva che muoio dalla voglia di condividerla con tutti i miei allievi…
Enzo Conte (25 anni di amore con la salsa)
16 agosto 2012
Puerto Rico 27° giorno: il nostro viaggio nella isla del encanto non è dedicato solo alla musica ed al ballo, ma stiamo approfittando anche per visitare tanti posti e per fare tanto mare.
Ieri, ad esempio, siamo stati nell’isola di Culebra, dove si trova la spiaggia più bella di Puerto Rico: Playa Flamengo. Una lunga striscia di spiaggia bianca ed acqua assolutamente cristallina.
Il viaggio a Culebra vale davvero la pena e non è neanche tanto complicato. Si arriva all’imbarco di Fajardo (che si trova sulla costa nord est ad un’ora di strada da San Juan) e poi si prende il Ferry (costa pochissimo, appena 3 dollari) che in un’ora ti porta sull’isola. Qui un taxi collettivo ti accompagna alla spiaggia di Playa Flamengo (ma molte altre sono le opzioni che offre l’isola) e ti viene a riprendere all’ora che vuoi (per appena 5 dollari).
Altro che Ponza e Capri (almeno a livello di prezzi)!!!…
E siamo stati anche fortunatissimi perchè abbiamo beccato una bellissima giornata di sole.
Siamo rimasti addirittura fino alle sette di sera (orario in cui parte l’ultimo ferry per Fajardo), tempo per fare anche una piccola passeggiata a Dewey (che qui chiamano Duì), che è l’unica cittadina dell’isola.
Insomma un viaggio che consiglio a tutti coloro che in futuro hanno intenzione di visitare la isla del encanto…Volendo ci si può fermare anche a dormire, ma, attenzione, la sera mi hanno detto che l’unica attrazione che offre l’isola è il Karaoke!…
Ricordatevi però di evitare di andare a Culebra nel fine settimana, potreste rischiare di non trovare posto sul ferry, causa superaffollamento…
Stasera ci attende invece la festa patronale di Cayey (una città dell’interno che si trova a metà strada tra San Juan e Ponce) dove canteranno nella stessa serata tre grandi stars della salsa: Andy Montanez, Josè Alberto el Canario e Cano Estremera (uno dei miei favoriti).
E tutto assolutamente gratis!!!….
14 agosto 2012
Cari amici questo è il calendario salsero a San Juan e dintorni:
Bueno amigos boricua, este es el calendario salsero en San Juan y alrededor:
Lunes – Lunedì:
Yerbabuena (Condado) no se baila pero hay musica en vivo de latin jazz – non si balla però c’è musica dal vivo (latin jazz).
Martes – Martedì:
Red Line (Hato Rey)
Miercoles – Mercoledì:
Nuyorican Cafè (Viejo San Juan) con musica en vivo… – con musica dal vivo…
Jueves – Giovedì:
U Spot (Carolina) con musica en vivo – con musica dal vivo
Logan’s (Rio Piedras) con musica en vivo – con musica dal vivo
Shannan’s (Guaynabo) con musica en vivo – con musica dal vivo
Placita de Los Salseros (Santurce) con musica en vivo – con musica dal vivo
Coabey (Puerto Nuevo) con musica en vivo – con musica dal vivo
Viernes – Venerdì:
Placita de Los Salseros (Santurce) con musica en vivo – con musica dal vivo
Picante (Hotel Marriot Isla Verde) con musica en vivo – con musica dal vivo
Coabey (Puerto Nuevo) con musica en vivo – con musica dal vivo
Balcon del Zumbador (Pinones) con musica en vivo – con musica dal vivo
Barril de Jun (Rio Grande) con musica en vivo – con musica dal vivo
Sabado – Sabato:
Placita de Los Salseros (Santurce) con musica en vivo – con musica dal vivo
Picante (Hotel Marriot Isla Verde) con musica en vivo – con musica dal vivo
Lobby Hotel San Juan (Isla Verde) con musica en vivo – con musica dal vivo
Lobby Hotel Marriot (Condado) con musica en vivo – con musica dal vivo
Achè (Santurce) con musica en vivo – con musica dal vivo
Shannan’s (Guaynabo) con musica en vivo – con musica dal vivo
Nuyorican Cafè (Viejo San Juan) con musica en vivo… – con musica dal vivo
Balcon del Zumbador (Pinones) con musica en vivo – con musica dal vivo
Barril de Jun (Rio Grande) con musica en vivo – con musica dal vivo
Domingo – Domenica:
Placita de Los Salseros (Santurce) con musica en vivo – con musica dal vivo
Picante (Hotel Marriot Isla Verde) con musica en vivo – con musica dal vivo
Balcon del Zumbador (Pinones) con musica en vivo – con musica dal vivo
Barril de Jun (Rio Grande) con musica en vivo – con musica dal vivo
13 agosto 2012
La domenica è un giorno davvero speciale a Puerto Rico. E’ l’unico giorno della settimana in cui i portoricani si riversano in massa sulle spiagge, oppure si danno alla loro attività preferita: BALLARE!!!
Una delle aree più affolate è quella di Pinones, una spiaggia di carattere molto popolare (e per certi versi ancora selvatica) che contrasta notevolmentre con i grattacieli di Isla Verde o del Condado. A Pinones sembra davvero di essere in un altro mondo ed è qui che puoi meglio apprezzare la vera anima latina della Isla del Encanto.
In questa area si trova un locale storico, El Balcon del Zumbador, uno dei ritrovi preferiti dei cocolos locali. Qui la musica comincia addirittura alle tre del pomeriggio e va avanti fino a notte inoltrata.
Attenzione però, se avete la puzza sul naso, se vestite solo alla moda o indossate solo scarpe da ballo da 100 euro in su, allora ho paura che non sia il posto adatto per voi, anzi potreste fuggire a gambe levate. Il posto infatti è una specie di baracca in muratura che si trova davanti al mare, anche se in realtà si balla dentro, tra i tavoli. Il caldo è soffocante, l’odore di fritto (proveniente dalla cucina) impregnante, la pulizia lascia un po’ a desiderare, ma l’ambiente, se amate il popolo, è davvero eccezionale…
Qui troverete di tutto: gente che balla con la birra in mano, altri che provano a muovere due passi, gente che balla sull’uno, altri su tempo variabile, insieme però a persone che ballano in clave, in maniera semplice ma con grande sabrosura, come l’ottantenne Gilberto Aquino (che si vanta di aver ballato in gioventù persino nel mitico Palladium di New York) oppure la nostra cara amica Janet Orta, che si distingue sempre per mantenere in vita lo stile dell’indimenticabile Papito Jala Jala.
Il tutto chiaramente con musica dal vivo ed ingresso assolutamente gratuito. A suonare ieri c’erano addirittura due orchestre, entrambe favolose: La Orquesta Melaza e la Orquesta di Cachete Maldonado.
Orquesta Melaza
Cachete Maldonado
Per i veri cultori della salsa questo locale è imperdibile, anche perchè sulle sue mura ci sono molto reliquie salsere ed è pieno di strumenti musicali a disposizione degli avventori. Insomma una vera festa popolare boricua (abbiamo ballato persino la plena), in cui è d’obbligo lasciarsi andare. Certo, il locale non è frequentato dalle grandi stars locali del ballo e non è certo paragonabile alle nostre enormi e lussuose sale da ballo, ma è proprio in locali come questi che si può apprezzare come il “salsero de pueblo”, “el salsero de la calle”, vive la salsa nel suo paese di origine…
Non paghi, dopo El Balcon del Zumbador, questa domenica siamo stati in un altro locale del genere, El Barril de Jun, che si trova a Rio Grande (sulla strada che và verso la bella spiaggia di Luquillo). Anche questo locale è molto semplice e di carattere popolare. Qui la musica comincia alle 18 e va avanti fino a mezzanotte. A suonare c’era un’altra ottima orchestra, Son Criollo, che ci ha deliziato con un repertorio di classici della musica boricua.
Anche qui, ambiente molto callejeiro, ballerini di livello molto diverso (c’era persino una scatenata nonnetta che non si fermava davvero mai) ed ingresso assolutamente gratuito, con birra a soli due dollari
Per i più sofisticati, ieri l’Hotel Marriot di Isla Verde inaugurava le sue matinèe salsere (dalle tre del pomeriggio) con la rediviva orchestra di Cesar Concepcion (una delle orchestre storiche di Puerto Rico).
Per i più avventurosi, amanti della bomba e del folklore boricua, c’era invece in contemporanea un bel “bombazos” sempre nell’area di Pinones, che si teneva presso il Social Place a partire dalle ore 18 e 30.
Insomma a Puerto Rico chi cerca trova (soprattutto se ti adatti al loro spirito ed al loro modo di vivere la salsa)…e peccato che Cayey è a 100 km da San Juan, altrimenti saremmo andati alla locale festa patronale a vedere a gratis la gloriosa Sonora Poncena.
Ma ci rifaremo questo prossimo venerdì visto che, sempre a Cayey, nella stessa sera si esibiranno: Josè Alberto El Canario, Andy Montanez e l’idolo locale Cano Estremera.
12 agosto 2012
Puerto Rico 23 giorno: altre belle notizie in arrivo dall’Isla del Encanto. A riprova dell rinnovato interesse verso la salsa si è ricominciato a ballare nei grandi alberghi come succedeva negli anni d’oro. Adesso si balla salsa, non solo all’Hotel Marriot di Isla Verde, ma anche all’Hotel San Juan e all’Hotel Marriot del Condado e naturalmente con musica dal vivo.
Certo il pubblico non è proprio dei più giovani, la gente balla in maniera fin troppo semplice per gli esigenti gusti del pubblico italiano, ma è bello vedere persone di una certa età vestirsi a festa per andare a riscoprire una passione che è ormai radicata nella loro cultura.
Molte altre sono però le opzioni che la isla del encanto riserva il sabato sera. Noi siamo stati da Shannan’s, ad una serata organizzata da vecchio amico Jorge Santana Cancel, ma si ballava contemporaneamente all’Aché e al Nuyorican Cafè, senza dimenticare le opzioni più “cocole” come come El Balcon del zumbador di Pinones e La Placita de Los Salseros di Santurce (dove c’è sempre musica da giovedì alla domenica).
Poi volendo spostarsi da San Juan si ballava anche al Blue West di Mayaguez e alla festa patronale di Cayey (dove questa domenica c’è addirittura La Sonora Poncena de gratis).
La cosa spettacolare è stato però il Festival del Latin Jazz che si è tenuto sempre questo sabato in un parco pubblico di Isla Verde (il tutto assolutamente gratuito). A deliziare la platea è stata in particolare la big band di Luiz Perico Ortiz formata da 5 sassofoni, 5 trombe, 5 tromboni + piano, basso e rtimica completa. Come invitati speciali poi c’erano altri due grandi trombettisti. il boricua Humberto Ramirez e il cubano Arturo Sandoval. Che musica ragazzi! Altro che il reggaetton, salsaton o bachata!!!…
11 agosto 2012
Conobbi Papito Jala Jala nel 1994. Una sua allieva mi diede il suo telefono, lo chiamai e quella sera stessa venne a prendermi al mio albergo per portarmi in uno dei locali storici di Puerto Rico: El Coabey, diretto da Eugenio Acosta.
Ieri sera ci sono tornato per festeggiare il compleanno di Geñito Acosta Rosario (uno dei più promettenti ballerini locali) e quel locale è stata capace di suscitare in me una marea di ricordi.
In realtà la prima volta che ci misi piede non mi era piaciuto affatto: si trattava di un piccolo bar con tanto di biliardo (dove ogni tanto ci giocava anche il mitico Roberto Roena), la gente ballava tra i tavoli e la colonna sonora era condita da moltissima musica cubana, oltre da quella portoricana DOC.
Mi chiedevo come mai i portoricani invece di andare nei locali da ballo o nei i lussuosi saloni dei grandi alberghi preferissero frequentare un locale così angusto. Poi con il termpo invece ne ho capito il fascino…
All’epoca nei fine settimana facevamo delle vere e proprie maratone salsere: la notte cominciava al Coabey dove si scaldavano i motori, poi all’una si andava al Tropico, un locale lì vicino dove c’era sempre un’orchestra, infine alle tre si andava all’Habana di Isla Verde (trasferitosi poi a Santiurce) dove si ballava fino alle 6 del mattino se non oltre. Perchè i portoricani magari non escono tutte le sere, ma quando escono ci danno davvero dentro…
All’epoca lo scenario del ballo era incredibile. Oltre ai cocolos che ballavano in maniera semplice e spontanea, c’era una generazione di ballerini che si era riunita attorno a Papito Jala Jala e che ogni sera davano spettacolo di sabor ed eleganza. Era il momento in cui quella generazione era nel fior fiore della sua gioventù e smaniava di dare fiato a tutto il suo talento. Ricordo che rimanevo letteralmente a bocca a aperta davanti al ballo sabroso di Felipe Polanco, Pilar D’Oleo, Tito Ortos, Eliut Colon, Tania Santiago, Jorge Santana Cancel, Vivian Ayala, Ingrid Reyes, Angel Martinez Davila, Dianne Sierra Burgos, Jesus Aponte, David Ortiz Soto, Alicia Chacha Seguinot, Zoraida Rivera, Fito Bataola, Janet Orta, Joe Bartolomey, Miguelito Rodriguez, Stacey e Lucy Lopez, Tony Quinones (solo per citarne alcuni) e fu lì che mi innamorai del loro stile di ballo. Che tempi ragazzi!!!…Torneranno mai?…
Oggi lo scenario, anche se si nota un bel ritorno di fiamma tra i portoricani e la salsa, è notevolmente cambiato, perché i talenti di quella generazione (alcuni diventati nel frattempo delle stelle internazionali) raramente frequentano le sale da ballo. Inoltre locali come il Tropico e l’Habana hanno da tempo chiuso i loro battenti, anche se nel frattempo sono sorti nuovi locali, così come una nuova generazione di ballerini che però, sinceramente, non possiede lo stesso sabor e lo stesso spirito di quella generazione che l’ha preceduta (ed in questa involuzione credo che c’entri molto l’infausta influenza del Congresso che ha distolto molti portoricani dalle loro radici, dalle loro vere peculiarità). Di contro per sopperire alla crescente difficoltà dello stile di ballo che ha imposto il Congresso (con una infinità di figure, sulla falsa riga di quello che si fa anche in Italia), sono nate a Puerto Rico diverse scuole come Cambio en Clave di Rafa Cancel che insegnano a ballare direttamente sull’uno e che spingono più sulla socializzazione (come succede ad esempio il martedì al Red Line) che sul puro virtuosismo…
10 agosto 2012
Puerto Rico 21° giorno: l’altra bella notizia è che a Puerto Rico LA SALSA VIVE!!!
Certo sono lontani i fasti degli anni ’70, ma sicuramente rispetto ad un recente passato si assiste ad un rinascimento: la maggior parte delle orchestre storiche sono ancora in attività, ne sono nate delle nuove, si balla praticamente tutte le sere e contemporaneamente sono sorte tantissime scuole di ballo che stanno diffondendo la passione per la salsa anche nelle nuove generazioni, che hanno nel frattempo abbandonato il reggaeton!!!…
Ieri sera, ad esempio, siamo stati a ballare all’U Spot dove suonava l’orchestra Son del Patio, poi non paghi siamo stati da Logan’s dove suonava un’altra orchestra. Ma saremmo potuti anche andare al Coabey dove suonava il quartetto di José Lugo, oppure da Shanna’s dove suonava il Conjunto Puerto Rico, oppure alla Placita de Los Salseros dove suonava una Charanga.
Insomma cinque posti diversi e tutti con musica dal vivo!
La cosa interessante è che la gente balla solo quando suona l’orchestra. Quando entra in scena il dee jay la gente si riposa o va al bar a bere!…
Certo i locali sono piccoli e un po’ spartani, ma la cosa bella è che sono frequentati da portoricani “de pura cepa” e non da turisti. L’ambiente è molto semplice ed anche il livello di ballo è molto amatoriale…La maggior parte della gente balla sull’uno e non balla rigorosamente in linea come da noi in Italia. Qui sono tutti molto più spontanei e ballano senza la smania di mostrare tutto il loro repertorio.
E’ in ogni caso un bel spettacolo per gli occhi, per l’udito ma soprattutto per il cuore…
8 agosto 2012
C’è una bellissima notizia in arrivo da Puerto Rico: IL REGGAETON NON E’ PIU’ DI MODA!!!…
Molti in Italia non sanno che il reggaeton è nato, all’inizio degli anni ’90, proprio qui (e contemporanemanete a Panamà), anche se all’epoca si chiamava più semplicemente spanish reggae.
Fino a qualche anno fa per le strade di San Juan era un martellamento continuo, adesso sembra che il reggaeton continui ad avere sì un suo circuito, ma ormai dà evidenti segni di stanchezza, come se alla lunga avesse stufato la gioventù boricua.
E’ se fosse l’inizio di una svolta?…
Il paradosso è che adesso è di moda a Cuba e che i gruppi cubani di reggaeton quando vengono in tournée in Italia fanno il pienone. Ma credo che anche questa sarà una moda che passerà prima o poi. In realtà il vero pericolo per un ritorno alla grande della salsa, è l’attuale mancanza di un mercato discografico. I cd non si vendono più e gli artisti sono poco motivati a produrre nuovi lavori anche perché molti di loro non hanno più un contratto discografico. Le catene di negozi contemporanemanete chiudono le loro filiali e tutto ciò non favorisce il ritorno alla creatività. Per fortuna, almeno qui a Puerto Rico, c’è ancora tantissima musica dal vivo al punto che qui le feste patronali duranovuna settimana, come appunto quella che si terrà la settimana prossima di Cayey dove tra l’altro suoneranno Tito Rojas, La Sonora Poncena, Jose’ Alberto El Canario e Cano Estremera.
7 agosto 2012
Molti mi chiedono come sono le spiagge a Puerto Rico. Potenzialmente sono bellissime ma il problema di fondo è che nono sono assolutamente valorizzate. Sono al contrario molto trascurate. Soprattutto non si fanno interventi per rivitalizzare la sabbia (cosa che avviene invece in tutti gli stabilimenti balneari in Italia) o per ripulire la folta vegetazione.
Il problema di fondo è sempre quello. il turismo portoricano è finalizzato solo al mercato americano, per cui ci sono bellissimi alberghi con piscine favolose (e spiagge magari curate), in quanto l’americano tipico entra nell’hotel e non si muove da lì.
Tutto il resto è per i portoricani di qui o per gli emigranti che tornanno per le vacanze, persone che sono però in partenza meno esigenti e che spesso purtroppo contribuiscono a sporcare piuttosto che a pulire.
Ieri siamo stati ad esempio a Fajardo alla spiaggia di Seven Seas. Il posto è bellissimo ma davvero sia la spiaggia, che la sabbia non erano così tanto invitanti. Che peccato!…
Per non parlare di tutta l’area di Pinones che potrebbbe essere un vero paradiso naturale se solo le autorità locali se ne prendessero un po’ più di cura.
Quando Puerto Rico si accorgerà che per vincere la crisi, che anche qui si sta sentendo moltissimo, deve cominciare a guardare al turismo europeo (adattandosi quindi alle sue esigenze) e non solo a quello americano?…
6 agosto 2012
Ieri siamo stati alla festa patronale di Comerìo, un piccolo paese dell’interno, regno dell’jibaro portoricano.
La festa patronale è uno degli spaccati più belli della cultura boricua ed è uno dei momenti in cui è più facile capire la sua vera anima popolare e cocola.
Ecco io credo che a tutti coloro che vengono a Puerto Rico per il Congresso Mondiale della Salsa dovrebbero essere assolutamente accompagnati ad una festa patronale, altrimenti potrebbero cadere nell’errore di pensare che Puerto Rico è solo un albergo a 5 stelle, gare, lustrini e show di ballo.
C’è invece molto ma molto di più… ed è un vero peccato che tanta gente viene qui ma non gli si dà la possibilità di conoscere i tesori che questa isola nasconde.
Ieri alla festa patronale di Comerìio suonava la straordinaria orchestra “Tommy Olivencia Pa La Historia“. Ancora una volta Paquita Olivencia, direttrice del gruppo ci ha dato la possibilità di salire sul palco e di ballare insieme all’orchestra il tema “Periquito Pin Pin“.
E’ meraviglioso vedere come i portoricani siano orgogliosi del fatto che la loro musica, la salsa, sia ballata ed amata in tutti gli angoli del mondo e di come in Italia ci sia ancora chi mantiene in vita lo stile di uno dei loro più grandi ballerini del passato: Papito Jala Jala.
Le doy la gracias a Paquita y a todos ustedes por el apoio y qué siempre viva Puerto Rico y la salsa!!!…
Enzo Conte intervista Papito Jala Jala nel 1995 – parte 1
Enzo Conte intervista Papito Jala Jala nel 1995 – parte 2
Enzo Conte intervista Papito Jala Jala nel 1995 – parte 3
Enzo Conte intervista Papito Jala Jala nel 1995 – parte 4
3 agosto 2012
Puerto Rico 13° giorno: oggi siamo stati a trovare Donna Lydia, la mamma di Papito Jala Jala. Ci ha accolto con grande gioia, ma allo stesso tempo con grande commozione nel ricordo dell’adorato figliolo scomparso. Dall’Italia le ho portato un libro contenente le più belle foto di Papito ed è stato un regalo che ha gradito tantissimo. Abbiamo scoperto che ad ottobre compierà 90 anni. Complimenti!!!
Siamo poi stati a fare un salto alla Placita de los Salseros de Santurce, dove dalle 17 in poi si ritrovano, dal giovedì alla domenica, i cocolos locali.
La notte alla fine siamo stati in un locale molto carino, lo Shannan’s, dove suonava il gruppo di Manolito Rodriguez, una emergente orchestra locale.
29 luglio 2012
Bellissima festa al Batey dei Los Hermanos Ayala, al ritmo di bomba e plena, con balli, canti i e tanta tanta energia… Poi abbiamo assistito alla simpaticissima processione di Loiza Aldea con la sfilata delle maschere allegoriche.
In nottata serata conclusiva del Congresso Mondiale della Salsa con i concerti di Luisito Carrion e di una delle leggende viventi di Puerto Rico: La Sonora Poncena!!!….
28 luglio 2012
Ieri siamo stati a Villa Palmera, a visitare il quartiere dove è nato Ismael Rivera, “el sonero mayor“. Oggi c’è una via a lui dedicata ed un bel murales che lo ricorda.
Poi siamo stati alla distilleria Bacardi, alla spiaggia di Punta Salinas e a cena in un ristorante tipico di Catano.
In nottata siamo stati al Ritz Carlton a vedere i concerti della Primerissima e del nipote di Ismael Rivera: il bravissimo Moncho Rivera
Amici boricuas, oggi 28 di luglio comincia la finale del Salsa Open di Puerto Rico.
IO NON CI ANDRO’!!!…
Non è questa la salsa che amo, né la salsa che mi interessa vedere.
Amici che sta succedendo con tutte queste acrobazie? Che cosa
ha vedere tutto ciò con la vostra cultura e la vostra storia?
Oggi io me ne andrò a Loiza Aldea al Batey dei Fratelli Ayala a vedere un vero bombazos. E’ questo c
he dovrebbero mostrare alle persone che vengono da fuori, ai congressisti che vengono a visitare la “isla del encanto”.
Questa è la vera Puerto Rico che tutto il mondo dovrebbe conoscere: una nazione che ancora vibra e si emoziona al suono della bomba e della plena.
RISVEGLIATI BORICUA: DIFENDI LA TUA CULTURA E LA TUA IDENTITA’!!!…
Mentre cominciava il Congresso con le sue gare ed i suoi spettacoli, noi abbiamo preferito andare alla festa patronale di Loiza Aldea a vedere il Festival della Bomba e della Plena con l’eccezionale partecipazione dei Los Hermanos Ayala e del gruppo Bella Bomba. Poi sulla strada del ritorno ci siamo fermati al Balcon del Zumbador, originalissimo ritrovo dei cocolos locali. A conclusione di questo stupendo tour siamo stati alla serata inaugurale del Congresso ad assistere ad un bellissimo concerto del Canario.
Ed ecco alcune foto tratte dal Festival de la Bomba y de la Plena di Loiza Aldea:
25 luglio 2012
Non abbiamo fatto in tempo ad atterrare a Puerto Rico che subito eravamo alla festa patronale di Catano a ballare sul palco con l’orchestra di Tommy Olivencia. Que bienvenida! Gracias mi Borinquen!!!!…
Ci stiamo dando da fare alla grande alla ricerca del vero sabor boricua che puoi trovare alla festa patronale di Catano o a quella di Loiza Aldea con la sua bomba e la sua plena, oppure in locali frequentati dai cocolos locali come el Balcon del Zumbador. Siamo stati alla serata inaugurale del Congresso ma c’era poca gente rispetto al glorioso passato. Fantastico e’ stato pero’ il concerto del Canario.
In questo clima così bello di Bologna, mi ricordo di quando iniziai a suonare, da piccolo, con mio padre che era il primo trombettista della banda statale, e con mia madre che era cantante, entrambi scomparsi.
Tutto inizio nel collegio San Juan Bosco perché il mio padrino era Italiano, José Angel Mottola, colui che compose la musica dell’inno dello Stato Anzoátegui (ndr: la regione di Barcelona, sua città natale, sita nell’area orientale del Paese).
Cominciai suonando la tromba, però siccome non c’era nessuno che volesse suonare la tuba (ndr: perché è molto scomoda da spostare!) strumento che per via del suo swing è essenziale nella direzione di una banda, mio padre me la affidò.
Fu così perciò che Ray Pérez iniziò la sua carriera musicale, sebbene in seguito, dopo il collegio, entrai nella scuola statale, e per un po’ non studiai la musica.
Dopo alcuni anni ripresi a studiare iscrivendomi al conservatorio di Maracaibo con il maestro Elias Nuñez Peseira e il professor Paz, un pianista che suonò con Luis Alfonso Laraya.
In precedenza, suonai nel trio Los Singers, in cui cantava Luciano Tagliolini, un Italiano giunto in Venezuela all’età di 5 anni, e suonavamo allo Show de Renny alternandoci con Mina, Luciano Sangiorgi, che mi ricordo fu nell’hotel Tamanaco nell’anno in cui la Miss Venezuela fu Susanna Agoin.
Tutto questo succedeva negli anni ’60; nello stesso hotel Tamanaco dove siete stati anche voi. E ora sospendiamo un attimo perché non vi voglio raccontare tutto subito!
Intervista parte 2
La nascita dei Los Dementes
Io comincio a suonare salsa a Maracaibo nel ’64 con l’orchestra del maestro Elias Nuñez, il mio insegnante di piano, integrandone l’organico con i tromboni, e facendo le mie apparizioni in tv sul Canal 13 con Raúl Bales Quintero; al principio volevo chiamarla Los Dementes (ndr: I Pazzi) , ma il direttore dell’orchestra Bolivar era contrario poiché lo riteneva offensivo per dei musicisti, e addirittura in occasione del nostro primo concerto mandò una pattuglia della polizia ed un’ambulanza pronte e prelevarci se ci fossimo presentati con quel nome: fu così che esordimmo come Ray Pérez Y Su Charanga, nome con cui ci esibimmo insieme a Ray Barretto durante la sua prima tournée a Maracaibo, conquistandoci il titolo di orchestra rivelazione dell’anno.
Questo fu “l’esordio di Ray Pérez”; poco dopo mi trasferii a Caracas portandomi dietro i miei musicisti “maracuchos” (ndr: residenti di Maracaibo), i quali però, non adattandosi alla città, tornarono subito a casa: mi misi perciò a cercare dei nuovi musicisti e – lavorando al Mon Petit – conobbi Nené Quintero (ndr: conguero) il quale mi presentò Alfredo Padilla (ndr: timbalero), Juan Diaz dell’orchestra Los Megatones De Lucho (ndr: trombonista), Kiko, mentre Perucho Torcat lo conoscevo già.
Andammo a fare delle prove a Radio Difusora de Venezuela – dove lavorava anche il dj Phidias Danilo Escalona, colui che coniò il termine “Salsa” per questa musica ballabile – e iniziammo a comporre i brani del primo disco “Alerta Mundo, Llegaron Los Dementes”.
Questo disco lo portai “sotto il braccio” per molto tempo, perché proponendolo a molte case discografiche nessuna lo apprezzava, finché incontrammo la Prodansa – che già navigava in cattive acque – il cui responsabile propose di pagarci solo le royalties sull’effettivo venduto; il disco uscì un giorno prima delle ferie pasquali, ne diedi copia a Dj Phidias che lo iniziò a proporre nel suo programma di mezzogiorno “A La Hora De La Salsa Y El Bembé”, diedi altre copie ai negozianti, e dopo tre giorni era già un successo…
Rómpelo: “Yo traigo un coco/Para romper…”
Il successo di Rómpelo sancì il successo dell’orchestra Los Dementes e i musicisti – che fino ad allora non erano stati ancora da me retribuiti – mi chiesero un compenso come “gruppo”, ma io imposi una redistribuzione percentuale differenziata delle royalties in considerazione del mio ruolo guida come direttore e voce leader, e dei diversi ruoli dei singoli musicisti; fu così che ci accordammo e da lì fu il boom de Los Dementes, negli anni ’60.
Tommy, il fratello di Max, mi ha parlato di un mio brano, e quando ne ho intonato il coro “Oiga caballero yo de esta rumba me espiro”, lui dalla cucina mi ha risposto in controcanto “Porqué mi mujer no está metida en el güiro”, che fu anch’esso un successo, cui ne seguì un altro, La Perrita De Floro, e Mi Salsa Llegó.
In questo periodo de Los Dementes, formai Los Calvos per la discografica RCA Victor, e come cantante scelsi Carlos Yanez alias El Negrito Calaven, con cui facemmo due album con molti brani di successo, e son certo che anche qui in Italia come in Francia e Germania li apprezziate.
Il racconto che vi sto facendo dovrebbe esser molto più lungo ma, riassumendo, a un certo punto ebbi necessità di una pausa, così lasciai il nome de Los Dementes ai miei musicisti e me ne andai a New York a studiare da Nick Rodríguez, il quale però mi disse che non necessitavo studiare, bensì comporre.
I pianisti, vedendomi suonare nel mio modo, mi dicevano che non avevo tecnica; ma io non ho lo stile “classico” come quello che mostra per esempio il Tommy con la postura delle sue mani: io semplicemente suono, col mio stile.
Quindi alla RCA iniziai ad arrangiare brani, comporre melodie, lavorando con Rudy Calzado e Chombo Silva che era un sassofonista cubano molto in gamba; in New Jersey lavoravo col bassista Nino Sierra, che non concepiva il fatto che non leggessi la musica durante una esecuzione, la scrivevo ma per gli altri, non per me, al ché una volta lui mi disse “Mulatto, non fare il buffone! Come fai a non leggere la musica se la sai scrivere?” Ed io: “Ti assicuro che lo dico sul serio! So leggere, ma non per eseguire”, però non mi credeva.
Passò del tempo, continuando a lavorare assieme, e un giorno mi chiamarono per arrangiare la musica di una cantante portoricana; allo studio incontrai Nino Sierra, che non voleva ancora credere che io fossi stato chiamato per quegli arrangiamenti, ma di fatto si rese conto che era proprio così, quindi mi chiamò a lato e mi disse: “Ray, il buffone sono io!”.
Arriviamo alle 21 davanti al Teatro delle Muse, stupendo, con quel suo incredibile mix di antico e moderno!
Con un’ ottima acustica (ero a centro sala) si apre il concerto del trio del chitarrista brasiliano Romero Lubambo, uno dei chitarristi jazz fondamentali dell’intero panorama latinoamericano. Per chi non lo conosce consiglio un bellissimo disco “Infinite Love” dove suona assieme all’altra stella del jazz brasiliano: Toninho Horta.
Il “Trio da Paz” è formato da Romero Lubambo,chitarra, Nilson Matta, contrabbasso e Duduka Da Fonseca alla batteria batteria.
Oltre a brani dell’ultimo cd del trio, vengono proposti alcuni standard del grande Tom Jobim, che il trio riesce a riproporre in una nuova veste con audaci sovrapposizioni, come nel caso della immortale Wave.
Incredibile l’interplay tra i musicisti che questo trio, considerato a ragione il migliore del Brasile, mette in mostra durante la serata.
Grande tecnica che non sovrasta l’espressività che esce dai loro cuori e dai loro strumenti…. facendo sembrare semplici cose in realtà molto difficili!
Dopo il set “brasiliano” arriva il momento di quello “latino” con uno dei pochi musicisti provenienti dalla Salsa a godere di un grandissimo rispetto anche nel mondo del Jazz: Eddie Palmieri.
Dopo un piccolo ritardo,inizia il concerto tanto atteso…alcune brevi note di introduzione da parte del presentatore e il concerto inizia.
Quando Eddie che appare piccolino sul palco enorme del teatro si siede al pianoforte a coda, si abbassano le luci nel silenzio più totale.
Chiudo gli occhi e sento quella musica che ci ha regalato 40 anni di emozioni in un lungo asssolo per solo pianoforte!
Questo è stato per me il momento più intenso e bello del concerto….la voce rauca di Eddie ricorda i versi gutturali di un altro grande immenso poeta del pianoforte: Keith Jarrett.
Ma la musica è diversa, molto diversa. Eddie in questo lungo intro rincorre tutte le sue inquetudini musicali, che da sempre lo contraddistinguono: echi di Monk e Tyner alternati a passaggi che riprendono i temi dei suoi successi; di colpo ritorniamo ai primi anni 70, ai tempi di Puerto Rico, Adoracion con gli intro pianistici lunghissimi.
Aumenta il ritmo ed entra il tumbao con la mano sinistra, mentre la destra inizia ad improvvisare come solo lui sa fare scale esatonali, quarte eccedenti, block cords, quello stile celebre che fu ripreso ad esempio da Marcolino Dimond, in “The Hustler” di Willie Colon.
Un lungo applauso chiude il solo di Eddie ed apre il concerto con il gruppo al completo, formato da alcuni dei migliori musicisti del panorama “latin” e “jazz”.
Sezione ritmica formata da John Benitez(basso elettrico),Horacio “el negro” Hernandez(batteria) Giovanni Hidalgo (congas),sezione fiati composta da Brian Lynch(tromba)Conrad Herwig (trombone) e Graig Handy (sax alto).
Il concerto si sviluppa sui brani del nuovo disco di questo super gruppo, vincitore del Grammy, l’ottavo nella carriera di Palmieri.
Eddie punta tutto sul gruppo,in particolare sulla sezione fiati che con la presenza di solisti del calibro di Linch e Herwig danno sicuramente una forte connotazione jazzistica all’intera serata,lasciando da parte questa volta la parte più tradizionale legata alla salsa.
Linch in particolare svetta su tutti, con un registro che tocca i sovracuti e le note più basse, passando da uno all’altro in modo stupefacente e strappando applausi a scena aperta.
Linch tra l’altro conosce perfettamente il linguaggio del jazz e della Salsa visto che il quarantottenne dell’Illinois prima dell’incontro con Palmieri aveva suonato per due leggende della Salsa come Angel Canales nel 1982-1983 e con Hector Lavoe nel periodo 1983-1987!
Importantissimo come tutti i fans di Palmieri sanno, il ruolo del Trombone, splendidi gli assoli di Conrad Herwig, con una dinamica impressionante capace di passare da un suono flautato alla più classica voce rauca e dirompente che lo strumento permette.
Come in Tin Tin Deo, una versione che passa dal Cha Cha Cha all’Afro in 4/4 o in Mira Flores un bellissimo Afro 6/8 dove la coppia Hidalgo e Hernandez con il loro intreccio ritmico, ci ricorda la connessione con il grande percussionista Mongo Santamaria che rese celebre questo ritmo legandolo a molti standard jazz.
Notevole anche il lavoro tra battere e levare delle due mani del maestro Palmieri, che rinforza ancor di più il lavoro dei percussionisti, anzi il suo piano “vigoroso” con i celebri ostinati della mano sinistra che tutti conosciamo, rendono ancora più “grande” il suono dell’orchestra. Seguono alcuni Cha Cha Cha come Listen Here, dove si mette in mostra il sax di Graig Handy, che tra l’altro è l’unico sul palco a ballare mentre suona!
Più in ombra il lavoro sempre preciso del basso elettrico di John Benitez, forse per un problema di amplificazione, ma il suono era a volte coperto da batteria e Congas. Inoltre abituati al baby bass della salsa, o del Contrabbasso, che hanno un suono dirompente, con il normale basso elettrico si nota meno il lavoro del bassista.
Arriva poi il momento di Palmieri nel Mambo jazzato” In In Walked Bud” dove ci ricorda che il leader è lui, uno dei soli in cui il “rumbero del piano” mette in mostra le sue doti di solista.
Chi si aspettava un concerto di Eddie Palmieri in primo piano, potrebbe essere rimasto deluso, ma questa è stata la sua scelta, voluta dall’artista che ha prima diretto la sua orchestra e poi da persona che non deve dimostrare più niente a nessuno, il suo lavoro al piano.
Ed anche questo spiega il perchè della scelta di suonare il piano elettronico(appoggiato sopra il piano), scelta obbligata per poter dirigere guardando tutti i musicisti.
Questo mi fa pensare che la bellissima apertura al pianoforte sia stata fatta anche per accontentare chi sperava di sentirlo all’opera con il re degli strumenti.
Una critica che si può muovere è che sia stato dato poco spazio ai due mostri delle percussioni, che se lasciati maggiormente liberi di suonare come sanno, avrebbero letteralmente incendiato la platea, cosa che è successa alla fine nell’ultimo brano: una descarga su un indiavolato ritmo di Mozambique, che proprio la Band di Palmieri grazie al timbalero Manny Oquendo trasformò dall’originale cubano creato nel 1963 da Pello el Afrokan, e lo popolarizzò nella Salsa a New York, con il celebre disco “Mozambique”.
La sfida tra congas e batteria termina con una rullata del “negro” Hernandez a cui risponde con la medesima velocità Hidalgo….ma con le sue sole mani!!
Hidalgo si gira e fa un sorriso beffardo al suo collega!
Si conclude così uno dei concerti più “jazzy” del nostro pianista,dall’altissimo tasso tecnico, ma che forse avrà lasciato un pò di amaro in bocca a chi si aspettava qualcosa di più dal punto di vista salsero.
Ma da come ha terminato l’intervista Vai all’intervista con Eddie Palmieri
, il nostro “rumbero del piano” ha voglia di tornare prossimamente con un nuovo disco inedito di salsa…e con relativa tournee! E che Salsa sia!
Si ringrazia l’organizzazione dell’Ancona Jazz Festival nella persona del Sig.Massimo Tarabelli per la cortesia dimostrata nei nostri confronti e per aver realizzato un evento di grande spessore
Intervista di Tommy Salsero, traduzione di Max Chevere, foto di Cafè Caribe
Quali sono stati i musicisti ed i pianisti che l’hanno influenzata maggiormente all’inizio della sua carriera musicale?
Mio fratello Charlie Palmieri e’ stato colui che mi ha influenzato maggiormente, inoltre alcuni pianisti che suonavano a New York, fra questi René Hernandez che era il pianista di Machito, un altro che e’ morto, Tommy Garcia, Gilberto Lopez che suonava con Tito Puente e successivamente negli anni sessanta alcuni pianisti cubani che arrivarono dall’isola.
Ha conosciuto il pianista Pedro Justiz Peruchin?
Non l’ho mai conosciuto perche’ aveva registrato sempre a Cuba ed io non sono mai stato nell’isola, pero’ era un incredibile pianista fra i preferiti di mio fratello Charlie.
Quali sono stati i pianisti jazz che l’hanno influenzata maggiormente dal punto di vista dell’armonia. Nel suo modo di suonare mi sembra vicino a quello di Mc Coy Tyner.
Si, Mc Coy Tyner per il legame con John Coltrane ma ci furono anche altri pianisti come Art Tatum, Bill Evans,tutti questi musicisti furono dei geni.
Inoltre Thelonious Monk, Bud Powell, e piu’ recentemente Herbie Hancock, Chick Corea, tutti grandi pianisti no?
E ascoltandoli sono arrivato al mio stile attuale.
Puo’ parlarci del periodo in cui suono’ con la Harlem River Drive (l’orchestra che suonava latin soul funk)?
Si, questa era l’orchestra di Aretha Franklin. Ronnie Cuber il saxofonista partecipò a questo progetto speciale per la compagnia Roulette che era la compagnia principale della divisione Tico Records, per la quale io registravo.
E dopo uscì questo LP che fu molto interessante, ovvero Harlem River Drive.
Oltre al piano acustico lei suonava anche il Fender Rhodes( il piano elettrico), ed anche l’organo.
L’organo lo introdusse mio fratello Charlie ed io lo accompagnavo con il piano elettrico.
Quindi l’uso dell’organo elettrico nei suoi dischi fu introdotto grazie a suo fratello?
In realta’ era il suono di quel periodo, si usavano molto l’organo ed il piano elettrico Fender Rhodes che utilizzai per diverso tempo, altrimenti usavo il piano acustico.
Oggi si pensa alla salsa solo come un ballo, almeno in europa e nei paesi occidentali.
In realta’ dietro ci sono una storia ed cultura molto profonde e la salsa non e’ solo un ballo.
Ad esempio a New York si mischiarono radici provenienti da vari paesi dell’america latina. Cos’è la salsa per Eddie Palmieri?
Bene, adesso è molto diversa da come si suonava un tempo, però ci sono ancora orchestre provenienti da Portorico che continuano a seguire la tradizione, così come a New York c’è un’orchestra la Spanish Harlem Orchestra che è molto fedele ai modelli ritmici della salsa dura, però molte cose sono cambiate con l’arrivo del Reggaeton. Quando c’è un ballo nuovo, una musica nuova legata ai giovani, diventa molto difficile da contrastare…
Si puo’ dire che sta succedendo la stessa cosa che accadde negli anni 60 con il boogaloo?
Esatto! Quando c’e’ un ballo legato ad un ritmo nuovo e’ sempre un successo.
Pero’ la salsa non muore mai.
Il vero problema e’ che non ci sono compagnie discografiche per registrare la nostra musica da ballo.
Ci sono alcuni artisti che stanno registrando, ma essi non stanno registrando pura salsa, bensì una combinazione di latin pop come per la compagnia Sony.
Inoltre non stanno suonando la musica delle orchestre nelle grandi radio commerciali, e’ possibile ascoltare la nostra musica solo nelle piccole radio delle comunità latine…
Questo e’ un grande problema…
Si, questo non ci ha aiutato ed e’ stato molto dannoso per la salsa.
Questo è un problema che tocca tutta la musica.
Le grandi compagnie investono solo nella musica commerciale…negli anni 70 c’era una grande sperimentazione e si mischiavano diverse armonie, dal jazz al soul e oggi non mi pare di vedere la stessa voglia di andare oltre che c’era in quegli anni.
Bisogna dire che i generi attuali che piacciono ai giovani sono il rap, l’hip pop ed il reggaeton.
Ci sono alcuni artisti a Portorico che stanno registrando con i musicisti che suonano rap e reggaeton, come Daddy Yankee con Andy Montanez, però secondo me non stanno dando buoni risultati.
Hanno tolto l’anima del tambor…
Si,si e’ molto triste…
E’ suonata più al computer che con le persone
Però è molto triste, molto triste.
Quando potremo vedere Eddie Palmieri suonare salsa nel nostro paese?
Bene,vediamo quando registreremo il prossimo cd, perche’ adesso stiamo facendo la promozione del cd di latin jazz (ndr Listen Here), anche perche’ per un periodo di tempo ho preferito suonare latin jazz e adesso penso sia giunto il momento di preparare un nuovo album ballabile di salsa…
Si ringrazia l’organizzazione dell’Ancona Jazz Festival nella persona del Sig.Massimo Tarabelli senza il quale questa intervista non avrebbe potuto essere realizzata
In quest’estate 2012 così avara di concerti di Salsa Classica appare su Facebook un post della nostra Chica che recitava con non-chalance “Hey, a proposito, vi ricordo quanto già anticipatovi tre mesi fa: questo weekend c’è Eddie Palmieri”.
Memori della tournée dello scorso anno, quando il Maestro si era sì presentato ma con il suo Jazz Quartet, questa notizia ha subito scombussolato i piani di molta gente, incredula nell’apprendere di un’occasione così ghiotta in un ambito non uso alla salsa ed oltretutto gratis (nonché a sola metà strada tra Genova, Milano e Torino).
Gli indizi però erano contrastanti e le informazioni difficili da reperire; il concerto era inserito nell’ambito di una rassegna jazz, ma un noto integrante dell’orchestra di Palmieri (Jimmy Bosch, non certo un jazzista) postava in bacheca la propria presenza il 29 al “Seravelle”… un collezionista alessandrino mi informava di avere ricevuto in casella postale un volantino dell’Outlet che parlava di Palmieri come di un jazzista, però La Chica assicurava tramite i propri canali che la Salsa ci sarebbe stata… e come se non bastasse il sito di Palmieri – nelle altre date della tournée europea, munifico di dettagli sul genere proposto – non riportava null’altro che la data e il luogo.
In realtà il dubbio sulla effettiva presenza dell’orchestra di Salsa è perdurato, almeno nel sottoscritto che in quel weekend si è macinato svariati chilometri a rischio, quasi fino all’ultimo sms che mi avvisava – mentre ero a 20 chilometri dalla meta – del montaggio sul palco di timbales e congas!
Lo scenario che mi si è proposto al mio arrivo nella piazza centrale del noto Centro Commerciale era questo:
Decine, centinaia di sedute, tutte occupate, quasi completamente da persone non avvezze alla Salsa, ma che sarebbero rimaste al loro posto – e applaudendo – fino alla fine del concerto.
Guadagno una sedia abbastanza centrale in quinta fila e parte subito il primo brano, non proprio popolare in quanto non molto ballabile per via dei suoi inserti in Ritmo Mozambique, ma che per una ouverture dal vivo era perfetto: La Libertad Lógico (Revolt), su cui la sezione ritmica dà sfoggio del proprio talento Afro-Cuban per poi lasciare spazio – a 4:15 – all’entrata in Salsa con tutti gli strumentisti dell’orchestra.
Questa la line up completa della Eddie Palmieri’s Salsa Orchestra:
Prima linea “Melodia”: Piano – Eddie Palmieri, Chitarra – Nelson Gonzales, Lead Vocal – Herman Olivera, Chorus Vocal & Maracas – Joseph Gonzalez.
Seconda linea “Ritmica”: Luques Curtis – Contrabbasso, José Claussell – Timbales, Vicente “Little Johnny” Rivero – Congas, Orlando Vega – Bongo & Campana.
Terza linea “Fiati”: Jimmy Bosch – Trombone, Doug Beaver – Trombone, Jonathan Powell – Tromba, Charlie Sepúlveda – Tromba.
Il secondo brano è Dame Un Cachito Pa’ Huele, celebre Son Montuno di Arsenio Rodriguez, uno degli artisti cubani più seminali per il genere che vent’anni dopo, fuori da Cuba, si evolse nel genere “Salsa”; il Ritmo Son, tipicamente caratterizzato dal tres cubano, permette qui di mettere in evidenza il chitarrista che si produce in un applauditissimo assolo ad esecuzione ancora in corso.
Il brano dà l’occasione a Palmieri di interrompere un attimo il concerto per esporre la propria opinione sulle origini, la successiva evoluzione nonché il presente attuale del genere che definiamo Salsa: “In principio era Afro-Cuban, poi divenne Afro-Caribbean e adesso è Afro-World”, sintetizzando così in poche ma significative parole l’essenza di questa musica, che trae sì origine dall’incontro dell’Africa con Cuba, ma che poi si sviluppa coi contributi da tutto il Caribe e, ai giorni nostri, financo da altri Paesi.
Il concerto prosegue con una brano richiesto dal pubblico (Azucar Pa’ Ti) e con un altro bel Son Montuno (Lindo Yambu) per poi arrivare ad una delle hit più conosciute anche da chi non sa chi è Palmieri: Malanga.
Su questo brano mi rendo conto che alle mie spalle si son messi a ballare!
Riprendo la Genova Salsera per qualche secondo ma poi torno subito a filmare il palco perché a livello musicale ciò che si può scorgere è veramente interessante; i vari musicisti (inclusi i cantanti) seguono sì una base certamente prestabilita, ma sulla quale cedono la scena agli altri per poi riprendersela, talvolta con un segnale scandito 4 battute prima (quello di Jimmy Bosch è plateale); idem per il direttore musicale, Palmieri, quando decide che la canzone deve terminare, e l’orchestra lo fa all’unisono: questa sorta di programmazione/improvvisazione è per me una delle cose più emozionanti della Salsa dal vivo, e finora mi è capitato come spettatore di goderne ai massimi livelli in occasione di concerti di Salsa Classica, ossia quella Salsa che fra tutte è la più complessa e che quindi più si presta a queste dinamiche.
Il brano di chiusura è una perla che, in epoca di Salsa Romantica, testimoniava che la Salsa Dura, in Palmieri, rimaneva viva: Palo Pa’ Rumba del 1984:
Su questo brano esplosivo (soprattutto nella sua seconda metà) Palmieri chiudeva il concerto nonostante i ripetuti o-tra o-tra che si levavano dal pubblico, ringraziava i tecnici del suono (che invero hanno svolto un lavoro eccellente) e si allontanava veloce dal palco insieme a cinque guardie, proteggendolo da alcuni fans delusi dal mancato bis.
Ciononostante il concerto è stato stre-pi-to-so, quasi due ore di musica eseguita in maniera impeccabile da 12 musicisti, tutti in splendida forma, nessuno escluso; per lavorare con Palmieri il talento non può mancare!
Degni di nota sono proprio tutti, sia nella esecuzione collettiva che negli assoli; in particolare mi ha colpito il cantante Herman Olivera, questo Sonero che lavora con Palmieri dal 1998 (anno d’uscita del bellissimo, ma poco conosciuto CD “Rumbero de Piano”) e che avevo già sentito nel ’99, dove però l’impianto audio non aveva messo in evidenza le sue doti e forse anche lui stesso non aveva sviluppato quella presenza scenica da Front Man che ho invece potuto vedere in questo concerto.
Viene da chiedersi, in presenza di una lunga tournée europea del gruppo, come mai che non sia stato possibile un ingaggio all’interno del noto circuito latino-americano: ma l’importante è che ciò si sia realizzato, anche se altrove.
Directamente de Londres llegan las fotos de Ray Perez con la orquesta Ondatropica.
Ed ecco le foto di Ray Perez a Londra, durante il concerto dell’orchestra Ondatropica.