Un precedente giuridico a favore degli utenti dei Peer to Peer, da alcuni bollati frettolosamente come "pirati", si è verificato di recente con l'aiuto delle associazioni consumatori e dei difensori della legge sulla privacy.
Si sa: il 95% degli utenti ADSL/fibra ottica lascia il pc acceso 24h su 24 per scaricare l'impossibile, mentre il rimanente 5% vorrebbe ma non è capace di installare il programma
Alla fine qualcuno si è accorto, e ha scagionato quei pochi sfigati che son stati presi di mira dalle aziende interessate alle loro azioni.
Per risparmiarvi la lettura dell'articolo, due ditte di videogiochi avevano rilevato l'IP del pc di alcuni utenti e - non riuscendo ad ottenere da Telecom e da Wind i nomi cui erano collegati, avevano citato queste due, le quali pero ne sono uscite vittoriose.
Lo scopo di queste ditte era di minacciare le persone di citarle, salvo poi proporre un pattteggiamento di 330 euro
(geniale...)
PERO MI DOMANDO:
Esiste un modo per mascherare il proprio IP eliminando cosi il problema all'origine?
E quanto costa?
Quanto al resto, ossia la questione etica, spendo due brevi parole.
1) io vent'anni fa lasciavo patrimoni nei negozi di dischi, e una buona parte dell'acquisto a occhi chiusi era destinato al nulla
2) ora invece scarico prima di comprare e non regalo piu soldi alle discografiche che mettono il CD a 18 euro (che gli costa 1): acquisti CONSAPEVOLI
3) poi dopo l'acquisto cancello dal pc, se è un brano nuovo
4) se invece un brano è vecchio, e magari anche raro, lo lascio nel pc e lo condivido: io cosi FACCIO CULTURA
5) e oltretutto NON FACCIO IPOCRISIA
6) perche la verita è che tutti scarichiamo, è inutile raccontarsi le cazzate, è proprio cosi
7) ma per me i veri pirati son quelli che poi rivendono, non quelli che fruiscono della musica
8) la tecnologia non si puo fermare, quindi bisognera inventarsi un altro modo per pagare gli artisti: tipo la SIAE per esempio, ascolto a FRUIZIONE
9) ecco l'articolo
10)
http://www.repubblica.it/2005/i/sezioni/scienza_e_tecnologia/software/peppermint-tribunale/peppermint-tribunale.html TECNOLOGIA & SCIENZA InviaStampaLa Peppermint e la Techland chiedevano a Wind e Telecom di rivelare
i nomi degli utenti per chieder loro il pagamento dei diritti d'autore
P2p, due società fermate dai giudici
Il tribunale dà ragione agli utenti
di ALESSANDRO LONGO
DOPPIA vittoria dei consumatori al Tribunale di Roma, nella guerra del peer to peer. "Per la prima volta, il Tribunale ha accolto i nostri rilievi in due controversie riguardanti il rapporto tra il diritto d'autore e la disciplina sulla privacy", spiegano a Repubblica.it dal Garante della Privacy. Il Tribunale ha dato quindi ragione a Wind e Telecom Italia, che Peppermint (azienda discografica tedesca) e Techland (produttore di videogiochi polacco), rispettivamente, avevano chiamato in giudizio con procedura d'urgenza per conoscere le identità dei loro utenti colti a condividere su reti peer to peer file protetti da diritto d'autore. Lo scopo era rivalersi sugli utenti, di cui però conoscevano solo un'identità informatica (indirizzo Ip) trovato rovistando nelle reti peer to peer con un software dell'azienda svizzera Logistep. Per arrivare all'identità reale, da quella informatica, c'era bisogno di passare dai provider.
Nelle settimane scorse, invece, per casi simili lo stesso Tribunale aveva sempre dato ragione ai detentori di diritto d'autore: la prima volta, ad aprile, a Peppermint contro Telecom Italia; poi a Techland contro Tiscali e a Cdv Software Entertainment (azienda di videogiochi) contro Wind e Tiscali (Wind ha però sporto reclamo e il procedimento non è ancora finito).
Se stavolta è andato in modo opposto è perché nel frattempo si è fatto sentire forte il tamburo delle associazioni consumatori (Codacons, Adiconsum, Altroconsumo, Aduc) e del Garante della Privacy, scesi a difesa degli utenti. La loro tesi, adesso accolta dal Tribunale, è che l'uso del software Logistep ha violato il diritto alla privacy degli utenti e che quindi quelle aziende non ne possono usare i dati per rivalersi in tribunale. È possibile violare la segretezza delle comunicazioni elettroniche solo in casi gravi e secondo il Tribunale il peer to peer non rientra tra questi.
Non solo: secondo il codice della privacy, un privato o un'azienda possono raccogliere dati personali altrui senza il suo consenso solo allo scopo di difendere i propri diritti in sede legale (unica eccezione consentita); il che vale però solo se la raccolta è stata fatta in modo legittimo (non violando il domicilio altrui, fisico o informatico) e se l'utilizzatore (Peppermint e Techland) sono già riusciti a ottenere da sé i dati di cui hanno bisogno (non è questo il caso poiché li chiedevano appunto ai provider).
Per i detentori di diritto d'autore è una sconfitta che farà testo, perché adesso per la prima volta un giudice italiano ribadisce che queste investigazioni private nelle reti peer to peer a caccia di pirati sono illegittime. D'ora in avanti sarà meno facile per le aziende trovare la strada spianata su questo fronte, con cui speravano di ottenere soddisfazione in tempi rapidi, indagando per conto proprio per poi minacciare gli utenti uno ad uno. Così aveva fatto Peppermint con 4 mila utenti Telecom, ad aprile e poi di nuovo a luglio con due giri di raccomandate con cui chiedeva 330 euro di rimborso. Offriva così all'utente un modo per evitare la denuncia.
Anche sulla legittimità di questa rivalsa ci sono ombre, perché secondo il nostro codice i reati connessi alla pirateria online sono perseguiti d'ufficio dalle autorità e quindi da noi il patteggiamento privato (usuale invece all'estero) è privo di fondamento giuridico. Pagare non scampa insomma il rischio di denuncia (d'ufficio) e di doversi presentare in tribunale per rispondere del reato. La contesa non è finita: considerate le precedenti vittorie ottenute in tribunale dalle aziende (dove le leggi sono state interpretate in modo opposto dai giudici), permane una netta incertezza giuridica sulla questione. La guerra è ancora aperta a ogni esito; certo è che adesso le forze in campo sembrano equilibrate e che gli utenti non sono soli in questa lotta.